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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 09 GENNAIO 2025

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L’imprenditore di Gioia Tauro dopo aver denunciato le banche per usura ricorre al tribunale

L’imprenditore di Gioia Tauro dopo aver denunciato le banche per usura ricorre al tribunale

| Il 21, Mar 2013

De masi chiede 215 mln di danni e 18,5 mln di provvisionale

L’imprenditore di Gioia Tauro dopo aver denunciato le banche per usura ricorre al tribunale

De masi chiede 215 mln di danni e 18,5 mln di provvisionale

 

 

GIOIA TAURO (REGGIO CALABRIA) – Il Tribunale di Palmi si pronuncerà nei prossimi giorni sulla richiesta di emissione di un provvedimento d’urgenza per il riconoscimento di una provvisionale di 18,5 milioni di euro sulle somme richieste dall’imprenditore Antonino De Masi, a seguito di un’azione civile per risarcimento danni depositata al Tribunale e corredata da una perizia che indica in oltre 215 milioni i danni complessivamente subiti. De Masi, che ha denunciato per usura alcuni tra i principali istituti di credito italiani, ritiene adesso di essere “ad una svolta” in questa sua battaglia. Nel 2003, l’imprenditore, dopo essersi accorto della “sparizione” di circa 6 milioni di euro dai conti delle sue aziende, in un contesto di investimenti per la realizzazione di attività imprenditoriali beneficiate anche da fondi pubblici, ha avviato una battaglia legale per far valere i suoi diritti e far emergere quelli che, a suo dire, erano “degli impensabili crimini commesse dalle banche”. Tredici sentenze a suo favore sono state pronunciate da vari tribunali. L’ultima l’ha pronunciata la Corte di cassazione che ha stabilito che le circolari di Banca d’Italia non hanno valore di legge, ma solo fini statistici di rilevazione dati, ed ha evidenziato la “responsabilità degli amministratori (presidenti e Cda) nell’applicazione delle condizioni economiche alla clientela e la responsabilità degli istituti di credito per il risarcimento dei danni alle parti lese in sede civile”. “Di tutto ciò – dice De Masi – vado orgoglioso in quanto ho contribuito a far riscoprire il rispetto delle leggi e delle regole, costringendo anche gli organismi di vigilanza ad aprire gli occhi per molti anni rimasti socchiusi. Dietro tutto ciò vi sono i miei sacrifici, quelli della mia famiglia e dei miei lavoratori, vi sono drammi e tantissime rivendicazioni. Avevo aziende modello presenti nei maggiori mercati mondiali che erano esempio di operosità, di innovazione e sinonimo di legalità. Io e la mia famiglia avevamo anche un’autorevolezza imprenditoriale, sociale ed economica che non abbiamo più e, cosa ancor più grave, i miei dipendenti, che erano 280, avevano un lavoro basato sul rispetto di regole e leggi che adesso, per buona parte di essi, non esiste più. Tutto ciò a causa ai crimini delle banche”. “Sto portando avanti – conclude De Masi – molte altre iniziative legali che hanno registrato l’attenzione di Procure italiane che hanno ben capito la gravissima rilevanza sociale dei crimini commessi dalle banche”.

LE DICHIARAZIONI DI DEMASI

Nel 2003, dopo essermi accorto della “sparizione” di circa 6 milioni di Euro dai conti delle mie aziende, in un contesto di investimenti per la realizzazione di alcune attività imprenditoriali beneficiate anche da fondi pubblici, ho avviato una durissima battaglia legale per far valere i miei diritti e far emergere quelli che erano degli impensabili crimini commesse dalle banche.

Le mie denunce, che all’epoca raccontavano fatti e vicende relativi agli anni 1999/2002, anticipavano i diversi scandali finanziari emersi dal caso Parmalat in poi. Quelle denunce, fatte in un’epoca storica nel quale il sistema bancario era considerato intoccabile, hanno avuto un loro seguito anche grazie al coraggio di un isolato (purtroppo) magistrato che ha deciso di approfondire le denunce ed al lavoro di investigazione della Procura di Palmi; attività che hanno per la prima volta in Italia accesso la luce sull’agire criminale di alcune banche.

Quel processo ha fatto molto rumore ed ha segnato la storia del rapporto tra banca e cliente in Italia in quanto ormai tutti riconoscono che, grazie al processo di Palmi ed al lavoro fatto dal coraggioso magistrato, i cittadini vittime di crimini bancari possono sperare di ottenere la restituzione di quanto illegalmente sottratto dalle banche. Ancora oggi infatti il reato di usura bancaria viene perseguito con i metodi e le impostazioni fatte dal magistrato palmese.

Le sentenza di primo grado, con la quale si individuava il reato di usura ma non le responsabilità, che venivano scaricate sui computer, ha portato all’imponente lavoro della Procura Generale di Reggio Calabria che ha proposto appello affermando che i giudici di primo grado si erano “supinamente” fermate alle affermazioni degli imputati senza andare a fondo della questione. Ciò ha portato all’importante sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria con la quale, oltre alla riconferma del reato, si individua la colpevolezza (pur in assenza di dolo specifico) dei comportamenti negligenti dei Presidenti ed amministratori degli istituti di credito coinvolti. La sentenza della Corte d’Appello è stata un’ulteriore pietra miliare nel diritto e nei rapporti banca-cliente, ben individuando ruoli, funzioni e responsabilità.

Il passaggio successivo e definitivo, è stata la pronuncia della Suprema Corte di Cassazione che è andata molte oltre, affermando nella sentenza nr. 46669 del 23/11/2011 alcuni concetti che per la prima volta hanno aperto un’autostrada nel contenzioso banca-cliente:

1) le circolari di Banca d’Italia non hanno valore di legge, ma solo fini statistici di rilevazione dati;

2) l’evidenza della responsabilità degli amministratori (Presidenti e CdA) nell’applicazione delle condizioni economiche alla clientela;

3) la responsabilità degli istituti di credito per il risarcimento dei danni alle parti lese in sede civile.

Su quest’ultimo punto la sentenza, a pag.26/27, disponeva infatti:

“Tuttavia una volta accertata la sussistenza del fatto reato sotto il profilo oggettivo da parte degli istituti di credito, trattandosi comunque di illecito avente rilevanza civilistica, non rileva, ai fini risarcitori, che non sia stato accertato il responsabile penale della condotta illecita, in quanto l’azione risarcitoria civile ben potrà essere espletata nei confronti degli istituti interessati che rispondono, comunque, ex art 1118 e 1228 cc, del fatto dei propri dipendenti ………. Su questa base la responsabilità della banca sussiste per il solo fatto che il danno ingiusto si è verificato per una condotta comunque alla stessa imputabile, dovendosi limitare l’apprezzamento della condotta dolosa o colposa (poco importa tale distinzione ai fini civilistici) …. Situazione concreta, idonea a far ricadere sulla banca anche il rischio dei c.d. “danni anonimi”, cioè di cui non sia stato individuato il responsabile”.

Il passaggio successivo alla definitiva sentenza della Cassazione era dunque di predisporre una perizia danni ed avviare l’azione risarcitoria per il ristoro degli enormi danni subiti.

Con enormi difficoltà, legate sia alla mole di lavoro necessaria per ricostruire fatti e vicende dal 1999 in avanti che agli ingenti costi necessari per la redazione della stessa, solo di recente sono riuscito a far concludere tale lavoro peritale, ed ho avviato le seguenti iniziative legali:

a) il 01.02.2013 è stata presentata presso il Tribunale di Palmi un’azione civile per il risarcimento danni;

b) il 18.03.2013 è stata depositata presso il Tribunale civile di Palmi la dettagliata e corposa perizia danni, predisposta da una delle più qualificate aziende specializzate in tali complessi lavori peritali, che indica in oltre 215 milioni di € i danni complessivamente subiti.

c) In pari data è stata inoltre depositata presso Il Tribunale di Palmi la richiesta di emissione di un provvedimento di urgenza per il riconoscimento di una provvisionale di 18,5 milioni di € sulle somme richieste.

Questi sono i fatti che rappresentano in sintesi l’intera vicenda:

– l’epilogo del primo procedimento (fatti dal 1999/2002) in cui per la prima volta in Italia è stata confermata con sentenza definitiva la presenza dell’usura bancaria. Le sentenze ed i provvedimenti emessi nell’ambito della mia vicenda costituiscono oggi la base di decine di migliaia di azioni fatte da cittadini a rivalsa dei crimini commessi dalle banche.

– Questa azione risarcitoria che, grazie all’autorevolezza tecnico scientifica del lavoro peritale che ha ricostruito la storia finanziaria delle mie aziende evidenziando dei danni subiti che ammontano ad un valore complessivo di oltre 215 milioni di Euro, è il primo e forse più importante procedimento per danni mai fatto in Italia contro le banche.

Di tutto ciò orgogliosamente ne vado fiero in quanto ho contribuito a far riscoprire il rispetto delle leggi e delle regole, costringendo anche gli organismi di vigilanza ad aprire gli occhi per molti anni rimasti socchiusi.

Certamente dietro tutto ciò vi sono i miei sacrifici, quelli della mia famiglia e dei miei lavoratori, vi sono drammi e tantissime rivendicazioni; avevo delle aziende modello presenti nei maggiori mercati mondiali che erano esempio di operosità, di innovazione e sinonimo di legalità. Io e la mia famiglia avevamo aziende ed anche un’autorevolezza imprenditoriale, sociale ed economica che adesso non abbiamo più e, cosa ancor più grave, i miei dipendenti (che erano 280) avevano un lavoro legale basato sul rispetto di regole e leggi che adesso, per buona parte di essi, non esiste più. Tutto ciò a causa dei crimini delle banche.

Questa è la vicenda e con la citazione per danni si è conclusa la prima parte.

Certamente sto portando avanti, sempre nel contesto dei crimini bancari , molte altre iniziative legali che sono uniche ed assolutamente innovative, con l’attenzione di Procure italiane che hanno ben capito la gravissima rilevanza sociale di tale vicende .

Sicuramente non può sfuggire a nessuno che questa lotta, in considerazione dei poteri ed interessi in gioco, è stata ed è la battaglia di Davide contro Golia, e molte altre cose potrebbero saltare fuori quando verranno rese pubbliche le intercettazioni ed i ruoli di “poteri e potenti ” pezzi dello Stato che hanno avuto ruoli non secondari in queste vicende e forse nei processi (fatti riportati nel libro “I segreti di don Verzè” pubblicato dal Corriere della Sera), ma ciò sarà un’altra storia.

Io cittadino , imprenditore e vittima di questi crimini e criminali ho fatto e sto facendo la mia parte, ma la parola fine verrà scritta solo se la giustizia da una parte ed i media dall’altra manterranno la luce accesa su queste vicende, altrimenti le “ombre” del silenzio rischiano di offuscare la verità facendo diventare normale ciò che non lo è.

Cordiali saluti.

Antonino De Masi