‘Ndrangheta, attuato cambio generazionale nelle cosche La Direzione Investigativa Antimafia: "Nuove leve e forte presenza sul territorio"
C’è in atto un ricambio generazionale nelle organizzazioni mafiose, capaci di rigenerarsi e di cambiare pelle dopo le operazioni portate avanti dalle forze dell’ordine, ma anche per un normale riassetto fisiologico. Il tutto in un contesto in cui ‘ndrangheta, camorra e mafia continuano a invadere qualunque settore economico e il tessuto sociale. Il quadro inquietante è stato tracciato dal direttore della Direzione Investigativa Antimafia, generale di Divisione dei Carabinieri Giuseppe Governale, intervenuto questa mattina al Convitto nazionale Tasso di Salerno all’incontro “La mafia teme più la scuola o la giustizia?”. Secondo il generale Governale, dunque, «assistiamo ad un ricambio generazionale importante delle mafie sia in Sicilia che in Campania sia in Calabria. Lo dicono le operazioni di servizio e lo dicono anche alcuni segnali che noi ritroviamo dai fatti che si verificano sul territorio. Noi stiamo facendo uno studio che evidenzia, peraltro, un grosso fenomeno particolarmente rilevante dell’incidenza delle nuove leve».
«La presenza dello Stato è certamente necessaria, quantomeno auspicabile – ha sottolineato il direttore della Dia -. L’azione dello Stato, però, non può corrispondere esclusivamente sull’azione delle forze di polizia e della magistratura. Lo Stato è un’organizzazione complessa che ha numerosi elementi che bisogna dispiegare in maniera sistemica sul territorio per ottenere i risultati che noi vogliamo. Le organizzazioni criminali mafiose non sono organizzazioni criminali tout court, semplici, altrimenti le avremmo sconfitte. Si nutrono, invece, del territorio. Hanno un sentimento che è anche apprezzato da microculture che generano, crescono, nella società, soprattutto meridionale».
Sulla crescita di camorra, mafia e ‘ndrangheta, per Governale «la loro presenza continua ad esserci ed è particolarmente rilevante. Nel 1961 Sciascia nel suo “Il giorno della civetta” parlò di una linea, la linea della palma, ovvero della mafia, della corruzione. Diceva che ogni anno si alza di cinquecento metri ed è oltre Roma, disse nel ’61». «Sono organizzazioni criminali che si espandono, le ritroviamo anche particolarmente penetranti in territorio oltralpe, dove le sensibilità sul fenomeno sono quelle che sono purtroppo e quindi riescono ad infiltrarsi», ha concluso.