Licenziamenti porto Gioia, Cgil replica a legale aziende "Avevamo proposto, di ricorrere al contratto di solidarietà che avrebbe soddisfatto entrambe le parti senza penalizzarne nessuna, ma tale soluzione non è stata accettata"
Le incaute affermazioni contenute sull’articolo apparso a pag. 30 del Vostro giornale in data 03.03.2016 dal titolo “Le ditte Terze del Porto alla CGIL: Licenziamenti regolari”, a firma dell’ Avv. Caterina Albano, impongono, per debito di obiettività, una serie di precisazioni.
In primo luogo affermare che i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo non “sono stati dichiarati legittimi dal Giudice del lavoro del Tribunale di Palmi” non appare per il vero corretto.
I Giudici , infatti, in questa prima fase sommaria del c.d. Rito Fornero, hanno riconosciuto ai lavoratori, condannando i datori di lavoro alla relativa corresponsione, la tutela c.d. indennitaria forte, che non può conseguire se non ad una pronuncia di illegittimità del licenziamento.
Il fatto che, nelle decisioni sino ad ora intervenute, non sia stato reintegrato alcun lavoratore non è la conseguenza della “legittimità” del licenziamento quanto piuttosto il fatto che con la Legge n° 92/2012 (Legge Fornero) sono state differenziate e graduate le tutele previste per l’illegittimità del licenziamento prevedendo alcune forme di tutela indennitaria, mentre, se fosse stata in vigore la legge precedente, i giudizi avrebbero avuto quale unica conseguenza la reintegrazione.
Non è stata affatto dimostrata l “effettività del calo produttivo”, la cui sussistenza sarà oggetto di valutazioni più approfondite nelle successive fasi di giudizio: i Giudici hanno, per contro, nella fase necessariamente sommaria, ragionando in termini dubitativi (“lasciano fondatamente ipotizzare la persistenza di una situazione economica sfavorevole) deciso solo sulla base della documentazione fornita dalle società sulla quale, peraltro, da parte del ns. legale Avv. Sabina Pizzuto, sono state mosse fondate censure ed evidenziate numerose contraddizioni.
Relativamente alla presunta opposizione da parte della FILT. CGIL dei licenziamenti innanzi alla DTL vengono riportate notizie non veritiere.
Le società sostengono che la CGIL avrebbe rifiutato la proposta di trasformazione del contratto da full-time a part-time ma si guarda bene dal precisare i termini della proposta.
Nel corso della riunione innanzi alla DTL, infatti, da parte delle imprese portuali era stata proposta una forma di part-time “anomalo”: le aziende avrebbero confermato i licenziamenti con estromissione dei lavoratori dalle aziende e solo alla fine di erogazione dell’Aspi si sarebbero assunte l’impegno, “se e quando ve ne fosse la possibilità” di riassumere i lavoratori con contratto di lavoro part-time e sempre che un numero analogo di lavoratori in forza avesse volontariamente aderito a passare al part-time per compensare le ore.
In altri termini, per consentire ai quattro licenziandi di essere mantenuti in forza al 50% dell’orario, altri quattro lavoratori su quaranta avrebbero dovuto rinunciare al 50% dello stipendio, quando invece, il ricorso agli ammortizzatori sociali, ricorso, per la verità fermamente respinto dalle aziende interessate avrebbe consentito di ripartire equamente gli effetti dell’eventuale crisi aziendale con un sacrificio che si sarebbe attestato ad una perdita di meno di 70 € a lavoratore.
E’ fin troppo evidente che tale soluzione di natura estremamente aleatoria (una volta irrogati i licenziamenti e divenuti definitivi per mancata impugnazione, nessuna “arma” giuridica avrebbero avuto i lavoratori ove le società non avessero mantenuto gli impegni) non poteva soddisfare le OO.SS., e in particolar modo la Filt –Cgil da sempre impegnata responsabilmente nella tutela reale ed effettiva dei lavoratori.
La scrivente OO.SS., per contro aveva proposto, di ricorrere al contratto di solidarietà che avrebbe soddisfatto entrambe le parti senza penalizzarne nessuna, ma tale soluzione non è stata accettata.
La soluzione proposta dalla Filt- Cgil non solo non avrebbe pregiudicato i lavoratori e consentito il mantenimento dei livelli occupazionali, ma avrebbe tutelato, di riflesso, anche le stesse società che si trovano adesso a dover pagare ai lavoratori, illegittimamente licenziati, le rilevanti somme corrispondenti ad un numero cospicuo di mensilità di risarcimento, e sempre che il prosieguo del giudizio non disporrà la reintegrazione dei lavoratori.
Quindi alla domanda “si poteva evitare tutto ciò” si può rispondere affermativamente se le imprese portuali si fossero serenamente prodigate, attraverso la concertazione, a seguire le soluzioni alternative e a non proseguire nella tanto sciagurata quanto pervicace scelta di licenziare i lavoratori.
Il riferimento ai contratti di prossimità, il cui legittimo ricorso è tutto da valutare, è fuorviante perché la loro stipulazione è successiva rispetto ai licenziamenti.
In conclusione, la Filt- Cgil respinge al mittente le accuse di scarsa professionalità sulle quali appare superfluo anche replicare: l’impegno, la passione, l’ energia e la cura che quotidianamente la CGIL mette nella tutela degli interessi dei lavoratori è circostanza notoria dimostrata giorno per giorno “sul campo” e che le gratuite affermazioni contenute in questa nota non fanno altro che rafforzare.
Corre, infine, l’obbligo di precisare che la Filt- Cgil non ha alcun bisogno di fare proclami finalizzati al proselitismo, come inopportunamente, le imprese portuali, per il tramite del loro Avvocato, affermano, posto che essa rappresenta la forza sindacale più rappresentativa in tutta l’area portuale.
Ogni ulteriore replica ci sembra ultronea.
La ringrazio per la cortesia e per lo spazio che vorrà dedicare a queste doverose puntualizzazioni che replicano all’art. apparso oggi sul giornale “ Gazzetta del Sud”
Il Segretario Generale Filt- CGIL
Comprensorio di Gioia Tauro Domenico LAGANA’