Morano Calabro, una storia di arte, fede e natura Visita di don Leonardo Manuli nel borgo calabrese per la novena della Madonna del Carmelo
Vicino l’imponente muraglia del monte Pollino, si può visitare uno fra i cinquanta borghi più belli d’Italia, Morano Calabro, situato a nord della Calabria, fiancheggiato dall’autostrada del mediterraneo. Tra la meraviglia e la contemplazione, il borgo è rinchiuso tra le cime dei monti, abbarbicato su una collina alta circa 700 mt., sul quale sorge un antico castello Normanno di epoca romana, e in cima una chiesa dedicata agli apostoli Pietro e Paolo. L’escursione a Morano C. è per me una scoperta inedita del luogo pittoresco e suggestivo, da cui si ricava un piacere estetico, intellettuale, fisico ed inesauribile, e mi ritrova nel pensiero del filosofo della natura Campanella che concepiva il mondo naturale come un’epifania del divino: «Tempio farò il ciel, altar le stelle». Il borgo ha una storia molto antica, dal forte senso di appartenenza, religioso e culturale, un topos importante per poter conoscere i contenuti antropologici e magici del luogo.
La novena della Madonna del Carmelo che prepara ai festeggiamenti del 16 luglio, è una delle feste religiose più importanti per i moranesi, una ricorrenza molto sentita nel mezzogiorno e in Calabria, una caratteristica dei santuari mariani del sud, come anche quello della Madonna del Pollino che giace appollaiato come un rapace, alla sua panoramica rupe a picco. La chiesa che custodisce la sacra effigie mariana intitolata a santa Maddalena, è affollata fino all’inverosimile nei giorni di preparazione all’evento, tra riti e preghiere si infiammano gli animi pieni di fervore e di pietà sotto l’indulgente occhio materno della Madonna. Come ogni altro appuntamento religioso in Calabria, di rilevanza sociale e antropologica, è un’esplosione del piacere, e un pericoloso errore sarebbe privare questa gente delle gioie primordiali che si scatenano nell’ambito della religiosità popolare. L’estate in Calabria è tempo di invasioni mariane, «È un modo attraverso cui Dio risponde al bisogno umano di tenerezza rivelando la sua realtà materna», affermava il compianto mariologo calabrese padre Stefano De Fiores. Sia il nativo del luogo che il turista, e sia gli emigranti che ritornano per riabbracciare gli affetti mai dimenticati, riscoprono un sapore misto di antico e di mitico, di selvaggio e di sublime, soprattutto gli emigranti, che rientrano nel desiderio di radici e d’identità.
Il culto alla Madonna del Carmelo risponde alla devozione dello “Scapolare”, un saio in miniatura da indossare attorno alle spalle, con la promessa del “privilegio sabatino” a chi lo manterrà fino alla morte e si troverà in “stato di grazia”, e la Madonna preleverà il devoto dalla condizione spirituale del Purgatorio in cui si trova per portarlo con sé in Paradiso, racconta la rivelazione ricevuta da san Simone Stock nell’apparizione mariana del 1251. Il contenuto di questa “tradizione”, si armonizza con la paura della morte e del giudizio finale, immerso in un immaginario collettivo che ha perduto o addirittura rimosso i “tempi ultimi” di cui ognuno di noi un giorno dovrà fare i conti. La spiritualità carmelitana affonda le radici nel profeta Elia, che ebbe la visione di una nube, interpretata cristianamente come la venuta della vergine Maria (san Bonaventura da Bagnoregio). Nel luogo della visione, si radunarono tanti eremiti, dedicando una cappella alla Vergine e trasformandolo in oasi di preghiera e di contemplazione.
Ritornando alla storia di questo piccolo borgo di circa quattromila abitanti, tra chiese artistiche e palazzi monumentali, è possibile trascorrere un’intera giornata godendo panorami inauditi, intrattenuti dalla tipicità gastronomica del luogo, grazie a visite guidate e organizzate, del quale è possibile percepire il potere della natura e dell’arte che influiscono sulla sensibilità dell’animo umano. Morano C., fa parte del Parco Nazionale del Pollino, e il viaggio si allarga alla vicina Campotenese, dove nel silenzio e nella solitudine si aprono valli e campi in un serpeggiare di tornanti che rendono affascinante il luogo. È tra gli echi della festa della Madonna del Carmelo, tra canti e preghiere che il mese di luglio apre la stagione estiva, e dedica al mito della «dea madre» incarnata nella statua della Madonna, genius loci, dove uomini e donne di ogni estrazione sociale consacrano le proprie sofferenze, le affidano ogni speranza e si tuffano per vivere esperienze di intensa spiritualità, alla ricerca di un germoglio di rinascita, peccato però che poi si rientra nel feriale vivendo «etsi Deus non daretur» (come se Dio non esistesse).