Le stelle alpine non moriranno mai!
Mirella Maria Michienzi | Il 04, Gen 2011
Le dolenti riflessioni di una scrittrice dopo l’uccisione del soldato italiano in Afghanistan
MIRELLA MARIA MICHIENZI
Le stelle alpine non moriranno mai!
Le dolenti riflessioni di una scrittrice dopo l’uccisione del soldato italiano in Afghanistan
Il 31 dicembre…il 2010 stava per finire…in ogni casa era pronto panettone e spumante…i locali erano già sfavillanti per il veglione…anche in Afghanistan i nostri soldati avevano preparato qualche panettone e qualche bottiglia per festeggiare l’ arrivo del nuovo anno con un “ veglione senza pretese “, sotto una tenda.
Ma l’ uomo propone e Dio dispone !
E, in maniera infame e repentina, la tragedia si è abbattuta di nuovo sul contingente italiano. Un cecchino ha centrato il caporal maggiore Matteo…
I piccoli , modesti festeggiamenti si sono tramutati di colpo in lutto.
Al centro della tenda, immagino che i commilitoni abbiano portato Matteo per una veglia di dolore, ancor di più aggravato, perché era un giorno particolare in cui tutti noi facciamo il bilancio del vecchio anno che va via ma anche tanti progetti per il futuro.
Lì, sicuramente nessuno più è riuscito a pensare al futuro, perché la tenda era come avvolta dal buio,da un fitto buio costituito da ingratitudine e comportamenti atavici, primordiali che esulano da quelli civili e che ricadono pesantemente su chi la pensa diversamente.
In due mesi e mezzo sono ben cinque le vittime, provenienti tutte dal VII Regg. Alpini di Belluno. !
Erano ragazzi che erano partiti con tanti ideali, che sapevano di andare incontro al pericolo, infatti, come di prassi, avevano stilato il testamento; ma in cuor loro mai, forse, hanno pensato che sarebbero tornati in Italia da morti.
Matteo sarebbe dovuto tornare a metà gennaio insieme a Fabio, mio figlioccio, che è cappellano militare.
Sono tornati prima, insieme sì…ma uno morto e l’ altro vivo.
C’ è un detto in Calabria che dice : “ Amaru cu mori, cu campa si cunzula “ ( Poveretto chi muore, chi vive si consola ).
Io non credo che sarà così !
Chi vive avrà un grosso fardello di ricordi che non si potranno smaltire facilmente.
Marco, Gianmarco, Francesco, Damiano, Matteo, è questo il nome di battesimo delle giovani vittime, non ci sono più, sono volati in cielo…sono tra le stelle…Stelle Alpine che lassù troveranno pace; pace che nemmeno i fiori, le stelle alpine, hanno quaggiù tovato, perché sterminate sempre dall’ ignoranza umana.
Non ci sono più ! Ma ai vivi rimane uno strazio infinito che prova soltanto chi si è prodigato, con arduo compito, per un fin di bene ed ha trovato un’ingiusta ricompensa.
L’ aereo che ha riportato Matteo quasi sembrava risentisse di questo pesante bagaglio di sgomento
unito a sconfitta.
Il peso di questa sconfitta è terribile, perché non si tratta della sconfitta “ materiale “ dopo uno scontro o dopo un corpo a corpo.
Qui non ci sono vincitori e vinti. Qui tutti noi, tutta l’ umanità è sconfitta; qui ci sono solo vinti, perché è la sconfitta di non essere stati capiti; di non essere stati adeguatamente apprezzati; di non essere riusciti a far capire cos’ è la lealtà, cos’ è l’ amore e, soprattutto, come debba comportarsi un vero soldato, un vero uomo…cioè senza aggredire alle spalle con viltà.
Se un vincitore c’ è …è l’ ingratitudine!
Chi è andato laggiù ha senz’altro anche bei ricordi…sono i sorrisi della gente comune, dei bambini, ma, purtroppo, quando si abbattono simili tragedie, non sono sufficienti.
In questo momento mi rammento di un giovane capitano, Giuseppe, entusiasta della scelta che aveva fatto…ed entusiasta lo avevo visto partire, adolescente, per frequentare la Nunziatella.
Sempre in prima linea , Giuseppe, sempre con entusiasmo coinvolgente. Era stato diverse volte in Afghanistan e , sia lui che tutta la sua compagnia, rinunciava alla colazione del mattino preferendo di distribuirla tra la popolazione che aveva fame. E i bambini al mattino lo aspettavano con ansia e Giuseppe non li aveva mai delusi.
Giuseppe è tornato vivo dall’ Afghanistan, è sceso dall’ aereo a Ronchi dei Legionari, è salito in macchina con altri due commilitoni ma “ un folle a velocità folle “ li ha tamponati ed uccisi.
La guerra si combatte ogni giorno anche sulle strade e sempre con armi impari…e la morte è sempre lì , in agguato, pronta a rapirci.
Marco, Gianmarco, Francesco, Damiano, Matteo, li voglio chiamare soltanto per nome, perché così li conoscevo, tramite Fabio, erano splendidi comuni ragazzi che la sera si riunivano insieme per mangiare semplicemente una pizza da asporto o si mettevano a cucinare insieme con quel meraviglioso spirito alpino che, dopo l’ orario di lavoro, mette da parte i gradi e tratta chiunque con eguale cordialità.
Spero che Don Fabio sia forte, lo deve essere. Glielo dissi il giorno della sua ordinazione e gli precisai : “ Non sei un semplice sacerdote, sei un cappellano militare ! “.
In questo momento, scusa Fabio se intacco la nostra sfera privata, ma lo faccio a fin di bene, mi ricordo i nostri appuntamenti in via del Tritone da dove iniziavano, quando ancora eri seminarista, le nostre passeggiate per Roma…quando ti facevo osservare la città e le persone, quando con mille domande cercavo di dissuaderti da una scelta troppo importante e di farti capire a fondo, soprattutto,se veramente era quella giusta.
E Tu sei stato eccezionale nella fermezza e nelle motivazioni e nei desideri.. Ora è il momento della prova del fuoco. Coraggio vedrai che anche la tua giovinezza ( Fabio ha 32 anni ) ti sarà di aiuto trainante con i tuoi commilitoni che sicuramente chiedono con gli sguardi risposte a “ perché” che nessuno, purtroppo, sa dare.
Il finito e l’ infinito; il materiale e lo spirituale; l’ assoluto e il relativo;…mentre noi ci sentiamo impotenti agglomerati di atomi.
Forza Fabio, invita ancora i ragazzi la sera a casa tua, solo in questo modo il fardello pesante sarà più sopportabile. Non dimenticherete, non sarà possibile, ma vi aiuterete l’un l’ altro a saper convivere con questo ricordo e a ripartire .
Insieme troverete alcune risposte ed il peso della sconfitta sarà sostituito dalla consapevolezza serena di aver fatto parte di un teatro di pace in una terra dove la parola pace non esiste nemmeno sul vocabolario.
Un teatro di pace ,il vostro,itinerante come quello dei Tespi che portavano nelle zone più abbandonate “ la cultura scenica “
Il peso ,dovuto all’ ingratitudine, spero, che verrà sostituito dalla voglia di ricominciare e dall’ orgoglio di aver portato pane, acqua, pace, lì, dove non ce n’ è.
VIVA GLI ALPINI !
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo……………
……………………………………..
……………………………………..
.T’ ho visto : eri tu ,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo…………..
………………………………………
Tratto da: “ Uomo del mio tempo “ di Salvatore Quasimodo
Mirella Maria Michienzi
redazione@approdonews.it