Mubarak: “Se lascio è caos”. Usa trattano dimissioni
redazione | Il 04, Feb 2011
Oggi nuove manifestazioni, piazza Tahrir comincia a riempirsi per il “Giorno della partenza”
Mubarak: “Se lascio è caos”. Usa trattano dimissioni
Oggi nuove manifestazioni, piazza Tahrir comincia a riempirsi per il “Giorno della partenza”
(ANSA) Sta cominciando a riempirsi di manifestanti piazza Tahrir, nel centro del Cairo, dove oggi l’opposizione, per il venerdì di preghiera, spera di radunare una grande mobilitazione battezzata “giorno della partenza”. Le tv Al Jazira e Bbc mostrano immagini in diretta dall’alto sulla grande piazza centrale della capitale egiziana dove, quando sono da poco passate le 10:00 locale (le 09:00 in Italia), si vedono già alcune migliaia di persone con grandi striscioni. L’atmosfera sembra per ora relativamente calma. La Cnn rivela che militari in tenuta antisommossa con armi automatiche sono schierati numerosi tutt’attorno a piazza Tahrir e che uomini delle forze di sicurezza hanno proceduto all’ arresto di alcune persone che lasciavano la piazza o sul vicino ponte 6 Ottobre, facendole distendere a terra sotto la minaccia di armi puntate. Al Jazira International rivela che le comunicazioni non sono bloccate come alcuni giorni fa e che gli oppositori usano soprattutto i social network come Facebook e Twitter. I giornalisti, per lo più ormai relegati negli alberghi dopo gli arresti e le intimidazioni di ieri, temono di non poter garantire una copertura adeguata degli eventi. KHAMENEI, RIFLESSO DI NOSTRA RIVOLUZIONE – Le proteste in diversi Paesi arabi, in particolare in Egitto, sono ”un riflesso” della rivoluzione islamica del 1979 in Iran. Lo ha detto oggi la Guida suprema iraniana, ayatollah Ali Khamenei, parlando alla preghiera del venerdi’ a Teheran. Khamenei, parlando delle celebrazioni in corso in Iran per il 32.mo anniversario della rivoluzione, ha detto che “quest’anno questa ricorrenza assume un nuovo significato”. “Dopo anni – ha affermato la Guida iraniana – il popolo vede che l’eco della sua voce è udita con forza in altre parti del mondo islamico”. Secondo Khamenei, la “vigilanza e la consapevolezza islamica stanno emergendo oggi”. Cresce il pressing americano su Mubarak affinché il presidente egiziano lasci subito l’incarico. In nottata l’amministrazione Obama ha fatto filtrare la notizia che sta discutendo con “autorità egiziane” non meglio precisate una serie di opzioni che prevedono l’immediata uscita di scena di Hosni Mubarak e la formazione di un Governo di transizione. La Casa Bianca ha da giorni scelto una linea prudente, ma di ora in ora – sull’onda di quanto avviene nelle piazze – spinge sempre più sull’acceleratore, negoziando direttamente con il vice-presidente Omar Suleiman e lavorando ai fianchi i più stretti collaboratori del rais egiziano perché convincano Mubarak che è proprio arrivata l’ora di uscire di scena. La conferma della svolta di Washington è arrivata in piena notte egiziana attraverso fonti anonime americane ed egiziane, che hanno parlato con il New York Times. Secondo queste fonti, il piano è semplice: Mubarak dovrebbe cedere il potere a un governo di transizione guidato dal vicepresidente Omar Suleiman con la supervisione delle forze armate e il beneplacito della potente organizzazione dei ‘Fratelli Musulmani’, con i quali la Casa Bianca ha aperto diversi canali di comunicazione. Gli Stati Uniti, di fatto, non hanno smentito le indiscrezioni: stiamo discutendo con gli egiziani una “varietà di modi differenti” per andare verso una transizione pacifica in Egitto, si è limitata a confermare la Casa Bianca interpellata sulle anticipazioni del New York Times. Tommy Vietor, portavoce del Consiglio della sicurezza nazionale della Casa bianca, ha aggiunto: “Abbiamo discusso con gli egiziani una varietà di modi differenti per far andare avanti il processo, ma tutte queste decisioni devono essere prese dal popolo egiziano”. Adesso Mubarak è decisamente isolato e il pallino del gioco é sempre meno nelle sue mani e sempre più in quelle dell’esercito. “Mi dimetterei se potessi, ma temo il caos, dopo 62 anni al servizio del pubblico ne ho abbastanza. Voglio andarmene”: così il presidente Hosni Mubarak aveva detto alla rete americana Abc, ribadendo di “non aver mai avuto intenzione di scappare, né che (mio figlio) Gamal diventasse presidente dopo di me”. Intervistato da Christiane Amanpour, alla presenza anche di Gamal, Mubarak ha sostenuto di “non pensare agli insulti” che la piazza gli rivolge, perché – ha detto – “mi importa del mio Paese, mi interessa dell’Egitto”. “Morirò in questa terra”, ha ribadito l’anziano rais. Il presidente ha parlato nel giorno in cui, attraverso il suo numero due Omar Suleiman, il regime ha aperto nuovamente alle opposizioni cercando il dialogo. Al tempo stesso assedia la piazza, che continua a mantenere le posizioni, in attesa di oggi, ‘giorno della partenza’, quando sono state indette nuove imponenti manifestazioni per chiedere ancora una volta che il rais se ne vada. In vista di oggi è continuata con rinnovata veemenza la caccia ai giornalisti occidentali accusati dai miliziani pro Mubarak di alimentare una campagna antiregime per scatenare il caos. Un giornalista svedese è stato accoltellato alla gola. Numerosi i casi di intimidazioni, aggressioni e arresti di inviati, soprattutto televisivi e fotografi. Colpiti anche le organizzazioni per i diritti umani come Amnesty International e Human Rights Watch.
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