Il Tribunale collegiale di Messina presieduto dal Giudice Silvana Grasso, ha emesso quest’oggi, dopo una lunga camera di consiglio durata oltre otto ore, il proprio verdetto nei confronti di una articolata organizzazione dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti sulla piazza di Messina e coordinata dai fratelli Giovanni e Basilio Schepis e dai loro congiunti Felice e Santino Emanuel e da un loro nipote, Alessandro Catalano. Con essi, altre figure di assuntori – spacciatori coinvolti nel traffico con ruoli diversi e di minor spessore, come Francesco Furnari e la moglie Paratore Francesca. Ultimo ma non per importanza processuale il collaboratore di Giustizia Domenico Ruffo, 39 anni, di Bovalino, fratello di due altri collaboratori, Pietro e Rosario già protagonisti – quali testi d’accusa – in un importante processo celebrato a Locri nei confronti del clan Perre. Pietro Ruffo, in particolare, imputato anch’egli davanti il Tribunale id Messina, ed uscito di scena al momento dell’udienza preliminare avendo optato per un rito abbreviato sarebbe stato il trait d’union fra i fornitori calabresi e gli Schepis con i quali era imparentato avendone sposato una sorella. Al termine dell’istruttoria dibattimentale, lo scorso 20 Aprile, il PM Dott. Sa Todaro aveva formulato pesanti richieste di condanna per tutti gli imputati con la sola eccezione di Domenico Ruffo – difeso dall’Avv. Luigi Mamone del Foro di Palmi – per il quale aveva chiesto l’assoluzione. Nella giornata odierna dove la conclusione delle ultime arringhe difensive la camera di Consiglio e il verdetto: 28 anni di reclusione per Giovanni Schepis, 27 per Basilio Schepis, 25 per Santino e 16 per Felice. Condanne conformi alle richieste del PM per tutti gli altri e assoluzione per Ruffo. La vicenda processuale, ha messa un punto fermo alla lotta contro lo spaccio di dorga articolato sull’asse Calabro Siculo da esponenti della ‘ndragheta della locride e da organizzazioni del malaffare metropolitano messinese.