Morte Federica Monteleone, madre: “Non voglio più la cittadinanza italiana”
redazione | Il 17, Nov 2012
“Lo Stato tutela più chi delinque che le vittime”
Morte Federica Monteleone, madre: “Non voglio più la cittadinanza italiana”
“Lo Stato tutela più chi delinque che le vittime”
VIBO VALENTIA – “Mi vergogno di essere cittadina di uno Stato che tutela più chi delinque che le vittime”. E’ quanto sostiene Mary Sorrentino, la mamma di Federica Monteleone, la sedicenne morta il 26 gennaio 2007 a seguito dell’intervento di appendicectomia del 19 gennaio nell’ospedale Jazzolino di Vibo Valentia, annunciando che avvierà le pratiche per rinunciare alla cittadinanza italiana. La donna ha scritto al sito “Scirocco eVenti del sud” che ha diffuso il testo. “Da uno Stato civile o presunto tale – sostiene Mary Sorrentino – ti aspetteresti che tuteli i suoi cittadini, specie se in difficoltà. Dalla magistratura ti aspetti invece che sia sempre garantista della verità e della giustizia. Se fossimo in uno Stato civile, appunto, non in Italia. Un primo processo che nel secondo grado di giudizio condanna sette imputati con pene da uno a due anni per omicidio colposo aggravato, l’ottavo imputato a tre anni, anche per concussione, tutti regolarmente liberi ed in servizio, hanno proposto ricorso in Cassazione. Un secondo processo con quattro imputati per omicidio colposo, che la Procura della Repubblica ha dimenticato di inserire nel primo processo. Un terzo processo che vede condannato in primo grado il capo della Procura dell’epoca, per inquinamento delle prove e favoreggiamento. Un quarto processo dove otto persone sono state rinviate a giudizio per falsa testimonianza e calunnia, commessi nel corso del dibattimento di primo grado del primo processo. E chi è stato ammesso parte civile nell’ultimo processo? Incredibile: tutta l’equipe della sala operatoria, che vede l’anestesista Costa condannato in primo e secondo grado, i chirurghi Gradia e De Iorgi attualmente imputati per omicidio colposo e, sorpresa delle sorprese, Pasquale Ventrice, primario già in pensione all’epoca dei fatti, il quale, oltre ad avere testimoniato nel processo di non fare parte dell’equipe, ma di essere un semplice ospite, ha anche riferito di essere uscito dalla sala operatoria quando andò via la luce, perché il capo – chirurgo Gradia fu preso da un malore”. “Chi mi spiega – afferma Mary Sorrentino – in quale stato civile al mondo si ammettono in un processo come parti danneggiate soggetti a loro volta sotto processo, persino condannati per lo stesso evento? Quale danno ha subito Costa dalla calunnia di avere abbandonato mia figlia sul lettino operatorio, lui che è stato ugualmente condannato in primo e secondo grado per averla uccisa in altro modo?”. “Datemi la cittadinanza del Burundi, del Kenya, dell’India o di qualunque altro luogo al mondo dove il benessere del cittadino è al primo posto – conclude la donna – perché mi vergogno di essere cittadina di uno Stato che tutela più chi delinque che le vittime”.