Commette il reato di rifiuto di atti d’ufficio il medico di guardia che si limita,
telefonicamente, a prescrivere un farmaco di cui già dispone il malato terminale
alle prese con dolori lancinanti. Parola di cassazione. In casi urgenti come questo,
il sanitario non può esimersi dalla visita domiciliare. Lo ha sancito la sentenza
43123/17 della Cassazione, pubblicata oggi dalla sesta sezione penale. A presentare
ricorso contro la sentenza della Corte di appello è un medico condannato per il
reato ex articolo 328, comma 1, Cp perché si rifiutava, quale sanitario di turno,
di recarsi presso l’abitazione di un malato terminale dopo le sollecitazioni telefoniche
del figlio, limitandosi a prescrivere un antinfiammatorio di cui già disponeva la
donna, quando era il caso, invece, di prescrivere un antidolorifico per via endovena,
considerati gli atroci e strazianti dolori. La Cassazione non fa sconti: il ricorso
va respinto. Sebbene l’imputato, a differenza di altri casi, abbia suggerito qualcosa
da fare, «l’intervento domiciliare richiesto era non solo urgente ma anche del
tutto improcrastinabile perché si trattava di intervenire per alleviare i forti
dolori di una paziente alla quale restavano poche ore di vita e in una condizione
in cui l’intervento doveva essere attuato valutando le peculiari condizioni in
cui la paziente si trovava anche a causa di precedenti trattamenti praticati per
alleviarle i dolori». In altri termini, a differenza dei casi nei quali l’intervento
del medico può essere preceduta da una «interlocuzione telefonica esplorativa propedeutica
a una successiva visita domiciliare eventualmente necessaria», nel caso in esame,
l’intervento del sanitario era comunque da attuare con urgenza «per evitare che
si consumassero le ragioni della sua necessità». In assenza di altre esigenze del
servizio (altre richieste di intervento o altri pazienti in attesa), che potessero
produrre un conflitto di doveri, non c’era ragione perché il medico non si recasse
al domicilio della paziente per un intervento personalizzato. Nel caso specifico,
osserva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, non può
esservi dubbio che l’atto richiesto al medico di continuità assistenziale, informato
dettagliatamente sulla grave e persistente sintomatologia avvertita dal paziente,
rivestisse i caratteri dell’urgenza; se ne ha conferma, come si legge in sentenza.
Conclusivamente deve affermarsi il principio che, in tema di rifiuto di atti d’ufficio,
il medico in servizio di guardia è tenuto ad effettuare al più presto tutti gli
interventi che siano richiesti direttamente dall’utente.