Ndrangheta, scarcerato il Direttore Sanitario del Distretto Tirrenico Salvatore Barillaro Ecco la ricostruzione integrale accolta dal Tribunale della libertà di Reggio Calabria. L'avvocato Francesco Cardone smonta l'accusa del collaboratore di giustizia Marcello Fondacaro. La redazione di Approdo nel pieno rispetto del processo ha inteso pubblicare integralmente le carte processuali della accusa e della difesa perchè ogni lettore del nostro quotidiano online si possa fare una propria opinione nel rispetto reciproco
L’arresto del direttore del distretto sanitario tirrenico il dott. Salvatore Barillaro ha suscitato un clamore mediatico enorme.
La redazione di Approdo ha deciso di pubblicare integralmente le accuse della procura di Reggio Calabria e la difesa degli avvocati integrale nelle istituzioni preposte dell’imputato Barillaro. Una scelta del direttore della testata giornalistica per dare una lettura chiara a tutti i lettori del nostro quotidiano online.
RICOSTRUZIONE AVVOCATI AL TRIBUNALE DEL RIESAME IN FAVORE DI SALVATORE BARILLARO
a. La Casa Protetta Villa Bianca era stata autorizzata al funzionamento con delibera del 03.09.1996;
b. La struttura era stata accreditata il 19.11.1999;
c. Il 09.05.2007 la Commissione Regionale aveva effettuato un sopralluogo ed aveva stabilito che la struttura Villa Bianca non possedeva i requisiti strutturali previsti dalla normativa nazionale e regionale e che, dunque, non poteva consentirsi il prosieguo dell’attività;
d. Il legale rappresentante della struttura non aveva rimosso le carenze strutturali nemmeno nei termini concessi dalla D.G.R. n. 913/2006 (17.08.2007),
ha proceduto alla revoca dell’autorizzazione ed alla risoluzione del contratto ed alla chiusura della struttura, con trasferimento degli anziani presso altre sedi.
Pertanto, la chiusura della struttura del Fondacaro non è stata disposta per volontà del sistema “mafia sanità”, ma più semplicemente per carenze strutturali mai sanate dal [già ?] collaboratore, neanche nel rispetto del termine allo stesso assegnato; la mala fede del narratore, all’uopo, emerge dalla circostanza che di tali circostanze era perfettamente consapevole quando rendeva dichiarazioni alla Procura, eppure le ha sottaciute.
Ma è l’intero “narrato” del Fondacaro che risulta inverosimile.
In particolare:
1. Barillaro Salvatore non è “parente dei Coluccio e del Sindaco Femia coinvolto in processi di mafia”; sarebbe stato sufficiente un elementare controllo presso l’Ufficio comunale di competenza (Marina di Gioiosa Jonica) da parte degli inquirenti per accertare la falsità della circostanza introdotta;
2. Barillaro non è rientrato da Milano per “rendersi conto della struttura mafia/sanità”: è una pura fantasia del Fondacaro; Barillaro vinse un concorso e si avvicinò a casa, andando a vivere nella città della di lui moglie;
3. Il sig. Tripodi Fabiano non ha “regalato i materiali di costruzione della villa del Barillaro a Gallico, insieme a Pepè Priolo”.
Devesi, sul punto, precisare che l’abitazione ove risiede il Barillaro, unitamente alla moglie ed al figlio, è di proprietà della consorte, Demetria Martino, ed è inserita in un contesto edilizio trifamiliare; è stato realizzato anni prima rispetto alla semplice conoscenza avuta dall’indagato con colei che sarebbe successivamente divenuta coniuge.
Dai documenti che si accludono, infatti (ALL. 13), risulta come l’immobile è divenuto di esclusiva proprietà della sig.ra Martino in esito alla divisione operata con le sorelle e che (vedasi domanda di condono – ALL. 14) e che l’immobile era stato acquistato con preliminare di vendita del 15.01.1983; dal corpo dell’atto di divisione, ancora, risulta come la domanda di concessione in sanatoria sia stata presentata il 31.12.1986; precisasi che il Barillaro ha conosciuto la moglie nei primi anni ’90 e che con la stessa si è sposato il 18.11.1995 (ALL. 15), andando a vivere in tale destinazione immobiliare.
Anche tale circostanza, dunque, è palesemente falsa.
Altro che dono da parte del sig. Tripodi e costruzione eseguita dalla impresa Pepé Priolo.
Quale difensore di fiducia del dott. Salvatore BARILLARO, nato a Marina di Gioiosa Ionica il 17.09.1961, residente in Reggio Calabria (frazione di Gallico) alla Via San Martino n. 26, indagato nell’ambito del procedimento emarginato in epigrafe, destinatario della misura cautelare degli arresti domiciliari eseguita in data 23.03.2021 ed emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria, dott. Valerio Trovato, il cui avviso di deposito è stato notificato in data 01.04.2021, si propone istanza di riesame della prefata ordinanza chiedendo che Codesto Ecc.mo Tribunale voglia annullare e/o riformare la stessa per evidente carenza dei presupposti prescritti ex lege.
A sostegno si enunciano i seguenti motivi:
Con la ordinanza restrittiva della libertà personale, il G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria, dott. Trovato, ha ritenuto sussistenti sia i gravi indizi di colpevolezza e sia le esigenze cautelari in ordine alla [provvisoria] contestazione di cui al capo C) della richiesta formulata dal Pubblico Ministero.
Al dott. Barillaro si contestano i reati di cui agli articoli 110 e 416 bis c.p., perché, “pur non intraneo alla cosca Piromalli, la supportava dall’esterno, prestandosi a diventare un punto di riferimento all’interno del distretto dell’Asp di Reggio Calabria presso cui aveva assunto la qualifica di direttore sanitario e divenendo mero esecutore di decisioni assunte dai Tripodi (appartenenti al clan Piromalli) inerenti varie nomine, tra cui quella di Scarfò Nicola, quale responsabile del Poliambulatorio di Gioia Tauro (nel marzo 2017) o inerenti trasferimenti di dipendenti (Buonomo Elsa) ed attivandosi per dare corsia preferenziale ai andati di pagamento che il Laboratorio Minerva doveva ricevere dall’Asp”.
Fatti accertati e contestati dall’anno 2015 con condotta perdurante.
La peculiare posizione dell’odierno istante viene trattata dal GIP dalla pagina 230 alla 237 della o.c.c. in punto di gravi indizi di colpevolezza (ALL. 1).
L’intera condotta viene dal GIP inquadrata in un rapporto sinallagmatico tra le parti, avendo il Giudice considerato le azioni del Barillaro come adottate “in cambio della nomina ottenuta quale Direttore Sanitario del Distretto Tirrenico dell’ASP” (pagina 231 o.c.c.).
In estrema sintesi, il dott. Barillaro – questa la ipotesi accusatoria – avrebbe ottenuto la nomina di Direttore Sanitario del Distretto Tirrenico in ragione dell’interessamento della consorteria Piromalli/Tripodi e “in cambio” avrebbe offerto “il proprio contributo concreto, specifico, consapevole e volontario alla conservazione o al rafforzamento della consorteria”.
Orbene, prima di esaminare in dettaglio le contestazioni addebitate al Barillaro, è necessario fare chiarezza in merito alle modalità di assunzione degli incarichi da parte dell’istante ed alle procedure di nomina, ciò al fine precipuo di eliminare qualsiasi eventuale e residuale dubbio sull’ipotizzato “interessamento” di ambienti criminali.
Il Barillaro, infatti, assume l’incarico di Direttore Sanitario del Distretto di Polistena in data 27.08.2008 (ALL. 2), giusta nomina operata direttamente dalla Commissione Straordinaria presieduta dal Prefetto dott. Massimo Cetola (altro che “interessamento mafioso”); precisasi che la Commissione ha selezionato il dott. Barillaro tra 19 candidati.
Successivamente, in ragione della formazione di tre distretti (Tirrenico, Jonico e Reggio Calabria), con deliberazione n. 618 del 24.06.2011 (ALL. 3), il Commissario Straordinario, dopo aver valutato ed esaminato le dichiarazioni di disponibilità di n. 17 candidati (tra questi vi erano due medici di cognome Barillaro, circostanza che risulterà molto rilevante nella disamina inerente il presunto trasferimento della sig.ra Buonomo Elsa), ha designato l’odierno indagato quale Direttore del Distretto Tirrenico dell’ASP.
Giungendo, poi, al periodo oggetto di contestazione (dal 2015), si precisa che il dott. Santo Gioffré, nominato Commissario Straordinario dell’ASP di Reggio Calabria, nell’esercizio dei poteri conferitigli, ha proceduto alla nomina quale Direttore Sanitario Aziendale (esattamente la qualifica oggetto della provvisoria imputazione) in favore del dott. Salvatore Barillaro (delibera n. 369 del 20.04.2015 – ALL. 4).
Circostanza, questa, che è sfuggita alla Polizia Giudiziaria, tale nomina era prevista per la durata di mesi 6 ed è dunque cessata nell’ottobre 2015; da tale momento, quindi, l’indagato ha cessato le funzioni di “Direttore Sanitario” ed è tornato alle funzioni precedentemente svolte di Direttore del Distretto Tirrenico.
Tale rilievo non può ritenersi superfluo ovvero inconducente; tutte le attività ritenute di pregnanza penale dalla Procura, infatti, erano connesse alla qualifica di Direttore Sanitario dell’ASP; funzione che, ribadiscesi, il Barillaro ha esercitato per soli sei mesi.
Dalla superiore documentazione emerge inoppugnabilmente come la nomina del Barillaro non interviene certo per scelta “indirizzata” da ambienti criminali, ma esclusivamente previa selezione ovvero, in primis, riconoscimento di determinate “qualità” e caratteristiche da parte di un organismo (Commissione Straordinaria) nominato per contrastare ogni possibile “interferenza” della criminalità organizzata.
Diversamente opinando, dovrebbe affermarsi (e questo l’Ufficio di Procura non lo specifica mai) che anche gli organismi commissariali sarebbero stati strumento nelle mani della criminalità che avrebbe indirizzato le nomine e, tra queste, anche quella del Barillaro.
Pertanto, alcun “dovere” e/o “obbligo di riconoscenza” può individuarsi in capo al Barillaro, con conseguente inammissibilità dell’ipotizzato rapporto sinallagmatico tra le parti.
Quanto, poi, alle condotte addebitate, il GIP ha ritenuto sussistenti i gravi indizi rispetto ai tre specifici episodi compendiati nella ordinanza restrittiva e, in dettaglio:
– Nomina di Scarfò Nicola quale Responsabile del Poliambulatorio di Gioia Tauro;
– Trasferimento di Buonomo Elsa;
– Corsia preferenziale per pagamenti in favore di Laboratorio Minerva.
Gli episodi si esaminano separatamente:
1. Nomina Scarfò Nicola.
La contestazione scaturisce dalla conversazione del 03.08.2017 (progr. 2014) intercorsa tra Tripodi Antonio e Filandro Agostino, durante la quale il primo avrebbe riferito che al suo posto sarebbe stato nominato “un certo dottore Scarfò . . .ho forzato per farlo… per nominare questo qua . . . ”.
Intanto deve precisarsi che nel corso della conversazione non viene mai fatto riferimento al dott. Barillaro; la presunzione è meramente deduttiva.
In secondo luogo, rilevasi come tra il Tripodi e lo Scarfò non vi era alcun rapporto, tanto che il primo si riferisce al secondo come “un certo dottore Scarfò”, a riprova della inesistenza di qualsiasi conoscenza.
In ogni caso, quanto contestato costituisce un fatto inverosimile poiché mai verificatosi.
Il dott. Scarfò Nicola, infatti, non è mai stato nominato quale “Responsabile del Poliambulatorio di Gioia Tauro”, ma più semplicemente ed ordinariamente si è trattato di una mera designazione quale sostituto ed in via provvisoria (ALL. 5).
In previsione del pensionamento del dott. Tripodi, infatti, ed in ragione della imminente “vacatio” del posto, come consuetudine, il dott. Barillaro ha dovuto designare un sostituto in via provvisoria ed in attesa della approvazione della nuova pianta organica.
Infatti, con provvedimento del 12202 del 26.02.2017, il dott. Barillaro “atteso che il dott. Tripodi è stato collocato in quiescenza con decorrenza 01.03.2017 . . per evitare soluzioni di continuità nell’erogazione dei servizi . .nelle more della riorganizzazione dei servizi territoriali . .in via provvisoria e con decorrenza 01.03.2017, presterà la propria attività lavorativa preso la struttura di Gioia Tauro”.
Non si è, peraltro, trattato di una scelta discrezionale; il sig. Scarfò – che, precisasi, non era dirigente medico – era l’unico che poteva essere nominato quale sostituto poiché allo stesso poteva essere anche corrisposto il rimborso chilometrico proprio perché non dirigente medico.
Peraltro, la designazione dello Scarfò è sempre avvenuta da parte del dott. Barillaro dal 2016 in poi (ALL. 6) e sempre in sostituzione qualora si accertavano vacatio di posti e sempre in via provvisoria, con le medesime modalità con le quali si è provveduto a sostituire il dott. Tripodi.
Non vi era stata pressione e/o sollecitazione alcuna, proprio perché la designazione in favore dello Scarfò costituiva una consuetudine ed un atto obbligato, non potendo la designazione intervenire in favore di terzi soggetti.
Peraltro, la conversazione oggetto di captazione risale al 03.08.2017 e, dunque, oltre 5 mesi dopo la avvenuta designazione; agevole ipotizzare che il Tripodi si fosse voluto “accreditare” al cospetto del suo interlocutore, assumendo un merito che, ovviamente, non aveva e non poteva assumere.
La periodicità delle designazioni, in sintesi, fa in radice decadere qualsivoglia ipotesi di reato (anche in punto di gravi indizi di colpevolezza), poiché alcuna pressione e/o indirizzo da parte del Tripodi può mai essere avvenuta, trattandosi, ribadiscesi, di scelta obbligata e sempre adottata dall’indagato.
2. Trasferimento Buonomo Elsa.
Anche tale addebito scaturisce da una intercettazione, in specie quella ambientale del 16.02.2018.
In tale contesto, sempre il Tripodi, interloquendo con la sig.ra Buonomo in merito al suo trasferimento, precisa che “io Ti prendo e Ti faccio spostare a Gioia, tanto perché a Gioia c’è bisogno di infermieri…… Barillaro lo deve fare e con Barillaro non c’è problema”.
Da tale conversazione – non “validata” da qualsiasi ulteriore attività di indagine – emergono due rilievi.
Il primo riguarda la circostanza che alcun riferimento specifico viene fatto al dott. Salvatore Barillaro; il secondo “spiega” la fondatezza del primo: Barillaro Salvatore, all’epoca dei fatti [ma anche successivamente ovvero prima], non poteva incidere sui trasferimenti in ambiente ospedaliero.
Ogni struttura ospedaliera, infatti, ha il proprio Direttore con poteri di intervento in occasione di trasferimento; in ogni caso, il dato certo è che alcuna attività poteva svolgere l’odierno indagato per consentire o anche agevolare il presunto (perché mai accertato e/o verificato) trasferimento della sig.ra Buonomo.
All’uopo, si deposita scheda personale di quest’ultima (ALL. 7) dal quale risulta che la stessa apparteneva al reparto di “Pediatria di Polistena (Area Ospedaliera)” e che dal 01.07.2009 al 31.10.2020 (data in cui va in pensione) non ha mai ottenuto trasferimenti.
Anche in tal caso, laddove si volesse riconoscere l’indagato come il “Barillaro” [e cosi non è] richiamato nella conversazione captata (ma così non è), deve affermarsi la insussistenza dei gravi indizi, e ciò sia per la impossibilità di configurare la ipotesi delittuosa de qua – non avendo potere alcuno il Barillaro – e sia per la [quantomeno] incertezza sulla individuazione dello stesso quale possibile esecutore di una attività [trasferimento] comunque mai verificatasi.
In ultimo, ed a conforto, si richiama l’allegato 3 dal quale sarà agevole rilevare come tra i medici in servizio, oltre a Barillaro Salvatore, vi era anche Barillaro Bruno e nessuno può affermare con certezza che la indicazione di “Barillaro” debba intendersi a Salvatore; il dato incontestabile è che l’indagato non aveva potere alcuno di intervento rispetto alla richiamata ipotesi di trasferimento di un dipendente in “Area Ospedaliera”.
3. Corsia preferenziale per pagamenti in favore di Laboratorio Minerva.
Tale ipotesi non viene in alcuna parte esaminata dal GIP che, sul punto, omette di richiamare qualsiasi elemento di indagine, limitandosi esclusivamente (ultimo capoverso pagina 236 e prima parte pagina 237) a sostenere che “la condotta del Barillaro comporti un vantaggio . . per l’intera organizzazione mafiosa . . . . . per la liquidazione dei mandati di pagamento spettanti al Laboratorio Minerva, in anticipo rispetto ai tempi previsti, con evidenti riflessi in punto di distorsione della concorrenza”.
Il dato che emerge ictu oculi è offerto dalla totale assenza di attività investigativa sul punto, almeno per quanto consti alla difesa.
Non viene indicata una intercettazione ovvero anche una sola condotta posta in essere dall’indagato che avrebbe potuto agevolare i termini di pagamento in favore del Laboratorio Minerva.
Peraltro, sostenere tale ipotesi significa non conoscere, ovvero comunque ignorare, il ruolo rivestito dal Barillaro nell’organigramma della struttura aziendale sanitaria.
Non compete, infatti, all’indagato “liquidare i mandati” alle strutture accreditate ovvero di optare per una soluzione “più rapida” per alcune rispetto alle altre; il ruolo del dott. Barillaro (Responsabile delle Strutture Ambulatoriali Private ed Accreditate) era solo quello di ricevere le fatture dalla strutture, verificarne la compatibilità rispetto alle prescrizioni dei medici ed attestarne la congruità; in esito, trasmettere la elativa documentazione all’ufficio preposto alla liquidazione dei mandati.
Orbene, dalla documentazione che si allega (ALL. 8) emerge come il dott. Barillaro non ha mai trasmesso la documentazione di una struttura “in autonomia” rispetto alle altre; i documenti di tutte le strutture venivano acquisiti e poi “insieme” trasmessi mediante nota di accompagnamento (distinta) all’Ufficio Ragioneria; per agevolare la disamina attribuita a Codesto Tribunale, si sono prodotti gli estratti
riepilogativi dal 2015 al 2020 con i quali il dott. Barillaro invitava il Servizio Economico e Finanziario dell’ASP a pagare le strutture ivi specificate e che avevano ottenuto il visto di congruità rispetto alle prestazioni rese; ripetesi, mai è avvenuto che l’indagato abbia richiesto il pagamento di una struttura prima delle altre.
Pertanto, alcuna condotta favoreggiatrice può addebitarsi al Barillaro che, ove avesse voluto agevolare l’una struttura rispetto alle altre, avrebbe certamente potuto inviarne i documenti relativi prima e/o separatamente rispetto alle altre.
In ogni caso, al fine di dirimere ogni possibile allusione rispetto alla condotta dell’indagato, si produce documentazione idonea a sostenere come il Barillaro sia stato sempre distante da qualsivoglia coinvolgimento rispetto alle ritenute attività “agevolatrici”.
In specie, si rappresenta come in occasione della notifica da parte del Laboratorio Minerva del Decreto Ingiuntivo n. 71/2016 per la somma di € 64.553,48 il dr. Barillaro invia la nota prot. 41 del 22.02.2016 (ALL. 9) – proprio ricadente nel periodo oggetto di contestazione da parte della Procura della Repubblica DDA – con la quale in sostanza esprime parere contrario rispetto alla liquidazione, formulando puntuali contestazioni rispetto alla “dovutezza” della somma ingiunta.
Analogo comportamento viene tenuto dall’indagato il 19.10.2017 allorquando, con nota protocollo n. 55872 (ALL. 10), formula contestazioni rispetto all’elaborato peritale svolto dal CTU nell’ambito di un giudizio civile che contrapponeva l’ASP al Laboratorio Minerva.
Ed ancora, con note del 10.05.2017 e 11.10.2018 (sempre ricadenti nel periodo “attenzionato” dalla Procura) – ALL. 11 -, il dott. Barillaro contesta al Laboratorio Minerva di aver sforato il budget assegnato e chiede la emissione di note di credito.
Il GIP, ancora, a pagina 236, valorizza una intercettazione (18.04.2015) nella quale tale Fortugno Santo riferisce a Tripodi Fabiano della intervenuta nomina di Barillaro, precisando “ce lo abbiamo come Direttore Sanitario”,; da ciò conseguirà un tentativo di contatto del Tripodi per congratularsi con Barillaro.
Quale significato possa determinare tale conversazione è ignoto; trattasi di una mera presa d’atto di una nomina e di un tentativo di contatto per porgere congratulazioni che, utile precisarlo, il Barillaro ha ricevuto da un numero indiscriminato di soggetti.
In estrema sintesi vuolesi significare – e lo si è documentato – che alcun comportamento anche solo “dubbio” può attribuirsi al Barillaro, comunque finalizzato a consentire al Laboratorio Minerva un “percorso agevolato” per i pagamenti, atteso che, in primis, egli trasmetteva all’Ufficio Ragioneria i documenti di tutte le strutture e mai di una sola tra queste e, comunque, che ogni qualvolta è stato interessato, ha tenuto una condotta esemplare, formalizzando contestazioni al Laboratorio Minerva proprio nello stesso periodo nel quale gli si contesta il ruolo di concorrente esterno al sodalizio criminale che avrebbe gestito la struttura accreditata presso l’ASP.
Pertanto, si è prodotta documentazione attraverso la quale consentire a Codesto On.le Tribunale di riconoscere la palese inconsistenza ed insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza rispetto alle tre specifiche condotte compendiate nella ordinanza restrittiva della libertà personale.
^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^
Risolta la fase delle specifiche contestazioni, ci si dedica ora alla confutazione delle falsità narrate dal collaboratore Fondacaro Marcello e che vengono, però, utilizzate dalla Procura, prima, e dal GIP, dopo, per avvalorare la testi del coinvolgimento del Barillaro nel contesto associativo, seppur con il ruolo di concorrente esterno.
Non si ha timore alcuno nel sostenere che trattasi di un millantatore seriale [che peraltro risulterebbe già all’epoca dei fatti “privato” della qualifica di “collaboratore di giustizia”], attese le molteplici falsità esplicitate nei confronti del Barillaro, considerato che tutte le esternazioni vengono, anche in questa sede, confutate con documentazione inoppugnabile.
In primis, però, non può sottacersi l’evidente livore che Fondacaro nutre nei confronti dell’indagato, al quale attribuisce la responsabilità della chiusura della propria struttura “Villa Bianca”.
Proprio rispetto a tale circostanza, emerge la non credibilità ed inattendibilità del narratore che, acutamente e per “sfuggire” a prevedibili querele per calunnie, riferisce spesso di aver avuto contezza dei fatti perché riferitigli dall’interessato.
La struttura Villa Bianca non è stata chiusa perché “la mafia sanità ha deciso così” (pagina 232 o.c.c.) – risibile anche solo pensare che qualcuno possa fornire una risposta del genere -, ma per carenze igieniche sanitarie non colmate proprio dal Fondacaro cui era stato concesso un termine per tale adempimento; e la chiusura non è certo stata disposta dal Barillaro, ma dalla Regione Calabria.
Infatti, con nota acquisito il 21.04.2008 prot. 4360 (ALL. 12), la Regione Calabria, Dipartimento n. 10 (e non il dott. Barillaro), dato atto che:
a. La Casa Protetta Villa Bianca era stata autorizzata al funzionamento con delibera del 03.09.1996;
b. La struttura era stata accreditata il 19.11.1999;
c. Il 09.05.2007 la Commissione Regionale aveva effettuato un sopralluogo ed aveva stabilito che la struttura Villa Bianca non possedeva i requisiti strutturali previsti dalla normativa nazionale e regionale e che, dunque, non poteva consentirsi il prosieguo dell’attività;
d. Il legale rappresentante della struttura non aveva rimosso le carenze strutturali nemmeno nei termini concessi dalla D.G.R. n. 913/2006 (17.08.2007),
ha proceduto alla revoca dell’autorizzazione ed alla risoluzione del contratto ed alla chiusura della struttura, con trasferimento degli anziani presso altre sedi.
Pertanto, la chiusura della struttura del Fondacaro non è stata disposta per volontà del sistema “mafia sanità”, ma più semplicemente per carenze strutturali mai sanate dal [già ?] collaboratore, neanche nel rispetto del termine allo stesso assegnato; la mala fede del narratore, all’uopo, emerge dalla circostanza che di tali circostanze era perfettamente consapevole quando rendeva dichiarazioni alla Procura, eppure le ha sottaciute.
Ma è l’intero “narrato” del Fondacaro che risulta inverosimile.
In particolare:
1. Barillaro Salvatore non è “parente dei Coluccio e del Sindaco Femia coinvolto in processi di mafia”; sarebbe stato sufficiente un elementare controllo presso l’Ufficio comunale di competenza (Marina di Gioiosa Jonica) da parte degli inquirenti per accertare la falsità della circostanza introdotta;
2. Barillaro non è rientrato da Milano per “rendersi conto della struttura mafia/sanità”: è una pura fantasia del Fondacaro; Barillaro vinse un concorso e si avvicinò a casa, andando a vivere nella città della di lui moglie;
3. Il sig. Tripodi Fabiano non ha “regalato i materiali di costruzione della villa del Barillaro a Gallico, insieme a Pepè Priolo”.
Devesi, sul punto, precisare che l’abitazione ove risiede il Barillaro, unitamente alla moglie ed al figlio, è di proprietà della consorte, Demetria Martino, ed è inserita in un contesto edilizio trifamiliare; è stato realizzato anni prima rispetto alla semplice conoscenza avuta dall’indagato con colei che sarebbe successivamente divenuta coniuge.
Dai documenti che si accludono, infatti (ALL. 13), risulta come l’immobile è divenuto di esclusiva proprietà della sig.ra Martino in esito alla divisione operata con le sorelle e che (vedasi domanda di condono – ALL. 14) e che l’immobile era stato acquistato con preliminare di vendita del 15.01.1983; dal corpo dell’atto di divisione, ancora, risulta come la domanda di concessione in sanatoria sia stata presentata il 31.12.1986; precisasi che il Barillaro ha conosciuto la moglie nei primi anni ’90 e che con la stessa si è sposato il 18.11.1995 (ALL. 15), andando a vivere in tale destinazione immobiliare.
Anche tale circostanza, dunque, è palesemente falsa.
Altro che dono da parte del sig. Tripodi e costruzione eseguita dalla impresa Pepé Priolo.
4. Ulteriore falsità riguarda la assunzione della moglie di Barillaro presso la struttura di Don Cocolo di Tresilico; la moglie del Barillaro non ha mai ivi lavorato; è stata assunta prima di conoscere Barillaro (nel 1992) con contratto a tempo indeterminato quale insegnante e, in particolare, il 25.09.1992 (come da telegramma di convocazione – All. 16); si produce, ulteriormente ed a ogni buon fine, la ricostruzione di carriera della stessa prof.ssa Martino (ALL. 17);
5. Non è vero, ancora, che Barillaro incontrò il medico Fortugno e Mimmo Crea nel 2012 o anche dal 2012; il rilievo è smentito documentalmente costituendo, altresì, fatto notorio.
Il dott. Fortugno è stato, infatti, assassinato brutalmente il 16.10.2005 mentre il politico Mimmo Crea è stato sottoposto a custodia cautelare il 28.01.2008;
6. Ulteriore e risibile circostanza è quella narrata dal Fondacaro [sentito il 09.11.2019] e secondo la quale sempre il Tripodi Fabiano avrebbe regalato al Barillaro un veicolo Alfa Romeo acquistato da Coluccio di Gioiosa Jonica.
Al fine di confutare definitivamente il dato, intanto si attesta che mai alcuna autovettura è stata acquistata dal Barillaro e/o dalla di lui moglie presso la Concessionaria Coluccio; inoltre, si precisa che l’indagato ha acquistato, a proprio nome (cointestato con la moglie), una Alfa Romeo Giulia, targata FS836FB il 06.08.2018 presso la Concessionaria Paradiso di Lamezia Terme (ALL. 18), provvedendo a corrispondere l’importo mediante finanziamento (ALL. 19).
Ha, altresì, consegnato un assegno bancario a titolo di acconto; la copia dello stesso è stata prodotta dinanzi al GIP in sede di interrogatorio di garanzia.
In precedenza, aveva acquistato, a nome della moglie, Demetria Martino, altre Alfa Romeo e, segnatamente, una Alfa 159 il 30.10.2011 (ALL. 20) – poi ceduta in permuta alla Concessionaria Paradiso il 06.08.2018 per l’acquisto del nuovo veicolo -, provvedendo a corrispondere il prezzo mediante accensione di un finanziamento (documento anch’esso prodotto in sede di interrogatorio di garanzia dinanzi il GIP).
In estrema sintesi, e senza timore di smentita alcuna, si afferma che tutto il narrato del Fondacaro Marcello è falso in quanto contenente circostanze non vere e documentalmente smentite.
In esito, può agevolmente ritenersi provata la insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non solo rispetto alle tre specifiche condotte addebitate al Barillaro (nomina Scarfò, trasferimento Buonomo e corsia preferenziale Laboratorio Minerva per i pagamenti), ma anche rispetto a tutte le circostanze di “contorno” narrate dal Fondacaro Marcello, tutte radicalmente confutate e smentite mediante la produzione dei documenti.
Peraltro, è stata provata la inesistenza del dedotto (dalla Procura e dal GIP) rapporto sinallagmatico tra la ritenuta consorteria Tripodi/Piromalli ed il Barillaro, scaturente dalla nomina del secondo quale Direttore Sanitario del Distretto, così come della ritenuta contiguità con la cosca.
I superiori rilievi e, quindi, la prova della estraneità del Barillaro rispetto agli episodi contestati, determina quale diretta conseguenza anche la decadenza di qualsiasi esigenza cautelare e, in specie, quella inerente il pericolo di reiterazione della condotta criminosa.
In ossequio, dunque, alle esplicazioni superiore, confortate da copiosa documentazione acclusa,
SI INSTA
affinché Codesto Ecc.mo Tribunale, in sede di riesame, voglia annullare e/o revocare la ordinanza emessa dal GIP presso il Tribunale di Reggio Calabria, adottando ogni conseguente statuizione.
Con deferenza
Reggio Calabria, lì 06 aprile 2021
Avv. Francesco Cardone