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TAURIANOVA (RC), VENERDì 20 SETTEMBRE 2024

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‘Ndrangheta a Gioia Tauro, le accuse della Procura contro il capo cosca Antonio Piromalli L'inchiesta della direzione antimafia di Reggio Calabria mette in luce la potenza economica di una della famiglie di mafia più potenti della Calabria

‘Ndrangheta a Gioia Tauro, le accuse della Procura contro il capo cosca Antonio Piromalli L'inchiesta della direzione antimafia di Reggio Calabria mette in luce la potenza economica di una della famiglie di mafia più potenti della Calabria
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di Il Segugio

Ecco uno stralcio dell’ordinanza relativa all’operazione “Cumbertazione”:

PIROMALLI Antonio, con il ruolo di capo, perché attuale reggente, promotore ed organizzatore della cosca Piromalli, rappresentante in particolare del ramo facente capo al padre, Piromalli Giuseppe “Facciazza” cl. 45, e con la funzione di “guida” di tutta la cosca sia sotto il profilo finanziario/imprenditoriale che sotto quello più direttamente militare,

disponeva e coordinava tutte le azioni criminali della cosca – ancorchè, per “scelta criminale” si era stabilito strategicamente a Milano, ove l’organizzazione criminale coltivava numerosi interessi imprenditoriali – mantenendo il controllo assoluto sul centro urbano di Gioia Tauro grazie all’importante filiera comunicativa, rappresentata dai sodali per lo più appartenenti al suo stretto nucleo familiare, che gli consentiva di disporre di tutte le informazioni su qualsiasi aspetto per esercitare il suo comando anche “da remoto”

controllava tutte le attività imprenditoriali e quelle direttamente criminali connesse al controllo mafioso del territorio gioiese, coordinando un’ampia rete di affiliati e fiancheggiatori;

esercitava il proprio controllo sul territorio di Gioia Tauro, finanche venendo interpellato per la compravendita di negozi, stabilendo prezzi e quanto di sua spettanza (prog. nr. 2989 (Linea 9287), intercettata il 15 settembre 2015, dalle ore 18.00, a bordo dell’autovettura “BMW Serie 3”, targata EP388VD) e si ingeriva, mostrando il suo carisma criminale, anche nella risoluzione di controversie private, come quando ordinò al sodale Strangi Girolamo di restituire del denaro a Pronestì Alessandro per affari comuni svolti (All. 485 – Conv. prog. nr. 438 (Linea 9287), intercettata il 1° giugno 2015, dalle ore 11.00, a bordo dell’autovettura “BMW Serie 3”, targata EP388VD; Alle. 470 – Conv. prog. nr. 3610, intercettata il 13 gennaio 2016, dalle ore 20.00, all’interno dell’abitazione di Pronesti Alessandro e Ferro Cinzia, sita in Opera (MI), via Bovet snc. RIT 1301/15);

era il regista indiscusso delle attività di trasferimento fraudolento di valori e riciclaggio della cosca (coordinando una moltitudine di affiliati, a cominciare dai cognati Cordì Francesco’, Scibilia Giovanni e Rucireta Nicola, per passare poi ai fedelissimi quali Vizzari Rosario, Bagalà Vincenzo e Pronestì Alessandro, tra gli altri), avendo una grandissima disponibilità di denaro di provenienza illecita, che si attivava ad immettere nei diversi mercati di interesse (esportazione di olio di oliva, commercio di agrumi, compravendite immobiliari, apertura esercizi commerciali di abbigliamento);

disponeva, nonostante fosse stato detenuto per quasi sette anni e prima delle detenzione non avesse redditi congrui, di ingenti capitali di provenienza illecita (cfr. decreto di confisca e applicazione della sorveglianza speciale emesso dal Tribunale di Reggio Calabria Sez. MP in data 16 giugno 2010 n. 59/10, confermato dalla Corte di Appello di Reggio Calabria con decreto del 12 giugno 2014 n. 20/15: entrambi provvedimenti acquisiti agli atti);

schermava i suoi reali interessi attraverso l’utilizzo di due imprese formalmente riconducibili alla sua persona, quella storica di produzione agrumi e olio (impresa agricola Piromalli) ed una con oggetto sociale principale l’attività di mediazione (la P&P Foodss.r.l.) ma gestiva in realtà una vera e propria holding composta da una molteplicità di imprese (sia di diritto italiano che di diritto statunitense) ed attiva nel settore agroalimentare, con particolare riferimento alla commercializzazione ed esportazione di olio ed agrumi, attraverso la quale reinvestiva i capitali provenienti dalle attività illecite (dagli “investimenti”) e commetteva truffe su larga scala ai danni dei consumatori americani, così producendo un cospicuo flusso continuo di denaro, peraltro sottratto all’imposizione, attraverso false fatturazioni e comunque pagamenti in nero.

Più precisamente, utilizzando l’azienda P&P Foodss.r.l., si occupava in maniera apparentemente legittima dell’esportazione – essendo il “mediatore” tra venditore e acquirente – e teneva contatti “legittimi” con tutti gli attori della vicenda, mentre in realtà occultava il suo reale interesse quale importatore negli Usa e insieme venditore (cfr. conversazione ambientale tra Piromalli Antonio e la moglie progr. n. 419 del 4 giugno 2016 Rit 669/15 – all. 239; cfr.: progr. n. 563 del 10 giugno 2016 RIT 669/15 – all. 241) e con le modalità descritte accumulava cospicui guadagni che progettava di sottrarre a tassazione, attraverso l’utilizzo di carte di credito anonime per ricevere i pagamenti ovvero la creazione di società estere (cfr. conversazione ambientale progr. n. 1303 del 9 ottobre 2015 RIT 1301/15 – all. 208; conversazione ambientale progr. n. 457 del 16 ottobre 2015 RIT 1781/15 – all. 213; scambio di sms del 18 ottobre 2015 all. da 216 a 220) dove dirottare i guadagni o ancora ricevendo pagamenti “in nero” da parte ad esempio del Careri (conversazione ambientale progr. n. 563 del 10 giugno 2016 RIT 669/15 – all. 241).

Sistematicamente compiva attività di truffa in danno dei consumatori americani, ai quali vendeva come olio extravergine di oliva di provenienza italiana, olio di sansa raffinato e filtrato, peraltro anche di provenienza estera, e con l’indicazione di date di scadenza e numero di lotto false, avvalendosi dell’operato del sodale Vizzari Rosario.

Assumeva il controllo del MOF di Milano, attraverso la creazione di una complessa rete di imprese e l’ausilio di una serie di affiliati (tra tutti spiccava Pronestì Alessandro) e fiancheggiatori (come Ferro Cinzia, compagna del Pronestì, Francolini Patrizia, ed altri), coordinati con la finalità di dominare il mercato ortofrutticolo di Milano, facendo leva sul metus mafioso esercitato dalla sua persona. A tal proposito era anche socio occulto delle società Ortopiazzolla e dela Polignanese, determinando le strategie commerciali delle stesse e strumentalizzandole al fine di conseguire sempre maggiori guadagni occulti attraverso al gestione di una rete commerciale funzionale alla commercializzazione delle clementina di provenienza calabrese – e in particolare dal consorzio Copam di Varapodio – collocata poi sul mercato italiano della grande distribuzione (Ali e Bennet) così come in Romania, Danimarca e altri Paesi. Con la complicità di Scarpari Rocco, disponeva del consorzio Copam, decidendo cosa avrebbe dovuto comprare, da chi avrebbe dovuto comprare ed a che prezzo e a chi fatturare (Conversazione ambientale progr. n. 487 del 16 ottobre 2015 RIT 1781/15 – all. 276).

Collaborava direttamente e personalmente al finanziamento dell’organizzazione, attraverso il delitto di riciclaggio, grazie a condotte finalizzate ad occultare la illecita provenienza del denaro, attraverso l’investimento in attività commerciali ed imprenditoriali; era tra l’altro il reale proprietario, unitamente a Pronesti Alessandro, della società Original Trade s.r.l. e dell’azienda Artemide di Ferro Cinzia, fittiziamente intestate a Ferro Cinzia (cfr. conversazione ambientale progr. n. 438 del 1 giugno 2015 RIT 893/15 – all. 954; conversazione ambientale progr. n. 4812 del 30 novembre 2015 RIT 893/15 – all. 956) che venivano utilizzate per l’apertura di nuovi negozi, ambedue operativi all’interno del Centro Commerciale “Pradamano Shopping Center” – catena “Bennet” – di Pradamano (UD) in via Nazionale 108.