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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 12 DICEMBRE 2024

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‘Ndrangheta-politica, ApindustriaCalabria non ci sta "E’ libertà, se i nostri figli, a causa di questo stato di cose, e indipendentemente dalla crisi mondiale, sono costretti ad andarsene, non solo per poter lavorare, ma per vivere con dignità?"

‘Ndrangheta-politica, ApindustriaCalabria non ci sta "E’ libertà, se i nostri figli, a causa di questo stato di cose, e indipendentemente dalla crisi mondiale, sono costretti ad andarsene, non solo per poter lavorare, ma per vivere con dignità?"
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ApindustriaCalabria, Associazione delle PMI di Reggio Calabria, esprime profondi disappunto e dolore per quello che sta succedendo in  Calabria, e a Reggio in particolare.

La Procura ha scoperchiato un sistema capillare di controllo criminale che sovrintende alla vita economica, e non solo, del territorio, che tutti percepivamo, ma nessuno aveva mai smascherato. Tutti ci siamo sempre lamentati del fatto che a Reggio lavorano e progrediscono sempre le solite imprese, i soliti professionisti ; che per ottenere una licenza edilizia, un’autorizzazione amministrativa, una concessione, un finanziamento in banca, l’approvazione di un progetto di investimento agevolato, il pagamento delle proprie spettanze dalla P.A., per non parlare di un posto di lavoro nel pubblico, finanche un ricovero in ospedale, occorre far parte del “giro”, ovvero ricorrere a qualcuno di loro. E, tutto ciò, da un’infinità di tempo, indipendentemente dalla colorazione del governo del territorio. Tutti intuivamo dovesse esserci una sorta di gruppo ristretto di soggetti che decidono le cose della città e della Calabria, ai loro esclusivi fini, a discapito della cittadinanza, ma non si sapeva chi fossero. E se ne parlava, e se ne è anche scritto. Ma solo adesso queste voci hanno trovato ascolto.

E questo è epocale per Reggio.

Oggi a Reggio si è realizzata la medesima svolta di quella avvenuta nella Palermo di Falcone e Borsellino. Lì c’erano state le intuizioni di due grandi Magistrati. Qui la determinazione di un altrettanto grande Procuratore, De Raho, che ha creato le condizioni perché ci fosse un team coraggioso e determinato di investigatori e PM che non ha guardato in faccia nessuno e ha scoperchiato pentole bollentissime.

E, tanto, in contemporanea con l’infinità di altre inchieste cui devono fare fronte. Una per tutte, per quello che è dato leggere, la recente operazione che ha portato al ritrovamento di un ingente quantitativo di droga su una nave a Gioia Tauro, che ha necessitato di un impegno inverosimile.

Quello che sta accadendo in questi giorni, continua ApindustriaCalabria, è l’emblema della situazione drammatica che stiamo vivendo.

Da una parte, l’assoluto dominio del cuore animalesco della criminalità organizzata, con gli efferati delitti di Oppido (il giovane ucciso e dato in pasto ai maiali, ancora vivo), e Cassano (il bambino di tre anni ucciso e dato alle fiamme assieme al nonno), il traffico dei rifiuti e della droga, e i loschi interessi che l’hanno portata ad essere potentissima, infiltrandosi nei palazzi del potere, governando di fatto sul territorio, per come adesso sta emergendo dalle inchieste giudiziarie, utilizzandolo a suo piacimento in favore di predatori di turno, politici, finanzieri o grandi imprenditori che siano ; dall’altra la classe politica territoriale, di ogni colore, che, eccetto qualche ipocrita o insignificante esternazione, rimane pressoché silente davanti a tali fatti e a quello che sta venendo fuori, mentre, invece, discute di posti, poltrone, spartizioni, appannaggi, e strategie elettorali, e poi non viene tenuta in alcuna considerazione dall’Italia che conta (o, peggio ancora,  vuol fare apparire che sia così) ; dall’altra ancora l’associazionismo, il mondo sindacale e i club service che dovrebbero essere portatori delle aspettative del territorio, ma che rimangono anch’essi silenziosi, tranne qualche timida e vuota sortita, in attesa che passi la bufera, ad evitare di intaccare l’immagine dei loro veri rappresentati ; e, in un angolino, la cittadinanza, succube impotente e rassegnata, impaurita, ridotta alla fame, senza economia, senza imprese, senza futuro.

Ci chiediamo, chiede ApindustriaCalabria, è libertà, questa ? Nel terzo millennio, con il mondo intero lanciato verso il futuro, verso il progresso, che deve essere soprattutto sociale e culturale, è libertà, questa ?

E’ libertà, se i nostri figli, a causa di questo stato di cose, e indipendentemente dalla crisi mondiale, sono costretti ad andarsene, non solo per poter lavorare, ma per vivere con dignità? E’ libertà, se i nostri imprenditori non trovano opportunità e, cosa ancor più grave, hanno perso l’entusiasmo di intraprendere ? E’ libertà, se devono dare conto al referente della zona, se devono sottostare alle richieste dei burocrati, se devono aspettare chissà quanto per ottenere il loro dovuto ? E’ libertà, se resti fuori da tutto se non sei nel “giro” ? E’ libertà, anche, se dobbiamo chiedere al Procuratore De Raho e ai suoi collaboratori PM e Forze dell’Ordine, di continuare ad andare avanti e sperare che non vengano trasferiti ?

Dov’è stata la classe dirigente calabrese, con sparute eccezioni, mentre, e subito dopo, se non prima, questa barbarie trionfava ? dov’è stata per tutto il periodo in cui a Gioia sono transitate le dichiarate legali 60.000 tonnellate (ma solo quelle??) di rifiuti tossici ? dov’era in tutto il periodo in cui gravitava il dubbio, rimasto tale, anzi diventato quasi certezza, che i rifiuti tossici illegali sono stati inabissati nei nostri mari e interrati nelle nostre montagne ? Di tanto altro si dovrebbe chiedere conto. Di certo sappiamo che questa classe dirigente era presente, ma cieca e sorda, compiacente se non collusa, quando a Reggio gli imprenditori dovevano supplicare dietro le porte degli uffici dell’amministrazione pubblica per tentare inutilmente di ottenere i loro crediti, ed è presente e silenziosa pure adesso che la cittadinanza reggina viene obbligata a sanare i suoi buchi.

La verità vera, purtroppo, lo ribadiamo ormai da tempo, continua ApindustriaCalabria, è che il Meridione è servito e serve come mercato dell’Italia resa ricca dai gruppi dominanti, e quale bacino di voti, con i vari Don Rodrigo e i loro “bravi” a tenere a bada il territorio ricevendone in cambio, per mercede, il potere incontrastato. E, per qualche arcano motivo, nel Meridione, la Calabria, e soprattutto Reggio, che è il Sud del Sud, sono relegati al gradino più infimo. E tali gruppi dominanti, se non sono loro stessi, si avvalgono di quanto è stato portato alla luce in questi giorni. Questo significa controllo del territorio : essere presenti in tutti i centri di potere, nelle istituzioni, nella burocrazia, nelle grandi imprese, nelle banche, nei più disparati settori dell’economia e della vita sociale, con il fine ultimo di intervenire e sottomettere chi cerca di uscire fuori dalla palude.

Reggio, a partire dal 1970, è stata sistematicamente, scientemente, smembrata e depredata pezzo per pezzo : tutto eseguito nella mira di impedire al suo territorio, non solo di emergere, ma di vivere.

Il tristemente famoso “Pacchetto Colombo”, fattoci incassare quale contropartita della espropriazione del capoluogo mentre nascevano le Regioni, non siamo i primi a scriverlo, non ha fatto altro che ingrassare le cosche dove sono state inventate chimeriche zone industriali, distruggendo colture e terreni. E poi, a seguire, la lenta eliminazione delle infrastrutture che facevano di Reggio una vera città, ridente, colta, produttiva, pulita, tranquilla. Il porto, fiorente nei traffici commerciali, abbandonato con la scusa di incrementare quello di Gioia  Tauro, e poi non utilizzato neanche per i naturali fini turistici. La fiera, diventata un cumulo di sterpaglie, che ogni città, viceversa, si terrebbe stretta e incentiverebbe facendola diventare volano di risorse. La Stazione Sperimentale, un gioiello unico in Italia, lasciato languire. Il Museo, per il quale, per averne gli splendori, che non sono solo i Bronzi, tutte le amministrazioni farebbero carte false al fine di utilizzarlo sapientemente, mai, invece, valorizzato abbastanza. Il Castello Aragonese, vestigia di un grande passato, lasciato nell’oblio. Il Teatro, una bomboniera, fino a trent’anni fa simbolo di cultura e benessere, e oggi sostanzialmente chiuso. I ruderi greci e romani sotterrati, quelli già scoperti, e chissà quanti altri sepolti con colate di cemento. I fortini e la Collina di Pentimele, simil Pan di Zucchero, mai sfruttati. Il più bel Lungomare d’Italia, lasciato nella sporcizia e nell’incuria, con l’area Tempietto in condizioni da favelas. La Rotonda e il Lido Comunale, che poche città possono vantare incastonati nel centro storico, ridotti ad un ammasso di macerie. Le spiagge di Gallico, Catona, Pellaro, Bocale, Lazzaro, e di tutta la Jonica, stupendo corollario non solo estivo, lasciate erodere dal mare e sommergere dal degrado. Gambarie, che non è più neanche un ricovero per anziani, con i boschi appestati di spazzatura, quando viceversa la sua splendida montagna, a mezzora dal mare, è un balcone sullo Stretto, con panorami senza eguali. Il Consorzio del bergamotto, commissariato per decenni ad evitare la valorizzazione del prodotto simbolo della città ed unico al mondo, incommensurabile fonte di ricchezza, al pari del gelsomino, ormai scomparso, e delle annone, solo frutto esotico italiano, che pochi conoscono aldilà dei reggini. E ancora, con una visione più allargata, la lunga storia dell’autostrada, con l’ assurdità del mancato ammodernamento del tratto Campo Calabro/Reggio, la cui non esecuzione, per contro, ha permesso all’Impregilo di incassare cento milioni di euro di penale, salvo, poi, essere appaltati altri lavori sullo stesso tratto, ad altro titolo, per un importo quasi pari. Il declassamento della linea ferroviaria e la non istituzione dell’alta velocità, che, di fatto, hanno allungato la distanza con il resto del Paese. Il collegamento veloce via mare tra le due sponde, afflosciato nel tempo, e ridotto ad un incubo per i pendolari. Il Ponte sullo Stretto, con gli inganni e i bluff propinatici, la cui costruzione avrebbe portato lavoro per vent’anni e turismo per altri cento, la cui mancata realizzazione, invece, si traduce in un ulteriore isolamento di Reggio, non certo della Sicilia. Il già citato porto di Gioia Tauro, potenziale infinito volano di sviluppo per il territorio, utilizzato viceversa ad esclusivo incremento del traffico marittimo negli altri porti italiani e strumento di finanziamento dei potentati industriali, lasciando poche briciole all’imprenditoria locale. E poi l’aeroporto, che, piano piano, da unico scalo calabrese, invece di incentivarlo e ampliarlo, politiche scientemente dissennate ne hanno tarpato le ali, e, quando finalmente sembrava fosse stata riparata qualche falla, e era nelle condizioni di funzionare e decollare, è stato rigettato nel degrado e si tenta di stritolarlo all’interno di un unico ente, con tanti corvi che volteggiano per un posto in prima fila. Per finire, sebbene ancora in itinere, la grande opportunità della Città Metropolitana, che potrebbe rappresentare la vera spinta propulsiva per tutta la Calabria, non solo per Reggio, e che, viceversa, sta naufragando completando a mò di cornice funeraria lo sfacelo raccontato, e viene vista unicamente come fonte di lucro da arraffare.

Così, mentre proliferano criminalità e antimafia, con relative leggi speciali, passerelle, musei e commissioni, mentre sono state fatte imperare le “grandi imprese”, mentre sono stati elargiti ai pochi fortunati fiumi di contributi a pioggia che non hanno creato sviluppo, mentre si è permesso che il flusso di denaro pubblico passasse da qui per poi prendere la via del Nord, mentre tanti finanziamenti non venivano utilizzati, sono scomparse le aziende dell’agroalimentare, le agrumarie, quelle del caffè, delle bibite, non si è permesso l’utilizzo del territorio a fini turistici, e Reggio è stata trasformata in un impiegatificio clientelare, nella insipienza e nella complicità delle classi dirigenti e dei centri di potere che ora stanno emergendo ad opera della Procura.

Tutto ciò che poteva fornire economia, che poteva incentivare l’imprenditoria privata, che poteva assicurare un futuro ai giovani di Reggio, è stato depauperato, sommerso, fatto sparire.

Si vuole forse lo spopolamento e la desertificazione del territorio ?, si chiede ApindustriaCalabria. Per i nostri figli, per la nostra terra, ognuno di noi ha il dovere di fare qualcosa, di fermare questo scempio che ci ha portati alla morte civile. Ormai solo una strada ci rimane se vogliamo creare reali aspettative di buona vita nella nostra città : tutti noi, imprenditori, professionisti, amministratori, lavoratori, cittadini, dobbiamo determinarci a uscire fuori dalla rassegnazione e dal compariggio, senza lasciarci abbindolare da false sirene, senza sottostare ai sorprusi, denunciando e mettendo alla gogna chi tenta di farceli e di farceli passare come regole precostituite. Denunciamoli e torniamo ad essere liberi, perché ancora non lo siamo del tutto.

E allora, Procuratore De Raho, PM Lombardo, Musolino, Paci, e tutti gli altri che arricchite la nostra Procura, il ROS e le altre Forze dell’Ordine, andate avanti, non guardate in faccia nessuno, spiateci e intercettateci tutti, perché chi è pulito non ha nulla da nascondere. Certo, non sarebbe corretto vedere i nostri vizietti carpiti e messi in prima pagina, né sapere che c’era una telecamera nel nostro bagno. Ma, se tanto deve essere il prezzo da pagare per fare restare qui i nostri figli, per riottenere la libertà che ci hanno via via limitato dal 1970 in poi, un sacrificio possiamo pure farlo.