L’innocenza violata Riflessioni dell’avvocato Cardona sull’abuso sessuale sui minori
La fiaba, di area culturale francese, che direttamente ci cala nell’abuso sessuale su minori è quella di Cappuccetto Rosso.
Charles Perrault deforma la fiaba originaria per farne un apologo destinato a mettere in guardia le “giovinette, soprattutto le ragazzine belle, ben fatte e gentili, sicché non è per niente strano che poi il lupo se le mangi. E dico lupi, perché i lupi non son tutti uguali; ce ne sono di astuti, silenziosi che furbi, dolci e pieni di blandizie, seguono le giovani signorine fin nelle loro case, fin nelle loro intime stanze. Ma, ahimè, chi mai non sa che i lupi più melensi sono proprio quelli più pericolosi”.
Violenza sui minori – per crudeltà, per odio, per gelosia, per desiderio di vendetta – e abuso sessuale sui minori trovano esatto riscontro in pene edittali di codici antichi, tradotti, a differenza di quelli odierni, in messaggi comprensibili da qualunque destinatario della norma.
Nelle fiabe, l’omicidio o il tentativo di omicidio del bambino, comporta l’esecuzione col fuoco (così, ma si tratta qui e innanzi solo di esempi, in Hansel e Gretel, ne La Figlia della Madonna, in I Sei Cigni), o la morte per affogamento (come in Cappuccetto Rosso e ne Il Lupo e i Sette Caprettini) o per avvelenamento da parte dei serpenti (come in Sole, Luna e Talia).
Il tentativo di omicidio può comportare la tortura col fuoco (come in Biancaneve, ove la regina è costretta a indossare scarpe infuocate).
La sottrazione di minore è punita con l’accecamento (è la sorte delle sorellastre di Cenerentola).
I personaggi delle fiabe, scrive Marie Louise von Franz sono immagini di processi archetipici alle quali manca il contesto umano, la vita reale, individuale, completa. Ma non sono personaggi astratti.
Infatti il loro distacco dal contesto umano consente di farne dei modelli o meglio delle rappresentazioni della vittima o del carnefice calate in un mondo primitivo pervaso da una aspirazione di giustizia, ove, non difformemente da oggi, per giustizia si intende che ognuno subisca identiche pene per identici delitti e per punizione si intende una misura che possibilmente difenda anche contro il ripetersi del male.
Il racconto delle vicende fiabesche non è che il frutto di un’opera di profanazione dei codici.
I codici, a loro volta, non sono se non il frutto di un’opera di astrazione conseguente al perfezionamento degli strumenti legali di regolamentazione della vita associata; il frutto di un processo logico deduttivo che consente di montare la scala che dalla case law la porta alla individuazione di un principio positivo valido, in una certa società, per tutti a parità di condizioni.
Quel che appare singolare è il fatto che, benché una componente essenziale della fiaba sia il crescendo emotivo, tuttavia l’emozione si arresta sempre alla soglia dell’individuazione del colpevole la cui pena è sempre preceduta dall’ammissione o dall’accertamento della responsabilità.
Minori, violenza, giustizia: la parola conclusiva, che spetta necessariamente alla giustizia, non va mai disgiunta dalla prova dei fatti.
La mia tesi finale è che in materia di violenza sui minori e, in particolare, di abuso sessuale sui minori, l’impartizione della giustizia del caso concreto stia manifestando una progressiva involuzione sotto il molteplice aspetto della emotività della reazione iniziale alla notitia criminis e della contrazione della esigenza sentita della prova.
A differenza della maggior parte dei delitti, i reati concernenti l’abuso e la violenza sui minori, e in particolare l’abuso sessuale su congiunti o consanguinei, hanno per evento inevitabile l’incidenza sulla solidarietà di quella società originaria sin dal momento della conoscenza dell’esistenza di una accusa.
Da quel momento ogni parola, ogni gesto presenti o passati anche promananti da un chierico saranno assoggettati a un setaccio che dovrebbe consentire di trarne smentite o conferme ma che, in realtà, non costituirà che il progressivo alimentare del dubbio e della sfiducia.
A ragione James Howell, nelle lettere ai familiari, scriveva che “è norma che quando la diffidenza entra dalla porta, l’amore esca dalla finestra”.
E questa rottura costituisce una conseguenza commisurata alla gravità del malfatto, che normalmente viene pagata da qualsiasi accusato anche se la colpevolezza non risulti provata, anzi, anche se ne risulti provata l’innocenza.
In fondo il procedimento per abuso sul minore pone sull’indagato il segno indelebile posto da Dio su Caino, affinché ognuno lo riconoscesse e lo allontanasse dalla orrida realtà della violata innocenza.
“Venite gente vuota, facciamola finita, voi preti che vendete a tutti un’altra vita; se c’è, come voi dite, un Dio nell’infinito, guardatevi nel cuore, l’avete già tradito.” (Cirano canzone di Francesco Guccini)