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TAURIANOVA (RC), MARTEDì 26 NOVEMBRE 2024

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Licenziamento legittimo per consumo di droghe leggere

Licenziamento legittimo per consumo di droghe leggere

| Il 30, Set 2014

Le sostanze stupefacenti mettono a rischio la salute dei lavoratori

Licenziamento legittimo per consumo di droghe leggere

Le sostanze stupefacenti mettono a rischio la salute dei lavoratori

 

Giro di vite dei giudici contro chi è in possesso di droghe leggere sul posto di
lavoro. Licenziamento in tronco del lavoratore trovato in possesso di hashish da
spacciare ad alcuni colleghi. Non contano le indagini preliminari in corso: il giudice
civile può valutare anche gli elementi raccolti nell’inchiesta penale, la sostanza
stupefacente mette a rischio la salute dei lavoratori. Lo stabilisce la Corte di
appello di Potenza con la sentenza n. 208/14, depositata dalla sezione lavoro che
Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti [1]” evidenzia. Il
giudice boccia il ricorso di un operaio di una fabbrica che si opponeva alla sentenza
del tribunale di Melfi che, in qualità di giudice del lavoro, dichiarava legittimo
il licenziamento intimato dal datore per giusta causa. Il lavoratore era accusato
di detenzione ai fini di spaccio di 275 grammi di hashish e per questo veniva arrestato
dai carabinieri del posto. La sostanza stupefacente era destinata a essere ceduta
ad alcuni colleghi. E infatti succedeva che uno dei lavoratori era fermato dopo l’ingresso
in fabbrica, gli altri due, tra cui il ricorrente, cercavano invano di eludere il
controllo dei militari. Dal controllo risultava che gli altri due dipendenti portavano
con sé rispettivamente tre e due panetti di stupefacente, mentre il ricorrente,
privo di hashish, ammetteva solo più tardi di aver cercato di sbarazzarsi dello
stupefacente infilandolo nella tasca del giubbotto del collega. Scattava, così,
l’arresto dei tre operai, colti in flagranza di reato di concorso nella detenzione
ai fini di spaccio di hashish. L’azienda comunicava, successivamente all’accaduto,
il licenziamento tramite raccomandata. Si rivela vano il tentativo di appellarsi
al tribunale di Melfi da parte dell’operaio che sosteneva che sulla vicenda erano
in corso le indagini preliminari.Per i giudici la condotta incrina «irrimediabilmente»
il vincolo fiduciario col datore. Questo perché, essendo un comportamento realizzato
nell’ambiente di lavoro, mette a rischio la salute degli altri dipendenti, potenziali
fruitori della sostanza stupefacente.La Corte di Appello spiega che «/ai fini della
legittimità del licenziamento disciplinare irrogato per un fatto che integri gli
estremi di un reato non rileva la valutazione penalistica del fatto né la sua punibilità
in sede penale, né la mancata attivazione del processo penale per il medesimo fatto
addebitato, trattandosi esclusivamente di effettuare una valutazione autonoma in
ordine all’idoneità del fatto a integrare gli estremi della giusta causa o del
giustificato motivo del recesso/». Inoltre, continua la Corte potentina, «/il giudice
civile, ai fini della formazione del proprio convincimento, può autonomamente valutare,
nel contraddittorio tra le parti, ogni elemento dotato di efficacia probatoria e,
dunque, anche le prove raccolte in un procedimento penale, comprese le dichiarazioni
verbalizzate dagli organi di polizia giudiziaria in sede di sommarie informazioni
testimoniali/».