Estorsione ad imprenditore: arrestate due persone In manette il boss Antonio Mancuso e il nipote. Altri cinque indagati a piede libero
Un’operazione dei carabinieri della Compagnia di Tropea è in corso, col coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, diretta da Nicola Gratteri, per l’esecuzione di un decreto di fermo a carico di due persone accusate in concorso di estorsione. In manette sono finiti un esponente apicale della famiglia di ‘ndrangheta dei Mancuso, Antonio Mancuso, 81enne, boss dell’omonimo clan della ‘ndrangheta (già condannato per associazione mafiosa). L’altro arrestato – su provvedimento di fermo della Dda di Catanzaro – è Alfonso Cicerone, 45 anni, di Nicotera, nipote di Antonio Mancuso. Cinque, invece, gli indagati a piede libero, tutti di Nicotera e legati a Mancuso e Cicerone. Si tratta di: Giuseppe Cicerone (88), Salvatore Gurzì (34), Andrea Campisi (37), Rocco Amico (38) e Francesco D’Ambrosio (39). I reati sono aggravati dalle modalità mafiose e coprono un arco temporale che va dal gennaio 2018 sino al 5 luglio scorso.
I soggetti coinvolti sono accusati di aver preso di mira un imprenditore di Nicotera (VV), attivo nel settore dell’arredamento, intromettendosi nel debito che quest’ultimo aveva con una terza persona. Facendosi forti del nome di Antonio Mancuso, avrebbero poi cercato di estorcere ingenti somme di denaro all’imprenditore arrivando a prestare allo stesso anche soldi ad usura per pagare il boss, intenzionato a rilevare tutte le attività commerciali della vittima.
Secondo quanto emerso dalle indagini, Alfonso Cicerone, alla presenza di Antonio Mancuso, avrebbe urlato in tono minaccio verso la vittima, intimandole di consegnare la quota dovuta a qualsiasi costo e di non far fare una brutta figura allo zio Antonio; quindi nei giorni successivi, i due indagati avrebbero intimato alla vittima di togliere entro due giorni tutti i mobili dal suo negozio di arredamenti con frasi del tenore “Non aprite la serranda che mi inca…”, “o porti i soldi entro sabato oppure lunedì non aprire”. In più avrebbero chiesto al commerciante di prendere i soldi a usura dallo stesso Mancuso, ottenendo, cosi’, la consegna in contanti di ulteriori 5mila euro. Cicerone avrebbe poi riferito alla vittima che era stato deciso di picchiarla e che ciò non era avvenuto solo perché lui si era opposto. I soprusi sono andati avanti anche quest’anno, con Cicerone che, con tono minaccioso, avrebbe urlato alla vittima “Hai preso per il culo mio zio Antonio. Entro domenica mi devi dare i soldi e martedì, se non vuoi consegnarmeli, devi stare chiuso. Siamo arrivati a questo punto perché c’è mio zio Peppino Cicerone di mezzo altrimenti io avrei già preso provvedimenti”. Antonio Mancuso avrebbe poi riferito alla vittima che i 5mila euro versati mensilmente erano da considerarsi quale affitto dei locali, in realtà di proprietà del commerciante e non andavano a decurtare il debito residuo. Non solo, il boss, avrebbe imposto al commerciante di affiggere alla propria attività il cartello “Vendesi”. Nel giugno scorso Mancuso avrebbe preteso il pagamento di ulteriori 11.500 euro.