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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 02 DICEMBRE 2024

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Nunzia Fulco, “Prigioniera per caso” Un diario per non aver commesso il fatto

Nunzia Fulco, “Prigioniera per caso” Un diario per non aver commesso il fatto
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Prefazione. “Non vi è libertà ogni qualvolta le leggi permettono che, in alcuni eventi, l’uomo cessi di essere persona e diventi cosa” (Cesare Beccaria)

Ci sono dei libri che dovrebbero essere letti con la costanza della calma, senza lasciarsi prendere dalle emozioni. È un po’ difficile quasi freddo, così come un insieme di cose che non hanno nulla a che vedere con lo spirito della lettura. Il libro di Nunzia Fulco, “Prigioniera per caso”, dev’essere mandato giù così. Tutto d’un fiato, come un bicchiere di vodka russa per poi avvertire quel bruciore che invade tutto il percorso fino allo stomaco e che alla fine avverti, come in un incendio, un effetto divampante e distruttivo.

Tre anni di detenzione e poi venire assolti perché il fatto non sussiste,è un pugno nello stomaco, una qualcosa di indelebile che segnerà per sempre l’esistenza di una persona. Come se si venisse violentata nel proprio intimo. E avere la forza di scolpire quella triste esperienza in un libro, in un diario di emozioni vissute tra ambienti estranei, tra labirinti di incertezze e istanti interminabili. È come ripercorrere quel viaggio infernale che lede ogni diritto umano e della persona.

Ti ritrovi in una situazione kafkiana priva di reazione e che nell’assurdo contempli quei perché senza risposta. Le assurdità si trasformano in sostanza e tu non puoi far altro che far scorrere quel tempo in attesa che qualcosa si muova a tuo favore, ma quando non ci riesci perché pensi che tutto è stato già deciso anche nel mondo circostante, attraverso le critiche e le paginone dei giornali, sei un imputato senza diritto di scelta, e con un lume di difesa a cui ti aggrappi per non morire.

Per leggere il libro di Nunzia Fulco è stato come addentrarsi in questo meccanismo, immedesimarsi in un’infinità di combinazioni della vita per comprendere meglio le divergenze esistenziali che a ognuno di noi potrebbero accadere, nessuno è immune. Siamo tutti coinvolti o meglio, potremmo essere coinvolti in tali meandri di incertezza e di terrore per poi sentirsi dire di “non aver commesso il fatto” dopo una pesante accusa di “associazione mafiosa”.
Il libro non va letto come un “j’accuse” alla magistratura, anzi, ma come un incentivo a cercare di non sbagliare più, uno stimolo a cambiare le regole del gioco con un contributo garantista che su certi aspetti già la carta costituzionale ce lo impone per il rispetto delle regole.

In Italia, secondo i dati statistici a disposizione, dal 1992 a oggi si sono stati oltre 27.000 casi con custodie cautelari in carcere o agli arresti domiciliari, prima di essere riconosciuti innocenti. Con una spesa da parte dello Stato, per risarcimento, di circa 700 milioni di euro. Una media annuale di 1000 casi. Ma quando accadono tali episodi, con chi te la puoi prendere? Con nessuno perché la legge impone tutto ciò, e non ha alcuna possibilità di movimento né di pensiero se non quella di aggrapparti a quel filo della speranza che dovrebbe essere un giusto processo. Ma il problema non è il processo, ma perché ci si è arrivati. Ecco, l’Italia dovrebbe impedire proprio questo, non sprecare risorse inutili se poi alcune indagini si concludono con un nulla di fatto. Gli strumenti ci sono per approfondimenti di sorta e per tutelare la garanzia e il garantismo della persona oggetto di questi provvedimenti estremi, andrebbero applicati con più parsimonia e meno clamore. E se non dovessero bastare, cosa impedisce a migliore il sistema per un vero e reale stato di diritto?