Maria Stefanelli pubblica il libro “Loro mi cercano ancora” La collaboratrice di giustizia calabrese racconta la sua storia in un volume scritto a quattro mani con Manuela Marasco
di Caterina Sorbara
Il libro dal titolo “Loro mi cercano ancora” di Maria Stefanelli, collaboratrice di giustizia, nata a Oppido Mamertina, è un’autobiografia a tinte forti che si snoda tra la Calabria, la Liguria e il Piemonte.
L’autrice l’ha scritto insieme a Manuela Marasco, direttrice di “Narcomafie”ed è stato pubblicato dalla Mondadori. E’ un libro che si legge tutto d’un fiato e fa sentire i brividi. Una lunghissima confessione, quella della Stefanelli che non è rivolta ai magistrati ma a sua figlia, luce della sua esistenza.
Maria scrive a sua figlia per allontanarla “da quel mondo maledetto” e le svela le ragioni della loro vita in fuga, con i retroscena sull’organizzazione criminale calabrese, sul suo radicamento al Nord e sui suoi uomini. Innumerevoli sono i soprusi che Maria ha dovuto subire , sin da piccola.
Racconta tutto, senza tralasciare niente, anche i dettagli più intensi o macabri.
Sempre rivolgendosi alla figlia, in una pagina del libro dice:”La famiglia di tuo padre mi ha condannata a morte, per la mia non esisto più, mi hanno rinnegata, chiamata infame, dato della pazza”.
Maria inizia il suo racconto dal luogo dove è nata: Oppido Mamertina, raccontando la sua infanzia.
Racconta il trasferimento in Liguria , dove rimasta orfana di padre è costretta a subire le attenzioni morbose di suo zio Antonio, capo della locale di Varazze, nuovo compagno della madre, mentre i suoi fratelli spacciano la droga.
Da quella situazione infernale Maria si “libera”, sposando Francesco Marando detto Ciccio, boss e narcotrafficante che comanda la zona di Torino.
Il matrimonio è anche un’alleanza tra le due famiglie.
Ma è solo un illusione, perché quando il marito viene arrestato, lei è in ogni momento controllata dalla suocera e i cognati.
I momenti di libertà si limitano solo alle visite al carcere, dove il marito anche se detenuto continua a dirigere il narcotraffico.
Maria trova la libertà solo amando Floriana, moglie di un altro detenuto, conosciuta durante i colloqui.
Verso la metà degli anni 90 a causa della latitanza del marito,Maria torna in Calabria, nonostante i due hanno una bambina, il marito è con lei violento.
Intanto tra la famiglia di Maria e quella del marito scoppia unna guerra per il controllo degli affari.
Il 3 giugno del 1996 a Chianocco (Torino), viene trovato un cadavere carbonizzato, dalla fede si scopre che è Ciccio Marando , suo marito.
In seguito moriranno altri uomini.
Maria capisce di essere in pericolo e decide di collaborare con la giustizia in cambio della protezione per lei e la figlia, anche se i problemi sembrano non volerla lasciare, Maria è costretta a lottare anche con una malattia.
Un libro che tutti dovrebbero leggere, un libro che sfata il mito che la ndrangheta è solo in Calabria, perché invece è ben radicata in tutto il territorio nazionale e internazionale.
Come Maria scrive, la ndrangheta non sarebbe potente se non avesse a sua disposizione un esercito di persone pronte ad obbedirgli: geometri, ingegneri, architetti, avvocati, medici commercialisti, funzionari di banca, politici a tutti i livelli. Persone che mettono le proprie capacità a suo servizio in cambio di denaro sporco.
Persone, che diventano, così, la vera e propria forza dell’organizzazione.
Ma Maria alla fine del libro ci regala un altro ” brivido”, quando spiega che lei, la “signora ndrangheta” non dimentica, salda i conti anche dopo decenni, mai perdona.
“Perché loro mi cercano ancora”.