Nuovo business droga: marijuana tra boschi e colture La criminalità spesso dietro queste attività
Basta fare una piccola ricerca in rete tra le notizie per verificare che quello delle
piantagioni intensive di marijuana tra boschi e colture é un fenomeno in espansione
e di difficile controllo da parte dello Stato. I sequestri continui su tutto il territorio
nazionale che si moltiplicano nella bella stagione – anche se non mancano colture
in serra scoperte anche l’inverno – che vanno da poche decine di piante a decine
e decine di ettari di coltivazioni di cannabis indica, la specie di canapa da cui
é possibile ricavare l'”erba” ed i suoi derivati, evidenziano un quadro preoccupante
che fa pensare alla difficoltà dell’effettivo controllo da parte dello Stato, da
un lato perché troppo spesso dietro a quelle che sembrano innocue “piantine” (che
per la verità arrivano anche a 4 metri d’altezza per svariate decine di chili di
prodotto finale) vi é la criminalità organizzata e dall’altra perché la gran parte
delle coltivazioni in questione risultano essere nascoste tra i boschi o altre colture
così da mimetizzarsi nell’ambiente circostante. Le notizie di cronaca, quindi, fanno
riflettere e non poco che molto del prodotto finito che arriva tra i nostri giovani
sia ormai di produzione, per cosi dire, “locale” e non frutto di traffici internazionali
che sino all’inizio degli anni 2000 riguardavano le principali direttrici dei paesi
dell’Est, su tutti l’Albania per l’erba, ed il Marocco e l’Afganistan per l’hashish.
Un fenomeno, quindi, che per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei
Diritti [1]”, dovrebbe spingere ulteriormente il governo a modificare le politiche
sulle droghe leggere affinché colpiscano decisivamente il monopolio della criminalità
attraverso una graduale legalizzazione e controllo del consumo.