Mobbing nella Polizia di Stato, Ispettore Capo vessato da un superiore
redazione | Il 02, Apr 2013
Il Tribunale di Catanzaro condanna il Ministero dell’Interno. Riconosciuto il danno biologico e morale
Mobbing nella Polizia di Stato, Ispettore Capo vessato da un superiore
Il Tribunale di Catanzaro condanna il Ministero dell’Interno. Riconosciuto il danno biologico e morale
E’ vessato da colleghi e superiori, isolato e allontanato dalla propria sede di lavoro, soppresso arbitrariamente il suo ufficio.
Il Tribunale di Catanzaro (I sezione civile, composizione monocratica) condanna il Ministero dell’Interno (con sent. N.554/13) al risarcimento di 47mila euro a titolo di danno non patrimoniale, oltre interessi e rivalutazione. La vittima si chiama Salvatore Iacoi, 60 anni, ispettore capo, oggi in pensione, sposato, con figli, entrato in polizia nel 1973, dopo avere maturato esperienza ad Alessandria, Ventimiglia, Tarvisio, Cagliari, Taranto, Bari, Cosenza. Giunge a Rossano nel 1983, con il grado di assistente di polizia, dove trova un ambiente accogliente e stimolante. Nel 2000 diviene ispettore capo. I primi problemi tuttavia sorgono con l’arrivo del dirigente vice questore aggiunto Michele Abenante, con il quale ha qualche dissidio all’indomani di un’imponente operazione di polizia contro la criminalità organizzata nel 1999, ma nulla di più. E’ nel 2002 che si consuma l’episodio che scatenerà una serie di conflitti e scontri tali da determinare denunce e querele da una parte e dall’altra. L’allora ispettore capo Iacoi si accorge che il dirigente del commissariato di pubblica sicurezza di Rossano Calabro, Michele Abenante, avrebbe sottoscritto un verbale di composizione di privati dissidi tra titolari di imprese funebri circa il fenomeno del “caro estinto”. In realtà il dirigente Abentante, pur sottoscrivendo il verbale, non era presente al momento delle dichiarazioni rese dagli impresari. Un atto che, secondo Iacoi, prefigura l’ipotesi di reato di falso ideologico. Dopo giorni di lungo tormento, poiché vige il principio della obbligatorietà dell’azione penale, l’ispettore Iacoi deposita una comunicazione di reato alla locale Procura della Repubblica del Tribunale di Rossano (il procedimento si concludeva con un decreto di archiviazione). E’ da allora che inizia un calvario interminabile durato oltre un decennio tra provvedimenti disciplinari, denunce, querele, e missioni di fatto intese come trasferimenti. Per l’ispettore capo Iacoi si prefigura uno scenario inquietante: isolato dai colleghi, e preso di mira dal suo “capo”. Il contraccolpo umano e psicologico è forte. Ma l’uomo si dà forza, non si arrende. Il conflitto tra i due si accentua il 12 dicembre del 2002 quando l’ufficio personale della Questura di Cosenza invia in missione per 90 giorni l’ispettore Iacoi, il quale a distanza di una settimana viene invitato dal
dirigente Abenante a lasciare l’ufficio, a rendere accessibili il personal computer e gli arredi, confondendo di fatto l’istituto della missione con quello del trasferimento. In sostanza l’ufficio di Iacoi viene rimosso e soppresso. Segue la notifica di un provvedimento disciplinare, successimanente annullato dall’ufficio della Presidenza della Repubblica, solo dopo una estenuante battaglia interna alla struttura gerarchica della Polizia di Stato. Il tutto, oltre a determinare un grave disagio psico-fisico, con effetti devastanti, sia sul piano lavorativo che familiare, frena le legittime aspettative carrieristiche del sottoufficiale. Difatti, nel 2004, il Ministero dell’Interno nega a Iacoi il conferimento della croce d’argento per anzianità di servizio. Per giunta, nonostante il provvedimento disciplinare fosse stato dichiarato nullo dal Capo dello Stato, l’amministrazione non procede all’annullamento dal foglio matricolare della sanzione irrorata. Nasce una battaglia giudiziale.
Nel 2005, l’ex Ispettore Capo di pubblica sicurezza, rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio Campilongo, ricorre presso il Tribunale di Catanzaro che nelle ultime ore condanna il Ministero dell’Interno al risarcimento di 47mila euro a titolo di danno non patrimoniale, nonché alle spese legali. Un iter durato lunghi anni che restituisce dignità all’uomo e alla persona dell’Ispettore Capo Iacoi a cui è stato riconosciuto un danno biologico e morale patito a seguito di una strategia persecutoria.