Mafia e media, tre parlamentari additano Vespa e difendono Pantano Mentre la Rai fa da "megafono" al figlio di Riina, Ricchiuti, Mattiello e Albano segnalano il caso del cronista calabrese a processo per aver scritto contro i clan: "Il servizio pubblico difenda chi denuncia"
ROMA – Alla vicenda di Agostino Pantano, l’ex giornalista di “Calabria Ora” che rischia otto anni di reclusione, si aggiunge un nuovo capitolo con la difesa del cronista da parte di tre parlamentari del Partito Democratico, tutti e tre appartenenti alla Commissione Antimafia. L’ex redattore di “Calabria Ora” è imputato per ricettazione, dopo la pubblicazione nel 2010, sul quotidiano in cui lavorava, di una serie di articoli in merito allo scioglimento per mafia del consiglio comunale di Taurianova.
E nella difesa, a spada tratta, di Pantano, i tre parlamentari, Lucrezia Ricchiuti, Davide Mattiello e Donatella Albano, trovano lo spazio per un duro affondo contro il giornalista Bruno Vespa: “Mentre la Rai offre palcoscenici di prim’ordine – dicono i tre – ai portavoce della mafia come il figlio del boss Riina, in Italia ci sono giornalisti sottoposti al bavaglio e alla censura per la sola colpa di aver scritto contro le mafie”. Il paragone, appunto, è con il cronista Agostino Pantano sotto processo con l’accusa di ricettazione dopo aver scritto un’inchiesta sullo scioglimento del consiglio comunale di Taurianova.
“Nel nostro Paese – continuano – è paradossale la condizione di un sistema informativo in cui a Bruno Vespa viene concesso di pubblicizzare il libro del figlio ‘del capo dei capi’, utilizzando la rete ammiraglia del servizio pubblico e senza che nessuno scorga dietro gli ormai documentati trattamenti di favore ricevuti dallo ‘scrittore’, tanti cronisti che fanno il lavoro in trincea – osservano i parlamentari – viene riservata una condizione amarissima. Pantano risponde per la seconda volta in Tribunale per la stessa inchiesta
giornalistica che risale al 2010.
E’ stato già prosciolto una prima volta ma, ugualmente, la Procura di Palmi insiste – sostengono nella nota – aggravando l’ipotesi di reato addebitatogli: rischiando fino a 8 anni di carcere solo per aver fatto il suo lavoro, averci informato sulla pervasività della ’ndrangheta, aver contribuito alla presa di coscienza dell’opinione pubblica circa i tentacoli perversi dei clan sulla malapolitica, ma, siamo sicuri, che lo Stato invece di premiarlo, invece di incoraggiarlo a continuare a scrivere dalla parte della società civile, lo processa e indica la sua condotta come un oltraggio alla legge”.
“Per quanto ci riguarda -si schierano i tre parlamentari del PD – noi sappiamo da che parte stare. Dalla parte di quei cittadini, e sono tanti, che, proprio perché indignati dalle scelte editoriali del servizio pubblico, a sostegno del giornalista Pantano stanno firmando una petizione per denunciare l’accanimento giudiziario che subisce e, più in generale -“ concludono – la richiesta di avere una Rai che non tratta sullo stesso piano le storie dell’antimafia e l’esaltazione della mafia”.