L’Italia della Repubblica e della grande bellezza Il volto della Repubblica era donna, aveva 24 anni e con sé una breve esperienza da insegnante ed una collaborazione con il quotidiano socialista “Avanti"
Di Mariachiara Monaco
Immaginate di essere fotografate mentre sorridete ed avete in mano un giornale, e poi a distanza di
76 anni, essere considerate come il volto – simbolo della Repubblica italiana. Successe questo ad
Anna Iberti, la ragazza in bianco e nero, con i capelli al vento, che sbucò dalla prima pagina del
giornale “Il Tempo”, il 2 giugno 1946.
Il volto della Repubblica era donna, aveva 24 anni e con sé una breve esperienza da insegnante ed
una collaborazione con il quotidiano socialista “Avanti “.
L’Italia giovane e sorridente, era finalmente pronta a voltare pagina lasciandosi alle spalle la
barbarie della seconda guerra mondiale, ed a scrivere delle pagine nuove, fatte di speranza e
condivisione in un paese appena nato, ma che già muoveva i primi passi.
La nostra penisola, grazie al referendum indetto a suffragio universale, aveva cambiato pelle, forma
di governo e non solo, infatti vennero scelti i membri dell’assemblea costituente affinché venisse
redatta una nuova costituzione, abolendo così il ricordo macabro dello Statuto Albertino.
Ci sono foto, video, che circolano a distanza di ormai molto tempo, che testimoniano attivamente
ciò che accadde presso i seggi di tutta Italia; ecco cosa scrisse Lia Garofalo nel suo volume
intitolato Le italiane in Italia: “Lunghissima attesa davanti ai seggi elettorali. Sembra di essere
tornati alle code per l’acqua e per i generi razionati. Abbiamo tutte nel petto un vuoto da ogni
esame, ripassiamo mentalmente la lezione: quel simbolo, quel segno, una crocetta accanto al nome.
Stringiamo le schede come biglietti d’amore. Si vedono molti sgabelli pieghevoli infilati al braccio
di donne timorose di stancarsi e molte tasche gonfie per il pacchetto della colazione. Le
conversazioni che nascono tra donne e uomini hanno un tono diverso, alla pari”.
C’erano tutte, ed erano finalmente pronte a svolgere un atto d’amore rivoluzionario: votare.
Le donne ebbero un ruolo fondamentale anche nella stesura della carta costituzionale, su 556
deputati, 21 erano le madri costituenti.
Ma chi erano queste donne? Con quale partito erano state elette?
Tra le meno note c’è Elisabetta Conci, ricordata come “la pasionaria bianca” per il suo forte
attaccamento al partito della Democrazia Cristiana, e forte sostenitrice dell’ideale europeistico,
collaborò intensamente alla Fondazione dell’Unione Femminile Europea.
Poi la giovanissima Angiola Minella, eletta a soli 26 anni, è a lei che si deve l’obbligo della
vaccinazione antipolio, inoltre nel 1974 presentò il disegno di legge che, oggi, riconosce
ufficialmente le associazioni dei donatori di sangue e che stabilisce i criteri di raccolta e di
donazione.
Non possiamo non citare la socialista Merlin, alla quale si deve la menzione specifica della parità di
genere contenuta nell’articolo 3 della Carta, il suo contributo è ben visibile e accentuato: “Tutti i
cittadini sono uguali davanti alla legge (…) senza distinzioni di sesso”. La precisazione
sull’uguaglianza di genere fu in un primo momento sottovalutata dagli altri membri, ma la senatrice
socialista impavida non mollò e la precisazione fu inserita.
Si battè molto per ottenere poi la chiusura delle case di tolleranza, riteneva che fosse sbagliato che
lo Stato guadagnasse per mezzo dello sfruttamento delle donne, e non si arrese fino a quando non
venne emanata la legge che chiuse definitivamente i bordelli.
Poi Nilde Iotti, reggiana, insegnante ed eletta nel Pci. Ella s’impegnò nel difendere la famiglia,
l’emancipazione della donna, si battè per la parità tra i coniugi, per il riconoscimento dei diritti dei
figli nati fuori dal matrimonio e delle famiglie di fatto. Fu la prima donna a ricoprire la terza carica
dello Stato, la presidenza della Camera dei Deputati.
Sono solo alcuni nomi, di un elenco di donne che hanno lottato a denti stretti per avere un paese
migliore da consegnare nelle mani delle nuove generazioni, affinchè proprio i giovani avessero la
possibilità di godere di alcuni diritti che nel periodo bellico e monarchico neppure esistevano.
Nonostante la diversa cultura politica e la provenienza geografica, seppero valorizzare molto e
determinare la condizione femminile, per superare le barriere che rendevano complessa la
partecipazione delle donne alla vita pubblica e non solo.
Una particolare attenzione venne rivolta al tema della famiglia, che portò a numerosi scontri nel
corso della stesura della carta ancora con i colleghi uomini, i quali sostenevano l’idea che al vertice
di un nucleo familiare dovesse esserci solo ed esclusivamente il marito (quasi una visione latina,
visto che ai tempi dei romani il Pater familias era il custode delle memorie degli antenati, e l’unico
che poteva disporre del patrimonio della famiglia).
Le costituenti, votarono poi unite a favore dell’articolo 11, relativo al ripudio alla guerra come
strumento di offesa nei confronti degli altri popoli e come mezzo di risoluzione dei contrasti
internazionali.
Un notevole spazio inoltre, fu dedicato ai diritti civili, la senatrice Nadia Spano, ad esempio fu la
prima ad affermare l’importanza di stabilire la parità fra figli nati all’interno e al di fuori del
matrimonio e di eliminare la definizione “Figli di N.N”.
Prima staffette, poi elettrici, ed infine costituenti, perché l’Italia è donna, come la democrazia, la
libertà e la grande bellezza.