Le uscite shock del procuratore Cafiero De Raho Riflessione di Giovanni Alvaro
Cafiero De Raho, Procuratore Capo a Reggio Calabria, è riuscito in poco tempo a diventare una star dell’accusa conosciuta nell’intero Paese. Certamente non ha ancora conquistato le vette raggiunte da Giuseppe Pignatone, Nino De Matteo o Henry John Woodcook, e prima di essi dagli Ingroia e dai De Magistris, ma è riuscito, comunque, ad entrare nell’Olimpo degli Avvocati dell’accusa che in Italia si chiamano ancora Pubblici Ministeri. E lo ha fatto con lo stesso meccanismo delle altre star sfornando cioè una serie di procedimenti giudiziari non supportati adeguatamente per poter superare il vaglio del sistema giuridico italiano.
Il dottor Cafiero de Raho si è cimentato in particolare nel contrasto alla mafia che è l’argomento principe per assurgere agli onori della proiezione mediatica ed essere considerato un ‘esperto’ nel settore antimafia quando, andando oltre i delinquenti veri e propri, ha teso a coinvolgere pezzi di società civile con teoremi che non sono stati accettati dalla suprema Corte che ha sentito il bisogno di rispedirli ai mittenti per una nuova valutazione fino a quando non ha detto esplicitamente che non si può giudicare per lo stesso reato chi ha già pagato il proprio debito, con sentenza passata in giudicato. Sentenza che, comunque, non ha convinto molti ed è apparsa soltanto come una verità processuale.
Ma la peculiarità del dottor Cafiero de Raho sta soprattutto nelle uscite shock tra le quali primeggiano quella riferita all’avv. Paolo Romeo “…non è possibile che dopo essere stato in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa l’avv. Paolo Romeo sia ancora il baricentro di tutte le iniziative economiche di Reggio e dintorni. Chi è marchiato con una sentenza definitiva deve essere eliminato dal consesso civile’. Vengono i brividi a sentire queste parole anche, se non soprattutto, se a pronunciarle sia un Magistrato con ruoli delicati e che aspirava a raggiungere la sua Napoli.
Anche la seconda uscita è altrettanto incredibile. Ecco perché: “…in questo territorio (Reggio Calabria ndr) bisogna stare soli, non si possono avere rapporti con altre persone perché quello che caratterizza la ndrangheta è la sua capacità di confusione, d’infiltrazione ed inquinamento dei vari settori: economico, politico e sociale. Quindi – aggiunge – bisogna vivere sempre da soli”. E poi: “per battere la mafia è necessario avere esponenti delle Istituzioni che adottino un codice etico, che riporti alla rinuncia a tutti i rapporti esterni, che non siano quelli strettamente istituzionali”.
Mentre la prima nasce dalla necessità di sorreggere, con toni forti, una inchiesta (Mammasantissima) che ha molto punti deboli (Cassazione docet), e dal convincimento che l’attacco iniziale determina il decollo mediatico della stessa inchiesta, come scrivemmo circa un anno fa nella riflessione “Le ardite costruzioni sulla cupola della ‘ndrangheta” (link articolo precedente: http://www.ilcalcestruzzo.it/index.php?option=com_content&task=view&id=30578&Itemid=15).
La seconda viene partorita con la scelta del Signor Procuratore di non giocare più a tennis perché potrebbe correre il rischio di dover stringere la mano a qualcuno che nasconde il proprio ruolo malavitoso pur frequentando un club esclusivo. Se ciò può essere vero per i comuni cittadini sembra incredibile che possa accadere a chi ha nelle mani i meccanismi più sofisticati per conoscere chi si frequenta. Se invece i cittadini possono commentare negativamente (è questa la preoccupazione del Procuratore) il contatto tra Procuratore e un colletto bianco mafioso, ma mimetizzato, vuol dire che è di pubblico dominio il suo ruolo e, di converso, sono scadenti i meccanismi sofisticati che si utilizzano da parte della Procura per conoscere chi si nasconde dietro una maschera.
Da quest’ultima considerazione ne consegue che per il Procuratore siamo tutti possibili lestofanti e chi è nelle Istituzioni deve evitare ‘i rapporti esterni’ e limitarsi a quelli ‘strettamente istituzionali’. In pratica una società che deve guardarsi continuamente attorno e vivere di sospetto che non è, caro Procuratore, l’anticamera della verità, ma semplicemente l’anticamera del komeinismo. Qualcuno ha scritto che con le sue dichiarazioni ha scosso la politica. Penso che abbia scosso semplicemente l’opinione pubblica reggina.
Giovanni Alvaro