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TAURIANOVA (RC), VENERDì 18 OTTOBRE 2024

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Colpo alla ‘ndrangheta: arresti e sequestri. C’è pure l’ex consigliere comunale Suraci

Colpo alla ‘ndrangheta: arresti e sequestri. C’è pure l’ex consigliere comunale Suraci

| Il 31, Lug 2012

Reggio: Cc, Dia e Gdf impegnati nell’operazione “Sistema” e “Assenzio” contro la cosca De Stefano-Tegano – FOTO

Nuovo colpo alla ‘ndrangheta: arresti e sequestri. C’è pure l’ex consigliere comunale Suraci 

Reggio: carabinieri, Dia e Gdf impegnati nell’operazione “Sistema” e “Assenzio” contro la cosca De Stefano-Tegano

 

 

Dalle prime luci dell’alba, è in corso una vasta operazione di Carabinieri, D.I.A. e Guardia di Finanza di Reggio Calabria, che stanno eseguendo due distinte Ordinanze di Applicazione di Misure Cautelari, emesse dal GIP del Tribunale di Reggio Calabria, e un Decreto di Sequestro Preventivo emesso dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia.

In particolare, si tratta dei seguenti provvedimenti:

– Ordinanza di Applicazione di Misure Cautelari n. 4614/06 R.G.N.R. – D.D.A., n. 3470/07 R.G.G.I.P. e n. 41/2012 R.O.C.C. datata 21.07.2012, che dispone:

• la custodia cautelare in carcere di:

1) FALCOMATÀ Luciano, nato a Reggio Calabria il 04.01.1976, per associazione di tipo mafioso;

2) FERRIGNO Vincenzo, nato a Santa Maria Capua Vetere (CE) in data 08.03.1977, per intestazione fittizia di beni aggravata dall’aver favorito un sodalizio mafioso;

3) RECHICHI Giuseppe Rocco Giovanni, nato a Reggio Calabria il 15.11.1958, per corruzione elettorale aggravata dall’aver favorito un sodalizio mafioso;

4) SURACI Domenico Giovanni (detto Dominique), nato a Reggio Calabria il 15.01.1968, per concorso in associazione di tipo mafioso, intestazione fittizia di beni e corruzione elettorale, aggravati dall’aver favorito un sodalizio mafioso;

• gli arresti domiciliari di:

5) SENIA Saloua, nata a Safi (Marocco) in data 11.01.1981, per intestazione fittizia di beni aggravata dall’aver favorito un sodalizio mafioso;

6) RIGGIO Costanza Ada, nata a Motta San Giovanni il 15.07.1948, per corruzione elettorale aggravata dall’aver favorito un sodalizio mafioso;

– Ordinanza di Applicazione di Misure Cautelari n. 4614/06 R.G.N.R. – D.D.A., n. 3470/07 R.G.G.I.P. e n. 2/2012 R.O.C.C. datata 21.07.2012, che dispone:

• la custodia cautelare in carcere di:

1) SURACI Domenico Giovanni (detto Dominique), nato a Reggio Calabria il 15.01.1968;

• gli arresti domiciliari di:

2) CROCÈ Giuseppe, nato a Melito di Porto Salvo il 09.11.1946;

3) BRUNOZZI Marcello, nato ad Alfedena (AQ) il 10.07.1951;

4) DIANI Rodolfo, nato a Pescara in data 01.07.1955,

tutti indagati per associazione per delinquere finalizzata alla commissione di più truffe aggravate per il conseguimento di erogazioni pubbliche e alla predisposizione di false fatturazioni;

– Decreto di Sequestro Preventivo che dispone il sequestro dell’intero complesso aziendale e del patrimonio di 15 società, 5 trust e numerosi beni mobili ed immobili, per un valore complessivo di stima pari a oltre 122 milioni di Euro.

La prima misura cautelare riguarda l’operazione SISTEMA, condotta dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Reggio Calabria e coordinata per la Direzione Distrettuale Antimafia dal Procuratore Aggiunto dott. Ottavio Sferlazza e dal dott. Stefano Musolino, costituisce il terzo troncone esecutivo disposto dalla D.D.A. reggina nell’ambito della stessa attività .

L’indagine, volta a disarticolare l’operatività della cosche DE STEFANO – TEGANO, ha dimostrato il ruolo rilevante ricoperto da SURACI Domenico Giovanni quale principale referente della famiglia DE STEFANO – TEGANO nel settore della grande distribuzione alimentare, nonché importante interlocutore politico della stessa, atteso la carica di consigliere che il predetto ha rivestito nel comune di Reggio Calabria e, come tale, protagonista di un’azione volta a favorire gli interessi criminali dell’anzidetto casato di ‘ndrangheta e le articolazioni territoriali di cui lo stesso si avvale (quale la cosca CRUCITTI), sfruttando il ruolo politico ricoperto e l’influenza esercitata all’interno di società miste quali la MULTISERVIZI S.p.A..

Le investigazioni, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, hanno accertato che SURACI Domenico Giovanni ha favorito gli interessi economici della ‘ndrangheta, perché – quale dominus di fatto della S.G.S. S.r.l., titolare di sei punti vendita dei supermercati a marchio SMA siti in Reggio Calabria e provincia – ha stipulato contratti di fornitura di beni e/o servizi con imprese, ditte e/o società riconducibili alle singole cosche ed in particolare:

– con riferimento alla cosca DE STEFANO-TEGANO:

1. con la DIPROCAS S.r.l., riconducibile ad UTANO Pasquale, elemento di vertice della cosca citata, avente ad oggetto la fornitura di prodotti lattiero-caseari;

2. con la ditta denominata “Antico Mulino”, intestata a FALCOMATÀ Luciano ma comunque riconducibile a UTANO Pasquale, avente ad oggetto la fornitura di pane;

3. con la ditta denominata “San Michele”, riconducibile a CRUDO Michele, genero di TEGANO Giovanni ed elemento di vertice della cosca citata, avente ad oggetto il commercio al dettaglio e all’ingrosso di generi alimentari;

4. con la ditta individuale di POLIMENI Carmine, genero di TEGANO Giovanni ed elemento di vertice della cosca citata, avente ad oggetto la vendita all’ingrosso di bevande;

5. con la ditta individuale di POLIMENI Davide, fratello di POLIMENI Carmine ed appartenente alla cosca citata, avente ad oggetto la vendita all’ingrosso e al dettaglio di prodotti ortofrutticoli freschi e congelati;

6. con la ARCOLAT di Antonia BARILLA’ & C. S.n.c., di cui è attualmente socia TEGANO Saveria (sorella di TEGANO Giovanni e TEGANO Pasquale) e della quale risultano essere stati soci SCHIMIZZI Paolo, genero di TEGANO Giovanni, e POLIMENI Angela Saveria, nipote di TEGANO Giovanni e TEGANO Pasquale), avente ad oggetto la produzione, la lavorazione, la distribuzione e la commercializzazione, all’ingrosso e al dettaglio, di gelati nonché di prodotto base, semilavorati e derivati, di pasticceria, ivi compresi dolciumi, marmellate, confetture, panna e latte, latticini e formaggi, e dolciaria in genere, nonché la vendita, all’ingrosso e al dettaglio, di bibite e generi alimentari;

7. con la PARMA REGGIO S.r.l., riconducibile a FRASCATI Angelo, avente ad oggetto il commercio all’ingrosso di prodotti alimentari;

8. con la ditta “PULITODO di LAURO Antonia”, moglie di MONORCHIO Antonino, soggetto contiguo alla cosca DE STEFANO-TEGANO, per la fornitura di servizi di pulizia dei locali commerciali;

– con riferimento alla cosca CARIDI-BORGHETTO-ZINDATO:

9. con la ditta IANNÌ Natale (attualmente in stato di detenzione per il reato di cui all’art. 416 bis c.p.), per la fornitura di pane;

– con riferimento alla cosca LO GIUDICE:

10. con la ditta “ITALGROSS” di Domenico LO GIUDICE (figlio del capo-cosca LO GIUDICE Giuseppe cl.’39, fratello di LO GIUDICE Antonino e LO GIUDICE Luciano, attualmente in stato di detenzione per il reato di cui all’art. 416 bis c.p.) avente ad oggetto – tra l’altro – il commercio all’ingrosso di prodotti alimentari e cartone;

– con riferimento alla cosca CONDELLO:

11. con la Antichi Sapori Mediterranei di ROMEO Filippo & C. S.a.s., di cui risulta socio accomandante TEGANO Bruno Antonio, cognato del latitante CONDELLO Domenico (alias “U PACCIU”), avente ad oggetto la produzione di pasta fresca;

– con riferimento alla cosca ROSMINI:

12. con la CARTARUGA S.r.l., riconducibile a ROSMINI Francesco (già detenuto per il reato di cui all’art. 416 bis c.p.) e ROSMINI Luana, avente ad oggetto la commercializzazione all’ingrosso e al dettaglio di carta, cartone, prodotti per l’imballaggio, buste in plastica e non in plastica a perdere, sacchetti per nettezza urbana e tutti i prodotti affini e complementari;

– con riferimento alla cosca LABATE:

13. con la ditta di LABATE Pasquale, cugino di più noti LABATE Pietro, LABATE Santo, LABATE Antonino e LABATE Michele, avente ad oggetto la commercializzazione di bestiame.

In tal modo, il SURACI ha garantito ad un ampio numero di operatori economici – contigui o intranei a sodalizi ‘ndranghetistici – la possibilità di partecipare alla fornitura dei supermercati a marchio SMA, di proprietà della SGS GROUP S.r.l..

Vicenda emblematica, che attesta l’interessamento delle cosche di ‘ndrangheta al settore economico della grande distribuzione alimentare, è quella della “VALLY CALABRIA S.r.l.”.

Si tratta di una società che ha gestito, per qualche tempo, una pluralità di supermercati, sino alla bancarotta fraudolenta della stessa, nel frattempo passata formalmente dai reali gestori e, quindi, responsabili del fallimento, alla classica “testa di legno”.

In tale contesto, il SURACI Dominique, prima ha fatto parte della ‘cordata’ di imprenditori coinvolti nella società in questione e, successivamente, è subentrato agli stessi pressoché interamente – in relazione alla gestione dei supermercati già di proprietà della nominata “VALLY CALABRIA S.r.l.” – attraverso società a lui direttamente (seppure non formalmente) riconducibili, attraverso la cui gestione ha permesso l’infiltrazione di una pluralità di ditte e/o società riconducibili a sodalizi criminali, in primo luogo ai TEGANO – DE STEFANO, nell’attività economica attraverso la fornitura della più diversa tipologia i prodotti.

Il SURACI ha costantemente partecipato alle società che, a partire dalla VALLY Calabria, hanno gestito gli stessi punti vendita nella città di Reggio Calabria.

Il predetto è stato, infatti, amministratore delegato della VALLY Calabria dal 22.12.1999 al 28.05.2001; quindi – attraverso la società denominata GESTIM S.r.l. – ha continuato a gestire gli stessi punti vendita, attraverso il controllo della società denominata MODIS e, infine, attraverso la costituzione della SDS HOLDING e l’intestazione fittizia di quote a persone a lui riconducibili (Saloua SENIA e Vincenzo FERRIGNO), ha continuato a gestire i medesimi punti vendita attraverso il controllo della SGS GROUP S.r.l. prima e la SALDO S.r.l. poi.

Le indagini espletate nell’ambito del presente procedimento hanno riguardato, altresì, l’arco temporale in cui si sono svolte le consultazioni comunali del 2007, consentendo di rilevare le illiceità consumatesi nel corso della campagna elettorale svolta a sostegno del consigliere SURACI Domenico Giovanni, all’epoca collocato in seno alla lista civica “Alleanza per Scopelliti”.

In particolare, si è avuto modo di rilevare l’appoggio garantito da una pluralità di soggetti, tutti riconducibili ad ambienti criminali, alla candidatura del SURACI.

In questo modo, il ‘cartello’ elettorale abilmente creato da SURACI raggiungeva il suo scopo; infatti, non solo SURACI veniva eletto ma risultava il candidato più votato della propria lista, inserita nella coalizione vincente, con 1205 voti, secondo solo a BILARDI che ne totalizzava 1524.

Il successo elettorale raggiunto ha permesso a SURACI la successiva nomina alla carica di assessore, sia pure per pochissimi giorni, ma soprattutto quella di Presidente della II Commissione Consiliare Permanente “Programmazione e servizi generali”.

Le indagini hanno accertato che il SURACI era riuscito a raggiungere un risultato così ragguardevole attraverso:

– la creazione di “clientele”, strumentalizzando enti para-pubblici quali la MULTISERVIZI, attraverso gli strettissimi legami vantati nei vertici dell’anzidetta società; l’attività tecnica espletata, infatti, dimostra in modo inequivocabile l’importante apporto elettorale garantito da RECHICHI Giuseppe, proprio in virtù del ruolo ricoperto dallo stesso in seno alla citata municipalizzata, sfruttata per accrescere il consenso elettorale di SURACI, sia attraverso le assunzioni in seno alla stessa, sia riguardo ai lavori espletati con gli uomini e mezzi dell’anzidetta società; proprio alcuni giorni prima delle elezioni, in data 15 maggio 2007, venivano effettuate delle assunzioni, con cui si poneva fine al processo di stabilizzazione per ben n. 131 lavoratori della MULTISERVIZI;

– la strumentalizzazione a fini elettorali della propria attività commerciale ed in particolare delle opportunità di lavoro derivanti dalla stessa, offerte in maniera pretestuosa, al solo scopo di sfruttarne cinicamente il ritorno elettorale, salvo poi farle venir meno a risultato ottenuto, nel più totale sprezzo dell’interesse individuale dei lavoratori;

– ricercando ed ottenendo il sostegno elettorale degli stessi fornitori e degli ambienti di cui gli stessi sono espressione, talvolta garantendo espressamente la più sollecita evasione dei crediti vantati dalle ditte e/o società a loro riconducibili; si tratta di elementi particolarmente importanti perché testimoniano il rapporto di reciproco interesse tra l’imprenditore-politico da un lato e l’imprenditore-mafioso dall’altro.

Ulteriore episodio sintomatico della spregiudicatezza di SURACI nell’accaparramento del maggior numero di consensi elettorali, è l’accordo che quest’ultimo ha stretto con RIGGIO Costanza Ada, interessandosi per agevolare il superamento di un esame scolastico da parte di alcuni studenti segnalati da quest’ultima.

La seconda misura cautelare riguarda l’operazione ASSENZIO, condotta dal Centro Operativo della D.I.A. di Reggio Calabria e coordinata, per la Direzione Distrettuale Antimafia, dal Procuratore Aggiunto dott. Ottavio Sferlazza e dal dott. Stefano Musolino.

La D.I.A. ha svolto una specifica attività investigativa, volta a far luce su una serie di reati posti in essere da un’organizzazione malavitosa, radicata nel centro della città di Reggio Calabria e capeggiata dal nominato SURACI Domenico Giovanni, con proiezioni in Lombardia, Puglia ed Abruzzo.

Il citato SURACI, infatti, è riuscito ad inserirsi – con successo – nel settore commerciale della grande distribuzione reggina, operando in maniera spregiudicata, commettendo, unitamente agli altri indagati, i reati di associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello stato, false attestazioni, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, grazie ai quali si è potuto imporre nella gestione di catene di supermercati nel panorama provinciale ottenendo, peraltro, con la condotta illecita perpetrata, cospicue disponibilità finanziarie.

In particolare, l’attività investigativa ha riguardato alcune vicende economico – finanziarie che hanno visto protagonista il SURACI Domenico Giovanni sin dal 1999.

Punto di partenza della presente indagine, infatti, sono state le vicende relative al fallimento della citata “VALLY CALABRIA S.r.l.”, oltre ad una serie di truffe in danno dello Stato, con artifici collegati allo sfruttamento di disposizioni normative dirette a consentire lo sviluppo dell’imprenditoria nel Meridione, mediante l’agevolazione connessa ai crediti d’imposta, piegate sino al punto da divenire fonte di danno per l’Erario stesso.

L’attività investigativa, poi, è stata rivolta all’evidenziare alcune peculiari vicende commerciali di cui è risultata protagonista la “S.G.S. Group S.r.l.”, società di cui SURACI è stato il gestore di fatto per lungo tempo.

L’indagine si è sviluppata incrociando i dati emersi dell’attività intercettiva con le numerose acquisizioni documentali, inerenti le vicende delle diverse compagini sociali che hanno visto interessato SURACI, che hanno offerto, nel corso del tempo, la dinamica dei suoi affari.

In tale contesto, attesa l’esistenza di pregresse attività investigative svolte dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria – di cui parte connesse ad intercettazioni telefoniche svolte sin dal 2000 e, da ultimo, approfondimenti che hanno portato al sequestro, nello scorso maggio 2012, del noto ritrovo “Cordon Bleu” – venivano delegati al G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza puntuali accertamenti economico-patrimoniali, tesi a meglio qualificare il complicato intreccio economico relazionale facente capo al SURACI Dominique, alla compagna SENIA Saloua ed ai vari familiari dei medesimi, tutti strumentalmente utilizzati per schermare il mondo economico-imprenditoriale al medesimo facente capo.

A tal proposito, si evidenzia come le Fiamme Gialle reggine avessero già apposto i sigilli con riguardo al patrimonio delle società intestate a Gaetano Tomasello e alla moglie Brunella Fortunata Latella, nel cui contesto sono stati parimenti indagati, oltre ai coniugi Tomasello, la sorella della donna, Maria Rosaria Latella, Carmelo Salvatore Panzera, Damiano Viglianisi e la citata Senia Saloua, per bancarotta impropria, false fatturazioni ed estorsione; nel merito, sono stati sottoposti a sequestro beni mobili e immobili e le società “GSC S.r.l.”, “Doc market S.r.l.”, “Gabrem immobiliare” e “Gesi group S.r.l”, quest’ultima riconducibile proprio alla SENIA Saloua.

Nell’ambito dell’odierna operazione, di contro, è stato ampliato lo spettro investigativo, estendendo gli accertamenti a tutti i soggetti a qualsiasi titolo risultati collegati – direttamente e/o indirettamente – al SURACI Dominique, disvelando l’esistenza di numerose persone giuridiche, variamente operanti nel settore della distribuzione alimentare, immobiliare, noleggio veicoli, scommesse e lotterie – implicate nell’illecito disegno criminoso.

Più in particolare, al fine di eludere eventuali provvedimenti cautelari reali, il SURACI Dominique ha, nel tempo, sfruttato i propri familiari – gli ex suoceri, i figli minori e la compagna (protagonista di un incredibile ascesa imprenditoriale a Reggio Calabria, da commessa a dirigente d’azienda) ovvero fidati prestanome – per ripetutamente intestare ai medesimi importanti strutture imprenditoriali.

Parimenti, è stato registrato lo strumentale utilizzo di fiduciarie e trust, sempre intestati ai medesimi soggetti, con uguale finalità.

Si riporta, di seguito, l’elenco dei beni mobili, immobili e persone giuridiche, destinatarie del decreto di sequestro preventivo d’urgenza, emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, nella persona del dott. Stefano Musolino:

 quote sociali e patrimonio aziendale della “FAST GROUP S.r.l.”, recante Partita Iva 02567530809, con sede a Reggio Calabria, via Treviso bassa n. 10, esercente l’attività di “Locazione immobiliare di beni propri o in leasing”;

 quote sociali e patrimonio aziendale della “SALDO S.r.l.”, recante Partita Iva 02569980804, con sede a Reggio Calabria, via Treviso bassa nr. 10, esercente l’attività di “Commercio al dettaglio in esercizi non specializzati con prevalenza di prodotti alimentari e bevande” – comprensivo di n. 4 autovetture e n. 1 imbarcazione da diporto, modello PREDATOR 82, denominata “EASY”, iscritta nel registro delle imbarcazioni da diporto tenuto presso la Capitaneria di Porto di Roma, della lunghezza di metri 24;

 quote sociali e patrimonio aziendale della “GE.S.I. GROUP S.r.l.”, recante Partita Iva 02689970800, con sede a Reggio Calabria, via Treviso Bassa n. 10, allo stato in amministrazione giudiziaria dal 23.5.2012, esercente l’attività di “supermercati”;

 quote sociali e patrimonio aziendale della “FAST GAMES S.r.l.”, recante Partita Iva 02592760801, con sede a Reggio Calabria, Piazzale della Libertà n. 170, esercente l’attività di “altre attività connesse con le lotterie e le scommesse”, partecipata al 75% dalla sopra citata FAST GROUP S.r.l.;

 quote sociali e patrimonio aziendale della “SAMIRO S.r.l.”, recante Partita Iva 02096500802, con sede a Reggio Calabria, Viale Libertà nr. 170, esercente l’attività di “Raccolta ed accettazione delle scommesse”, capitale sociale detenuto dalla “FAST GAMES S.r.l.”, a sua volta appartenente alla “FAST GROUP S.r.l.”;

 quote sociali e patrimonio aziendale della “TIERRE S.r.l.”, recante Partita Iva 01404260802, con sede a Reggio Calabria, via Santa Caterina D’Alessandria nr. 138, esercente l’attività di “Locazione immobiliare di beni propri o in leasing”, allo stato in liquidazione volontaria, capitale sociale attualmente detenuto dalla “S.G.A. IMMOBILIARE S.r.l.” – nel relativo patrimonio aziendale rientrano n. 2 immobili;

 quote sociali e patrimonio aziendale della “S.G.A. IMMOBILIARE S.r.l.”, recante Partita Iva 05065660960, con sede legale a Milano, Corso di Porta Ticinese n. 3, esercente l’attività di “Locazione immobiliare di beni propri o in leasing” – in liquidazione volontaria dal 5.4.2012;

 quote sociali e patrimonio aziendale della “IMMOBILIARE SAN GIORGIO S.r.l.”, recante Partita Iva 02549870802, con sede legale a Reggio Calabria, via San Giorgio Exstra n. 25, esercente l’attività di “Locazione immobiliare di beni propri o in leasing”, partecipata, tra gli altri, dai TRUST SARAH I, SARAH II e SIMONE I, che hanno per beneficiari, rispettivamente, SURACI Sarah e SURACI Simone – nel relativo patrimonio aziendale rientrano, tra l’altro, terreni urbani per circa 20.000 mq e n. 3 fabbricati;

 quote sociali e patrimonio aziendale della “EUROSERVICE S.r.l.”, recante Partita Iva 02062740804, con sede a Reggio Calabria, via Nazionale Pentimele nr. 186, attualmente interamente riconducibile ad un ex dipendente della coppia SURACI/SENIA;

 quote sociali e patrimonio aziendale della “S.D.S. HOLDING S.r.l.”, recante Partita Iva 02350520801, con sede a Reggio Calabria, via Treviso Bassa nr. 10, esercente l’attività di “Noleggio di autovetture ed autoveicoli leggeri”;

 quote sociali e patrimonio aziendale della “SGS GROUP S.r.l.”, recante Partita Iva 02351090804, con sede a Reggio Calabria, via Treviso Bassa nr. 10, esercente l’attività di “Minimercati e altri esercizi non specializzati di alimentari” – – nel relativo patrimonio aziendale rientrano, tra l’altro, n. 3 veicoli commerciali e n. 2 autoveicoli, tra cui una Porche Cayman;

 quote sociali e patrimonio aziendale della “SUPERMERCATI DUECI S.r.l.”, recante Partita Iva 01337270803, con sede a Reggio Calabria, via Sbarre Superiori nr. 46, esercente l’attività di “Commercio al dettaglio di supermercati”;

 quote sociali e patrimonio aziendale della “STUDIO ARREDO S.p.A.”, recante Partita Iva 00237240684, con sede a Pescara, via A. Vespucci nr. 61, esercente l’attività di “Fabbricazione di mobili non metallici per uffici, negozi”;

 quote sociali e patrimonio aziendale della “SUD ARREDAMENTI S.r.l.”, recante Partita Iva 05590630728, con sede a Corato (BA) in via SS 98 Km 50,750, esercente l’attività di “Fabbricazione di mobili non metallici per uffici, negozi”;

 Ditta individuale Antico Mulino Di CALAFIORE Francesca, recante Partita Iva 02375230808, con sede a Reggio Calabria via Casa Savoia 194, frazione Gallico, esercente l’attività di “produzione di prodotti di panetteria”;

 TRUST SARAH, recante Partita Iva 92073680800, con sede a Reggio Calabria, via Cardinale Portanova Dir. Rausei nr. 86, intestato alla beneficiaria SURACI Sarah;

 TRUST SARAH I, recante Partita Iva 92062390809, con sede a Reggio Calabria, via Cardinale Portanova Dir. Rausei, intestato alla beneficiaria SURACI Sarah;

 TRUST SARAH II, recante Partita Iva 92062380800, con sede a Reggio Calabria, via Palmi nr. 15, intestato alla beneficiaria SURACI Sarah;

 TRUST SIMONE, recante Partita Iva 92079600802, con sede a Reggio Calabria, via Caulonia nr. 8/A, intestato al beneficiario SURACI Simone;

 TRUST SIMONE I, recante Partita Iva 92079710809, con sede a Reggio Calabria, via Palmi nr. 15, intestato al beneficiario SURACI Simone;

 appartamento sito a Reggio Calabria in Via Santa Caterina nr.8/D, di proprietà di SENIA Saloua;

 area urbana posta al pianterreno della superficie di metri quadrati 381, sito a Reggio Calabria in via Santa Caterina 138, intestata alla sedicenne SURACI Sarah;

 appartamento posto al primo piano, sito a Reggio Calabria in via Santa Caterina 138, e relativo garage e lastrico solare, intestato alla sedicenne SURACI Sarah;

 area urbana posta al pianterreno di un maggior fabbricato, sito a Reggio Calabria in via Argine Destro Annunziata della superficie di metri quadrati 82, intestata alla sedicenne SURACI Sarah,

per un valore di stima pari a oltre € 122.000.000,00.

PM: PENETRANTE INFILTRAZIONE CIRCUITO ECONOMICO

”Emerge uno spaccato nitido di quanto penetrante e sofisticato, allo stesso tempo, sia il meccanismo di infiltrazione della ‘ndrangheta nel circuito economico, utilizzando strumenti tributari delicati ed efficaci all’interno del quale trovano posto, come testimonia la bontà di questa indagine, 15 società, cinque trust e beni mobili ed immobili per un valore di oltre 122 milioni di euro”. Lo ha detto, incontrando i giornalisti, il Procuratore della Repubblica facente funzioni di Reggio Calabria, Osvaldo Sferlazza, in relazione agli arresti nell’ambito delle operazioni Sistema e Assenzio. Sferlazza e gli investigatori dei carabinieri, della Dia e della Guardia di finanza, facendo riferimento in particolare all’ex consigliere comunale di Reggio Calabria Dominque Suraci, ne hanno sottolineato il ruolo di “perno di operazioni per false fatturazioni che hanno permesso di accedere ad un sostituto d’imposta per un controvalore di oltre due milioni di euro”. Nel corso della conferenza stampa si è parlato, tra l’altro, del “sistema di scatole cinesi che vedeva al centro aziende ed imprese, chiuse e subito riaperte sotto altre denominazioni, da cui emerge il ruolo di Dominique Suraci come dominus della situazione. La ‘ndrangheta, a cominciare dalle cosche De Stefano e Tegano e fino ai Condello, Labate, Rosmini, Zindato, Borghetto e Lo Giudice, tramite i prestanome, riforniva di merce gli scaffali dei supermercati gestiti da Suraci”. Gli arresti domiciliari, nell’ambito dell’inchiesta, sono stati disposti anche nei confronti di Saloua Senia, di 31 anni, marocchina, compagna di Suraci, accusata di intestazione fittizia di beni, e di Costanza Ada Riggio (64), titolare di una società di formazione, nei confronti della quale l’accusa è di corruzione elettorale aggravata per i suoi presunti rapporti con Suraci.

 

Croc Giuseppe_cl._1946

Crocè Giuseppe

Falcomat Luciano_cl.1976

Falcomatà Luciano

Ferrigno Vincenzo_cl._1977

Ferrigno Vincenzo

Senia Saloua_cl._1981

Senia Saloua

Suraci Domenico_Giovanni_cl._1968

Suraci Domenico Giovanni 

Carabinieri, D.I.A. e Guardia di Finanza di Reggio Calabria nell’operazione “SISTEMA” e “ASSENZIO” hanno eseguito un’Ordinanza di Applicazione di Misure Cautelari, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 6 indagati, appartenenti o contigui alla ‘ndrangheta nella sua articolazione territoriale denominata cosca “DE STEFANO – TEGANO”, operante nella città di Reggio Calabria, responsabili a vario titolo dei reati di associazione di tipo mafioso, concorso in associazione di tipo mafioso, intestazione fittizia di beni e corruzione elettorale, aggravati dall’aver favorito un sodalizio mafioso.

L’operazione, costituisce il terzo troncone esecutivo disposto dalla Direzione Distrettuale Antimafia reggina nell’ambito della stessa attività d’indagine, ha:

– documentato l’infiltrazione pervasiva di numerose ed importanti cosche di ‘ndrangheta nel settore della grande distribuzione alimentare, dell’intermediazione del credito e dell’imprenditoria edile, attraverso la complicità di personaggi ben inseriti nel contesto socio economico della città che hanno fatto da prestanome alle cosche;

– fatto luce su un sistema di fallimenti e conseguenti acquisizione di punti vendita alimentari da parte di soggetti che hanno privilegiato, durante le procedure concorsuali, i fornitori legati alla ‘ndrangheta;

– accertato l’infiltrazione delle cosche nell’attività politica cittadina, garantendo l’appoggio elettorale per le consultazioni amministrative comunali di Reggio Calabria del maggio del 2007 ad un candidato di riferimento.

Gli investigatori stanno eseguendo un decreto di sequestro preventivo (art. 321 c.p.p.) dell’intero complesso aziendale e del patrimonio di 15 imprese e di 5 trust e di numerosi immobili, per un valore complessivo di oltre 122 milioni di Euro.

I particolari dell’operazione saranno resi noti agli organi d’informazione nel corso di una conferenza stampa, che sarà tenuta presso il Comando Provinciale Carabinieri dal Procuratore della Repubblica f.f. di Reggio Calabria, dott. Ottavio Sferlazza alle ore 11.

ARRESTATO EX CONSIGLIERE COMUNE REGGIO

C’é anche un ex consigliere comunale di Reggio Calabria, Domenico Giovanni Suraci, di 44 anni, detto Dominique, tra le sei persone arrestate dai carabinieri nell’ambito dell’operazione disposta dalla Dda contro alcuni affiliati alla cosca De Stefano-Tegano della ‘ndrangheta. Suraci era stato eletto con la lista Alleanza per Scopelliti collegata al candidato sindaco, poi eletto, Giuseppe Scopelliti, attuale presidente della Regione Calabria.

Suraci, secondo l’accusa, avrebbe ottenuto l’appoggio elettorale delle cosche De Stefano e Tegano nelle elezioni comunali del 2007. Dalle indagini è emersa, inoltre, l’infiltrazione delle cosche nell’attività politica cittadina. Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, concorso in associazione di tipo mafioso, intestazione fittizia di beni e corruzione elettorale, aggravati dall’avere favorito un sodalizio mafioso. E’ stata documentata l’infiltrazione pervasiva delle cosche nel settore della grande distribuzione alimentare, dell’ intermediazione del credito e dell’imprenditoria edile, attraverso la complicità di personaggi ben inseriti nel contesto socio economico della città che hanno fatto da prestanome alle cosche. E’ stata fatta luce, inoltre, su un sistema di fallimenti e conseguenti acquisizione di punti vendita alimentari da parte di soggetti che hanno privilegiato, durante le procedure concorsuali, i fornitori legati alla ‘ndrangheta.

DOPPIO ARRESTO PER EX CONSIGLIERE COMUNE REGGIO

Quello di Dominique Suraci, l’ex consigliere comunale di Reggio Calabria coinvolto nell’operazione condotta da carabinieri, Dia e Guardia di finanza, è stato un doppio arresto. Nei confronti di Suraci, infatti, sono state eseguite entrambe le ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip su richiesta della Dda di Reggio Calabria. Nel primo provvedimento si contestano all’ex consigliere comunale il concorso in associazione mafiosa, l’intestazione fittizia di beni e la corruzione elettorale, aggravati dall’avere favorito un sodalizio mafioso. Oltre a Suraci, l’ordinanza di custodia cautelare riguarda l’avvocato Vincenzo Ferrigno, di 35 anni, cognato dello stesso Suraci ed al quale, secondo l’accusa, sarebbero stati intestati fittiziamente beni di provenienza illecita; Luciano Falcomatà (36), accusato di associazione mafiosa, e l’ex direttore operativo della società Multiservizi, Giuseppe Rechichi. Per tutti è stata disposta la custodia cautelare in carcere. La seconda ordinanza, oltre a Suraci, riguarda gli imprenditori Giuseppe Crocé (67), Marcello Brunozzi (61), e Rodolfo Diani (57), tutti gli arresti domiciliari ed accusati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di più truffe aggravate al fine di conseguire erogazioni pubbliche ed alla predisposizione di false fatturazioni. Suraci, secondo l’accusa, sarebbe stato il dominus della srl Sgs, titolare dei supermercati a marchio Sma di Reggio Calabria e provincia, stipulando contratti di fornitura di beni e servizi con imprese, ditte individuali e società riconducibili alla cosca De Stefano-Tegano.

ARRESTATO EX DIRETTORE MULTISERVIZI COMUNE REGGIO

Una delle sei ordinanze di custodia cautelare eseguite a Reggio Calabria nell’ambito dell’operazione ‘Sistema’ riguarda Giuseppe Rechichi, di 54 anni, l’ex direttore operativo della Multiservizi, società partecipata del Comune di Reggio. Rechichi è già detenuto perché coinvolto in un’altra operazione fatta contro la cosca Tegano nell’aprile del 2011 da cui emerse il suo ruolo di referente del gruppo criminale all’interno della Multiservizi. Le indagini hanno accertato, in particolare, il rapporto tra Rechichi e l’ex consigliere comunale Suraci, anch’egli arrestato nell’operazione della scorsa notte. Rechichi avrebbe garantito a Suraci, riferiscono gli investigatori, un importante apporto elettorale proprio in virtù del suo ruolo all’interno della Multiservizi. Sostegno che sarebbe stato assicurato sia attraverso le assunzioni nella Multiservizi, sia riguardo i lavori effettuati con l’utilizzo del personale e dei mezzi della società. Dalle indagini emerso, tra l’altro che proprio alcuni giorni prima delle elezioni comunali del 2007 furono effettuate delle assunzioni con cui si poneva fine alla procedura di stabilizzazione di 131 lavoratori della Multiservizi.

 

DECRETO DI FERMO INTEGRALE I° PARTE

 

TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA

– SEZIONE G. I. P. – G. U. P. –

ORDINANZA DI APPLICAZIONE DI MISURE CAUTELARI

(Artt. 272 e ss. C. p. p.)

Il giudice per le indagini preliminari, dr. Domenico Santoro,

visti gli atti del procedimento indicato in epigrafe nei confronti di:

1) SURACI Domenico Giovanni, nato a Reggio Calabria il 15.1.68;

2) GIGLIO MARIO, nato a Reggio Calabria il 14.5.59;

3) DE ANGELIS Rocco, nato a Sinopoli il 10.3.68;

4) COTUGNO Antonio, nato a Reggio Calabria il 26.6.70;

5) SALOUA Senia, nata a Safi (Marocco) l’11.1.81;

6) FERRIGNO Vincenzo, nato a S.Maria Capua Vetere l’8.3.77;

7) BRUNOZZI Marcello, nato ad Alfedena il 10.7.51;

8) DIANI Rodolfo, nato a Pescara l’1.7.55;

9) CROCE’ Giuseppe, nato Melito P.Salvo il 9.11.46;

10) CROCE’ Fortunata Barbara, nata a Melito P.Salvo il 14.10.77;

11) CROCE’ Francesco, nato a Reggio Calabria il 18.7.81;

INDAGATI

per i seguenti reati

A) SURACI Domenico Giovanni, GIGLIO Mario, DE ANGELIS Rocco, COTUGNO Antonio

per il reato di cui agli artt.110 c.p. ed agli artt.223, 1° comma, in relazione all’art.216, 1° comma nn.1) e 2), e 3° comma, ed all’art.219, 2° comma n.1, della L.267/42 perché in concorso tra loro e con ROMEO Leone Mario, amministratore di diritto (già giudicato e condannato definitivamente), tutti in qualità di soci occulti ed amministratori di fatto della VALLY CALABRIA srl fino alla data del fallimento

a.1) distraevano l’intero patrimonio aziendale costituito dai punti vendita oggetto del contratto di ‘cessione di ramo d’azienda’ (in realtà cessione dell’intera azienda) stipulato il 13.12.1999 con MODIS srl (società della quale gli stessi soggetti risultavano soci al momento della cessione; in particolare: GIGLIO Mario, marito di ROMEO Maria, quest’ultima titolare della quota di 10.000.000 di lire; DE ANGELIS Rocco titolare della quota di 27.500.000 di lire; COTUGNO Antonio titolare della quota di 27.500.000 di lire; SURACI Dominque Amm.re della SURACI TRASPORTI INTERNAZIONALI , titolare della quota di 35.000.000, nonché A.D. della MO.DIS Srl, nominato a far data dal giorno successivo alla cessione stessa), per un corrispettivo di £. 5.700.000.000 che non risulta mai esser stato incassato dalla società cedente.

a.2) allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto e comunque di arrecare pregiudizio ai creditori, sottraevano in tutto e/o in parte i libri e le scritture contabili obbligatorie ed in particolare:

o Libri sociali;

o Libro inventari;

o Registro beni ammortizzabili

o fatture acquisti e fatture vendita

o estratti conto bancari e documentazione a supporto della movimentazione finanziaria

o contratti ed atti stipulati dalla società in bonis

o tutta la documentazione sottostante l’iscrizione in bilancio di ogni posta

e comunque le tenevano in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, né l’apprezzamento della situazione economico – patrimoniale e finanziaria dell’azienda alla fine di ciascun esercizio.

Con le aggravanti:

o di aver cagionato un danno di rilevante gravità e d’aver commesso più fatti di bancarotta;

In Reggio Calabria, 5.7.2002 (data dichiarazione fallimento)

SURACI Domenico Giovanni, CROCE’ Giuseppe, BRUNOZZI Marcello, SENIA SELOUA, CROCE’ Fortunata Barbara, CROCE’ Francesco, FERRIGNO Vincenzo, DIANI Rodolfo

B) Art.416 c.p., perché si associavano tra loro allo scopo di commettere più delitti (tra i quali quelli di cui al capo che segue) di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, con le seguenti condotte:

SURACI Domenico Giovanni

Per essersi occupato di fatto della gestione di supermercati tramite la SGS GROUP Srl, dalla costituzione fino al giugno del 2009, data in cui avviene la scissione tra il SURACI e la famiglia CROCE’, nonché successivamente fino a data odierna, tramite la TIERRE Srl e la SALDO Srl, ideando e ponendo in essere tutte le attività propedeutiche per il perfezionamento del disegno criminoso quali: la cura dei rapporti con gli intermediari finanziari per la stipula di contratti di locazione finanziaria di beni strumentali; l’organizzazione, con il placet degli altri associati, delle false e/o gonfiate operazioni commerciali oggetto dei leasing comprendenti l’emissione delle false fatture, la simulazione dei relativi pagamenti, la predisposizione della documentazione necessaria per la stipula dei contratti di leasing da far firmare agli altri associati, l’organizzazione di operazioni commerciali triangolari necessarie per consentire la contabilizzazione delle operazioni fittizie, l’acquisto fittizio di attrezzature nonché il rientro delle somme fittiziamente pagate fino alla predisposizione di tutta la documentazione necessaria per poter accedere indebitamente al beneficio fiscale del credito d’imposta;

SENIA SALOUA e FERRIGNO VINCENZO

per aver fatto da prestanome al SURACI Domenico figurando quale socio e/o amministratore delle imprese coinvolte nelle fittizie transazioni commerciali e sottoscrivendo atti propedeutici per l’ottenimento indebito del beneficio fiscale del credito d’imposta.

BRUNOZZI Marcello, DIANI Rodolfo

Il primo:

o socio ed amministratore unico della STUDIOARREDO;

o socio e amministratore di fatto della SUD ARREDAMENTI (per il tramite del figlio BRUNOZZI Giovanni, amministratore unico formale della SUD ARREDAMENTI);

il secondo:

o socio e procuratore speciale della STUDIOARREDO;

o socio della SUD ARREDAMENTI;

per aver concordato ed eseguito con il SURACI Domenico ed il CROCE’ Giuseppe le operazioni commerciali fittizie, provvedendo ad emettere fatture per operazioni inesistenti e simulando i pagamenti in maniera tale da far apparire contabilmente una situazione non rispondente al vero, finalizzata alla possibilità di stipulare contratti di locazione finanziaria di beni strumentali e/o acquisti di attrezzature fittizi o gonfiati, transazioni utili a consentire di accedere indebitamente al beneficio fiscale del credito d’imposta.

CROCE’ Giuseppe

Per aver partecipato, unitamente al SURACI Domenico, alla gestione della SGS GROUP, accettando di partecipare alle truffaldine operazioni commerciali organizzate dal SURACI Domenico, per ottenere indebitamente il credito d’imposta, effettuando materialmente alcune delle operazioni necessarie per il perfezionamento degli illeciti quali: l’esecuzione di pagamenti fittizi e l’emissione di false fatture utili a consentire la rappresentazione contabile di una situazione non veritiera necessaria per l’accesso al beneficio fiscale del credito d’imposta.

CROCE’ Fortunata Barbara, CROCE’ Francesco

In qualità di socio e/o amministratore delle società coinvolte negli illeciti per aver sottoscritto atti necessari per l’ottenimento indebito del beneficio fiscale del credito d’imposta.

SURACI e BRUNOZZI quali promotori ed organizzatori, gli altri quali partecipi;

In Reggio Calabria e Pescara, sino al 4.6.09

C) Artt.81, 110, 483-640 bis c.p. perché in concorso tra loro, con le qualità e modalità di condotta di cui al capo che precede, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, mediante artifizi e raggiri ed in particolare mediante:

• la predisposizione di false fatturazioni apparentemente attestanti l’effettiva fornitura da parte della SUDARREDAMENTI S.r.l. e della STUDIO ARREDO S.r.l. di beni strumentali all’esercizio dell’attività d’impresa da parte della SGS Group S.r.l. risultata viceversa in tutto o in parte fasulla;

• l’utilizzazione delle stesse fatture ai fini dell’attribuzione del credito d’imposta per le annualità di bilancio;

con particolare riferimento alle pratiche di leasing strumentale sottospecificate:

 CONTRATTO DI LOCAZIONE FINANZIARIA NR. LI 925504 sottoscritto in data 02.10.2006 da SENIA Saloua

concedente: LOCAT SPA;

utilizzatore: SGS GROUP SRL;

bene: ATTREZZATURE PER SUPERMERCATO (descritte nell’offerta 182/2006 del 21.07.2006);

fornitore: STUDIO ARREDO SPA (sede Pescara);

importo: Euro 559.702,08 + IVA (Euro 671.642,5);

condizioni di pagamento al fornitore:

Euro 235.074,88 subito;

Euro 436.567,62 a 15 giorni dalla presentazione della fattura e certificati vari (verbale consegna e collaudo, certificato conformità, copia manuale in lingua italiana e dati bancari);

dati operazione finanziaria:

Euro 195.895,73 + IVA (primo canone da corrispondersi alla sottoscrizione del contratto); (rappresenta l’anticipo pagato dalla SGS GROUP direttamente al fornitore dalla SGS)

Euro 5.871,94 + IVA X 71 rate (tasso variabile con decorrenza dal 1° mese successivo al collaudo);

Euro 5.597,02 + IVA (prezzo di eventuale acquisto finale).

Attrezzature da fornire con espresso riferimento al PUNTO VENDITA DI BOVA MARINA.

 CONTRATTO DI LOCAZIONE FINANZIARIA NR. LI 926158 sottoscritto in data 02.10.2006 da SENIA Saloua

DATI DEL CONTRATTO

concedente: LOCAT SPA;

utilizzatore: SGS GROUP SRL;

bene: ATTREZZATURE PER SUPERMERCATO (descritte nell’offerta 288/05 del 30.09.2005 rif progetto 285/2005 del 09.03.2006);

fornitore: STUDIO ARREDO SPA (sede Pescara);

importo: Euro 500.476,68 + IVA (Euro 600.572,02);

condizioni di pagamento al fornitore:

Euro 210.200,21 subito;

Euro 390.371,81 a 15 giorni dalla presentazione della fattura e certificati vari (verbale consegna e collaudo, certificato conformità, copia manuale in lingua italiana e dati bancari);

dati operazione finanziaria:

Euro 175.166,84 + IVA (primo canone da corrispondersi alla sottoscrizione del contratto); (rappresenta l’anticipo pagato dalla SGS GROUP direttamente al fornitore dalla SGS)

Euro 5.250,00 + IVA X 71 rate (tasso variabile con decorrenza dal 1° mese successivo al collaudo);

Euro 5.004,77 + IVA (prezzo di eventuale acquisto finale).

Attrezzature da fornire con espresso riferimento al PUNTO VENDITA DI CONDERA

 CONTRATTO DI LOCAZIONE FINANZIARIA NR. LI 986038 sottoscritto in data 01.04.2008 da SENIA Saloua

DATI DEL CONTRATTO

concedente: LOCAT SPA;

utilizzatore: SGS GROUP SRL;

bene: ATTREZZATURE PER SUPERMERCATO (descritte nell’offerta 19/08 del 13.02.2008);

fornitore: SUD ARREDAMENTI SRL (sede Corato);

importo: Euro 504.497,00 + IVA (Euro 605.396,4);

condizioni di pagamento al fornitore:

Euro 211.888,74 subito;

Euro 393.507,66 a 20 giorni dalla presentazione della fattura e certificati vari (conferma ordine, condizioni generali d’acquisto, verbale consegna e collaudo fornitore e utilizzatore, certificato conformità, copia manuale in lingua italiana e dati bancari);

dati operazione finanziaria:

Euro 176.573,95 + IVA (primo canone con scadenza il primo giorno di decorrenza contrattuale); (rappresenta l’anticipo pagato dalla SGS GROUP direttamente al fornitore);

Euro 5.494,80 + IVA X 71 rate (tasso variabile con decorrenza dal 1° mese successivo al collaudo);

Attrezzature da fornire con espresso riferimento al PUNTO VENDITA DI VIA DON ORIONE

 CONTRATTO DI LOCAZIONE FINANZIARIA NR. LI 1004862 sottoscritto in data 01.04.2008 da SENIA Saloua

DATI DEL CONTRATTO

concedente: LOCAT SPA;

utilizzatore: SGS GROUP SRL;

bene: ATTREZZATURE PER SUPERMERCATO (descritte nell’offerta 14/08 del 13.02.2008);

fornitore: SUD ARREDAMENTI SRL (sede Corato);

importo: Euro 431.983,00 + IVA (Euro 518.379.6);

condizioni di pagamento al fornitore:

Euro 181.432,86 subito;

Euro 336.946,74 a 20 giorni dalla presentazione della fattura e certificati vari (conferma ordine, condizioni generali d’acquisto, verbale consegna e collaudo fornitore e utilizzatore, certificato conformità, copia manuale in lingua italiana e dati bancari);

dati operazione finanziaria:

Euro 151.194,05 + IVA (primo canone con scadenza il primo giorno di decorrenza contrattuale) (rappresenta l’anticipo pagato dalla SGS GROUP direttamente al fornitore dalla SGS).

Euro 4.705,00 + IVA X 71 rate (tasso variabile con decorrenza dal 1° mese successivo al collaudo);

Euro 4.319,83 + IVA (prezzo di eventuale acquisto finale).

Attrezzature da fornire con espresso riferimento al PUNTO VENDITA DI VIA MODENA

 CONTRATTO DI LOCAZIONE FINANZIARIA NR. LI 1004872 sottoscritto in data 01.04.2008 da SENIA Saloua

DATI DEL CONTRATTO

concedente: LOCAT SPA;

utilizzatore: SGS GROUP SRL;

bene: ATTREZZATURE PER SUPERMERCATO (descritte nell’offerta 18/08 del 13.02.2008);

fornitore: SUD ARREDAMENTI SRL (sede Corato);

importo: Euro 172.111,00 + IVA (Euro 206.533,2);

condizioni di pagamento al fornitore:

Euro 72.286,62 subito;

Euro 134.246,58 a 20 giorni dalla presentazione della fattura e certificati vari (conferma ordine, condizioni generali d’acquisto, verbale consegna e collaudo fornitore e utilizzatore, certificato conformità, copia manuale in lingua italiana e dati bancari);

dati operazione finanziaria:

Euro 60.238,85 + IVA (primo canone con scadenza il primo giorno di decorrenza contrattuale); (rappresenta l’anticipo pagato dalla SGS GROUP direttamente al fornitore)

Euro 1.874,60 + IVA X 71 rate (tasso variabile con decorrenza dal 1° mese successivo al collaudo);

Euro 1.721,11 + IVA (prezzo di eventuale acquisto finale).

Attrezzature da fornire con espresso riferimento al PUNTO VENDITA DI VIA PELLICANO

 CONTRATTO DI LOCAZIONE FINANZIARIA NR. 5239/01 sottoscritto in data 19.04.2008 da SENIA Saloua

DATI DEL CONTRATTO

concedente: MPS COMMERCIALE LEASING SPA;

utilizzatore: SGS GROUP SRL;

bene: ATTREZZATURE PER SUPERMERCATO (descritte nell’offerta 21/08 del 13.02.2008);

fornitore: SUD ARREDAMENTI SRL (sede Corato);

importo: Euro 570.920,00 + IVA (Euro 685.104.00);

dati operazione finanziaria:

Euro 205.785.82 (primo canone con scadenza il primo giorno di decorrenza contrattuale;

Euro 6.708,45 + IVA X 71 rate (con decorrenza dal 1° mese successivo alla firma del verbale di presa in consegna del bene);

Euro 5.709,20 + IVA (prezzo di eventuale acquisto finale);

Pagamento con rid sul C/C 2437827 c/o MPS Reggio Calabria.

Attrezzature da fornire con espresso riferimento al PUNTO VENDITA DI CATONA

realizzavano l’ingiusto profitto della percezione delle erogazioni pubbliche previste dalla L.296/06 sotto forma di credito d’imposta, con corrispondente danno per l’erario.

In Reggio Calabria, tra il 2.10.2006 ed il 19.4.2008, nelle date di perfezionamento dei singoli rapporti contrattuali suindicati

Vista la richiesta depositata dal P. M. in data 12/1/2012,

a) per l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di:

1. GIGLIO Mario, per il reato di cui al capo A);

2. BRUNOZZI Marcello, per i reati di cui ai capi B) e C);

3. SURACI Domenico Giovanni, per i reati di cui ai capi A), B) e C);

b) per l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di:

4. CROCE’ Giuseppe, per i reati di cui ai capi B) e C);

5. DIANI Rodolfo, per i reati di cui ai capi B) e C);

OSSERVA

1). PREMESSA.

Con scelta invero singolare, nell’ambito del medesimo procedimento, all’esito di complesse indagini che hanno impegnato sia il R. O. N. I. del Comando Provinciale Carabinieri sia il Centro Operativo D. I. A. di Reggio Calabria, il P. M. ha avanzato due diverse richieste di applicazione di misure cautelari. Elemento comune ad entrambe è SURACI Domenico Giovanni, detto Dominique, vero protagonista delle indagini, le cui emergenze consentono di cogliere la natura poliedrica delle attività di rilievo penale di costui, abile imprenditore che sfrutta le sue capacità, per un verso, per esigenze di propria locupletazione ad ogni costo, per altro verso e, per di più, in un sistema che appare minuziosamente congegnato (e che trova suoi riverberi nelle vicende di altra società che di grande distribuzione alimentare si occupava, la PLANET FOOD), per le esigenze della criminalità organizzata. Intorno al SURACI, poi, oltre a familiari che fungono da prestanome per creare uno schermo rispetto alle compagini sociali da lui gestite, gravitano imprenditori e professionisti che gli sono prossimi non solo nelle operazioni commerciali e finanziarie ma anche nell’agone politico, specie in occasione delle consultazioni per il rinnovo del consiglio comunale di Reggio Calabria, svoltesi nell’anno 2007.

Le indagini curate dal P. M. hanno permesso di svelare questo reticolo di interessi, consentendo di cogliere le cointeressenze del SURACI con alcuni esponenti della criminalità organizzata, riconducibili specialmente alla cosca DE STEFANO – TEGANO, e tanto è oggetto della contestuale ordinanza emessa per i fini del presente procedimento.

In questa sede si esamineranno, invece, le vicende relative al fallimento della VALLY CALABRIA S. r. l. e ad una serie di truffe in danno dello Stato, con artifici collegati allo sfruttamento di disposizioni normative dirette a consentire lo sviluppo dell’imprenditoria nel Meridione mediante l’agevolazione connessa ai crediti d’imposta, piegate sino al punto da divenire fonte di danno per l’Erario stesso.

In particolare, la richiesta all’esame del decidente rappresenta l’esito delle indagini compendiate dalla D. I. A., Centro Operativo, di Reggio Calabria, nell’informativa n. Cat.125/RC/H7-219/III° Sett. di prot. 4329 del g. 1/6/2010 e suoi seguiti ed integrazioni.

In particolare, la menzionata nota descrive alcune vicende economico – finanziarie che hanno visto protagonista il SURACI Domenico Giovanni sin dal 1999, prima tra le quali la gestione della “VALLY CALABRIA Srl”.

Si legge, a tal proposito, quanto segue nel primo paragrafo dell’informativa della D. I. A. anzi citata (ff. 2 – 7):

“…

 VALLY CALABRIA Srl.

La società, con capitale sociale pari a 100.000.000 di lire e sede in via Nazionale Pentimele sc. b/6 87 di Reggio Calabria, è stata costituita con atto datato 20.09.1995 tra i seguenti soci:

1. DE ANGELIS Rocco (lire 27.500.000);

2. COTUGNO Antonio (lire 27.500.000);

3. ROMEO Maria (lire 10.000.000);

4. MUSOLINO Antonio (lire 10.000.000);

5. VALLY TRADE srl (lire 25.000.000).

La VALLY CALABRIA Srl è stata dichiarata fallita con atto datato 05.07.2002 nel momento in cui, già dal 27.06.2001, unico socio nonché amministratore unico dal 03.04.2002 era ROMEO Leone Mario .

Ovviamente le conseguenze penali del fallimento sono ricadute tutte sul ROMEO Leone Mario, che, con sentenza del Tribunale di Reggio Calabria nr. 1765/2005 emessa in data 06.12.2005 (allegato nr. 1), è stato condannato (per i reati di bancarotta e appropriazione indebita) alla pena di anni tre e mesi due di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali. Inoltre, è stato dichiarato interdetto dai pubblici uffici per la durata di anni cinque ed inabilitato, per la durata di anni dieci, all’esercizio di impresa commerciale e incapace, per la stessa durata, ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa. Contro la sentenza il ROMEO Leone Mario presentava appello. Tuttavia, la Corte d’Appello di Reggio Calabria, in data 14.06.2007 (allegato nr. 2), confermava la sentenza del Tribunale condannando il ROMEO al pagamento delle ulteriori spese processuali dichiarando la pena condonata, in virtù della L. 241/06, nella misura di anni tre di reclusione.

Nel corpo delle Sentenze emesse dal Tribunale e dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria sono riportati fatti meritevoli di attenzione e suscettibili di rivisitazione sia alla luce delle attività investigative svolte da questo C.O. DIA che dal contenuto delle intercettazioni disposte dalla S.V. nell’ambito del presente procedimento penale e delegate ai Carabinieri del RONINV di Reggio Calabria, nonché dalle risultanze presenti allo schedario del Comando Provinciale della G. di F. di Reggio Calabria.

L’attività svolta evidenzierà come la reale responsabilità del reato di bancarotta sia ascrivibile al comportamento del SURACI Domenico Giovanni e a quello degli altri soci, compresi quelli occulti, confinando il ruolo del ROMEO Leone Mario a quello del semplice prestanome, probabilmente non del tutto conscio dei rischi e delle conseguenze che avrebbe subito accettando la carica di amministratore unico nella VALLY CALABRIA Srl.

In particolare nella sentenza del Tribunale si legge: “… I dati di fatto emersi in dibattimento, quindi, confermano la integrazione di tutti i reati addebitati in capo al ROMEO cui è riconducibile, in quanto amministratore delegato dell’ultima fase di vita della società, la gestione della stessa. Al ROMEO, infatti, va fatto carico del mancato reperimento della documentazione contabile, segno evidente della sua omessa tenuta o dell’occultamento di quella esistente nella imminenza del fallimento, la cui assenza non ha consentito la ricostruzione del patrimonio della società e del suo movimento d’affari fino a qualche tempo prima della fallimento …” “… Al dato sopra specificato si aggiunge la sparizione dei beni strumentali esistenti nei diversi punti vendita della VALLY CALABRIA, beni di cui lo stesso ROMEO ha confermato l’esistenza attraverso il documento depositato al curatore di cui si è detto innanzi. La richiamata condotta integra, unitamente a quella in precedenza indicata, ulteriore comportamento sussumibile nell’alveo della fattispecie della bancarotta fraudolenta contestata. Detta riconducibilità non verrebbe meno quand’anche il prevenuto, dichiarandosi al curatore in un primo momento all’oscuro di dove fossero reperibili beni e documentazione e che, solo successivamente aveva fatto reperire quanto documentato fotograficamente al curatore, fosse un semplice formale detentore della carica privo di effettivo potere, testa di legno dell’ultima ora, posto che anche in tal caso – e al riguardo non sono stati acquisiti elementi di conferma in tal senso – egli avrebbe comunque prestato la propria disponibilità a ricoprire formalmente la carica, assumendosene le relative responsabilità e i relativi oneri e sarebbe, quindi, comunque egualmente tenuto a rispondere dei reati fallimentari ascritti …”

Mentre in quella della Corte d’Appello si legge: “…la VALLY CALABRIA dopo alcuni anni di attività (con dipendenti, clienti e venditori), il 13/12/99 aveva dismesso i propri punti vendita, cedendone sei dislocati a Reggio Calabria e subaffittandone altri due, a Palmi e Polistena, ad una stessa società (la MO.DIS. Srl di Trani), con l’espressa previsione di destinare il ricavato al pagamento dei debiti risultanti alla data del 31/12/99 (circa 5 miliardi di lire) …” “… la sentenza va confermata. Con la cessione e/o subaffitto degli otto punti vendita alla MO.DIS. Srl di Trani la VALLY CALABRIA si disfece evidentemente per intero dei beni aziendali, senza che al momento del fallimento si rinvenisse nulla di più di un ammasso di scaffalature in disuso e documenti in totale disordine. Posto che all’attivo dovevano risultare beni di apprezzabile valore di proprietà della ditta, ciò significa (a fronte del passivo) voluta dispersione di beni in danno dei creditori (nullo il valore di quanto rinvenuto e sparita l’autovettura). Ciò vale anche per i libri contabili, che (ammesso che fossero nell’ammasso cartaceo) non devono essere cercati e ricostruiti dal curatore per essere letti. Allo stesso modo la ditta fallita si è appropriata del banco frigorifero avuto in leasing e ciò sia che esso si identifichi nel banco tagliato a metà (e perciò inservibile) di cui parla il curatore riferendo di quanto trovato nei locali di via Pentimele sia che il bene sia stato indebitamente ceduto. La responsabilità del ROMEO (semmai in concorso con i precedenti amministratori) è nell’assunzione dell’incarico e nella passiva accettazione del ruolo sino al fallimento…”

La conclusione cui giungono il Tribunale e la Corte d’Appello di Reggio Calabria è che il ROMEO Leone Mario sia, in ogni caso, colpevole dei reati di bancarotta e appropriazione indebita quand’anche fosse un semplice formale detentore della carica, privo di effettivo potere, ma solo testa di legno dell’ultima ora, circostanza, questa, solo paventata dal collegio senza tuttavia essere stata supportata, in fase dibattimentale, da elementi certi. La colpevolezza del ROMEO pertanto deriva dal fatto che la gestione della VALLY CALABRIA Srl, nell’ultima fase di vita della stessa Srl, fosse a lui ascrivibile per il fatto di esserne l’ultimo amministratore in carica. …”

Se questa è la premessa, le condotte ascritte al ROMEO Leone Mario, secondo l’impostazione investigativa, risulterebbero meno gravi di quelle consumate dai soggetti che, di fatto (siccome si evince dalle investigazioni compiute), hanno gestito la VALLY CALABRIA Srl dalla sua costituzione fino alla data in cui, ormai priva di ogni valore e portata al dissesto economico, al punto da provocarne il fallimento, è stata formalmente ceduta al ROMEO. Il quale altri non è che il “testa di legno dell’ultima ora”, come, con efficace espressione, viene definito.

Ebbene, secondo quanto indicato dagli inquirenti, gli altri individui cui va ascritta la responsabilità per i fatti in esame sono … identificabili innanzitutto nel SURACI Domenico Giovanni, personaggio che di fatto si è occupato della gestione in posizione di supremazia rispetto agli altri soci e che più ha beneficiato del fallimento della VALLY CALABRIA Srl e negli altri personaggi che hanno partecipato alla gestione identificabili in: GIGLIO Mario , COTUGNO Antonio, DE ANGELIS Rocco, DE ANGELIS Michelangelo e VENTURA Antonio Vincenzo . Alcuni di loro, tuttavia, al contrario del SURACI hanno dovuto sopportare le conseguenze derivanti dall’azione svolta da una società di leasing, la LOCAT Spa (già Unicredit), nel tentativo di recuperare il proprio credito garantito dalle fideiussioni di GIGLIO Mario e VENTURA Antonio Vincenzo, dall’avallo di COTUGNO Antonio, COTUGNO Natale (padre di Antonio) e dei fratelli Rocco e Michelangelo DE ANGELIS…

2). CRITERI DI VALUTAZIONE DEL MATERIALE INDIZIARIO.

Ciò premesso, prima di affrontare il materiale indiziario consegnato alle valutazioni del G.I.P., appaiono opportune alcune considerazioni in ordine ai criteri di valutazione dello stesso.

Considerata la sostanziale coincidenza delle fonti indiziarie poste a fondamento del presente provvedimento e di quello contestualmente emesso, le considerazioni da operare in proposito [rinviando, peraltro, a tutte le considerazioni operate anche nell’ordinanza Sistema, emessa sempre per i fini del presente procedimento e pure collegata alla presente] circa gli elementi di prova che, in questa sede, vengono in rilievo, rappresentati, principalmente, da

1) esiti di intercettazioni telefoniche ed ambientali,

2) acquisizione di documentazione inerente le società oggetto di indagine [e, in particolare, le verifiche compiute in relazione alla Vally Calabria S. r. l. ed alle altre società riconducibili al SURACI Domenico Giovanni, inteso Dominique];

appaiono analoghe.

2. A. I criteri di valutazione delle intercettazioni.

Prima problematica da affrontare in proposito è quella relativa all’identificazione dei soggetti conversanti.

Per quanto concerne il contenuto delle conversazioni fra presenti non appaiono sussistere profili di dubbio, atteso che trattasi, prevalentemente, di captazioni operate in occasione di colloqui all’interno di ambienti pacificamente in uso agli indagati (si pensi, ad esempio, all’ufficio della S. G. S. Group), con conseguente facilità di individuazione dei principali protagonisti delle indagini, ma anche dei loro interlocutori, lì presenti per discutere di problematiche lato sensu commerciali e, pertanto, facilmente individuati grazie anche alle indicazioni dei rispettivi nomi o delle aziende/ditte ad essi riconducibili od ai riferimenti operati a vicende della loro vita.

Circa, invece, gli individui che sono stati colti in conversazioni telefoniche, appaiono affidabili le indicazioni, di cui alla richiesta, sull’identità dei predetti, assicurate dall’accertata titolarità e/o disponibilità del mezzo intercettato da parte dei conversanti e dalle notizie fornite dai medesimi circa l’identità degli interlocutori (e/o dei soggetti cui essi fanno riferimento) durante le conversazioni. La puntuale combinazione degli elementi sopra descritti, poi, consente di conferire adeguato valore di affidabilità anche al riconoscimento vocale effettuato dagli operanti che, adusi alla voce dei conversanti, sono stati evidentemente in grado di procedere alla certa identificazione degli interlocutori indicati nelle diverse intercettazioni.

Altro, fondamentale, profilo è rappresentato dalla disamina del contenuto delle conversazioni oggetto di captazione: nel caso di specie, può certamente affermarsi che i dialoghi che si andrà ad esporre sono caratterizzati – per la gran parte – da contenuto chiaro, intelligibile, tale da essere compreso nel suo effettivo significato, senza necessità di dovere ricorrere ad operazioni ermeneutiche dal tratto incerto o, peggio, oscuro. Trattasi, difatti, di conversazioni tra presenti, captate all’interno degli ambienti in uso agli indagati e prima indicati, laddove costoro, assai verosimilmente, non temevano di essere intercettati e, pertanto, si esprimevano (come dimostrano alcune conversazioni veramente non suscettibili di una possibile lettura alternativa per la chiarezza del contenuto, inerenti le vicende della società S. G. S., le dinamiche fra i due soci, SURACI e CROCÈ, i rapporti della stessa con i fornitori, ovvero le questioni inerenti il meccanismo dei leasing) in maniera più libera. Nei casi in cui, invece, specie nelle conversazioni telefoniche, i conversanti hanno utilizzato termini criptici o altri accorgimenti diretti a celare il reale contenuto dei dialoghi (si pensi ai dialoghi che intratteneva il SURACI con i suoi vari interlocutori, in particolare con lo IANNÌ Natale), il contenuto delle frasi che si sono potute carpire e quanto, conseguentemente e successivamente, accertato dagli inquirenti a riscontro non lascia adito a dubbi sul fatto che anche tali dialoghi, per quanto ammantati da tenore criptico, si riferissero ad attività illecite, la cui essenza si disvela alla luce della complessiva attività di indagine e del contenuto stesso di altre conversazioni captate (ci si riferisce, ad esempio, a quelle tra gli indagati inerenti il sostegno elettorale al SURACI da parte del RECHICHI mediante le assunzioni alla MULTISERVIZI ovvero ai privilegi riconosciuti ad alcuni dei fornitori per la peculiare loro posizione di esponenti della criminalità organizzata, che, al di là di ogni tentativo di celare il contenuto dei dialoghi, nelle parti decifrate, se lette alla luce dell’intero compendio indiziario e degli imponenti dati di conferma al costrutto d’accusa, ben palesano quali siano state le condotte criminose poste in essere).

Ultimo profilo da approfondire è quello della “credibilità” delle affermazioni intercettate e, quindi, della loro valenza probatoria, riguardo al quale occorre evidenziare come la giurisprudenza di legittimità distingua quelle totalmente auto-accusatorie, quelle parzialmente auto-accusatorie e quelle totalmente etero-accusatorie.

Le intercettazioni auto-accusatorie sono tali in quanto è lo stesso conversante che, esplicitamente od implicitamente, accusa se stesso di aver commesso un dato reato, sicché le affermazioni pronunciate dall’imputato o dall’indagato “contra se” equivalgono ad una sorta di confessione extragiudiziale e, pertanto, “hanno integrale valenza probatoria” (Sez. 6, n. 27656 del 09.07.2001, CORSO G. ed altri). La Suprema Corte, a proposito della valenza probatoria di tali intercettazioni auto-accusatorie, ha, altresì, sottolineato che “in materia di intercettazioni telefoniche non trovano applicazione gli artt. 62 e 63 C. p. p., in quanto le ammissioni di circostanze indizianti, fatte spontaneamente dall’indagato nel corso di una conversazione telefonica, la cui intercettazione sia stata ritualmente autorizzata, non sono assimilabili alle dichiarazioni da lui rese del corso dell’interrogatorio dinanzi all’Autorità giudiziaria od a quello di polizia giudiziaria, né le registrazioni ed i verbali delle conversazioni telefoniche sono riconducibili alle testimonianze de relato sulle dichiarazioni dell’indagato, in quanto integrano la riproduzione fonica o scritta delle dichiarazioni stesse di cui rendono in modo immediato e senza fraintendimenti il contenuto” (Sez. 6, n. 31739 del 28.07.2003, Corteggiano ed altri).

Le intercettazioni parzialmente auto-accusatorie sono, invece, quelle nel corso delle quali uno dei conversanti accusa sé di avere commesso un dato reato, in concorso con un terzo del tutto estraneo alla conversazione. Tali conversazioni possono, in linea di principio, costituire prova diretta della responsabilità senza bisogno di ulteriori elementi di conferma, ma, essendo coinvolto un terzo estraneo alla conversazione, la loro valutazione deve avvenire con particolare rigore.

Infine, le intercettazioni totalmente etero-accusatorie sono quelle nel cui ambito uno od entrambi i conversanti accusano un terzo di avere commesso un determinato reato. In relazione a tali intercettazioni la Corte di Cassazione ha, in più occasioni, sottolineato che “… nel caso di generiche affermazioni fatte da terze persone nel corso di conversazioni alle quali non è partecipe l’indagato, è necessario che esse trovino riscontro in altri elementi di supporto che integrino con riferimenti specifici la genericità dell’accusa …” (Sez. 1, n. 6234 del 02.11.2000, Zavettieri; n. 6232 del 02.11.2000, Primerano).

Per completezza, si reputa opportuno evidenziare, ancora, quanto segue:

– le c. d. dichiarazioni autoaccusatorie intercettate – rivelatesi, nella specie, intrinsecamente attendibili e logicamente credibili – non necessiterebbero di alcun elemento di riscontro o di conferma, che pure spesso in concreto è stato acquisito

[rimandando al prosieguo le valutazioni nel merito, basti qui osservare come, per gli indagati che sono stati direttamente intercettati, le rispettive dichiarazioni costituiscano, nella quasi totalità dei casi, elementi di sostanziale ammissione di responsabilità circa le fraudolente attività poste in essere in relazione al sistema dei leasing utilizzato da SURACI Domenico ed associati per le finalità di truffa, ovvero della sussistenza di patti diretti a “disciplinare” il sistema delle forniture, specie di generi alimentari, in favore di imprenditori e ditte riconducibili chiaramente alla ‘ndrangheta, o ad essa contigui, alle emergenze in ordine all’asservimento della S. G. S. alle finalità elettorali del SURACI, ovvero alle fattispecie di reati elettorali che vedono concorrere quest’ultimo ed il RECHICHI e la RIGGIO, ovvero all’intestazione fittizia delle società nell’interesse di SURACI Dominique (si pensi ai dialoghi in cui si comprende perfettamente che il vero dominus delle diverse società in cui operano quali responsabili o rappresentanti legali i suoi più stretti congiunti, quali la compagna SENIA Saloua ed il cognato FERRIGNO Vincenzo, è il SURACI stesso), o, ancora, a quelle che palesano la preferenza accordata ad alcuni fornitori rispetto ad altri]; non é emersa, poi, ragione alcuna per ritenere che le dichiarazioni auto-accusatorie registrate fossero oggetto di invenzione o fantasia, tenuto anche conto dell’assoluta delicatezza ed importanza delle questioni oggetto dei dialoghi;

– quanto alle dichiarazioni etero-accusatorie, poi, é evidente che queste abbiano una maggiore e più pregnante valenza probatoria soprattutto quando la fonte conoscitiva del soggetto conversante sia diretta e, nel procedimento in esame, le dichiarazioni etero-accusatorie provengono da individui che non avrebbero avuto alcun motivo per accusare persone vicine di fatti penalmente rilevanti ove questi non fossero stati veri [trattandosi, per un verso, di altri componenti del sodalizio che le attività truffaldine connesse alla S. G. S. aveva predisposto (si pensi ai dialoghi tra CROCÈ e BRUNOZZI e/o DIANI), di chi del SURACI era socio – anche in affari illeciti – come il CROCÈ (si pensi alle conversazioni con UTANO Pasquale in merito ai patti pregressi stipulati dal SURACI per le forniture), per altro verso, di soggetti che, come SURACI Domenico Cl. ’73 e AURORA Amedeo Sandrino, usavano analoghe modalità operative nella gestione – occulta – della PLANET Food (si pensi alle conversazioni che impegnano il SURACI Domenico nell’estrinsecare ai soci le dinamiche dell’intimidazione di IANNÌ Natale e la conseguente necessità di ottenere l’intervento degli arcoti, che costituiscono, in qualche modo, i soggetti che, col CRUCITTI, proteggevano lui ed i complici), dello stesso CRUCITTI e del CHILÀ, che interagivano con il SURACI per la vicenda della convenzione con la MULTISERVIZI].

In ogni caso è opportuno evidenziare che gli elementi di responsabilità a carico dei chiamati in causa si fondano anche su dichiarazioni auto-accusatorie captate e/o, comunque, su ulteriori attività di riscontro.

Andranno distinti, ovviamente, i casi in cui la dichiarazione etero-accusatoria si sia risolta in una scarna ed isolata affermazione da quelli in cui sia stato possibile valutare compiutamente un complesso di dichiarazioni – o di elementi di conferma – che si integrano, si raccordano e si riscontrano tra loro, disvelando un compiuto quadro probatorio.

Il giudizio, pertanto, è di massima affidabilità e valenza indiziaria, non emergendo, ripetesi, ragioni di calunnia o millanteria, di cui non vi è traccia in atti.

Si tratta, perciò, di acquisizioni probatorie particolarmente credibili, indicative e concludenti, generalmente suscettive di fornire una ricostruzione degli eventi in maniera aderente ai reali accadimenti.

La necessità di valutare con la dovuta attenzione le dichiarazioni etero-accusatorie, poi, non deve far ritenere indispensabile l’acquisizione di riscontri estrinseci ed intrinseci richiesti dal legislatore nell’ipotesi di chiamata in correità, prevista dall’art. 192, terzo comma, C. p. p., come, del resto, ha pacificamente chiarito e ribadito anche la più recente giurisprudenza di legittimità: “il contenuto di una intercettazione, anche quando si risolva in una precisa accusa in danno di terza persona, indicata come concorrente in un reato alla cui consumazione anche uno degli interlocutori dichiara di aver partecipato, non è in alcun modo equiparabile alla chiamata in correità e pertanto, se va anch’esso attentamente interpretato sul piano logico e valutato su quello probatorio, non è però soggetto, nella predetta valutazione, ai canoni di cui all’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen.” (Sez. 4, sent. n. 35860 del 28.09.06, DELLA VENTURA; negli stessi termini Cass. Pen. Sez. V°, n. 13614 del 19.01.2001, PRIMERANO; Cass. Pen. Sez. V°, n. 38413 del 9.10.2003, ALVARO ed altri; Cass. Pen. Sez. V°, n. 603 del 13.01.2004, GRANDE ARACRI; Cass. Pen. Sez. I°, n. 1683 del 21.01.2004, BARILLA’ ed altri).

Particolarmente interessante risulta la parte della motivazione della sentenza nr. 603 del 14.10.03, sopra citata, in cui la Corte spiega in maniera chiarissima le ragioni per le quali una dichiarazione etero-accusatoria intercettata non è in alcun modo equiparabile alla chiamata in correità: “Non è fondata la tesi – secondo motivo di impugnazione – secondo la quale le parole dei conversanti debbano essere suffragate da altri elementi ai sensi dell’articolo 192 comma 3^ c.p.p.. La parificazione tra conversanti e chiamanti in correità è, infatti, improponibile. Il chiamante in correità è persona che interrogata da un giudice o da un ufficiale di polizia giudiziaria accusa altre persone di avere commesso reati. Si tratta di una situazione di indubbia delicatezza, perché molte possono essere le motivazioni che spingano una persona ad indicare altri come autori di un reato e non si può, quindi, escludere che ciò venga fatto a scopo di calunnia. La situazione si è resa ancora più delicata da quando le norme tese a favorire il c.d. fenomeno del pentitismo hanno previsto misure premiali anche consistenti per chi, pur autore di gravi delitti, decida di collaborare con gli organi di giustizia. Queste sono senz’altro indicazioni assai preziose che più volte hanno consentito di individuare gli autori di gravissimi delitti rimasti impuniti per molti anni. È evidente, però, specialmente quando i collaboranti provengano da ambienti di criminalità organizzata, la necessità di una valutazione attenta e prudente di tali prove. Ed è per tale ragione che il legislatore, pur non mettendo in dubbio il principio del libero convincimento del giudice e pur non volendo introdurre nel processo penale forme di prova legale, ha ritenuto di dettare precisi criteri di valutazione di prove siffatte che sono quelli indicati dall’articolo 192 comma 3^ c.p.p.. La giurisprudenza di legittimità, sensibile alla complessa problematica, ha poi, in applicazione della norma citata, ulteriormente precisato detti criteri, che impongono ai giudici una prudente valutazione di tali prove.

Il discorso fatto non vale ovviamente per i c.d. conversanti. In questo caso, infatti, si tratta di persone che non scelgono deliberatamente di accusare qualcuno all’Autorità Giudiziaria, ma di persone, che, non sapendo che le loro conversazioni sono intercettate, parlano liberamente di vari argomenti, spesso anche irrilevanti ai fini del processo per il quale è stata disposta la intercettazione. Tra le tante questioni discusse capita, quando vengano intercettate conversazioni di persone appartenenti ad organizzazioni criminali, che i soggetti intercettati discutano di problemi di lavoro, come del resto capita di fare a molte donne c.d. uomini, ovvero di imprese criminali già realizzate o da porre in essere e dei soggetti che hanno compiuto reati e con i quali loro siano in contatto. La differenza tra le due categorie di persone – collaboratori di giustizia e conversanti – appare del tutto evidente, perché nel caso dei conversanti non vi è alcuna consapevolezza di accusare qualcuno e l’intento di chi parla non è quello di accusare, ma essenzialmente quello di scambiare libere opinioni con un sodale. È allora evidente che tutte le riserve e tutte le prudenze necessarie per valutare la genuinità delle dichiarazioni del collaboranti non sussistono quando si tratta di conversazioni intercettate, perché in siffatte situazioni la spontaneità e la genuinità sono più semplici da accertare.

Una volta accertato che i conversanti non sanno di essere intercettati, infatti, i criteri da utilizzare per la valutazione della prova sono quelli ordinari e non può farsi riferimento ai criteri indicati dall’articolo 192 comma 3^ c.p.p…

Del resto la Suprema Corte ha già chiarito che il contenuto di una intercettazione, anche quando si risolva in una precisa accusa in danno di una terza persona, indicata come concorrente in un reato alla cui consumazione anche uno degli interlocutori dichiara di avere partecipato, non è in alcun modo equiparabile alla chiamata in correità e pertanto, se va anche esso attentamente interpretato sul piano logico e valutato su quello probatorio, non va però soggetto, nella predetta valutazione, ai canoni di cui all’articolo 192 comma 3^ c.p.p. (così Cass. Pen. 19 gennaio 1991, Primerano, CED 218392; Cass. Pen. 2 aprile 1992, Filice, in Cass. Pen. 93, 2590; Cass. Pen. 3 maggio 2001, Corso, in CED 220227, che ha sostenuto che le dichiarazioni, captate nel corso di attività di intercettazione regolarmente autorizzata, con le quali un soggetto si accusa della commissione di reati, hanno integrale valenza probatoria)”.

2.B La documentazione inerente le società

Nel caso di specie, dato indiziario parimenti rilevante è rappresentato dalle emergenze delle acquisizioni documentali inerenti le vicende delle diverse compagini sociali che hanno visto interessato il SURACI, che offrono, nel corso del tempo, la dinamica dei suoi affari, sempre diretti a creare uno schermo che permettesse di evitare che l’attenzione degli inquirenti fosse in qualche modo portata sulla sua persona, da cui l’esigenza di munirsi di prestanome, sempre in ambito familiare.

O si pensi, ancora, all’analisi delle emergenze delle acquisizioni documentali inerenti i leasing e le altre forme di finanziamento delle citate società.

3). IL FALLIMENTO DI VALLY CALABRIA S. R. L.

Inquadrato il primo tema investigativo, si riporta quanto indicato dal P. M. al fine di inquadrare la vicenda inerente il fallimento della VALLY Calabria S. r. l., oggetto dell’imputazione provvisoria di cui al capo A):

“…

Le risultanze di indagine esposte nell’informativa evidenziano modalità di gestione societaria chiaramente finalizzate al depauperamento patrimoniale ed al soddisfacimento di interessi economici personali dei soci e di soggetti ad essi variamente collegati. Ne è prova, ad esempio, il contenuto di una conversazione intercettata nell’ambito di attività di indagine pregressa condotta dal Nucleo P.T. GICO GDF di Reggio Calabria nel procedimento penale n. 890/2000 RGNR DDA chiaramente dimostrativa non solo della posizione predominante che il SURACI Domenico Giovanni aveva assunto e mantenuto all’interno della compagine societaria (alla quale a quell’epoca partecipava attraverso l’interposizione della GESTIM srl, titolare di quota), ma anche del fatto che le ‘casse’ della VALLY CALABRIA srl venivano utilizzate per il pagamento di compensi a soggetti che non svolgevano di fatto alcuna attività lavorativa, sostanziandosi così in pure regalìe elargite dal SURACI a proprio personale piacimento:

conversazione intercettata in data 14.04.2000 alle ore 17,31 registrata al progressivo nr. 1642 sull’utenza nr. 0348/3108690 (RIT 220/00) intestata alla SURACI TRASPORTI INTERNAZIONALI Srl ed in uso a SURACI Domenico Giovanni: “GANDOLFI Cesare (uomo di fiducia del SURACI, responsabile del personale della VALLY CALABRIA nonché amministratore unico della SURACI TRASPORTI) telefona al SURACI, al quale riferisce che ci sono stati problemi per il prelevamento di contanti e che Rocco DE ANGELIS e Massimo MEROLA l’hanno cercato. SURACI fa riferimento ad un assegno circolare che Massimo deve fargli “senza passare dal conto corrente”. GANDOLFI ritiene che non hanno fatto nulla perché vi è un operazione sospesa tra il MEROLA e lo stesso SURACI. Quest’ultimo dice a GANDOLFI di avvisare COTUGNO che l’indomani si sarebbero dovuti vedere. Gli chiede, inoltre, se sono state fatte le fotocopie degli assegni circolari. GANDOLFI riferisce di aver dato l’incombenza a BARRILE. Cambiando argomento, il SURACI, fa la considerazione che se è stato fatto l’assegno per Lucy (fidanzata di Rocco DE ANGELIS, che pur essendo stata regolarmente assunta, verosimilmente di fatto non lavora, se non saltuariamente) farà in modo di farne uno anche per il fratello di Antonio COTUGNO. Di tale sua intenzione ne fa immediatamente partecipe lo stesso Antonio COTUGNO che si trova dall’altra parte del filo insieme al GANDOLFI. Il SURACI conclude la telefonata dando disposizione, al medesimo GANDOLFI, di riferire al Massimo MEROLA, qualora l’avesse richiamato, che è ancora fuori Reggio Calabria.”

Altro indizio dell’utilizzo per finalità personali dell’azienda si ricava dal contenuto di conversazioni, sempre captate nel medesimo periodo, in cui si fa chiaro riferimento ad assunzioni ‘di favore’, sempre veicolate per il tramite dell’immancabile SURACI Dominique:

Anche lo stesso VENTURA Antonio, dimostrando scarso interesse per la “salute economico – finanziaria” della società, si interessa affinché la “VALLY CALABRIA Srl” possa agevolarlo nella campagna elettorale assumendo qualcuno da lui segnalato. Infatti, dalla lettura degli atti di schedario del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, nelle intercettazioni telefoniche svolte nell’anno 2000 dalla stessa G. di F., in data 07.04.2000 alle ore 16,45 al progressivo nr. 772 (utenza nr. 0348/3108690 – RIT 220/00), si registra una conversazione tra SURACI Domenico Giovanni e lo stesso VENTURA. In sintesi VENTURA Antonio, marito dell’ex socio TASSARI Lucia, contatta SURACI Domenico per chiedere che venga assunta una persona “delle sue” e si lamenta con il SURACI asserendo che su cento dipendenti nessuno appartiene al suo gruppo”.

La vicenda societaria in assoluto più rilevante è quella che coinvolge la VALLY CALABRIA srl, da un lato, e la MODIS srl, dall’altro, caratterizzata dalla cessione nel dicembre 1999 dell’intero patrimonio aziendale della prima alla seconda.

Per effetto di tale operazione, portata a termine sotto la veste formale di ‘contratto di cessione di ramo d’azienda’, viene sostanzialmente depauperato l’intero settore produttivo della VALLY CALABRIA srl, con trasferimento integrale dello stesso alla MODIS srl.

Già da un punto di vista meramente sinallagmatico la denominazione data al contratto appare fuorviante: non di cessione di ramo d’azienda si tratta, bensì di cessione d’azienda tout court, in quanto la VALLY CALABRIA si spoglia di tutti i punti-vendita sia di Reggio Calabria che della provincia, cedendoli alla MODIS con le modalità che si avrà modo di illustrare, ma che comunque risulteranno del tutto pregiudizievoli per la cedente che, rimasta in vita sostanzialmente come mera ‘scatola vuota’, di lì a poco più di due anni verrà dichiarata fallita.

La cessione integrale del settore produttivo (sei supermercati e due ‘piattaforme’ di vendita), come vedremo, non libera la VALLY CALABRIA dai debiti pregressi, che rimangono a carico della cedente per espressa previsione contrattuale, salvo il vincolo – peraltro rimasto del tutto lettera morta – circa la necessità di destinare il ricavato della cessione al pagamento dei debiti VALLY. In realtà, come emerso e come verrà esposto, non risulta che la MODIS abbia mai pagato il pur ingente corrispettivo della transazione – ammontante a 5.600.000.000 di vecchie lire – e che quindi siano stati soddisfatti i debiti di cui la VALLY CALABRIA era gravata già all’epoca della stipula del contratto di cessione.

La circostanza è assolutamente rilevante, poiché, come si è detto, l’esistenza di una considerevole esposizione debitoria è situazione palesata espressamente nei verbali di delibera assembleare della VALLY CALABRIA, che hanno preceduto l’operazione di vendita. Ed anzi, stando alle scarne indicazioni contenute in detti verbali, lo stato debitorio e la necessità del suo risanamento attraverso l’incasso del corrispettivo di cessione sembra sostanzialmente avere costituito l’unica ragione giustificatrice della cessione integrale dell’azienda.

Altra circostanza di grandissimo rilievo attiene alle modifiche nell’assetto societario della MODIS srl, e segnatamente nella distribuzione del capitale sociale e delle cariche amministrative di tale compagine. Si vedrà in dettaglio, infatti, come la MODIS srl sino al momento dell’acquisto dei supermercati ex-VALLY apparteneva ad un gruppo di imprenditori residenti a Bari, località in cui aveva anche la sede sociale. Improvvisamente, e senza alcuna apparente giustificazione, la MODIS srl ‘passa di mano’ divenendo sostanzialmente controllata, attraverso un labile schermo interpositivo fatto di soggetti individuali e societari, da SURACI Domenico Giovanni, vale a dire lo stesso soggetto che già era dominus della VALLY CALABRIA srl.

Il fatto, poi, che tale modifica societaria avvenga contestualmente al perfezionamento della transazione con cui la MODIS acquisisce tutti i punti-vendita ex-VALLY, dimostra come dietro l’operazione di cessione d’azienda si nasconda, in realtà, una mera sostituzione formale della ‘facciata’ imprenditoriale, che non comporta alcuna mutazione del soggetto economicamente dominante, il quale era e continua ad essere SURACI Domenico Giovanni.

Quanto al prezzo di cessione, pari a £. 5.600.000.000, di cui in sede contrattuale viene pattuita rateazione e scadenze, non v’è traccia alcuna del pagamento. L’ipotesi che questo non sia stato mai effettuato è avvalorata – come si vedrà – dal fatto che, intervenuto nel 2002 il fallimento della VALLY CALABRIA srl, la curatela fallimentare abbia vanamente e reiteratamente richiesto alla MODIS srl di documentare e/o fornire indicazioni circa modalità, tempi ed importi versati alla fallita senza ottenere risposta alcuna.

Del resto la sparizione di tutte le scritture contabili della fallita, ivi compresa la documentazione bancaria e fiscale (fatto per il quale, come detto, l’amministratore formale ha subito condanna passata in giudicato), pare in questo caso del tutto funzionale al tentativo di rendere il più difficoltoso possibile agli organi fallimentari il lavoro di ricostruzione della situazione patrimoniale e finanziaria ante fallimento, ivi comprese le esatte circostanze che hanno caratterizzato gli aspetti finanziari dell’operazione di cessione.

Come si è detto, infatti, dietro l’intera operazione si cela la figura del SURACI Dominique, il quale cumula su di sé la veste di cedente e di cessionario dei punti-vendita, con un artificio che sposta solo la titolarità ‘sulla carta’ dei supermercati. E’ quindi evidente che la pattuizione di un corrispettivo, in un contratto in cui il cedente ed il cessionario di fatto coincidono, non può avere altra funzione che quella di accrescere la potenzialità dissimulatoria dello strumento contrattuale, cioè l’idoneità dello stesso a trarre in inganno i terzi – ed in primis i creditori – sulla reale natura e finalità dell’atto.

Nel caso di specie, si ripete, manca qualsiasi elemento per poter affermare che un prezzo sia stato effettivamente pagato, ed anzi si è in presenza di rilevanti indizi che portano a ritenere che il corrispettivo della cessione non sia stato pagato affatto.

Ma quand’anche si dovesse scoprire l’esistenza di un atto di quietanza, di una contabile bancaria, o di qualsivoglia altro documento attestante un materiale passaggio di denari – esistenza che potrebbe essere allo stato tenuta celata per ragioni imperscrutabili – la circostanza sarebbe di per sé del tutto indifferente ai fini che qui interessano, essendo evidente che l’aspetto preponderante riguarda il dato incontrovertibile costituito dall’identità sostanziale tra cedente e cessionario, da un lato, e dallo stato di dissesto in cui si è venuta a trovare la VALLY CALABRIA srl per effetto della perdita di tutta la capacità produttiva e della conseguente capacità di far fronte ai pagamenti delle ragioni dei numerosi creditori, tra i quali, come risulta dallo stato passivo redatto in sede di curatela, figurano fornitori, dipendenti e INPS.

Ma se i creditori VALLY, ed in particolare tutti i dipendenti portatori di privilegio creditizio primario, sono rimasti insoddisfatti, al punto da provocare la dichiarazione di fallimento, è allora evidente che la finalità della operazione di cessione, ad onta della dichiarazione ‘di intenti’ palesata dagli organi sociali in assemblea, debba ricercarsi altrove, e segnatamente nella volontà del SURACI Domenico Giovanni di estromettere alcuni soggetti da qualsivoglia forma di compartecipazione alla gestione dei sei supermercati, in precedenza aperti sotto l’insegna VALLY CALABRIA, per sostituirli con altri.

Dunque il SURACI, a cavallo tra il 1999 ed il 2000, diviene motore di un’operazione assai complessa, che consiste sostanzialmente nello svuotamento del compendio aziendale produttivo della VALLY CALABRIA srl. Tale compendio aziendale viene in prima battuta ceduto alla MODIS srl e, successivamente, si verificano altri passaggi formali tutti caratterizzati dal dato sostanziale consistente nel fatto che il SURACI Domenico Giovanni rimane saldamente al timone dell’impresa, unitamente ai soggetti a lui più strettamente legati (tra cui GIGLIO Mario). E’ quindi opportuno procedere alla disamina delle questioni riguardanti prettamente la bancarotta societaria, cui l’operazione ‘MODIS’ dà luogo in danno della VALLY CALABRIA. …”

Quanto precede rappresenta la base di partenza dell’analisi del materiale indiziario, che, nell’esposizione del requirente, prosegue con la parte dedicata, appunto, all’operazione MODIS.

Di seguito, pertanto, quanto evidenziato nella richiesta (cfr. ff. 15 – 35), interpolato con alcuni commenti del G. I. P. e, ove necessario, con alcuni passi dell’informativa:

“…

§ – L’operazione ‘MODIS’

In punto di fatto la successione degli eventi che caratterizzano l’operazione MODIS, vale a dire la cessione dei supermercati dalla VALLY CALABRIA srl alla MODIS srl avviene seguendo i seguenti passaggi.

Il 2.11.1999 l’assemblea straordinaria della VALLY CALABRIA srl conferisce al Presidente del CdA Rocco DE ANGELIS il potere di rilasciare una procura speciale alla società GESTIM srl per la ‘cessione di ramo d’azienda’ a chicchessia, al miglior prezzo ed alle migliori condizioni. Le particolarità della delibera consistono nel fatto:

 che alla data in cui viene assunta il capitale sociale VALLY è distribuito tra la GESTIM srl (società controllata dal SURACI Domenico Giovanni che ne è rappresentante legale) , DE ANGELIS Rocco, COTUGNO Antonio e ROMEO Maria (quest’ultima moglie di GIGLIO Mario);

 che la motivazione della operazione di cessione è indicata nel verbale di assemblea molto genericamente con un riferimento a non meglio precisati “problemi da qualche mese sorti che rendono difficoltosa la gestione societaria”. Da notare che l’ultimo bilancio approvato della VALLY CALABRIA srl risaliva al 30 giugno 1999, e che né nel bilancio, né soprattutto nella nota integrativa, o nella relazione del collegio sindacale, si faceva riferimento alcuno all’esistenza di problemi gestionali particolari . La situazione patrimoniale della società pare anzi caratterizzata da prospettive di crescita della produttività dovute alla recente apertura di tre nuovi punti-vendita, tanto che i costi derivanti da tale investimento erano compensati dalla previsione di un aumento del fatturato;

 che nel verbale di assemblea si parla sempre di ‘cessione di ramo’ d’azienda, laddove, dalla elencazione dei punti-vedita per i quali viene conferita la procura, emerge chiaramente che si tratti di tutti i supermercati di proprietà della VALLY CALABRIA srl, il che sta a dimostrare come la reale funzione dell’operazione fosse quella di svuotare la VALLY CALABRIA srl di tutta la capacità produttiva;

 che il risultato sostanziale dell’operazione consiste in una ‘delega in bianco’ al SURACI Domenico Giovanni, incaricato di individuare l’acquirente e stabilire le condizioni di vendita.

Nella stessa data del 2.11.1999, in esecuzione della delibera assembleare di cui sopra, DE ANGELIS Rocco conferisce alla GESTIM srl, e per essa al SURACI Domenico Giovanni, la procura a vendere alla società CE.DI. PUGLIA srl il compendio aziendale VALLY per un corrispettivo di £. 5.600.000.000;

Il 13.12.1999 viene stipulato l’atto di cessione dei sei supermercati (ed il subaffitto dei due punti-vendita di Palmi e Polistena) da VALLY CALABRIA srl a MODIS srl. Contestualmente viene stipulato un contratto di associazione in partecipazione avente ad oggetto ‘organizzazione e mansioni della forza lavoro’ che rimane in carico alla VALLY. Prezzo totale della cessione viene indicato in £. 5.740.000.000;

Nella stessa data cambia l’assetto societario della MODIS srl, la quale diviene da quel momento in poi sostanzialmente controllata sempre dal solito SURACI Domenico Giovanni .

In sostanza, come si è visto, con questa operazione di fatto cambia soltanto la “facciata” dell’impresa, perché, in effetti, tra i proprietari della MO.DIS. srl, alla data di cui si parla, figurano, oltre alla SIDERA Srl, COTUGNO Antonio, DE ANGELIS Rocco, GIGLIO Mario e la GESTIM Srl, quindi il SURACI Domenico Giovanni che nello stesso periodo ricopre la carica di amministratore unico.

In data 23.12.1999 (solo 10 giorni dopo la cessione dei rami d’azienda), gli stessi GIGLIO Mario e SURACI Domenico Giovanni vengono nominati consiglieri del Consiglio d’Amministrazione della MO.DIS. Srl.

Anche nella compagine societaria della VALLY CALABRIA Srl si registrano analoghe modifiche, infatti appena il giorno precedente, precisamente in data 22.12.1999, si tiene un’assemblea ordinaria dei soci della VALLY CALABRIA Srl, per discutere e deliberare sulla nomina del nuovo consiglio d’amministrazione. I presenti sono SURACI Domenico Giovanni in qualità, sia di amministratore unico della SURACI TRASPORTI INTERNAZIONALI Srl (socio, per aver nel frattempo acquisito in data 2.12.99 le quote della GESTIM Srl), che in rappresentanza di COTUGNO Antonio (socio) in virtù di un pegno sulla sua quota sociale, DE ANGELIS Rocco (socio) e GIGLIO Mario per delega della moglie, sig.ra ROMEO Maria (socio). Assume la presidenza il presidente del CdA, che chiama come segretario SURACI Domenico. Il SURACI fa presente che la nuova situazione che si è venuta a creare (ndr la cessione alla MODIS) impone un riassetto del CdA a garanzia del gruppo CONAD che ha richiesto più volte il pagamento di tutti i fornitori. L’assemblea procede pertanto a nominare il nuovo CdA nelle persone di GIGLIO Mario, SURACI Domenico e COTUGNO Antonio. Delibera inoltre di impegnare il nuovo CdA al rispetto dell’impegno assunto nei confronti del gruppo CONAD, della MO.DIS. Srl e dei fornitori, invitando a dare direttive al personale circa la gestione anche economica dei punti vendita. Contestualmente vengono nominati GIGLIO Mario presidente del CdA e SURACI Domenico amministratore delegato e si stabilisce che gli stessi abbiano firma disgiunta nei conti correnti e nei rapporti bancari. L’amministratore delegato (SURACI) viene incaricato di dare comunicazione agli istituti bancari di quanto stabilito. La circostanza che risalta è che il risultato delle modifiche degli organi societari è quello di consentire al SURACI ed al GIGLIO l’accesso, senza alcuna limitazione e possibilità di controllo degli altri soci, alle casse sociali, ivi comprese le somme da incassare quale corrispettivo della cessione.

Peraltro, quanto a queste ultime, si rammenta che ad oggi non vi alcuna prova di un effettivo pagamento, come evidenziato anche dagli accertamenti espletati presso la curatela fallimentare della VALLY CALABRIA srl.

Circa lo scopo sostanziale della ‘operazione MODIS’ appaiono assai eloquenti i contenuti di intercettazioni telefoniche attivate dal GICO della GDF di Reggio Calabria nella primavera del 2000, pochi mesi dopo il perfezionarsi dei contratti e delle modifiche societarie di cui si è detto, i cui esiti sono compendiati nell’informativa GDF RC nr. 1215/UG/GICO del 17.08.2000 (acquisita agli atti del presente procedimento). In particolare traspare in modo evidente come l’intenzione perseguita da SURACI Domenico Giovanni attraverso l’operazione MODIS fosse innanzitutto quella di liberarsi dei soci COTUGNO e DE ANGELIS, oltre naturalmente al fatto di allontanare la propria persona dalle responsabilità amministrative e penali inerenti la gestione della VALLY CALABRIA srl, che versava in condizioni di pre-decozione.

I proposito si rinvia al contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate in data 11.05.2000 ai progressivi nr. 4612 – ore 13,25, 4614 – ore 13,29 e 4615 – ore 13,42 sull’utenza nr. 0348/3108690 (RIT nr. 220/00) intestata alla SURACI TRASPORTI INTERNAZIONALI Srl ed in uso a SURACI Domenico Giovanni, avvenute tra lo stesso e tale BERTOLI Carlo (indicato nella stessa informativa del GICO sopra citata quale coordinatore dei punti vendita VALLY-CONAD per la CE.DI. PUGLIA Srl )

progressivo nr. 4612:

SURACI Domenico telefona a BERTOLI Carlo

B= BERTOLI

S= SURACI

B: Pronto?

S: Carlo

B: non riusciamo a risentirci io e te

S: Lo so Carlo. Però minchia mi hai combinato un casino che manco te lo immagini. Dopo che io praticamente ti avevo raccomandato una cosa sola e di questa cosa, praticamente, di non parlarne con nessuno dei soci e via dicendo. Come l’avevo raccomandato al CE.DI. e via dicendo. Hai capito?

B: No. Spiegami cosa ho combinato perchè io non ho fatto un cazzo.

S: No, gli hai detto pr … no gli hai detto che praticamente che io voglio liquidare a tutti e via dicendo che qua che la e via dicendo, quando io …

B: ma di cha stai a parlà.

S: così pratica … io

B: ma di che cosa stai a parlà, se non mi spieghi di che stai a parlà

S: allora dice che praticamente hai detto ai soc … che hai detto ai soci a DE ANGELIS in particolare che praticamente io praticamente avevo detto che volevo liquidarli a tutti e via dicendo che li avevo già liquidati qua e la e via dicendo …

B: ma …

S: … I coglioni inc.

B: Senti Domenique. Io ti rigetto completamente quello che dici.

S: cioè?

B: Perchè no, no ti rigetto completamente quello che dici.

S: ah

B: per cui non

S: allora sono allora sono pazzi allora sono pazzi loro

B: allora ti spiego allora ti spiego io perchè ti ho chiamato. Allora cerca di capire perché io sono una persona normale, corretta e chiara. Allora …

S: appunto, siccome pensavo di essere stato chiaro. Cioè DE ANGELIS chiama BARRILE dicendo che BERTOLI aveva detto che io sono andato al CE.DI. dicendo che avevo liquidato a tutti.

B: senti, allora guarda, io dico una cosa: sono tutti dei buffoni.

S: eh appunto

B: da DE ANGELIS a BARRILE e a tutti. Buffoni!

S: no no a BARRILE gliel’ha detto DE ANGELIS, quindi …

B: allora buffoni di prima categoria. Pagliacci di prima categoria con i quali io non voglio più niente a che spartire.

S: appunto.ò anche poi vedi, stanno cercando di tergiversare le cose perchè non vogliono …

B: io ho girato. Allora ascolta a me. Allora io ho girato. Allora io sono due giorni che sono al CE.DI. PUGLIA. Tu mi hai visto quel giorno un secondo. Perché io sto concludendo un’operazione importantissima con Michele DI BITETTO. Io ho tenuto il telefono chiuso sempre. Le riunioni …

CADE LA LINEA

progressivo nr. 4614:

SURACI Domenico telefona a BERTOLI Carlo e continua la conversazione precedente lamentandosi delle voci che lui avrebbe messo in giro in relazione alla liquidazione degli altri soci. Tra l’altro dice che hanno detto che lui avrebbe telefonato al CE.DI. per non far pagare gli stipendi. BERTOLI afferma di non sapere niente e che non vuole essere immischiato con quella gente. SURACI gli dice di guardarsi, perché possono combinare casini anche a lui con il CE.DI. PUGLIA, tent’è che hanno fatto delle affermazioni negative anche sul suo conto. SURACI racconta, anche, che Rocco DE ANGELIS ha riferito a BARRILE che lui (BERTOLI) avrebbe detto che SURACI è andato a dire al CE.DI PUGLIA che avrebbe liquidato tutti. BERTOLI si difende dicendo:

S= SURACI

B= BERTOLI

B: a chi? Ma a chi?

S: allora … ora senti … ora ti …

B: ma che cazzo me ne frega. Io con te ho fatto solo un discorso seduto in una pizzeria un discorso seduto in una pizzeria te e un’altra persona della quale ho profonda stima perché si è sempre dimostrato un uomo con le palle e serio. Ho fatto un ragionamento, telefonicamente tu mi hai chiamato, hai detto: Carlo io sto chiudendo con loro, mi hai parlato di Polistena, di COTUGNO, mi hai detto … dimmi forse ti può interessare … .

S: esatto … no di Polistena e di COTUGNO te l’ho detto e gliel’ho detto pure a COTUGNO, Carlo, chiama Carlo perché è ben disposto

B: allora. Non m’ha chiamato ne mi ha detto niente … e allora ascolta …

S: tra l’altro io avevo detto pure a Palmi, in m odo da evitare la causa con sto cesso di coso diiii….

B: va beh allora ti dico, allora ti dico, il discorso è che io ho parlato con te e con una persona seduto in una pizzeria …

S: tra l’altro, tu pensa quando mi hai chiamato … inc … dicendo eh … gli ho detto guarda che Carlo è a Bari perchè sta cercando in tutti i modi di far tenere il punto vendita aperto. Cioè, dico, io praticamente ogni qualvolta praticamente mi esprimo nei tuoi confronti … e con DI BITETTO gli ho detto che lavoro … cioè cazzo … poi un’operazione e via dicendo rischia di saltare perché poi la gente ne fa una questione di principio anche se non hanno una lira

B: ma si. Ma che cosa c’entra Carlo BERTOLI. Tu stai parlando con me che cazzo vuoi da me?

S: poi se Michele non vuole uscire …

B: cosa c’entro io Domenique?

S: stacca gli assegni, non è un problema mi segui? Anzi che non esca, che stacchi gli assegni che non ci sono problemi

B: ma Domenique, io non so neanche di che cifra avete parlato, non so di che cosa avete parlato, io ti finisco. Io ho parlato con te e con un’altra persona. Tu mi hai detto: Carlo guarda che io sto cercando di prendere tutto e io ti ho detto: mi fa … e ti ho detto eh c’è un interessamento di quella persona? ….

S: no, anche perché …

B: tu mi hai detto si Carlo, poi caso mai ne parliamo. Allora io ho capito … basta. Non ho parlato ne con Michele DI BITETTO figurati ne con Michele DI BITETTO che ci sto insieme da … ne con … io ho sentito questo cellulare squillare. Domenique t’ho chiamato ieri sera ora ti sto chiamando ti mi stai parlando di DE ANGELIS di COTUGNO ….

S: ora dice che ho telefonato al CE.DI. … che sono io …

B: dell’avvocato BARRILE. Ma chi cazzo l’ha mai visto

S: no no. Ma l’avvocato non c’entra, l’avvocato ha riferito a me quello che ha riferito Rocco. Dico io ….

La conversazione prosegue sugli stessi toni. BERTOLI accusa BARRILE di aver messo il giro le varie voci. Ma SURACI lo difende dicendo che si è limitato a riferire quello che aveva detto DE ANGELIS. Suraci dice poi che il suo interesse è che CE.DI PUGLIA abbia fiducia in BERTOLI così che lui possa risolvere i problemi a sua volta con il CE.DI PUGLIA e con BERTOLI stesso. SURACI afferma, inoltre, di aver detto a GIANGASPERO che se Michele DE ANGELIS non vuole uscire, che firmi i titoli così resterebbero tutti. Come sta pretendendo le firme da lui le pretenderà anche da Michele , così restano tutti. In sintesi, chi non vuole uscire deve firmare. SURACI dice che è fuori discussione che restano tutti e firma solo lui. Aggiunge, poi, che ha parlato con Antonio COTUGNO e Mario GIGLIO e che loro vogliono uscire. Ritiene, anche, che DE ANGELIS vuole uscire ma che stia tirando sul prezzo. A tal proposito commenta: “con tre miliardi che restano di debiti nella VALLY forse vuole tirare pure il prezzo, capisci? Cioè non si sono resi conto di niente che a quel punto se non escono devono firmare”. BERTOLI gli dice che si trova a Cosenza e che se ha bisogno di lui può portare DE ANGELIS, COTUGNO, GILGIO e “coso”. BERTOLI si lamenta di essere stato tirato in ballo nella questione. SURACI, ancora una volta, gli consiglia di lasciare perdere e di non chiamare nessuno. SURACI dice di aver rimproverato BARRILE per il fatto di aver chiamato Pasquale al fine di chiarire la questione ma BERTOLI si lamenta del fatto cheBARRILE ha chiamato il CE.DI. PUGLIA facendo il suo nome e minaccia di chiamare quest’ultimo per chiedergli spiegazioni, aggiungendo che il BARRILE è della stessa pasta “loro” (DE ANGELIS etc). SURACI prova ancora a giustificare BARRILE, ma BERTOLI taglia la discussione salutando SURACI.

progressivo nr. 4615:

BERTOLI Carlo telefona a SURACI Domenico, dicendo che non riesce a trovare nessuno e chiede il numero dell’avvocato BARRILE. SURACI gli da il nr. 0348/5606721 ma lo invita a non fare altri casini. BERTOLI informa SURACI che è intenzionato a chiedergli spiegazioni. Il SURACI giustifica BARRILE e poi fa la considerazione che se non è stato BERTOLI a spargere la voce sulla sua intenzione di rilevare le quote, allora si divertirà con il DE ANGELIS, al quale dirà che è un buffone e che sta continuando a combinare casini. SURACI, inoltre, mette in guardia il BERTOLI in relazione alla possibilità che lo possano mettere in difficoltà con il CE.DI. PUGLIA e Michele DI BITETTO, anche perché le loro cose le conosce mezza Reggio Calabria. SURACI aggiunge che a lui non importa se escono dalla società o meno, ma che almeno mantengano gli impegni. BERTOLI commenta dicendo che il problema è che loro hanno dei rapporti pessimi. SURACI concorda, ma per fare un esempio circa la cattiva gestione evidenzia che la ragazza di Rocco DE ANGELIS, che non viene a lavoro da 4 mesi si è segnata un giorno di permesso nel mese in corso.

L’obiettivo perseguito da SURACI e palesato nelle conversazioni testé riportate, si realizza in data 7.7.2000, allorché i soci VALLY CALABRIA COTUGNO e DE ANGELIS cedono le proprie partecipazioni societarie sia nella VALLY che nella MODIS a società riconducibili direttamente a SURACI Dominique (vale a dire SURACI TRASPORTI INTERNAZIONALI e GESTIM): sul punto si rinvia al contenuto delle pagg. 19 e 20 dell’inf.va DIA 4329 del 1.6.2010.

Sempre a proposito dell’operazione MODIS, si è detto come sulla carta la stessa sia stata giustificata con la necessità di ridurre l’indebitamento della VALLY CALABRIA grazie alla liquidità che la cessione dei punti vendita alla MODIS avrebbe dovuto permettere di conseguire.

Ad ulteriore dimostrazione della falsità di tale presupposto si pone la vicenda del leasing LOCAT nr. LI 162233 stipulato in data 04.08.1998 (v. doc. all. n. 5 alla inf.va DIA 4329), relativo all’acquisto di un banco-frigo installato presso il punto vendita di Gallico. Il debito relativo al pagamento dei canoni di tale contratto avrebbe dovuto essere pagato dalla VALLY CALABRIA, ma così non è stato, circostanza che determinò, oltre alla responsabilità penale del ROMEO Leone Mario (soggetto nel frattempo divenuto la ‘testa di legno’ su cui ricaddero tutte le responsabilità per il fallimento VALLY CALABRIA), l’attivazione della procedura di recupero coattivo del credito da parte della LOCAT nei confronti dei garanti dell’operazione, ed in particolare gli ex-soci GIGLIO e COTUGNO.

Per la ricostruzione analitica della vicenda relativa al leasing LOCAT LI 162233 si rinvia al contenuto delle pagg. 20-26 dell’inf.va DIA 4329. …”

Si reputa opportuno riportare integralmente quanto in proposito riassunto dalla P. G. nelle citate pagine dell’informativa:

“…

In particolare il contratto aveva ad oggetto l’acquisto di un “impianto criosbanc per la lavorazione, la refrigerazione, e la conservazione di prodotti alimentari completo di isola a libero servizio e servizio assistito”, bene da installare presso il punto vendita di della VALLY CALABRIA Srl ubicato in Gallico di Reggio Calabria via Nazionale nr. 160. Il prezzo pattuito ammontava a lire 268.000.000 oltre IVA da corrispondersi con 55 canoni, di cui il primo, con periodicità semestrale, pari a lire 6.567.270 oltre IVA, da corrispondersi entro sei mesi dall’installazione; i restanti, con periodicità mensile, anch’essi di lire 6.567.270 oltre IVA. Il prezzo per l’opzione di acquisto veniva fissato in lire 13.400.000 oltre IVA.

Garanti nell’operazione VENTURA Antonio Vincenzo e GIGLIO Mario in qualità di fideiussori e COTUGNO Natale, COTUGNO Antonio, DE ANGELIS Rocco e DE ANGELIS Michelangelo in qualità di avallanti (allegato nr. 6).

Il pagamento dei canoni di locazione sarebbe dovuto avvenire a mezzo cambiali sul quale era stata concessa l’agevolazione prevista dalla Legge Sabatini (allegato nr. 7).

Nel carteggio acquisito presso la LOCAT Spa […] è presente la corrispondenza riguardante la vicenda relativa al mancato pagamento dei canoni.

In seguito al mancato pagamento dei canoni di locazione, la LOCAT, aveva tentato di rintracciare i rappresentanti della VALLY CALABRIA Srl contattando inizialmente DE ANGELIS Michelangelo (ulteriore dimostrazione della qualità di socio occulto della VALLY CALABRIA).

Questa vicenda scatenava, nei soci della VALLY CALABRIA Srl, comportamenti finalizzati a prendere le distanze dalle responsabilità relative al mancato pagamento dei canoni. Si riepilogano brevemente la fasi della vicenda sulla base di quanto rilevato dall’esame del fascicolo acquisito presso la LOCAT Spa.

Su un foglio finanziario, elaborato in data 04.03.2003 (allegato nr. 8), sono riportate alcune annotazioni cronologiche dalle quali si evince che fino al settembre del 2000, ad eccezione di un effetto insoluto con scadenza 01.03.99, il cliente (VALLY), pur se in sofferenza, stava rispettando i pagamenti. In data 28.02.2001 viene effettuato un ulteriore sollecito di pagamento ed in data 23.03.2001 risulta trasmessa alla filiale di Catania della LOCAT Spa una richiesta di cessione del contratto dalla VALLY CALABRIA Srl alla MO.DIS. Srl (dal fascicolo risulterà che la richiesta non è stata accolta). La richiesta è presente nel fascicolo (allegato nr. 9) e si tratta di una nota della VALLY CALABRIA Srl, pervenuta alla LOCAT di Bologna in data 20.03.2001 e girata alla filiale di Catania, ove giunge in data 28.03.2001, a firma di SURACI Domenico che, in qualità di amministratore della VALLY CALABRIA, rappresenta che sono stati ceduti alla MO.DIS. i rami d’azienda in cui sono stati installati i beni oggetto del contratto di leasing. Non si legge l’ultimo paragrafo della nota, nel quale verosimilmente SURACI chiede che venga ceduto il contratto da VALLY a MO.DIS, in quanto sulla fotocopia è apposto un post-it sul quale è riportato il nome DE ANGELIS Michelangelo nonché il suo numero di telefono (ancora un’altra prova che sia un socio occulto della VALLY CALABRIA).

In data 28.05.2001, la LOCAT incaricava la ITALIAN CREDIT Srl di Milano ad intervenire presso la VALLY CALABRIA Srl, al fine di recuperare il credito vantato, chiedendo anche di relazionare sullo stato del bene in leasing (allegato nr. 10).

L’intervento dalla ITALIAN CREDIT Srl tuttavia non aveva esito positivo come può evincersi da una stampa estratta dal sistema informatizzato della LOCAT datata 02.08.2001 (allegato nr. 11). Nella nota a margine si rappresentava che: erano intercorsi, più volte, colloqui con il cliente nella persona di DE ANGELIS Michelangelo, il quale, dopo aver chiesto tutte le notizie circa l’insoluto, aveva anche preteso che gli fosse formulata una richiesta per iscritto per sottoporla anche agli altri soci. Oltre a numerosi solleciti erano stati fatti anche tentativi di contatto sempre rimandati dal DE ANGELIS con varie scuse, anzi, ultimamente, il cliente si rendeva volutamente irreperibile.

Intanto i soci della VALLY CALABRIA (si rammenta che COTUGNO Antonio e DE ANGELIS Rocco gia nel 07.07.2000 avevano ceduto le loro quote), tentavano di cautelarsi dalle conseguenze derivanti dal mancato pagamento dei canoni di locazione e, verosimilmente, dalla situazione di dissesto economico finanziario in cui versa la VALLY CALABRIA.

Infatti, come può facilmente desumersi dalla visura camerale storica della VALLY CALABRIA Srl, le modifiche avvenute alla fine del 1999, precisamente la nomina del nuovo consiglio di amministrazione, non erano state registrate alla Camera di Commercio. Pertanto DE ANGELIS Rocco inviava una lettera raccomandata del 06.12.2000 dalla quale scaturiva la seguente registrazione, effettuata dalla Camera di Commercio in data 23.05.2001, relativa alla cessazione dalla carica di presidente del consiglio d’amministrazione: “con lettera raccomandata del 06.12.2000 comunica che, con verbale di assemblea ordinaria tenutasi il 22 dicembre del 1999 presso lo studio legale commerciale associato sito in via Filippini 33, di cui invia copia, la società ha provveduto a nominare un nuovo consiglio di amministrazione i cui componenti, ad oggi, hanno omesso di darne pubblicità legale. Pertanto lo scrivente, esautorato dalla carica di presidente della società VALLY CALABRIA SRL, respinge ogni responsabilità sulla gestione della società suddetta”.

Anche SURACI Domenico Giovanni (componente del CdA e amministratore delegato) e GIGLIO Mario (presidente del CdA) si adoperano per lo stesso fine. Infatti, in data 23.05.2001 viene registrata la nomina derivante dalle determinazioni stabilite con l’assemblea del dicembre del 1999 e subito dopo, in data 29.05.2001, con atto del 28.05.2001, cessa dalla carica di amministratore delegato SURACI Domenico e viene nominato al suo posto ROMEO Leone Mario.

Ancora, con atto datato 27.06.2001 e registrato in data 29.06.2001, anche le quote sociali della VALLY CALABRIA, intestate alla SURACI TRASPORTI INTERNAZIONALI Srl e a ROMEO Maria, vengono cedute a ROMEO Leone Mario che diviene pertanto anche unico socio.

Successivamente, in data 12.04.2002, con atto del 03.04.2002, cessa l’intero CdA della VALLY CALABRIA Srl (composto dal presidente GIGLIO Mario e dai consiglieri SURACI Domenico Giovanni e COTUGNO Antonio), e viene nominato amministratore unico della società ROMEO Leone Mario (che cessa dalla carica di amministratore delegato).

Infine, anche COTUGNO Antonio si premunisce e invia una nota alla Camera di Commercio datata 03.04.2002 dalla quale scaturisce la seguente iscrizione: “con nota del 3 aprile 2002 (protocollata al n. 4774 del 16.4.2002), il sig. COTUGNO Antonio comunica che “… non intervenne personalmente alla menzionata assemblea ordinaria del 22 dicembre 1999 nè successivamente accettò la carica, neppure con manifestazione tacita di consenso…”.”. Inoltre tramite l’avvocato RETEZ, con raccomandata del 29.05.02 (allegato nr. 12), diretta sia alla LOCAT che alla MO.DIS., il COTUGNO (presentandosi quale ex socio VALLY), ribadiva quanto già rappresentato alle due società con altra lettera (non individuata nel fascicolo acquisito presso la LOCAT), datata 03.04.2002, e cioè che la VALLY CALABRIA Srl, con contratto del 13.12.1999 aveva ceduto alla MO.DIS. Srl il ramo d’azienda sito in Gallico di Reggio Calabria via Nazionale 160, ove a quella data, si trovano custoditi i beni oggetto della locazione finanziaria sottoscritta tra la VALLY e la LOCAT. Nella raccomandata precisava anche di aver accertato che il debito leasing della VALLY era stato assunto dalla MODIS, con patto formalizzato il 07.06.2000, con il quale quest’ultima si impegnava a corrispondere i canoni decorrenti dal 01.02.2000 sino al 01.07.2003. Con la raccomandata, inoltre, il COTUGNO si offriva di affittare il ramo d’azienda in parola nonché di essere disposto a valutare la proposta d’acquisto degli stessi beni che la LOCAT vorrà formulare o estinguere lo stesso debito di cui la MODIS s’è fatta carico. Inoltre, invita la MODIS a manifestare il consenso alla definizione dell’eventuale contratto d’affitto e a contattarlo per la definizione del canone e la LOCAT ad indicare il prezzo di acquisto dei beni già in locazione, mostrandosi disponibile a definire transattivamente la questione. Tale tentativo tuttavia sembra rimanere senza alcun seguito.

La risposta data dalla LOCAT all’Avv. RETEZ si ricava dalla lettura del foglio finanziario (già allegato nr. 8). In sintesi la LOCAT trasmetteva la nota ricevuta dal RETEZ al legale da loro incaricato per seguire la vicenda, l’avv. SAVASTA FIORE, al quale disponeva di rispondere al RETEZ che l’atto di subentro non era stato perfezionato dalla loro filiale di Catania e di comunicare che la LOCAT era disponibile a definire a condizione che il cliente (VALLY) e la MODIS mettano l’impianto a disposizione per il ritiro; che il cliente formuli proposta di acquisto da esaminare e che la differenza tra la loro esposizione complessiva (72.200,00 euro) ed il prezzo di acquisto del bene venga corrisposta dalla VALLY.

La LOCAT, dopo aver tentato di sistemare la sofferenza con la VALLY, contattando e sollecitando i soci al pagamento dei canoni scaduti ed aver ricevuto l’esito negativo dalla ITALIAN CREDIT, circa la possibilità di recuperare il credito, procede alla risoluzione del contratto intimando alla VALLY CALABRIA, con nota del 08.05.2002 (allegato nr. 13), di restituire i beni e corrispondere la somma di euro 21.843,33 oltre agli interessi di mora. Rappresentando, pur senza intimarne il pagamento ma riservandosene la facoltà, che l’indennizzo pari all’importo dei canoni non ancora scaduti ammontava ad euro 51.234,12. Anche le persone fisiche, garanti nel contratto, venivano informate della risoluzione del contratto, inoltre veniva loro chiesta la restituzione delle somme così come fatto con la VALLY (allegato nr. 14, 15, 16, 17, 18 e 19). …”

Di seguito il commento del P. M.:

“…

E’ peraltro opportuno evidenziare come tale vicenda evidenzi chiaramente il fatto che, ammesso e non concesso che un corrispettivo per l’operazione MODIS sia stato percepito da VALLY CALABRIA, esso o fu distratto, o comunque non fu utilizzato per il pagamento dei debitori sociali. La medesima vicenda dimostra anche:

a) il tentativo degli ex-soci VALLY CALABRIA di prendere le distanze dagli impegni finanziari assunti come garanti delle operazioni commerciali effettuate nell’interesse sociale;

b) il tentativo di SURACI Dominique di prendere tempo cercando di giocare la carta della cessione del contratto di leasing da VALLY a MODIS;

c) la qualità di socio-occulto ed amministratore di fatto della VALLY CALABRIA di DE ANGELIS Michelangelo, il quale è colui che in prima persona intrattiene le trattative con ITALIANA CREDIT, azienda incaricata dalla LOCAT di recuperare il credito relativo ai canoni non pagati da VALY CALABRIA.

Tra il 23.5.2001 e l’aprile 2002 tutti gli ex-soci ed amministratori VALLY CALABRIA si defilano lasciando il ROMEO Leone Mario nel ruolo della classica ‘testa di legno’, cosicché questi al 5.7.2002, data della dichiarazione di fallimento, si ritrova socio unico ed amministratore unico. Situazione dalla quale scaturiranno le responsabilità penali che nei suoi confronti sono state acclarate con sentenze passate in giudicato (si v. diffusamente la parte introduttiva dell’inf.va DIA 4329, nonché le sentenze del Tribunale della Corte di Appello di RC in atti).

Circostanza assai significativa, in quanto denota la concreta preoccupazione dei personaggi che avevano di fatto gestito la VALLY fino alla dichiarazione di fallimento circa le possibili conseguenze di tale evento, consiste nelle iniziative assunte da SURACI e GIGLIO in relazione alla MODIS. Tale società – come si è detto sopra – si era resa cessionaria di tutti i punti vendita ex-VALLY con un artificio contrattuale che, evidentemente, era esposto alla possibilità di una revocatoria da parte della curatela fallimentare subentrata al ROMEO, tanto più in considerazione del fatto che non risultava alcuna traccia del pagamento del corrispettivo di tale cessione. Logico quindi che SURACI e GIGLIO si siano prefigurati la eventualità di iniziative tutorie da parte della curatela, che avrebbe potuto così rientrare in possesso del compendio aziendale fraudolentemente sottratto alla fallita per mezzo dell’operazione MODIS.

Per la verità tale preoccupazione si rivelerà assai superiore rispetto alle iniziative concretamente poste in essere dal curatore del fallimento VALLY CALABRIA il quale, con condotta che certo appare molto discutibile quantomeno sotto il profilo della diligenza dimostrata, si limiterà all’invio di alcune semplici missive alla MODIS, contenenti richieste di chiarimento circa le modalità di pagamento (?) del corrispettivo della cessione dei punti vendita.

Ad ogni modo in data 25.7.2002, a soli venti giorni dal fallimento della VALLY CALABRIA, la MODIS stipula un contratto di affitto d’azienda avente ad oggetto la cessione dei sei punti vendita ex-VALLY alla GESAL srl, altra società controllata da SURACI Domenico Giovanni (segue pagg. 26 segg. inf.va DIA 4329):

Dalla lettura del contratto si evince che la GESAL è interessata ad acquistare i sei punti vendita ex VALLY CALABRIA. In attesa che si perfezioni l’acquisto le due aziende stipulano un contratto di affitto con il quale la GESAL assume in locazione i supermercati. Nel contratto di affitto si precisa che i punti vendita hanno tutti insegna CONAD e si riforniscono, per l’esercizio dell’attività, presso la consorziata CE.DI. PUGLIA con sede in Bitonto (BA). Inoltre, dalla lettura del contratto, si evince che la cessione comprende anche il contratto di associazione in partecipazione stipulato con la VALLY CALABRIA che nel frattempo è stato ceduto alla SURACI TRASPORTI INTERNAZIONALI SRL. Il canone di locazione viene pattuito in euro 40.000,00 mensili. Altra circostanza degna di menzione è che, come riportato sul verbale del Consiglio d’Amministrazione tenuto dalla MODIS in data 24.07.2002, il prezzo della futura cessione MODIS – GESAL è stabilito per la cifra di euro 1.800.000,00, somma da pagarsi mediante l’accollo, da parte dell’acquirente, della debitoria esistente nei confronti della società LEASINVEST spa, posizione derivante dal finanziamento erogato in virtù del contratto nr. 00/27 stipulato in data 23.02.2000.

Osservando la composizione del capitale sociale delle società finora interessate alla gestione dei supermercati, si nota che sostanzialmente la disponibilità dei punti vendita rimane comunque nelle mani del SURACI Domenico Giovanni e di GIGLIO Mario. Infatti, direttamente o tramite parenti o persone di fiducia, rimangono comunque in grado di dirigere le attività commerciali, facendo in modo, specie il SURACI, di non assumere alcun rischio. Infatti, come vedremo, la GESAL che acquisterà quattro dei sei punti vendita nell’anno 2004, è amministrata da AURORA Sandrino Amedeo (dal 18.12.2003), dipendente del SURACI Domenico ai tempi della VALLY CALABRIA SRL. Mentre, in precedenza, tale carica era ricoperta da SURACI Domenico cl. 73 (dal 12.11.2002 al 18.12.2003) cugino dell’omonimo. Inoltre i soci sempre nel 2004 risultano essere la EUROSERVICE Srl (società riconducibile a SURACI Domenico Giovanni – nel 2004 socia di maggioranza era la compagna SENIA Saloua) LABATE Anna Lisa, AURORA Sandrino Amedeo, lo stesso GIGLIO Mario e l’omonimo cugino di “Dominique”, SURACI Domenico (cl 73).

Pochi mesi dopo averli affittati, in data 21.11.2002 (allegato nr. 21), la GESAL, a sua volta, affitta alla SIC.R.AL tre dei sei punti vendita e precisamente quelli ubicati in Reggio Calabria, alle vie Aschenez nr. 30-32, Nazionale Pentimele nr. 186 e Lia Traversa I^ nr. 1. Il prezzo dell’affitto viene concordato in euro 5.250,00 mensili. Nel contratto viene stabilito che la SICRAL si impegna ad acquistare entro il 30.07.2003 i punti vendita al prezzo di euro 830.000,00 o, in alternativa, a lasciare i locali entro il 15.08.2003.

Successivamente si perfeziona la cessione definitiva dei supermercati tra la MODIS e la GESAL. Il 23.02.2004 viene stipulato il contratto con il quale vengono ceduti i punti vendita siti alle vie Aschenez nr. 30-32, Nazionale Pentimele nr. 186 e Lia Traversa I^ nr. 1 (allegato nr. 22). Il prezzo della cessione viene stabilito in euro 68.602,50. Tuttavia la GESAL si accolla il finanziamento nr. 00/027 concesso dalla LEASINVEST fino a concorrenza della somma di euro 671.397,40.

Dopo circa tre mesi, in data 19.05.2004, la GESAL e la SICRAL risolvono il contratto di affitto (allegato nr. 23). Inoltre, la stessa SICRAL, rinuncia all’acquisto dei punti vendita ritenendo oneroso il prezzo concordato (euro 830.000,00).

In data 25.05.2004 la GESAL srl cede alla PIEMME TRE srl i punti vendita siti alle vie Aschenez nr. 30-32, Nazionale Pentimele nr. 186 e Lia Traversa I^ nr. 1 (allegato nr. 24). Il prezzo della cessione viene stabilito in euro 590.000,00. Resta espressamente a carico della GESAL il rimborso del finanziamento nr. 00/027 concesso dalla LEASINVEST.

In data 28.01.2005 la MODIS cede alla GESAL anche il punto vendita ubicato nella frazione di Pellaro, angolo via Rimembranze – salita Ribergo (allegato nr. 25). Il prezzo della cessione viene concordato in euro 19.957,08 oltre all’accollo, da parte dell’acquirente, della somma dovuta in relazione ad un finanziamento concesso dalla società LEASINVEST fino a concorrenza della somma di euro 282.158,48.

Lo stesso giorno, la GESAL, rivende alla neo costituita PLANET FOOD SRL il punto vendita ubicato nella frazione di Pellaro, angolo via Rimembranze – salita Ribergo (allegato nr. 26). Il prezzo della cessione viene concordato in euro 19.957,08. Le parti convengono che la cessione non comprende crediti e debiti di qualsiasi natura ad eccezione della somma dovuta in relazione ad un finanziamento concesso dalla società LEASINVEST fino a concorrenza della somma di euro 282.158,48 che sarà a carico dell’acquirente.

E’ importante sottolineare che oltre alla GESAL, anche la PLANET FOOD è una società riconducibile al gruppo SURACI – GIGLIO. La sensazione è che il SURACI ed il GIGLIO dopo aver estromesso gli altri soci abbiano cercato di vendere e/o spartirsi i punti vendita. Infatti, oltre a quelli venduti, il punto vendita di Pellaro sarebbe andato a GIGLIO, socio occulto di AURORA Sandrino, SURACI Domenico cl. 73 MINNITI Antonio e SURACI Emanuele nella PLANET FOOD […]

L’operazione attraverso la quale si realizza la cessione dei punti vendita dalla MODIS alla GESAL, e di conseguenza il progressivo e definitivo svuotamento commerciale della MODIS, si spiega solo – come detto – con il tentativo di SURACI Dominique e soci di prevenire eventuali azioni revocatorie da parte della curatela VALLY CALABRIA nei confronti del contratto di cessione VALLY-MODIS. L’operazione evidenzia il risultato sostanziale di consentire al duo SURACI-GIGLIO di mantenere saldamente il controllo commerciale dei punti vendita.

Le operazioni successive, sopra descritte nei termini riportati nell’informativa, hanno perseguito il diverso scopo di consentire a SURACI Domenico Giovanni ed a GIGLIO Mario di spartirsi i punti vendita secondo nuove logiche ed alleanze commerciali. In particolare GIGLIO Mario pare avvicinarsi al gruppo di AURORA Sandrino e MINNITI Antonino (cd gruppo PLANET FOOD), ai quali vanno tre degli originari sei punti vendita, mentre altri tre rimangono sotto il controllo di SURACI Dominique.

Tale situazione è documentata in primis dalle conversazioni intercettate dal gennaio 2006 in poi dal RONINV CC di Reggio Calabria riportate alle pagg. 33 e segg. dell’inf.va DIA 4329, cui si rinvia . …”

Queste le ulteriori considerazioni del P. M.:

“…

Risultato della divisione fu l’attribuzione dei punti vendita di Pentimele, Modena e Pellaro alla PLANET FOOD, che andrà incontro alle vicende societarie fallimentari (dichiarazione di fallimento del 10.12.2008) meglio descritte nell’operazione cd.’Sistema’ da cui è scaturita l’o.c.c emessa nei confronti dei titolari della PLANET FOOD Srl in data 2.11.11.

In questa sede è unicamente il caso di evidenziare come le vicende societarie della PLANET FOOD siano state caratterizzate da situazioni analoghe a quelle in precedenza vissute dalla VALLY CALABRIA, ciò a dimostrazione di un vero e proprio ‘modus operandi’ comune (pagg. 70 segg. in.va DIA 4329):

Si riporta a tal proposito una lunga conversazione avvenuta tra GIGLIO Mario e COTUGNO Elena (sorella di Antonio socio della VALLY CALABRIA), nel corso della quale, nel parlare di problemi legati alle vicende economico – finanziarie di appartenenti alla loro famiglia (in particolare dello stesso Antonio COTUGNO), fanno cenno al comportamento tenuto dal SURACI Domenico in occasione di una cessione di quote. I due, senza dubbio alcuno, fanno riferimento alla cessione delle quote sociali della GESAL, effettuata in data 01.08.2003 dalla EUROSERVICE (a quella data SURACI Domenico è procuratore della società), che cede la propria quota pari ad euro 69.300,00 nel seguente modo:

1. euro 12.870,00 a SURACI Domenico cl 73 (cugino dell’omonimo);

2. euro 21.780,00 a GIGLIO Mario;

3. euro 12.870,00 ad AURORA Sandrino Amedeo;

4. euro 21.780,00 a LABATE Anna Lisa.

In sintesi Mario GIGLIO ed Elena COTUGNO durante la conversazione commentano il comportamento del SURACI asserendo testualmente:” no, no, sai qua, non è come dici tu, perché sai che questi ragazzi nel momento in cui hanno rilevato …. le quote societarie, il signor Domenic SURACI gli ha fottuto, scusa la volgarità, un miliardo di effetti e li ha incastrati e li hanno dovuto pagare …. i punti, la la trattativa che dovevano portare con i messinesi, andò male e hanno perso un sacco di soldi”

In effetti, come già detto sopra, una società con sede in provincia di Messina, la SICRAL, aveva avviato una trattativa per acquistare i punti vendita ex VALLY CALABRIA Srl proprio dalla GESAL, operazione non andata a buon fine. I punti vendita verrano poi ceduti, ad un prezzo inferiore, ad un’altra società del Messinese la PIEMME TRE (già allegato nr. 24).

La conversazione intercettata fornisce ancora una volta la prova che SURACI Domenico, senza alcuna remora, dissangua le società in cui partecipa e poi le abbandona, lasciando gli ex soci o i subentranti in difficoltà finanziarie e comunque cercando di mantenere anche indirettamente la proprietà del ramo d’azienda (punto vendita). La conferma si ha dalla lettura dei brogliacci delle intercettazioni telefoniche disposte nell’ambito del presente procedimento penale con riferimento ai commenti fatti dagli interlocutori circa la situazione finanziaria della GESAL e della PLANET FOOD (come già detto riconducibili al gruppo SURACI – GIGLIO e con compagine sociale analoga a quella della stessa GESAL), società che ha acquistato l’ultimo punto vendita ex VALLY CALABRIA rimasto alla GESAL.

A tal proposito si riportano alcune conversazioni nelle quali si fa riferimento alle problematiche appena descritte che confermano la teoria secondo la quale SURACI abbandona le società nel momento in cui prevede che queste non possano più essere sfruttate anzi sono sull’orlo del fallimento:

LN

290

PROGR.

1199 DATA

07/05/2007

ORA

10.47.16 CHIAMANTE

+393483116089

CHIAMATO

+393916267001 INTEST. CHIAMANTE

INTEST. CHIAMATO

RIT: 722/07

R.G.N.R.: 4614-06

Linea : 290

TRADUTTORE:

OPERATORE: Crs Tullio

LINGUA:

SINTESI Aurora Sandrino Amedeo dice a Millemaggi Giorgio che è passato il leasing e che è andato bene il Procedimento per Gallico.

Millemaggi dice ad Aurora di avvisare anche Di Mauro.

Aurora dice che ha proposito lui ha avuto dei problemi con Di Mauro per dei passivi.

Aurora dice che se non risolve i problemi si venderà i punti vendita.

Aurora dice che i problemi si sono via via ingranditi da quando Dominique li ha lasciati soli.

LN

85

PROGR.

5848 DATA

15/12/2006

ORA

15.45.32 CHIAMANTE

+393357929420

CHIAMATO

+393283460940 INTEST. CHIAMANTE

BANCA DI ROMA S.P.A.

INTEST. CHIAMATO

Suraci Domenico RIT: 2052/06

R.G.N.R.: 4614-06

Linea : 85

TRADUTTORE:

OPERATORE: M.O. Ales

LINGUA:

SINTESI VALTER NAVANZINO CON SURACI DOMENICO, CONVERSAZIONE A CARATTERE CONFIDENZIALE. SURACI INVITA ALLA CENA DI STASERA, IL DIRETTORE DICE CHE DEVE ANDARE A PALERMO, DOMENICO DICE CHE HANNO PRENOTATO LA SALA A PALMI, IL DIRETTORE CHIEDE SE CI SIA ANCHE CRUCITTI, DOMENICO RISPONDE DI SI, MA IL DIRETTORE DECLINA L’INVITO PERCHÈ IMPEGNATO. Navanzino chiede come gli vada là, Domenico dice che oggi usciranno pazzi perchè la direttrice se ne era andata e La Manna ha casini oggi perchè deve chiudere la filiale. Navanzino chiede informazioni sui fornitori di agrumi del Suraci, il quale dice che in parte è SMA in parte un fornitore locale. I due a lungo discutono di prodotti alimentari. Si parla poi dell’azienda SMA con sede a Milano e sede periferica a Catania, Navanzino chiede in questo contesto che ruolo abbia Di Mauro, Muraci risponde che Di Mauro gestisce i RID e gli incassi e che invece Pupillo ed Armenia si occupano della gestione del prodotto, della qualità e dei prezzi del prodotto. Navanzino vorrebbe proporre dei soggetti che producono olii e frutta ai dirigenti di SMA, ne parla al Suraci. Navanzino fa cenno ad una questione per Terranostra, Domenico dice che sono ancora in lotta per il contratto e punti di percentuale di fine anno e pensa che verranno chiusi. Navanzino continua a parlare di questi fornitori che voleva proporre a SMA e dice al riguardo di aver conosciuto due fratelli che esportano agrumi e hanno preso contatto con la COOP ed il loro fatturato sarebbe di circa 4 milioni di euro. Navanzino chiede come stiano andando le aziende del Suraci, lo stesso gli risponde che sta andando meglio, in considerazione dei maggiori acquisti in prossimità delle festività. Navanzino dice che se loro riescono ad arrivare a gennaio febbraio e si sblocca il discorso del CAI, così avranno una centrale rischi perfetta, un fatturato nel frattempo cresciuto e saranno in grado di farsi assistere meglio. Domenico dice che una donna non sembra disposta, Navanzino discute della donna ovvero la nuova direttrice del banco di Roma che è succeduta a Navanzino stesso. Navanzino invita il Suraci a non sottovalutare la donna che sarebbe riuscita ad ottenere una fideiussione per l’alta società. Inizialmente la stessa fideiussione non era stata accettata al Navanzino per il motivo che a Palermo (SEDE VEROSIMILE DI RIFERIMENTO PER IL BANCO DI ROMA) non capivano chi stesse dietro queste società. Navanzino parla di qualcosa già deliberata e dice che come Banca di Roma non era il caso di perderli, Domenico dice che quello come versamenti se li è spostati alla sede centrale. Navanzino parla della ditta del Dominique Suraci, si parla dell’apertura di nuovi punti vendita a Bova, che farebbe riferimento a Suraci Domenico Giovanni detto Dominique, consigliere comunale di Reggio Calabria per alleanza nazionale che gestisce indirettamente diversi supermercati su Reggio Calabria (dato accertato attraverso attività tecnica relativa allo stesso soggetto – i supermercati sono intestati alla compagna Senia Seloua). Navanzino dice di aver raccomandato a Stefania di stare attenta a Dominique che sarebbe un vulcano e si deve sapere gestire in maniera dura, aggiunge che è uno con cui si possono concludere affari e che ha fatto esperienza. Domenico dice che le cose al cugino stanno girando per il verso giusto fa cenno ad una riunione dove ha partecipato pure il cugino Dominique, la riunione riguardava un problema con l’avvocato Giglio. Domenico dice di aver offeso il cugino in quel frangente e questo non avrebbe nemmeno reagito, Domenico dice che è un debole ma che con due parole Dominique li voleva riavvicinare, soprattutto dopo che Domenico gli ha detto che Gallico lo stava sbloccando avendo vinto la causa. Domenico dice che questa situazione di Gallico dovrebbe sbloccarsi e aggiunge i aver proposto a Dominique l’acquisto del punto vendita di Gallico naturalmente con l’avallo di SMA. Dominique avrebbe detto che avrebbe fatto l’acquisto in contanti. Domenico dice che per il cugino Dominique non ci sono rapporti di amicizia ma tutto verte sugli affari e sui soldi. Navanzino aggiunge che Dominique è un grande calcolatore. Domenico dice che Dominique porta avanti in maniera risoluto i suoi affari e non guarda in faccia a nessuno. Navanzino dice che Dominique è un bastardo ed è più facile che sia Dominique a fottere il prossimo che altri a lui. Navanzino dice che il cugino di Domenico ovvero Dominique sicuramente ne ha passate, tra cui il fallimento del padre e il fatto che la moglie lo abbia lasciato. Domenico dice che la situazione del padre di Dominique e delle altre aziende erano cose sue. Navanzino dice che sicuramente anche Dominique ha subito certe umiliazioni, anche nelle banche. Navanzino dice che oggi Dominique si sa muovere parecchio bene. Poi conversazione generica, convengono di sentirsi la settimana ventura.

Le conversazioni sopra riportate evidenziano che: SURACI Domenico è stato direttamente interessato alla gestione oltre che della VALLY e della MODIS anche della GESAL; che la GESAL è stata poi abbandonata dal SURACI il quale nell’occasione avrebbe beneficiato ingiustamente di un miliardo di lire (come riferito dallo stesso GIGLIO Mario); che la naturale prosecuzione della GESAL è stata la PLANET FOOD (i soci rimasti imiteranno il SURACI dando vita ad un’altra società che rileverà il punto vendita sito in Pellaro di Reggio Calabria dalla GESAL); che gli ultimi titolari di fatto della GESAL (AURORA Sandrino, SURACI Domenico cl. 73, MINNITI Antonino e SURACI Emanuele), transitati poi nella PLANET FOOD si preoccupano di non figurare come i rappresentanti legali della società per non ritrovarsi con problematiche riguardanti un possibile fallimento, nominando amministratore della PLANET FOOD tale BARCHETTA Loredana. In effetti nei confronti della PLANET FOOD, come risulta dalla visura camerale, verrà emessa sentenza dichiarativa di fallimento in data 10.12.2008. Non solo, poco prima di fallire con la PLANET FOOD, SURACI Domenico cl.73, AURORA Sandrino e SURACI Emanuele, costituiscono, in data 29.11.2007, una nuova società, la “D.E.C. DISTRIBUZIONE E COMMERCIO Srl”, che rileva dalla PLANET FOOD Srl il punto vendita di Pellaro. I soci della D.E.C. sono CATERINI Danila Emanuela (moglie di SURACI Domenico cl.73), e SURACI Caterina , (fidanzata di AURORA Sandrino).

A conferma della consapevolezza dell’incombente rischio di fallimento, si riportano alcune sintesi di conversazioni ambientali avvenute tra i soggetti di fatto titolari della PLANET FOOD e relative alle intercettazioni disposte dalla S.V. nell’ambito del presente procedimento penale ed eseguite dai Carabinieri del RONINV di Reggio Calabria:

PROG. TIPO DATA E ORA DURATA DIREZ. NUM.INTERCETTATO NUM.INTERLOCUTORE INTEST. INTERL.

153 TEL 18/12/2007 13:18:52 00:10:52 N.D.

Cella Inizio:

Cella Fine:

SINTESI:

Suraci Domenico discute con Minniti Antonino di alcune ceste. Poi discutono della gestione delle attività.13.25.22 Minniti Antonino chiede a Suraci Domenico di togliere la moglie dalla società. Suraci Domenico dice a tal proposito a Minniti Antonino che ha mandato le lettere di licenziamento per i dipendenti e chiede a Minniti di ricordarglielo. Minniti dice che comunque devono togliere sua moglie e la sede legale della società.

Suraci chiede a Minniti che comunque gli deve dare una mano per occuparsi di queste cose. Minniti si rende disponibile e gli chiede cosa deve fare. Suraci gli dice che deve soltanto trovare qualcuno che acquisisca il dieci per cento della società.

Suraci dice che non ci sono problemi perchè PLANET FOOD non rischia niente perchè chiuderà per i debiti con SMA. Minniti a questo punto chiede cosa faranno con l’amministratice. Suraci dice che non si può occupare di tutto e che sono diventati pazzi se lo credono. A questo punto Minniti dice che si crea anche un problema morale. Suraci fa capire di essere d’accordo e che gli dispiace per Loredana. Suraci dice che anche con GESCOM il cognato è rimasto.

PROG. TIPO DATA E ORA DURATA DIREZ. NUM.INTERCETTATO NUM.INTERLOCUTORE INTEST. INTERL.

468 TEL 02/01/2008 16:05:38 00:21:13 N.D.

Cella Inizio:

Cella Fine:

SINTESI:

16.10.47 Autovettura in movimento, radio accesa in sottofondo. Domenico al telefono dice che sta andando a prendere Emanuele. Quindi al telefono con Emanuele. Quindi Domenico parla di conteggi con Sandro Aurora, gli dice che qualcuno potrebbe pensare che si siano fregati i soldi loro. Domenico parla di qualcuno accusato di truffa e di un avvocato che gli ha spiegato qualcosa relativamente alla bancarotta ed alla società di fatto. Domenico dice che si deve vedere come chiuderà il bilancio 2007 il commercialista, Domenico dice che si dovrà vedere con Gianfranco e vedere cosa vuole fare con le rimanenze. Domenico aggiunge che non possono rovinare a Loredana, si devono “aggiustare le carte” specialmente per tutti i soldi che hanno dato agli strozzini, che a dire del suraci ammonterebbero a cifre alte. Aurora dice che questo è un problema che si vedrà quando si chiuderà il bilancio. Aurora dice che dal controllo delle carte verranno fuori solo debiti, domenico dice che più debiti vengono fuori peggio è. Poi parlano dei soldi dati in nero, Domenico fa riferimento agli strozzini ed a tale Natale, Domenico parla anche dei soldi che stanno incassando ora e si stanno versando sui conti. Aurora dice che non ha cosa fare. Domenico chiede ad Aurora di andare da qualcuno che li consigli. Aurora dice che non è una cosa di cui si può parlare ora perchè non hanno dati di fatto e si deve chiudere la contabilità prima, quindi è inutile andare da Gianfranco ora. Domenico dice che vorrebbe andare da Gianfranco per spiegargli. Sandro dice che Gianfranco sa benissimo qual’è la situazione, ma bisogna vedere come giocare poi con i conti prima dell’approvazione e veder come fare. Sandro dice che non si potranno nascondere fatture o altro, ma che lui come consulente saprà poi come giocare per fare uscire solo un danno debitorio. Sandro dice che per le partite dei fornitori si dovrà aspettare il 2008, e quando lo farà nel 2008 con i soldi extra. Domenico dice che fallisce prima. Parte della conversazione non è comprensibile.

PROG. TIPO DATA E ORA DURATA DIREZ. NUM.INTERCETTATO NUM.INTERLOCUTORE INTEST. INTERL.

690 TEL 16/01/2008 17:55:13 00:26:12 N.D.

Cella Inizio:

Cella Fine:

SINTESI:

Veicolo in movimento, poi subito fermo. Radio in sottofondo, sul veicolo sale Tonino Minniti. Domenico Suraci parla del suo incontro con il cugino Dominiquè. Domenico racconta di aver dovuto trovare una fattura e di avere fatta fare un’altra da altra persona. Domenico fa il nome di Nino Mordà. Domenico dice di aver litigato con Sandrino il quale gli ha prospettato tutti i debiti dovuti ai finanziamenti della moglie e di Katia. Domenico dice che Sandro ha imputato a lui la colpa e di aver litigato per tale motivo. Domenico accenna ad un debito di 36.000 euro ed a circa 900 euro da versare ad altra persona per una liberatoria. Domenico dice di essere stato contattato da Di Mauro il quale lo ha informato che martedì porterà all’incasso il suo assegno. Domenico dice di aver chiesto tempo e di avergli detto che gli scriverà con l’avvocato, poi confida a Tonino di non aver nulla da scrivere e che non ci sia più niente da fare. Domenico racconta di aver proposto il pagamento del debito a 500 euro al mese non potendo fare di più. Domenico dice a Tonino di aver discusso con Sandro del problema di Loredana che hanno messo nei guai e che ora tutti e tre devono risolvere. Domenico racconta di aver ricordato a Sandro cosa hanno fatto per GESAL dove hanno messo in mezzo un parente di Domenico al quale hanno poi dovuto dare 5000 euro di tasse da pagare e di dover ancora dare la differenza a sua suocera per dei regali fatti e mai pagati a quella persona. Domenico sembra molto arrabbiato per il comportamento di Sandro e dice che suo cognato Peppe (Caterini Giuseppe) dovrà pagare 40.000 euro per colpa loro altrimenti lo arresteranno. Domenico accenna a dei debiti registrati a Banca Di Roma con firmatari Giuseppe Caterini e Suraci Domenico. Domenico accenna alla garanzia offerta da Giuseppe per Gescom nella quale non c’entrava niente e per la quale nessuno si sia mosso mentre ora si cerchi la garanzia per Labate Annalisa. Domenico chiede a Tonino se sia giusto rovinare il cognato che ora dovrà pagare per loro. Domenico dice di vendere il punto di rione Modena e chiudere la faccenda. Tonino fa riferimento a qualche cosa che ha in sospeso di cui non si comprende la natura. Domenico gli chiede di chiuderla velocemente, Tonino dice di rifiutarsi ad andare a casa di tale persona e di voler evitare problemi. I due parlano dei problemi economici sul conto della PLANET che secondo Domenico è sotto di 18.000 euro, poi ritorna sul comportamento di Sandro il quale tutti i giorni lo martelli con i suoi problemi economici. Mentre i due parlano arriva una donna la quale chiede di spostarsi. Ore 18.06 i due scendono dall’auto e continuano a parlare fuori dal veicolo.La radio in sottofondo copre parzialmente la conversazione. I due sembrano discutere animatamente di problemi finanziari. Ore 18:12 tonino accenna ad un debito di 800.000 euro. Tonino dice a Domenico di chiedere a suo padre, quale persona neutrale, se sappia che sottraeva la mece dai punti vendita. Tonino fa il nome di tale Raffaele e Tonino Sangiorgio quale persone informate.

PROG. TIPO DATA E ORA DURATA DIREZ. NUM.INTERCETTATO NUM.INTERLOCUTORE INTEST. INTERL.

1640 TEL 03/03/2008 12:46:36 00:37:26 N.D.

Cella Inizio:

Cella Fine:

SINTESI:

Autovettura in movimento, radio accesa. Domenico Suraci al telefono più volte, si parla anche di una rata del mutuo che comincerà tra poco. Poi auto ferma Domenico parla con Sandro Aurora, si parla anche di Dominique. Sandro fa riferimento al fatto che stamattina a Pellaro hanno beccato Cosimo lo zingaro e hanno chiamato polizia e carabinieri. Poi Sandro dice che scoppierà qualcosa relativa a Loredana che si è accorta dei protesti a carico suo. Sandro e Domenico parlano del fatto che l’hanno rovinata e che devono cosa fare, i due parlano di 80.000 euro di assegni, 13.06.12 Sandro Aurora fa riferimento anche ad usurai ed al fatto che hanno sbagliato, Domenico fa il nome di Peppe.

PROG. TIPO DATA E ORA DURATA DIREZ. NUM.INTERCETTATO NUM.INTERLOCUTORE INTEST. INTERL.

1692 TEL 05/03/2008 11:43:45 00:24:27 N.D.

Cella Inizio:

Cella Fine:

SINTESI:

Autovettura in movimento, radio accesa in sottofondo. Domenico Suraci al telefono, dice che deve andare alla Banca di Roma. 11.45.13 auto ferma, Domenico parla con qualcuno si parlava del fatto che è venuto Millemaggi e che però Domenico non aveva le chiavi verosimilmente del punto vendita. 11.45.54 auto chiusa, la conversazione continua all’esterno tra Domenico ed altra persona inizialmente non identificata, Domenico parla di qualcuno che si metterà l’avvocato e del fatto che in un certo modo potrebbero togliersi dai problemi. Domenico dice che passeranno anni e che questi si metteranno l’avvocato, poi se effettivamente c’è una differenza e gliela vorranno restituire, sarà bene. Domenico dice che così verranno liberati dagli assegni fatti e protestati, Domenico aggiunge che se un domani verranno chiamati per un’ipotesi di fallimento non avranno cosa dire. Domenico dice che pur potendo dire che una certa cosa gliel’ha fatta Sabatini…, poi parte non comprensibile si sente la parola “fallita”. Poi Domenico dice che devono andare a Catania e sedersi a parlare e prospettare agli interlocutori, verosimilmente SMA, che una certa cifra la dovranno considerare persa e non avranno cento lire in quanto Domenico e l’interlocutore nella discussione ed i soci non ne hanno da dargli. Domenico dice che potranno girargli una partita di Cesare (sembra intendersi questo nome) vinta con Doc Market, e tra due/quattro anni i propri avvocati piglieranno questi soldi e gli possono fare il pignoramento, sembra dire che possono già partire i pignoramenti anche con le attrezzature poste dentro. Domenico sembra fare il nome di Santo e dire che lui non ha avuto il coraggio e glielo ha fatto Santo, hanno parlato con l’avvocato che avrebbe detto che potevano andare a prendere l’attrezzatura dopo aver fatto il pignoramento. Domenico dice che Barrile avrebbe detto a qualcuno che dovrà andare anche l’amministratore. Domenico dice che così potranno togliersi i debiti e risolveranno il problema. Si parla di Loredana, in relazione ad un possibile problema ed ad un “bordello” che potrebbe succedere e che se accettano potrebbero fargli le liberatorie. La persona con cui parla il Suraci è Tonino Minniti. Domenico fa il nome di Malavenda come creditore di 35.000 euro, lui prospetta la possibilità di dirgli che gli daranno 10.000. Sandro, a dire di Domenico” si sta “parando il culo” dicendo che vuole cambiare l’amministratore. Domenico gli avrebbe detto che si deve cambiare anche la moglie di qualcuno, verosimilmente di Tonino, essendo socia anche lei. Domenico aggiunge che se non si farà così non avranno cosa dire in futuro. Domenico dice che lo ha chiamato Di Mauro e qualcosa l’avrebbero ribadita anche a Dominique. Questi avrebbe rimproverato a Domenico di non aver chiamato Di Mauro, il quale era intenzionato a chiudergli la partita, ora Domenico dice a Tonino che la causa è vinta e forse gli restituiranno dei soldi. Parte non comprensibile, Domenico fa riferimento alla cifra di due miliardi a GESCOM. E GESAL Domenico poi dice che gli eventuali soldi che arriveranno si daranno 5/6.000 euro a qualcuno e lo si nominerà socio ed amministratore. Tonino chiede come sono rimasti. Domenico dice che Millemaggi, poi parte coperta da rumore. Poi sopraggiungono altre persone, conversazioni in parte non distinguibili. Poi si parla di qualcuno che deve vendere qualcosa per 320.000 euro, a dire del Minniti. Uomo chiede a Domenico se questa persona ha intenzione di vendere, Domenico dice che questa persona per 320.000 euro glielo venderà, Domenico dice che sarebbe inclusa anche una licenza particolare una delle poche di Reggio. Si parla di quest’attività in termini generici. Sembra che si parli di ominique e del suo ufficio al 5° piano, di cui Domenico da le indicazioni. L’interlocutore cui si rivolge Domenico è tale Gianni. Parte non comprensibile, Domenico dice di aver le chiavi di qualcosa. Tonino fa riferimento ad un incontro avuto con Dominique una settimana prima in banca, Tonino avrebbe parlato per il gelato ma poi non avrebbe avuto più occasione di parlargli. Uomo, verosimilmente Gianni, parla di proporre un’offerta verosimilmente a Dominique e chiede a Domenico Suraci di dirglielo. Questi dice che l’unica cosa che lì vale è lo Strike. Quindi pare che i nuovi arrivati si allontanino. Domenico continua a dialogare con Tonino, parlano di discutere qualcosa. Tonino risponde al telefono e fa il nome di Paola. Domenico fa cenno a Mimmo Gattuso. Quindi parte non comprensibile. Tonino fa il nome di tale Pasquale. Domenico dice di accennare un certo problema a Loredana e parla di oltre 700.000 euro e del fatto che hanno trattenuto i fine anno, e quindi hanno preso un bella cifra, menziona 230.000 euro. Domenico dice che più tardi darà le chiavi a qualcuno, poi passerà da Tonino a comunicargli qualcosa. Quindi si dividono, 12.04.31 autovettura in movimento, radio accesa in sottofondo. Quindi Domenico al telefono con Carlo, si vedranno a casa.

…”

Se queste ultime vicende sono state affrontate già nell’ambito dell’operazione definita Sistema, utile è riportare le considerazioni del P. M. in ordine alla posizione di ROMEO Leone Mario e le emergenze del monitoraggio dei suoi contatti telefonici:

“…

§ – ROMEO Leone Mario ‘testa di legno’

Altro aspetto significativo, ai fini della esatta qualificazione del ruolo del ROMEO Leone Mario quale mera ‘testa di legno’ all’interno della VALLY CALABRIA, è quello che emerge dalla lettura delle numerosissime conversazioni intercettate aventi ad oggetto i rapporti tra il predetto ROMEO, da un lato, ed il duo SURACI-GIGLIO dall’altro (pagg. 33 segg. inf.va DIA 4329):

Il ROMEO, stando a quanto indicato nelle sentenze del Tribunale e della Corte d’Appello, ad un certo momento si era presentato spontaneamente al curatore affermando di non sapere dove potesse trovarsi la documentazione contabile, fornendo, nel contempo, un prospetto di bilancio. Successivamente si era ripresentato al curatore consentendo l’accesso presso la sede della VALLY CALABRIA Srl sita in via Pentimele, dove si trovava la documentazione contabile della VALLY risultata però conservata in completo disordine tale da renderne impossibile la ricostruzione. Inoltre, nel frattempo, il curatore aveva ricevuto richiesta di restituzione di beni dalla LOCAT che chiedeva se fosse possibile individuare i beni concessi in leasing alla VALLY. Nel bilancio di verifica, fornito dal ROMEO al curatore, risultavano evidenziate attrezzature per 419.543,76 euro e un automezzo; questi beni, tuttavia, non venivano individuati dal Curatore. Al ROMEO, pertanto, veniva imputata la sparizione della documentazione contabile, la sottrazione di attrezzature e la conseguente accusa del reato di bancarotta fraudolenta.

Dopo queste vicissitudini il ROMEO Leone Mario veniva indagato e rinviato a giudizio in data 24.01.2005 e successivamente, con sentenza del Tribunale di Reggio Calabria nr. 1765/2005 emessa in data 06.12.2005 (già allegato nr. 1), veniva condannato (per i reati di bancarotta e appropriazione indebita) alla pena di anni tre e mesi due di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali. Inoltre, veniva dichiarato interdetto dai pubblici uffici per la durata di anni cinque ed inabilitato, per la durata di anni dieci, all’esercizio di impresa commerciale ed incapace, per la stessa durata, ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa. Contro la sentenza il ROMEO presentava appello, tuttavia, la Corte d’Appello di Reggio Calabria, in data 14.06.2007, (già allegato nr. 2) confermava la sentenza del Tribunale condannando il ROMEO al pagamento delle ulteriori spese processuali dichiarando la pena condonata, in virtù della L. 241/06, nella misura di anni tre di reclusione.

Le conversazioni in parola si collocano nell’ampio arco temporale che riguarda le vicissitudini giudiziarie che il ROMEO si trova a sopportare per effetto dell’assunzione del ruolo formale di socio unico ed amministratore unico della VALLY CALABRIA. Dal tenore assolutamente esplicito delle stesse si evince come il ROMEO si sia prestato a rivestire tali ruoli esclusivamente perché a ciò indotto dal SURACI e dal GIGLIO in forza di pregressi rapporti tra gli stessi (di non meglio precisata natura). Ad un certo punto, peraltro, il ROMEO si rende conto di dover sopportare anche pesanti conseguenze di carattere penale, conseguenti alla imputazione e successiva condanna per il delitto di bancarotta fraudolenta, situazione che evidentemente non era stata da lui presa in considerazione negli esatti termini. Ne segue una interminabile serie di contatti telefonici, SMS e tentativi di incontro del ROMEO verso la coppia GIGLIO-SURACI, finalizzati ad ottenere un aiuto di tipo economico o di altro genere (non meglio precisato) per tentare di risolvere i problemi che il processo penale in corso stava creando al ROMEO. Questi, ad un certo punto, manifesta tutta la propria disistima e disapprovazione verso il SURACI, colpevole – a suo dire – di averlo cacciato nei guai e di non essere più disponibile nemmeno per un incontro o un colloquio ora che il ROMEO si trovava nei guai:

Dalle conversazioni sotto riportate appare evidente come il ROMEO attribuisca la responsabilità dei suoi guai giudiziari al SURACI. In sintesi, il ROMEO per uscire nel modo migliore dalla vicenda giudiziaria in cui è incappato si rivolge a GIGLIO Mario e a SURACI Domenico. Tuttavia non lancia accuse contro GIGLIO, al contrario dopo averlo pregato di incontrarlo e di aiutarlo a risolvere il problema, di fronte al palese disinteresse dello stesso, individua il SURACI come artefice dei suoi guai giudiziari, infatti, afferma che quest’ultimo dovrebbe assumerlo e pagargli uno stipendio di 5.000 euro senza che lui svolga alcuna attività lavorativa. Il ROMEO, inoltre, ribadisce di essere stato rovinato per sempre e ridotto alla fame per colpa di SURACI per vicende che neanche conosce. Lo stesso, esasperato dal fatto che SURACI trascuri gli appuntamenti e non risponda al telefono, minaccia di produrre un promemoria in Procura affermando di non essere lui quello che ha qualcosa da perdere.

Le cv. ROMEO-SURACI-GIGLIO sono analizzate nel dettaglio alle pagg. 33 e segg. dell’inf.va DIA 4329. In questa sede è opportuno riportare sintetici riferimenti a quelle che appaiono più significative:

PRG: 109347 LINEA: 82: *335…340 DomenicoS68 DATA: 30/06/2008 10.52.14 DURATA: 00:07:57 VERSO: Uscente IMP.: MOLTO IMPORTANTE

PROCURA: Reggio Calabria DOTT. : Colamonici Marco RIT: 2052/06 RGNR: 4614-06 SCADENZA: 24/06/2007

CHIAMANTE: +393358277340

CHIAMATO: +393804737529 INT. CHIAMANTE: SURACI Domenico Giovanni

INT. CHIAMATO: ROMEO Leone Mario(detto Lilli) UT. CHIAMANTE SURACI Domenico Giovanni

UT. CHIAMATO

NUM. MON.: +393358277340

NUM. INTERL.: +393804737529 INT. MON.: SURACI Domenico Giovanni

INT. INTERL.: ROMEO Leone Mario(detto Lilli) UT. MONITORATO SURACI Domenico Giovanni

UT. INTERLOCUTORE

SINTESI

SURACI Domenico Giovanni parla con altro uomo con il quale manifesta il suo disappunto per le telefonate alle 5 del mattino e per i messaggi di velata minaccia ricevuti da questultimo. Domenico attribuisce la colpa di quanto accaduto alla trascuratezza del suo interlocutore il quale, anzicchè difendersi nelle opportune sedi ha tralasciato di verificare alcuni aspetti della vicenda. Domenico si dilunga molto sulla vicenda relativa al fallimento di una società di cui faceva parte, oltre che lui, anche l’avv. Mario GIGLIO al quale consiglia di fare riferimento per acquisire della documentazione utile relativa ad un verbale di rinvenimento e vendita di arredi operato dalla LOCAT. Domenico aggiunge di non avere alcuna responsabilità in merito all’accaduto e dice che comunque l’avv. Mario GIGLIO sia molto bene informato sulla facenda avendo all’epoca prestato una sua fideiussione in merito. Domenico sottolinea più volte la trascuratezza dell’uomo al quale dice che sia solo per la sua trascuratezza che questi si sia cacciato in situazioni poco chiare nonostante le carte fossero in regola. Domenico accenna in merito alla sparizioni di alcune carte dall’ufficio del curatore dell’epoca causa dell’acqua???. Domenico tuttavia si dice disponibile ad aiutare il suo interlocutore informandolo che i beni LOCAT siano stati rinvenuti e venduti dalla stessa società nonostante la denuncia fatta a carico dell’interlocutore da parte della LOCAT stessa. L’uomo dice di aver cercato all’epoca di far mettere in contatto l’avvocato Abenavoli con l’avv.Rijli. Domenico lo interrompe edice che lui le carte non le avrebbe mai dovute spostare da dove erano.L’uomo dice che in appello nessuno ha esibito questa documentazione attinenete ai materiali di cui è accusato dalla LOCAT di aver sotratto e che invece la LOCAT ha dichiarato di aver venduto in altra circostanza. Domenico suggerisce di recuperare le caret tramite Giglio e procedere contro la locat.L’uomo dice che ora proverà da Bruno Latella per avere le carte e vedrà.Domenico dice di andare da Giglio il quale era Fideiussiore. L’uomo che sia stato Giglio a mandarlo da Bruno Latella al Docks Market. Domenico ribadisce di andare da Giglio per la documentazione e poi chiamarlo per vedersi.

PRG: 109729 LINEA: 82: *335…340 DomenicoS68 DATA: 05/07/2008 10.09.14 DURATA: 00:11:18 VERSO: Uscente IMP.: MOLTO IMPORTANTE

PROCURA: Reggio Calabria DOTT. : Colamonici Marco RIT: 2052/06 RGNR: 4614-06 SCADENZA: 24/06/2007

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UT. CHIAMATO

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UT. INTERLOCUTORE

SINTESI

Domenico Giovanni Suraci con Romeo, gli dice che ieri ha parlato con Mario Giglio, Romeo dice che dovrebbero incontrarsi, Dominique dice che il documento che attesta che il bene è stato venduto bisogna ricercarlo in tribunale. Dominique dice che Giglio gli ha detto che a Romeo hanno contestato anche la sottrazione di un’autovettura, Romeo risponde di si. dominique dice che non sapeva niente dell’autovettura, Romeo risponde che era la fiat Ulisse che usava Cotugno. Dominique dice che bisogna andare da Cotugno a vedere questa denuncia di furto che lui ha fatto, aggiunge che se è stata rubata non è stata sottratta. Dominique dice che la società era stata verificata dalla Guardia di Finanza fino a qualche mese prima, quindi non c’è nessuna cosa. Dominique dice che se Romeo non dirà al suo difensore che i beni erano presenti a Gallico, l’avvocato non può saperlo, Dominique dice che l’avvocato è il migliore. Dominique dice di aver detto a Giglio anche a suo tempo (quando Giglio diceva che lo chiamava la Locat per i soldi) che se sanno che i beni sono a Gallico, poi dice che quel contratto di leasing era stato volturato a nome della società che aveva acquistato l’azienda, quindi Dominique dice che Romeo non ha responsabilità e non poteva saperlo perchè il contratto di leasing lo ha assorbito l’acquirente e quindi la documentazione non la poteva avere l’avvocato. Dominique continua a parlare del fatto che la Locat continua ad accusare il Romeo il quale a dire di Dominique doveva dire che i beni sono a Gallico. Dominique dice che la Locat ha continuato ad accusare Romeo per i beni, pu sapendo dove fossero ed essendoseli venduti (la Locat). Dominique dice che ne ha parlato con l’avvocato del fatto che a Cotugno hanno rubato la macchina e Romeo non ha mai avuto la denuncia di furto. Dominique dice che Giglio è fideiussore e può parlare con la Locat, Romeo dice che lunedì andrà insieme a Giglio. I due parlano di incontrarsi entrambi con Giglio lunedì. Dominique dice che in quella società non c’era nulla di irregolare, ma che può essere stata una questione di leggerezza. L’avvocato di Romeo è Rijli. Romeo dice che il suo errore è stato che doveva fare sin dall’inizio l’amministratore per come doveva farlo, cosa che non ha fatto, perchè Dominique aveva i suoi “impicci”, aggiunge che non vuole accusarlo. Dominique dice che in quella società di irregolare non c’era nulla ma era necessario solo portare la documentazione relativa al fatto che i beni non erano stati sottratti, ma erano nel punto vendita. Romeo dice che questo però nessuno lo ha mai detto in tribunale. Romeo dice che ha letto la sentenza che è diventato il suo incubo. Dominique consiglia di dire che di fatto Romeo non lo sapeva e che il contratto di leasing è stato ceduto ad altra società e che la vettura non l’ha mai vista. Romeo dice di aver dichiarato al curatore nei verbali di audizione che l’aveva Cotugno la vettura. Dominique dice che rischia la Locat una denuncia penale per aver venduto i beni senza averlo detto al curatore. Romeo dice che la Locat gli deve pagare i danni. Dominique dice che la Locat ha accusato romeo di una cosa, pur sapendo dov’erano i beni ed avendoli venduti. Dominique dice che romeo dovrebbe partire con un’azione nei confronti di Locat. Romeo dice di aver parlato anche con Barrile il quale gli ha detto che Romeo non può fare niente. Dominique dice che nessuno ha sottratto nulla, poi convengono di vedersi lunedì. Dominique dice che bisogna trovare il verbale di vendita dei beni. Romeo dice che Barrile gli ha detto che è stato un’operazione di fitto di ramo d’azienda. Dominique dice che la Locat aveva ceduto alla società di Bari prima e quindi i beni li dovevano chiedere a loro e non a Romeo. Convengono di sentirsi lunedì dopo che Romeo sarà andato con Giglio in tribunale e avrà trovato un documento.

PRG: 110764 LINEA: 82: *335…340 DomenicoS68 DATA: 16/07/2008 16.57.45 DURATA: 00:07:25 VERSO: Uscente IMP.: MOLTO IMPORTANTE

PROCURA: Reggio Calabria DOTT. : Colamonici Marco RIT: 2052/06 RGNR: 4614-06 SCADENZA: 24/06/2007

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CHIAMATO: +393804737529 INT. CHIAMANTE: SURACI Domenico Giovanni

INT. CHIAMATO: ROMEO Leone Mario(detto Lilli) UT. CHIAMANTE SURACI Domenico Giovanni

UT. CHIAMATO Romeo

NUM. MON.: +393358277340

NUM. INTERL.: +393804737529 INT. MON.: SURACI Domenico Giovanni

INT. INTERL.: ROMEO Leone Mario(detto Lilli) UT. MONITORATO SURACI Domenico Giovanni

UT. INTERLOCUTORE Romeo

SINTESI

Domenico Giovanni Suraci con uomo, gli dice che sta aspettando il xcarroattrezzi perchè gli è scoppiato un pneumatico della vettura. uomo gli passa Mario Giglio, il quale dice che ha un problema e cioè che gli hanno messo la casa all’asta ed hanno passato la pratica al notaio De Tommasi. Dominique risponde ridendo “ah, che bellezza” Mario risponde che non deve scherzare e parla di decreti ingiuntivi, il primo pignoramento da 122 milioni, il secondo da 38.000 che ha pagato alla Commerciale ed infine questo. Dominique dice “ma pensa che a me personalmente non hai cosa dire”, Mario risponde che non sta dicendo a lui personalmente ma a chi ne dovrà rispondere, Dominique dice di essere statao quello più disponibile. Mario dice che però lui 47 milioni la prima volta, 37.000 euro dalla proprie tasche la seconda volta. Dominique dice che quando Mario gli ha chiesto “servono questi soldi” e che non è mai fuggito. Mario dice di aver la transazione fatta per quell’importo e fino a poco fa lo ha chiamato l’avvocato Falbo di Cosenza, e se Giglio non farà il bonifico decadrà la transazione e saranno punto e a capo. Mario dice di averlo già detto a Michele stamattina. Dominique propone di incontrarsi domattina in modo da poter chiarire tutta una serie di cose, perchè tutto quello che anticipato Dominique e Mario all’epoca (mentre gli altri non misero niente). Mario dice che lo chiamerà domattina per incontrarsi e ritiene di non avere responsabilità. Dominique dice di essere stato sempre disponibile e di aver pagato un conto che non doveva pagare e che forse non si doveva pagare in assoluto. Dominique dice che si dovranno incontrare con tutti. mario dice che farà l’impossibile per trovare i soldi, dopodiche dopodomani depositerà gli atti e farà le visure, vedendo chi ha firmato gli atti chi è responsabile e chi ha firmato la fideiussione e farà pignoramenti pure lui, aggiunge che poi non si dovrà offendere nessuno. Dominique dice che Mario aveva la possibilità di far pagare “il gatto e la volpe” (ndr, verosimilmente Domenico Suraci cl. 73 e Sandro Aurora) quando era giusto pagassero. Mario dice che quelli ancora gli devono dare i soldi che gli aveva prestato dalla sua tasca. Dominique dice che l’ultima volta che si è incontrato con l’interlocutore, questi aveva detto “ci sono questi 11 …incompr..li pagano il gatto e la volpe” Mario risponde che loro avevano detto che li avrebbero pagati loro invece ora rinnegano quanto detto e che non hanno trovato le carte e che non è come dice Dominique. Mario aggiunge di essere a conoscenza che l’interlocutore debba dare dei soldi a loro per il punto vendita di Modena, Dominique risponde che non è vero perchè il punto vendita di Modena gllelo ha ripreso Brunozzi che è creditore di 300.000 euro, Dominique aggiunge di aver comprato il punto vendita di Modena da Brunozzi. dominique dice di non aver comprato ninete da loro, Mario replica che è quanto detto dal cugino di Dominique due giorni fa. Dominique dice che quei due gli mandavano i fornitori, lui gli avre detto che non gli avevano venduto niente. Dominique dice di aver pagato Brunozzi e che se ci sono delle differenze, Mario dovrà andare e farsele dare da Brunozzi. Dominique dice che Brunozzi ha preso loro tutta l’attrezzatura perchè non gli hanno pagato 300.000 euro. Mario dice che se ne fotte anche dei 40.000 euro che gli ha prestato, poi aggiunge che a quelli, si parla sempre del Gatto e della volpe, gli ha prestato soldi di tasca sua per fargli aprire il punto vendita e d ancora glieli devono dare, anche se lui oramai non li vuole più essendosi dedicato allo studio ed al lavoro. Mario dice che ora ha l’appartamento all’asta e che con la propria casa non si scherza, essendo disposto anche a rubare poi incomprensibile. Dominique dice che l’ultima volta che Mario è andato da lui e gli ha detto che c’erano 11.000 euro al di fuori di 30 da pagare, sono 2.250 a testa. Dominique dice che comunque potranno incontrarsi domani con tutti e dice di comunicare al cugino di non dire cose non vere, aggiunge che Brunozzi avanza altri soldi da quei due (oltre a quelli che Dominique ha pagato per il punto vendita), Dominique aggiunge che quando si decideranno ad andare da Brunozzi a fare la pratica, forse questi gli darà qualche lira. Aggiunge che ad oggi Brunozzi è creditore da loro di 100.000 euro, a prescindere dal fatto che Brunozzi ha venduto l’attrezzatura a Dominique. Dominique dice che Brunozzi avanzava 290.000 euro da loro e 200.000 e rotti li ha avuti da Dominique per l’attrezzatura. Mario dice che ora ha il problema della casa, Dominique dice che 30.000 euro di questi soldi li dovevano pagare loro. Convengono di sentirisi domani alle 09.30. Dati di chiamata non disponibili al momento dell’ascolto e contestuale sintesi.

Questa ultima conversazione intercorsa tra SURACI e GIGLIO ha ad oggetto le conseguenze delle fideiussioni prestate personalmente da alcuni ex-soci, tra cui lo stesso GIGLIO, in favore dei debiti della VALLY CALABRIA. In particolare GIGLIO si lamenta del fatto di avere subito un pignoramento immobiliare. Al di là delle reciproche recriminazioni che i due si scambiano la conversazione è importante in quanto dimostra come GIGLIO e SURACI abbiano di fatto sempre operato quali esclusivi soci-amministratori della VALLY CALABRIA, a dispetto della presenza di una forma amministrativa collegiale (CdA) e di altri soggetti formalmente dotati dei poteri gestionali.

Le indagini hanno infine evidenziato numerosi altri elementi che confermano il ruolo dominante di Dominique SURACI all’interno della VALLY CALABRIA srl, e che possono essere sintetizzati come segue (pagg. 77 segg. inf.va DIA 4329):

• in una conversazione telefonica intercorsa tra il SURACI Domenico Giovanni e la madre nella quale si adira con la stessa colpevole di aver riferito ad alcuni militari della Guardia di Finanza che suo figlio si occupa della gestione di supermercati.

Si riporta la sintesi della conversazione intercettata, nell’ambito del procedimento penale in oggetto, dai Carabinieri del R.O.N.Inv. di Reggio Calabria:

LN

82

PROGRESSIVO

20082 DATA

22/01/2007 23.03.38 VERSO

Uscente IMPORTANTE

DURATA

00:04:01 CHIAMANTE

+393358277340

CHIAMATO

+39096546786 INTESTATARIO

SURACI Domenico Giovanni

INTESTATARIO

SURACI MARIA TERESA UTENTE

INTERLOCUTORE

SINTESI

“Domenico con sua madre la quale gli dice che sono venuti a casa il Maresciallo Muscolino ed il brigadiere Foti per notificare (a Domenico) un atto ma, non avendolo trovato, ritorneranno domani. Domenico dice che domani va a Milano quindi sua madre gli detta il numero della caserma della Guardia di Finanza sita a Santa Caterina dove contattare uno dei due ufficiali di P.G. di cui sopra. La donna continua dicendo che i militari le hanno detto che l’atto lo dovevano notificare a lui personalmente; poi dice che le hanno chiesto che lavoro fa Domenico e lei dice di aver risposto che Domenico lavora al supermercato e a tale affermazioni gli agenti delle Fiamme Gialle le hanno chiesto se si tratta del “Valli” e la donna ha risposto di si. Sentendo queste parole Domenico reagisce con un cambiamento di tono e dice a sua madre che, quando le fanno una domanda, lei deve rispondere correttamente, la madre chiede cosa abbia potuto dire di errato e lui dice che come lavoro fa solo il consigliere e aggiunge “punto”. La donna dice che “loro” (riferendosi verosimilmente ai finanzieri) hanno le carte in mano. Domenico le chiede quali siano queste carte e, comunque, dice che sono cavolate. Domenico si riprende, in tono più sereno, dice che comunque il problema non sussiste poiché lui lavora la ed è registrato. La madre gli chiede nuovamente cosa ha detto di sbagliato e Domenico la accusa di esprimersi in modo tale da lasciare intendere che i supermercati sono suoi. La madre a tale accusa risponde dicendo che lui (Domenico) non le dice le cose come stanno e Domenico le dice di dire appunto questo ovvero di non sapere le cose come stanno indipendentemente da chi viene. La donna dice che le hanno chiesto inoltre dove abita Domenico e lei ha risposto ai militari di non saperlo, a loro volta i militari hanno espresso perplessità a questa ultima affermazione della donna. Domenico dice a sua madre che è meglio lasciar perdere; le dice che deve dire la verità ovvero che lui abita li con lei e non c’è in questo momento, e che non va mai a mangiare e non va mai la sera”.

• In un documento reperito all’interno di una agenda sequestrata presso la sede della SGS GROUP, in occasione della perquisizione effettuata in data 22.07.2008. Nel dettaglio si tratta di un fax, che il ROMEO Leone Mario invia, in data 15.01.2007, alla SGS sull’utenza nr. 0965-54593, indirizzato a “Dominique SURACI”, con il quale il ROMEO chiede al SURACI di contattarlo con la massima urgenza avendo assoluta necessità di definire la loro situazione. E’ ovvio che il ROMEO si riferisce alle conseguenze subite a causa del fallimento della VALLY (allegato nr. 33).

• Nella corrispondenza intercorsa tra la LOCAT Spa e la ITALFINANCE in relazione ad alcune proposte di leasing prodotte dalla ITALFINANCE per conto della SGS GROUP Srl. La LOCAT rappresenta alla stessa ITALFINANCE la possibilità che SURACI Domenico Giovanni sia stato coinvolto in alcuni fallimenti di società a lui riconducibili con riferimento alla VALLY CALABRIA, alla SURACI TRASPORTI ed alla SURACI TRASPORTI INTERNAZIONALI (allegato nr. 34). La ITALFINANCE gira la richiesta al SURACI che invia un fax a chiarimento della sua posizione. Documento girato integralmente alla LOCAT ed in possesso della S.V. in quanto esibito da PANZERI Emilio in occasione della sua escussione in atti avvenuta in Lecco in data 28.04.2009. Si precisa anche che in un “credit report” sviluppato dalla LOCAT circa la possibilità di finanziare cinque leasing per acquisto attrezzature per supermercati, ciascuno relativo ad un punto vendita della SGS GROUP Srl (via Battaglia, via Don Orione, via Sbarre, via Modena e via Pellicano), vengono espresse perplessità sull’operazione anche perché il SURACI Domenico, definito quale reale promotore dell’iniziativa, risulta essere socio promotore ed amministratore di tre società fallite pochi mesi dopo la cessazione dalle cariche (allegato nr. 35).

La giustificazione fornita dal SURACI Domenico sarebbe stata, pertanto, quella di addossare la colpa all’omonimia con il cugino. Inoltre, tale situazione è stata oggetto della conversazione telefonica, tra lo stesso SURACI e PANZERI Emilio, intercettata nell’ambito del presente procedimento dai Carabinieri del RONINV di Reggio Calabria, durante la quale il SURACI tende ad accreditare la circostanza di una sua totale separazione dal gruppo familiare facente capo a suo zio SURACI Giuseppe ed al cugino omonimo SURACI Domenico del 1973:

LN

204

PROGR.

5379 DATA

20/03/2007

ORA

11.55.23 CHIAMANTE

+393930707010

CHIAMATO

+393296886536 INTEST. CHIAMANTE

SURACI Domenico Giovanni

INTEST. CHIAMATO

ITALFINANCE S.R.L. RIT: 200/07

R.G.N.R.: 4614-06

Linea : 204

TRADUTTORE:

OPERATORE: Crs Tullio

LINGUA:

SINTESI SURACI Domenico Giovanni dice a Emilio che gli sta mandando gli ultimi documenti per la perizia al perito.

Poi Suraci chiede a Emilio se può anticipare dei soldi ad un fornitore prima dell’elargizione del leasing.

Emilio dice di si.

Emilio quindi chiede a Suraci chi sia Suraci Giuseppe nato nel 1937.

Suraci gli dice che è il fratello di suo padre e aggiunge che quando c’è stata la scissione delle società con lui si sono divisi le aziende in parti diverse.

Divisione che risale a dieci anni fa e che è stata definita legalmente soltanto cinque anni fa.

Suraci precisa che con questi parenti non si parla neanche.

Suraci poi dice che suo cugino ha una attività legata anch’essa ai supermercati ma che non c’entra niente con lui.

Emilio chiede se questo Suraci (quello del 37) è fallito con l’Europa Transport s.r.l.

Suraci dice di credere di no.

Emilio chiede chi è Suraci Emanuele Michele e se è suo figlio.

Suraci dice di si e che l’altro Domenico è pure figlio suo.

Suraci, a domanda dell’Emilio, riconferma la scissione delle società e la divisione della famiglia Suraci.

Ancora Suraci aggiunge di un’ altro zio che ha voluto i soldi e non ha voluto sapere nulla.

Poi Emilio chiede nuovamente se Emanuele e Domenico sono figli di Giuseppe.

Suraci conferma e aggiunge che c’è pure un Suraci Carlo.

Suraci dice che quando si sono divisi loro si sono presi la EUROSERVICE e gli altri si sono tenuti altri due punti vendita nel settore dei supermercati.

Suraci dice che diversi problemi degli altri Suraci li hanno avuti a causa del cedi Puglia (parte che si sono presi loro e cioè gli altri Suraci) società di Bari che è fallita.

Poi Suraci dice che una parte delle attività (sempre degli altri Suraci) sono state vendute ad un siciliano.

Quanto paventato nel credit report tuttavia trova positivi riscontri oggettivi nelle risultanze evidenziate alla banca dati della Camera di Commercio. Infatti, nel caso della VALLY CALABRIA Srl, come abbiamo già detto si ha:

• con atto del 28.05.2001, cessa dalla carica di amministratore delegato SURACI Domenico e viene nominato al suo posto ROMEO Leone Mario;

• con atto datato 27.06.2001 le quote sociali della VALLY CALABRIA intestate alla SURACI TRASPORTI INTERNAZIONALI Srl (a quella data il SURACI Domenico è socio della SURACI TRASPORTI INTERNAZIONALI) ed a ROMEO Maria vengono cedute a ROMEO Leone Mario che diviene pertanto unico socio;

• con atto del 03.04.2002, cessa l’intero CdA della VALLY CALABRIA Srl (composto dal presidente GIGLIO Mario e dai consiglieri SURACI Domenico e COTUGNO Antonio), e viene nominato amministratore unico della società ROMEO Leone Mario (che cessa dalla carica di amministratore delegato);

• in data 05.07.2002, la Sezione Fallimentare del Tribunale di Reggio Calabria dichiara, con provvedimento nr. 19/2002, il fallimento della VALLY CALABRIA Srl.

Solo tre mesi dopo la cessazione dalla carica di SURACI Domenico (non si tratta certamente del cugino) viene dichiarato il fallimento della VALLY CALABRIA.

Nel caso della SURACI TRASPORTI INTERNAZIONALI Srl si ha:

1. dal 15.03.00 al 27.03.2002 SURACI Domenico è socio di maggioranza (lire 178.200.000) unitamente alla sorella SURACI Maria Teresa (lire 1.800.000);

2. da data imprecisata sulla visura camerale della C.C.I.A.A. fino al 02.05.2002 SURACI Domenico è amministratore unico. Gli subentra lo zio SURACI Giuseppe (Reggio Calabria 19.02.1937);

3. il fallimento della SURACI TRASPORTI INTERNAZIONALI viene dichiarato in data 24.10.2003;

Anche in questo caso non si tratta dell’omonimo cugino.

Nel caso della SURACI TRASPORTI Srl si ha:

a) dalla visura camerale i soci risultano essere SURACI Domenico (lire 85.000.000) SURACI Emanuele (lire 85.000.000) e SURACI Maria Teresa (lire 19.000.000);

o SURACI Domenico è stato amministratore al fino al 29.09.1994;

a) SURACI Emanuele è stato amministratore dal 29.09.1994 fino al 20.06.1997;

b) GANDOLFI Cesare (deceduto, descritto nel fascicolo visionato presso la G. di F. come uomo di fiducia del SURACI Domenico) è stato amministratore dal 20.06.1997;

c) il fallimento viene dichiarato in data 14.07.2000.

Trovano quindi conferma i dubbi espressi dalla LOCAT circa il coinvolgimento del SURACI in società destinate al fallimento dopo che lo stesso aveva cessato cariche sociali.

Infine, anche altre intercettazioni ambientali effettuate nei confronti di GIGLIO Mario, forniscono elementi circa la responsabilità del SURACI nel fallimento VALLY.

PROG. TIPO DATA E ORA DURATA IMPORTANZA

7814 AMB 30/05/2008 17:14:27 00:08:39 MEDIA

AUTORE DEL DOCUMENTO: fales

SINTESI:

continua la conversazione precedente. Mario sta parlando al telefono con Giulio (vedi progressivo 163997, linea 84, ore 17:02:29 odierne), riprende la conversazione tra Mario G. e il signore che allo studio, Mario dice che ha provato a chiamare quella persona più volte, anche il signore dice che ha provato più volte ma senza nessun esito.(Entrambi parlano di SURACI Dominique classe 1968) Poi la persona dice a Mario G. che può andare di persona alla “LOCAT” a chiedere dove sono andate a finire le attrezzature, ma ci vuole un avvocato, chiedendo a Mario il nome di un penalista in gamba, per poter fare una relazione contro “Dominique”, perchè lo hanno condannato in prima udienza. Poi Mario G. dice che è stato lui stesso a reperire le persone e la “LOCAT” le ha vendute, la persona dice che se hanno le prove che le attrezzature sono state vendute può incastrare la “LOCAT”. Mario dice che le carte della procedura c’è le ha il sig. TOMASELLI, quello che ha acquistato il punto vendita, ma se vanno loro, lui non gliele dà, e fa l’esempio che quando lui era amministratore della “VALLY CALABRIA” era stato condannato in quanto parte dei beni che la “LOCAT” aveva dato alla “VALLY” non erano stati da loro stessi reperiti, e che lui sapeva per certo che invece la “LOCAT” le aveva vendute tramite l’ufficiale giudiziario ed aveva dichiarato il falso. Mario gli indica gli uffici della “LOCAT” sono siti in via Sbarre. La persona dice che incaricherà un suo avvocato e Mario G. gli da un numero di telefono TOMSASELLI Gaetano 320/2895603. La persona chiede a Mario se questo TOMASELLI ha una società e Mario G. gli indica la società “Doc Market” ed è la responsabile e la Sig. Brunella LATELLA. La persona dice che conosce perfettamente i LATELLA del “DOC MARKET” e che se loro hanno acquistato questa attrezzatura dalla “LOCAT”, si può far dare le fotocopie con l’elenco delle attrezzature e così loro possono richiedere tutti i danni e fargli male.

La persona dice che va a telefonare subito a LATELLA andando via.

PROG. TIPO DATA E ORA DURATA IMPORTANZA

4086 AMB 05/05/2008 16:28:33 00:40:00 MEDIA

AUTORE DEL DOCUMENTO: fales

SINTESI:

continua la conversazione precedente, Mario lavora al computer, suonano alla porta e Mario va ad aprire, Mario saluta “Don Pasqualino”, suona il cellulare ma lui non risponde. La signora dice che giorno 09/05 deve passare la visita per la pensione e Mario dice che lui telefonerà alla sorella.

Nel frattempo Mario parla con due persone che, nel corso della conversazione si chiamano per nome, Michele e Bruno, DE ANGELIS Michelangelo e tale Bruno. La conversazione si concentra sulle vicende giudiziarie a seguito del fallimento di una società di cui facevano parte SURACI Dominique, GIGLIO MArio, DE ANGELIS Michele, MINNITI Tonino, AURORA Sandro, VENTURA Nino, COTUGNO Rocco ed altri. DE ANGELIS e Bruno, si meraviglino che SURACI Emanuele abbia acquistato un punto vendita da SURACI Dominique, Mario precisa che non è stato SURACI Emanuele a fare l’acquisto, bensì una società di cui fanno parte la moglie di MINNITI Tonino e la fidanzata di AURORA Sandro e che Mario definisce come “belle cose fatte in famiglia per fottere le persone”. Il DE ANGELIS e Bruno si alterano con Mario per il fatto di essere stati presi in giro da tutti non riuscendo a capire come quelle persone siano impunite e stiano bene, esprimendo a Mario la loro massima fiducia e collaborazione, anche se loro non facevano più parte di quella società dalla data del 19.12.1999 da quando hanno svenduto l’attività, nel corso della conversazione Mario ammette di aver sbagliato e specifica che SURACI Dominique non deve stare tranquillo come lui crede, e fà riferimento a quella volta che Dominique ha avuto un miliardo, dandogli una piccola parte. Parlano delle attrezzature che la LOCAT ha recuperato e venduto. Il DE ANGELIS alterato dice a Mario che lui vorrebbe avere un’occasione per potersi incontrare tutti e poter parlare senza rancore e dire che la società doveva essere gestita in base alla leggi del Codice Civile per non cadere nell’errore.

Alle ore 17:04:16 Mario saluta le persone e fa accomodare una signora a cui chiede se ha portato la documentazione, la signora la esibisce e Mario la controlla.

PROG. TIPO DATA E ORA DURATA IMPORTANZA

9923 AMB 20/06/2008 14:50:23 00:10:07 BASSA

AUTORE DEL DOCUMENTO: fales

SINTESI:

Mario G. è in ufficio da solo, suonano alla porta, entra una persona e parlano della lettera che deve mandare l’Avv. BARRILE, e che l’indomani gli manderanno l’accettazione della proposta, che debbono dare 15.000 Euro e dopo 30.000. La persona dice a Mario che se vede “Dominique” e che vuole può dirgli che li cerca lui. Mario chiede alla persona se lo vede e la persona dice di si. Mario dice alla persona che questo è un debito che parte dalla “VALLY” e che ci sono le “fideiussioni”, poi Mario dice alla persona che uno dovrebbe dire a queste persone “vi ricordate quando vi siete fottuti 1 miliardo?”, la persona richiama a Mario e Mario continuando dice alla persona “che allora chi gestiva doveva estinguere prima i debiti”, la persona dice che è stato fatto cosi ma Mario insiste nel dire che non è stato fatto nulla. La persona continuando dice “che aveva detto a Michele DE ANGELIS, a Domenico (Domenico Suraci cl. 73) a Dominique (SURACI Domenico cl.68), a Tonino Ventura, se facevano fronte a questo impegno. Mario G. dice alla persona se li vedi diglielo che c’è questa questione e che lui sicuramente dirà “che lui non ha prestato nulla a nessuno” e che “figlio di buttana ” è lui. Parlano dell’istanza che deve presentare l’Avv. BARRILE per conto suo e dell’Avv. ARCUDI per conto di VENTURA.

Mario dice alla persona che dovrebbero vedersi per poter parlare perchè se loro dopo aver pagato 15.000 non riusciranno a trovare i 30.000 Euro ritorneranno al punto di partenza, affermando che non è facile trovare 30.000 Euro oggi. Mario chiede alla persona se l’indomani mattina era aperto o no, la persona risponde “si” La persona chiede a Mario se “Dominique” avesse prestato soldi a Rocco e a Michele, Mario risponde ” un assegno di 4000 per tutte e due.”

La persona dice “allora” restituiscimi i soldi e chiudiamo tutto”, Mario risponde “te la vedi tu, gli ho dato pure il incomprensibile.. non esiste stavolta, non intendo credergli ulteriormente” La persona dice a Mario che ci sono 4 o 5 appartamenti a Catona che sono all’asta e se lui conosce qualcuno per poter giungere a questi appartamenti e come fare. Mario dice che ce n’è appartamenti in giro e che bisogna andare con i “contanti”

PROG. TIPO DATA E ORA DURATA IMPORTANZA

12360 AMB 16/07/2008 16:57:43 00:09:15 MEDIA

AUTORE DEL DOCUMENTO: fales

SINTESI:

continua la conversazione di cui al progressivo 12353, tra Mario Giglio e la persona, sfogliano la documentazione.-

La persona riceve una telefonata e dice a Mario G. “eccola qua” e dopo aver risposto passa il telefono a Mario Giglio, dicendo che è “Dominique”, Mario Giglio chiede a Dominique come mai non gli risponde, che lo ha cercato tante volte, dice a Dominique che gli hanno messo la casa all’asta e che hanno passato la pratica al notaio DE TOMMASI. Mario chiede a Dominique cosa debbono fare, dice di avere i decreti ingiuntivi che lui ha pagato, il primo pignoramento di 122 milioni di lire, il secondo di 38.000 euro che ha pagato alla Commerciale e quello che ha in atto, Mario risponde a Dominique che a lui non interessa nulla , e chi dovrà pagare pagherà. Mario precisa di avere la casa all’asta, di aver perso di tasca sua 47 milioni la prima volta, 37.000 la seconda volta ed adesso questi. Mario dice a Dominique che devono vedersi, e che ha la transazione per quell’importo e che se lui non gli fà il bonifico decadrà e saranno punto e a capo, dicendo di averlo già detto a Michele nella mattinata.

Mario Giglio dice a Dominique che lui domani mattina alle 09.30 lo chiamerà, e lo prega di rispondergli, dicendo che hanno 50 anni e che giusto che si prendano le loro responsabilità. Mario Giglio dice che farà l’impossibile a trovare la somma e successivamente depositerà gli atti, farà le visure, vedrà chi è il responsabile, vedrà chi ha firmato la fideussione ed inizierà a fare pignoramenti, senza che nessuno si offenda. Mario G. nomina “il gatto e la volpe” (verosimilmente Domenico SURACI cl. 73 e Sandro AURORA cl.70), dicendo che devono ancora darmi i soldi che gli ha prestato di tasca sua, prima hanno detto che li pagavano loro, poi che non è vero niente che non hanno trovato le carte, che non è vero quello che da detto tu non e vero. Mario dice ancora a Dominique che lui è a conoscenza che deve dare dei soldi a loro per quanto riguarda il punto vendita di Modena, come affermato dal cugino Domenico un paio di giorni fà. Mario dice a Dominique che lui se ne frega del punto vendita, dei 40.000 che gli prestato, dicendo che non li vuole restituiti, che è nauseato, Mario G. dice che lui per far aprire il punto vendita di Modena gli ha prestato soldi di tasca sua ed ancora glieli devono restituire, che non li vuole perchè ormai si è nauseato anche di vederli, dicendo che ormai si sta dedicando allo studio ed al lavoro, che ha l’appartamento all’asta e che con la sua casa non si scherza, anche a costo di rubare o di farseli prestare. Mario dice a Dominique che lui gli ha riferito quello che gli ha detto lui (SURACI Domecico cl. 73). Mario Giglio dice che lui non vuole neanche i soldi che gli ha prestato e che gli interessa solo la casa. La persona che c’è con Mario dice che anche lui può intervenire per avere conto di quello che è stato fatto. La persona chiede a Mario Giglio cosa può fare lui nella sua posizione, Mario dice di aspettare fino all’indomani mattina e vedere cosa fanno loro. La persona dice a Mario che tutti dicono che non centrano ma intanto si sono fregati i soldi.

(A completezza della conversazione vedi progressio S.I.O. linea 82, nr. 110764, ore 16:57:45 odierne)

PROG. TIPO DATA E ORA DURATA IMPORTANZA

13571 AMB 31/07/2008 18:57:54 00:09:49 MEDIA

AUTORE DEL DOCUMENTO: fales

SINTESI:

Nello studio c’è Mario Giglio insieme ad una persona che gli chiede “questo trasferimento quando è?” Mario Giglio risponde “20 agosto” la persona dice “non è il caso di trovare Michele e a Tonino?” Mario controlla il suo cellulare e dice “DE ANGELIS Rocco 18:39” la persona dice che significa Mario risponde “non risponde”. La persona dice a Mario che se gli da la documentazione provvederà lui ad avvisare gli altri. Mario Giglio fa una telefonata e parla con Michelino (DE ANGELIS Michele) chiede “che facciamo hai sentito a Dominique a qualcuno” e gli dice che hanno tempo fino al 15 agosto. Mario conviene con Michele DE ANGELIS di incontrasi sabato mattina. La persona che è con Mario Giglio dice che se deve dargli dei soldi se li fa prestare e glieli da, dicendo a Mario Giglio di muoversi. Mario Giglio sta provando a chiamare a “Dominique” ma questi non risponde. La persona chiede a Mario Giglio una calcolatrice per fare i calcoli e chiede a Mario Giglio per quanto deve dividere la somma da dare (45.000 Euro), Mario Giglio dice “la domanda è che vuoi che ti dica?”. la persona chiede “dico legalmente per 4? Mario Giglio risponde “legalmente x 4” La persona fa i calcoli e dice a Mario Giglio che l’importo esatto e 10.750 Euro a testa.

La persona dice a Mario Giglio che lui gli porterà la sua parte e che lui deve fargli una ricevuta.

Nel corso della conversazione si apprende che la persona che conversa con Mario Giglio è COTUGNO Antonio, perchè nel corso di un’affermazione di Mario Giglio circa dei debiti contratti da alcun persone, nel caso della “VALLY CALABRIA” lui dice “ad eccezione di Antonio Cotugno” e Mario Giglio conferma.

Antonio Cotugno va via dicendo a Mario Giglio che “aspetto la tua telefonata sabato”. Mario Giglio risponde “tranquillo”.

…”

Queste le indicazioni del P. M., in seno alla richiesta, che efficacemente sintetizzano il materiale indiziario acquisito dalla P. G. delegata in ordine al fallimento della VALLY Calabria S. r. l..

Il requirente, dunque, conclude nei termini seguenti (vd. pagina 87 della richiesta), ricostruendo il ruolo dei soggetti (tutti) coinvolti nel fallimento e, quindi, nella contestazione di bancarotta:

SURACI Domenico Giovanni

Per essersi occupato di fatto della gestione della VALLY CALABRIA Srl, dal 24.03.1999, data in cui acquisisce tramite la GESTIM Srl il 25% del capitale sociale, rilevando le quote dal socio uscente VALLY TRADE Srl, fino al 03.04.2002, data in cui cessa l’intero CdA della VALLY CALABRIA all’interno del quale il SURACI aveva rivestito la carica di consigliere, cui subentra, in qualità di amministratore unico, ROMEO Leone Mario, il quale si è prestato consapevolmente ad assumere il ruolo di ‘testa di legno’ dell’ultima ora facendo ricadere su di sé le responsabilità gestionali e penali.

Nel contempo, socio e componente del CDA della MODIS Srl nel dicembre ’99, in concomitanza con la fittizia ‘cessione del ramo d’azienda’ con cui la VALLY CALABRIA Srl cedeva alla MODIS Srl tutti i supermercati in precedenza gestiti, a fronte di un corrispettivo mai pagato, avviandosi di fatto al fallimento.

GIGLIO MARIO

Per aver partecipato di fatto alla gestione della VALLY CALABRIA Srl, dalla sua costituzione (ROMEO Maria, moglie di GIGLIO Mario, figura tra i soci fondatori della VALLY CALABRIA Srl), fino al 03.04.2002, data in cui cessa l’intero CdA della VALLY CALABRIA, all’interno del quale GIGLIO Mario aveva rivestito la carica di presidente, cui subentra, in qualità di amministratore unico, ROMEO Leone Mario. Nonché fino al 08.05.2002 data in cui, avendo prestato garanzia, veniva formalmente interessato dalla LOCAT Spa ad onorare l’impegno assunto in occasione della stipula del contratto di leasing nr. LI 162233 datato 04.08.1998 per l’acquisto di beni strumentali.

Nel contempo, socio e componente del CDA della MODIS Srl nel dicembre ’99, in concomitanza con la fittizia ‘cessione del ramo d’azienda’ con cui la VALLY CALABRIA Srl cedeva alla MODIS Srl tutti i supermercati in precedenza gestiti, a fronte di un corrispettivo mai pagato, avviandosi di fatto al fallimento.

DE ANGELIS Rocco

Per aver partecipato alla gestione della VALLY CALABRIA Srl, dalla sua costituzione fino al 08.05.2002 data in cui, avendo prestato garanzia, veniva formalmente interessato dalla LOCAT Spa ad onorare l’impegno assunto in occasione della stipula del contratto di leasing nr. LI 162233 datato 04.08.1998 per l’acquisto di beni strumentali.

Nel contempo, socio della MODIS Srl nel dicembre ’99, in concomitanza con la fittizia ‘cessione del ramo d’azienda’ con cui la VALLY CALABRIA Srl cedeva alla MODIS Srl tutti i supermercati in precedenza gestiti, a fronte di un corrispettivo mai pagato, avviandosi di fatto al fallimento.

COTUGNO Antonio

Per aver partecipato alla gestione della VALLY CALABRIA Srl, dalla sua costituzione fino al 08.05.2002 data in cui, avendo prestato garanzia, veniva formalmente interessato dalla LOCAT Spa ad onorare l’impegno assunto in occasione della stipula del contratto di leasing nr. LI 162233 datato 04.08.1998 per l’acquisto di beni strumentali.

Nel contempo, socio della MODIS Srl nel dicembre ’99, in concomitanza con la fittizia ‘cessione del ramo d’azienda’ con cui la VALLY CALABRIA Srl cedeva alla MODIS Srl tutti i supermercati in precedenza gestiti, a fronte di un corrispettivo mai pagato, avviandosi di fatto al fallimento.

VALUTAZIONI DEL G. I. P. IN ORDINE AL REATO DI CUI AL CAPO A).

Esposto il compendio indiziario relativo all’addebito sub A), reputa il G. I. P. che, nella vicenda del fallimento di VALLY CALABRIA S. r. l., preminente sia indicato il ruolo svolto da SURACI Domenico Giovanni. È, infatti, principalmente a lui che si rivolgono le recriminazioni del ROMEO, soggetto prescelto come testa di legno dell’ultimo momento e che patisce le conseguenze dell’essere stato designato amministratore della società poco prima della sua declaratoria di fallimento. E il ROMEO, a riprova dell’assunto, arriva finanche a minacciare di depositare un dossier in Procura contro il SURACI.

Per contro, quest’ultimo, evidentemente temendo conseguenze per le vicende della società, non esita ad assumere un atteggiamento ostile addirittura nei confronti della propria madre, sol perché rea di aver comunicato a personale della Guardia di Finanza come egli lavorasse proprio nei supermercati VALLY.

In posizione che viene descritta come secondaria rispetto a quella del SURACI sono, invece, indicati gli altri soggetti che hanno preso parte alla vicenda societaria in un primo momento ed alla “fuga” dalla VALLY successivamente.

Ciò vale, in sostanza, per tutti coloro i quali erano inseriti nella compagine e ne avevano sancito la fine con il contratto di cessione di ramo d’azienda, di fatto rivelatosi un contratto di cessione d’azienda, che svuotava la VALLY del suo stesso contenuto commerciale.

Orbene, se si passa ad esaminare le risultanze che il P. M. stesso riversa nell’altra richiesta di misura cautelare (che dicono di collegamenti dei soci della VALLY con ambienti di criminalità organizzata, oltre che di continui contatti tra costoro), ben difficile risulta comprendere la scelta conclusiva del requirente, che diversifica le posizioni dei soci della VALLY CALABRIA S. r. l., elevando richiesta cautelare solo in relazione al SURACI ed al GIGLIO Mario, quando, per contro, la vicenda appare riconducibile a tutti quanti i componenti dell’iniziale compagine sociale, che, insieme, si rendono protagonisti, come detto, della c. d. operazione Modis. E, soprattutto, che operano in un contesto ambientale particolarissimo, intriso di collegamenti, se si vuole anche solo a livello indiziario, con la locale criminalità organizzata.

Se si può pensare che a muovere le scelte del requirente sia stata la considerazione che SURACI e GIGLIO furono coloro i quali hanno mantenuto interessi nel settore dei supermercati attraverso le evoluzioni societarie descritte nel segmento di informativa che si è riportata, tuttavia, non si può tacere, ad esempio, che i soci continuano a cooperare, a palesare cointeressenze economiche anche dopo, che il GIGLIO ha pagato in prima persona le conseguenze della vicenda LOCAT, e che, analogamente, ad essa sono stati interessati pure gli altri ex soci della VALLY, per come emerso dalle intercettazioni.

In conclusione, gli indagati tutti, anche quelli non risultano destinatari di richiesta cautelare, appaiono coinvolti nella vicenda del fallimento della VALLY e, dunque, nell’addebito di cui al capo A).

Rispetto al quale, pare corretto sottolineare come, oltre all’aggravante dell’avere commesso più fatti di bancarotta (essendovi stato pure l’occultamento o la distruzione delle scritture contabili o la loro tenuta disordinata), sussista anche quella, pure contestata, del danno di rilevante gravità. Infatti, come precisa Cassazione, Sez. 5, Sentenza n. 49642 del 2/10/2009, dep. 28/12/2009, Rv. 245822, in tema di reati fallimentari, l’entità del danno provocato dai fatti configuranti bancarotta patrimoniale va commisurata al valore complessivo dei beni che sono stati sottratti all’esecuzione concorsuale. Nel caso di specie, ingente. Osserva, ancora, la giurisprudenza (Cassazione, Sez. 5, Sentenza n. 10791 del 25/01/2012 Ud. (dep. 19/03/2012) Rv. 252009) che la circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità di cui all’art. 219, comma primo, l. fall., è applicabile alle ipotesi di bancarotta impropria previste dall’art. 223, commi primo e secondo, l. fall. [con l’ulteriore conseguenza – cfr. Cassazione, Sez. 5, Sentenza n. 17190 del 18/2/2009, dep. 22/4/2009, Rv. 243616 – che, ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, il danno patrimoniale di rilevante gravità, cagionato dai fatti di bancarotta, previsto dall’art. 219 L. fall., ha natura di circostanza aggravante speciale e ad effetto speciale, pertanto – alla luce dell’art. 157 cod. pen. nel testo novellato dalla legge n. 251 del 2005 – si deve tenere conto dell’aumento massimo di pena previsto per l’aggravante e non assume rilievo la diminuzione di pena per le circostanze attenuanti].

Ciò posto, reputa questo decidente, come, considerato il tempo trascorso rispetto al fatto, valutata l’applicabilità del beneficio dell’indulto per il reato de quo, non possano ravvisarsi i margini per ritenere la sussistenza di esigenze cautelari tali da imporre l’applicazione di misure coercitive nei confronti degli indagati per cui vi è richiesta. Con valutazione, peraltro, sostanzialmente conforme a quella operata dallo stesso P. M. istante in relazione agli altri correi, per i quali nessuna richiesta de libertate è stata avanzata.

Consegue alle superiori considerazioni il rigetto della richiesta quanto al capo A).

 

DECRETO DI FERMO INTEGRALE I° PARTE “SISTEMA”

 

TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA

– SEZIONE G. I. P. – G. U. P. –

ORDINANZA DI APPLICAZIONE DI MISURE CAUTELARI

(Artt. 272 e ss. C. p. p.) e contestuale

DECRETO DI SEQUESTRO PREVENTIVO

(Artt. 321 e ss. C. p. p.)

Il giudice per le indagini preliminari, dr. Domenico Santoro,

visti gli atti del procedimento indicato in epigrafe nei confronti di:

1. FALCOMATA’ Luciano, nato a Reggio Calabria il 4/1/1976;

2. FERRIGNO Vincenzo, nato a Santa Maria Capua Vetere (CE) l’08.03.1977;

3. MONORCHIO Antonino, nato a Le Locle (Svizzera), l’8.11.66;

4. RECHICHI Giuseppe Rocco Giovanni, nato a Reggio Calabria il 15/11/1958;

5. RIGGIO Costanza Ada, nata a Motta San Giovanni il 15/07/1948;

6. SENIA Saloua, nata a Safi (Marocco) il 11/01/1981;

7. SURACI Domenico Giovanni (detto Dominique), nato a Reggio Calabria il 15/01/1968;

INDAGATI

per i seguenti reati

FALCOMATA’ Luciano e MONORCHIO Antonino

(unitamente a:

– TEGANO Giovanni, CRUDO Michele, IANNI’ Natale, POLIMENI Carmine, POLIMENI Domenico, UTANO Pasquale, DE STEFANO Paolo Rosario, nonché SCHIMIZZI Paolo sino alla sua scomparsa,

tutti appartenenti alla cosca DE STEFANO-TEGANO;

– CHILA’ Mario, CRUCITTI Antonello, CRUCITTI Giuseppe, CRUCITTI Santo,

tutti appartenenti alla cosca CRUCITTI;

nei cui confronti si procede separatamente);

A) art. 416 bis, 1°, 2°, 3°, 4°, 5°, 6° ed 8° comma, C. p. per aver fatto parte di un’associazione di tipo mafioso denominata “‘ndrangheta”, attiva nella città di Reggio Calabria ed in altre aree del territorio nazionale e, in particolare, della sua articolazione territoriale denominata “cosca TEGANO – DE STEFANO”, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e della rilevante condizione di assoggettamento e di omertà che deriva dall’esistenza della organizzazione criminale prima indicata, al fine di:

o acquisire in modo diretto o indiretto il controllo e la gestione di attività economiche, legate in particolare al settore della grande distribuzione alimentare (cfr. vicende VALLY Srl – SGS GROUP Srl);

o realizzare profitti o vantaggi ingiusti per i sodali, per i concorrenti esterni o per altri;

o impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o procurare voti agli associati, ai concorrenti esterni o ad altri in occasione di consultazioni elettorali (cfr. consultazioni comunali dell’anno ’07);

Con le seguenti posizioni personali:

FALCOMATA’ Luciano e MONORCHIO Antonino

Quali partecipi, titolari direttamente o per interposta persona di ditte, imprese e società attraverso le quali realizzavano profitti o vantaggi ingiusti per i sodali mediante la penetrazione, e quindi il controllo, da parte dell’organizzazione di appartenenza del settore della grande distribuzione alimentare

SURACI Domenico Giovanni

A-bis) artt.110, 416 bis, commi 1°, 2°, 3°, 4° e 5°, c. p. perché, quale concorrente esterno dell’associazione di cui al capo A), forniva un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo alla stessa quale referente economico-politico della stessa, di cui:

• ne favoriva gli interessi economici:

a) quale dominus di fatto della S.G.S. S.r.l., titolare di sei punti vendita dei supermercati a marchio SMA siti in Reggio Calabria e provincia, mediante la stipula di contratti di fornitura di beni e/o servizi con imprese, ditte e/o società riconducibili alle singole cosche ed in particolare:

– con riferimento alla cosca DE STEFANO-TEGANO:

1. con la DIPROCAS Srl, riconducibile ad UTANO Pasquale, elemento di vertice della cosca citata, avente ad oggetto la fornitura di prodotti lattiero-caseari;

2. con la ditta denominta “Antico Mulino”, intestata a FALCOMATA’ Luciano ma comunque riconducibile a UTANO Pasquale, avente ad oggetto la fornitura di pane;

3. con la ditta ditta denominata “San Michele”, riconducibile a CRUDO Michele, genero di TEGANO Giovanni ed elemento di vertice della cosca citata, avente ad oggetto il commercio al dettaglio e all’ingrosso di generi alimentari;

4. con la ditta individuale di POLIMENI Carmine, genero di TEGANO Giovanni ed elemento di vertice della cosca citata, avente ad oggetto la vendita all’ingrosso di bevande;

5. con la ditta individuale di POLIMENI Davide, fratello di POLIMENI Carmine ed appartenente alla cosca citata, avente ad oggetto la vendita all’ingrosso e al dettaglio di prodotti ortofrutticoli freschi e congelati;

6. con la ARCOLAT di Antonia BARILLA’ & C. S.n.c., di cui è attualmente socia TEGANO Saveria (sorella di TEGANO Giovanni e TEGANO Pasquale) e della quale risultano essere stati soci SCHIMIZZI Paolo, genero di TEGANO Giovanni, e POLIMENI Angela Saveria, nipote di TEGANO Giovanni e TEGANO Pasquale), avente ad oggetto la produzione, la lavorazione, la distribuzione e la commercializzazione, all’ingrosso e al dettaglio, di gelati nonché di prodotto base, semilavorati e derivati, di pasticceria, ivi compresi dolciumi, marmellate, confetture, panna e latte, latticini e formaggi, e dolciaria in genere, nonche’ la vendita, all’ingrosso e al dettaglio, di bibite e generi alimentari;

7. con la PARMA REGGIO Srl, riconducibile a FRASCATI Angelo, avente ad oggetto il commercio all’ingrosso di prodotti alimentari;

8. con la ditta “PULITODO di LAURO Antonia”, moglie di MONORCHIO Antonino, soggetto contiguo alla cosca DE STEFANO-TEGANO, per la fornitura di servizi di pulizia dei locali commerciali;

– con riferimento alla cosca CARIDI-BORGHETTO-ZINDATO:

9. con la ditta IANNI’ Natale (attualmente in stato di detenzione per il reato di cui all’art.416 bis c.p.), per la fornitura di pane;

– con riferimento alla cosca LO GIUDICE:

10. con la ditta “ITALGROSS” di Domenico LO GIUDICE (figlio del capo-cosca LO GIUDICE Giuseppe cl.’39, fratello di LO GIUDICE Antonino e LO GIUDICE Luciano, attualmente in stato di detenzione per il reato di cui all’art.416 bis c.p.) avente ad oggetto – tra l’altro – il commercio all’ingroso di prodotti alimentari e cartone;

– con riferimento alla cosca CONDELLO:

11. con la Antichi Sapori Mediterranei di ROMEO Filippo & C. S.a.s., di cui risulta socio accomandante TEGANO Bruno Antonio, cognato del latitante CONDELLO Domenico (alias “U PACCIU”), avente ad oggetto la produzione di pasta fresca;

– con riferimento alla cosca ROSMINI:

12. con la CARTARUGA Srl, riconducibile a ROSMINI Francesco (già detenuto per il reato di cui all’art.416 bis c.p.) e ROSMINI Luana, avente ad oggetto la commercializzazione all’ingrosso e al dettaglio di carta, cartone, prodotti per l’imballaggio, buste in plastica e non in plastica a perdere, sacchetti per nettezza urbana e tutti i prodotti affini e complementari;

– con riferimento alla cosca LABATE:

13. con la ditta di LABATE Pasquale, cugino di più noti LABATE Pietro, LABATE Santo, LABATE Antonino e LABATE Michele, avente ad oggetto la commercializzazione di bestiame;

b) attraverso gli stretti rapporti intrattenuti con RICHICHI Giuseppe (attualmente in stato di detenzione per il reato di cui all’art.416 bis c.p.) e TIBALDI Michelagelo Maria, socio della MULTISERVIZI S.r.l. (società municipalizzata), si adoperava per la stipula di una convenzione tra la citata società e la finanziaria FIN.REGGIO riconducibile a CRUCITTI Santo e CHILA’ Mario, elementi di vertice della cosca CRUCITTI di Pietrastorta;

• ne otteneva l’appoggio elettorale nel corso della campagna elettorale per le elezioni comunali di Reggio Calabria del maggio ’07,

mediante specifiche richieste di voto fatte ad una pluralità di soggetti appartenenti e/o contigui ad una molteplicità di cosche ed in particolare:

1. agli stessi soggetti titolari delle ditte sopra specificate ed in particolare:

o POLIMENI Carmine;

o FRASCATI Angelo;

o LO GIUDICE Domenico;

o IANNI’ Natale;

garantendo il pagamento delle forniture già compiute ed assicurando le stesse per il futuro;

2. nonché a:

o CRUCITTI Santo;

in cambio della convenzione sopra specificata, stipulata subito prima della giorno delle elezioni comunali;

3. nonché ancora a:

o SCHIMIZZI Paolo cl.74;

o RICHICHI Giuseppe;

o DE ANGELIS Michelangelo e DE ANGELIS Rocco;

Consultazioni elettorali all’esito delle quali risultava confermato nella carica di consigliere comunale e nominato Presidente della II Commissione Consiliare Permanente “Programmazione e servizi generali”.

In Reggio Calabria, in corso di consumazione

SURACI Domenico Giovanni, FERRIGNO Vincenzo

B) artt. 81 cpv, 110 C. p., 12 quinquies della L.356/92 ed art.7 L.203/91, perché, in concorso tra loro, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale, SURACI Domenico Giovanni, dominus sostanziale, attribuiva fittiziamente a FERRIGNO Vincenzo la titolarità di quote delle società denominate:

o SDS HOLDING Srl;

o SGS GROUP Srl;

o SAMIRO Srl;

o FAST GROUP Srl;

o FAST GAME Srl;

o TIERRE Srl;

Con l’aggravante d’aver commesso il fatto per favorire gli interessi economici dell’organizzazione ‘ndranghetistica di cui al capo a) dell’imputazione.

In Reggio Calabria, nelle date d’intestazione delle singole quote societarie

SURACI Domenico Giovanni e SENIA Seloua

B-bis) artt. 81 cpv, 110 C. p., 12 quinquies della L.356/92 ed art.7 L.203/91, perché, in concorso tra loro, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale, SURACI Domenico Giovanni, dominus sostanziale, attribuiva fittiziamente a SENIA Seloua la titolarità formale di quote delle società denominate:

o SGS GROUP Srl

o SDS HOLDING Srl

o FAST GROUP Srl;

o FAST GAME Srl;

Con l’aggravante d’aver commesso il fatto per favorire gli interessi economici dell’organizzazione ‘ndranghetistica di cui al capo a) dell’imputazione.

In Reggio Calabria, nelle date d’intestazione delle singole quote societarie

RIGGIO Costanza e SURACI Domenico Giovanni

C) reato di cui agli artt. 81 cpv, 110 C. p. ed all’art.87 del D.P.R. 16/05/1960, n. 570 (già art.78 del T.U. 5 aprile 1951), perché, in concorso tra loro, il SURACI come istigatore/determinatore, la RIGGIO come materiale esecutrice, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, al fine di favorire l’elezione di Domenico Giovanni nelle consultazioni comunali 2007, minacciavano gli studenti dell’istituto scolastico privato controllato dalla società denominata “centro studi Corrado Alvaro srl” di cui la RIGGIO ed il marito ARANITI Pietro sono titolari di quote, di bocciatura ai successivi esami di maturità qualora non avessero votato per il candidato SURACI .

In Reggio Calabria fino al 28 maggio 2007

SURACI Domenico Giovanni e SENIA Saloua

C-bis) reato di cui agli artt. 81 cpv, 110 c.p. ed all’art.86 del D.P.R. 16/05/1960, n. 570 (già art.77 del T.U. 5 aprile 1951), perché, in concorso tra loro, il SURACI quale dominus sostanziale, la SENIA quale amministratore formale della SGS GROUP Srl, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, al fine di ottenere il voto elettorale a favore del SURACI Domenico Giovanni, candidato nelle consultazioni comunali 2007, assumevano per un breve periodo una pluralità di dipendenti presso i punti commerciali gestiti dalla predetta società, tra cui:

• CARA Giuseppe, nato a Reggio Calabria l’11.07.1979. Assunto il 17.02.2007 e dimessosi il 2.07.2007;

• CHIRICO Giovanni, nato a Reggio Calabria il 30.05.1979. Assunto il 17.02.2007 e fine rapporto per fine contratto in data 31.07.2007;

• ROMEO Amalia Rita, nata a Reggio Calabria il 02.07.1987 (assunta il 17.02.2007 ed in data 31.07.2007 fine rapporto di lavoro per fine contratto);

• LIBRI Antonio nato a Reggio Calabria il 27.12.1983 (assunto il assunta il 17.02.2007 ed in data 31.07.2007 fine rapporto di lavoro per fine contratto);

• SURACE Edoardo nato a Reggio Calabria il 02.11.1968 (assunto il 17.02.2007 e dimessosi in data 06.07.2007);

• IARIA Domenico, nato a Melito di Porto Salvo il 18.11.1986 (assunto il 02.03.2007 e dimessosi in data 26.06.2007);

• PALAMARA Massimo, nato a Bova Marina (RC) il 18.08.1986 (assunto il 02.03.2007 e dimessosi in data 25.06.2007);

• PEZZIMENTI Giuseppe, nato a Melito di Porto Salvo il 23.04.1972 (assunto il 02.03.2007 e dimessosi in data 15.10.2007);

• VADALA’ Maria Carmela, nata a Melito di Porto Salvo il 23.07.1972 (assunta il 02.03.2007 e dimessasi in data 22.06.2007;

• D’AGUI’ Pietro Carlo, nato a Melito di Porto Salvo il 28.07.1975 (assunto il 09.03.2007 ed in data 31.07.2007 fine di rapporto di lavoro per fine contratto).-

tutti assunti presso il punto vendita di via Condera dir. Postorino n.4.

In Reggio Calabria, nel febbraio e marzo ’07

SURACI Domenico Giovanni e RECHICHI Giuseppe Rocco Giovanni

C-ter) reato di cui agli artt. 81 cpv, 110 C. p. ed all’art.86 del D.P.R. 16/05/1960, n. 570 (già art.77 del T. U. 5 aprile 1951), perché, in concorso tra loro, il SURACI quale istigatore/determinatore, il RECHICHI quale referente del primo nella MULTISERVIZI Spa, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, al fine di ottenere il voto elettorale a favore del SURACI Domenico Giovanni, candidato nelle consultazioni comunali 2007, procuravano l’assunzione e/o la stabilizzazione di una pluralità di dipendenti presso la citata società, nell’ambito della quale il RECHICHI svolgeva funzioni di direttore operativo, oltre che titolare di fatto di una rilevante quota di partecipazione societaria.

Con l’aggravante d’aver commesso il fatto allo scopo di favorire gli interessi dell’organizzazione ‘ndranghetistica di cui al capo a), d’appartenenza di entrambi.

In Reggio Calabria, sino al 28 maggio 2007

Vista la richiesta, depositata dal P. M. in data 7/3/2012,

o per l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di:

1. FALCOMATA’ Luciano, per il reato di cui al capo A);

2. MONORCHIO Antonino, per il reato di cui al capo A);

3. FERRIGNO Vincenzo, per il reato di cui al capo B);

4. SENIA Saloua, per i reati di cui ai capi B-bis) e C-bis);

5. RECHICHI Giuseppe Rocco, per il reato di cui al capo C-ter);

6. SURACI Domenico Giovanni, per i reati di cui ai capi A-bis), B), B-bis), C), C-bis), C-ter);

o per l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di:

7. RIGGIO Costanza Ada, per il reato di cui al capo C);

o per l’emissione di decreto di sequestro preventivo delle seguenti ditte/società:

o PARMA REGGIO Srl;

o “ANTICO MULINO” di FALCOMATA’ Luciano;

o “PULITODO” di LAURO Antonia;

in relazione alle imputazioni di cui al capo A);

o per l’emissione di decreto di sequestro preventivo delle quote di partecipazione formalmente riconducibili agli indagati nelle seguenti società:

o SDS HOLDING Srl;

o SGS GROUP Srl;

o SAMIRO Srl;

o FAST GROUP Srl;

o FAST GAME Srl;

o TIERRE Srl;

in relazione alle imputazioni di cui ai capi A), B) e B-bis);

vista la documentazione trasmessa, ad integrazione della richiesta, in data 11/4/2012;

vista l’ulteriore documentazione depositata, ad integrazione della richiesta, il 13/7/2012 ed il 17/7/2012;

vista la nota, ex art. 275 C. p. p., inerente la posizione di SENIA Saloua, trasmessa dal P. M. in data 16/7/2012;

OSSERVA

1) PREMESSA.

Con scelta invero singolare, nell’ambito del medesimo procedimento, all’esito di complesse indagini che hanno impegnato sia il R. O. N. I. del Comando Provinciale Carabinieri sia il Centro Operativo D. I. A. di Reggio Calabria, il P. M. ha avanzato due diverse richieste di applicazione di misure cautelari. Elemento comune ad entrambe è SURACI Domenico Giovanni, detto Dominique, vero protagonista delle indagini, le cui emergenze consentono di cogliere la natura poliedrica delle attività di rilievo penale di costui, abile imprenditore che sfrutta le sue capacità, per un verso, per esigenze di propria locupletazione ad ogni costo, per altro verso e, per di più, in un sistema che appare minuziosamente congegnato (e che trova suoi riverberi nelle vicende di altra società che di grande distribuzione alimentare si occupava, la PLANET FOOD), per le esigenze della criminalità organizzata. Intorno al SURACI, poi, oltre a familiari che fungono da prestanome per creare uno schermo rispetto alle compagini sociali da lui gestite, gravitano imprenditori e professionisti che gli sono prossimi non solo nelle operazioni commerciali e finanziarie ma anche nell’agone politico, specie in occasione delle consultazioni per il rinnovo del consiglio comunale di Reggio Calabria, svoltesi nell’anno 2007.

Le indagini curate dal P. M. hanno permesso di svelare questo reticolo di interessi, consentendo di cogliere le cointeressenze del SURACI con alcuni esponenti della criminalità organizzata, riconducibili specialmente alla cosca DE STEFANO – TEGANO. Sotto l’altro profilo segnalato, invece, per come si è evidenziato nell’ordinanza emessa contestualmente alla presente, sono emerse (a parte le vicende relative al fallimento della VALLY CALABRIA S. r. l.), attività fraudolente consumate in danno dello Stato, con artifici collegati allo sfruttamento, a fini di ingiusto profitto, di disposizioni normative invece dirette a favorire lo sviluppo dell’imprenditoria nel Meridione.

Il quadro che viene disegnato dalle due richieste cautelari, come è comprensibile, si rivela allarmante e consegna, altresì, al decidente una serie di elementi che inducono (conviene evidenziarlo già in questa premessa) ad evidenziare la necessità di approfondimenti investigativi, specie per quanto concerne ipotesi di reato che emergono ed abbisognano di ulteriori accertamenti. Ci si riferisce, in particolare, ad ipotesi di riciclaggio (termine testualmente pronunciato o la cui fattispecie è chiaramente desumibile in diverse conversazioni captate in ambientale). Ma altro aspetto che merita i dovuti approfondimenti riguarda le reali ragioni della cointeressenza del SURACI con i personaggi che ne hanno accompagnato la “crescita imprenditoriale” e si rivelano presenti, accanto a lui, pure nell’attualità, permettendo di reputare esistente una solidarietà che non è solo commerciale ed evoca, anche in ragione della peculiarità di diverse operazioni finanziarie monitorate dalle investigazioni, la sussistenza di un gruppo che opera nel settore della finanza e del commercio ed ha pure collegamenti con l’amministrazione della cosa pubblica. Altro aspetto da scandagliare, ad avviso del G. I. P., poi, è relativo agli assetti societari delle compagini in cui è entrato il SURACI, o di cui fa parte, che fa intendere la possibile sussistenza di ulteriori manifestazioni di fenomeni di intestazioni fittizie.

Come si anticipava, la scelta del requirente di proporre due diverse richieste cautelari ha portato alla necessità di emettere due distinte ordinanze.

Rimandando al contenuto del provvedimento contestualmente emesso – in relazione ad addebiti di cui all’art. 416 C. p. e 640 bis C. p. – in relazione ad un sistema fondato sulla distorsione delle agevolazioni all’imprenditoria per realizzare truffe in danno dello Stato, la presente ordinanza esamina, invece, quello stesso reticolo di interessi sotto il profilo, certamente più allarmante, per le conseguenze che ne derivano in termini di radicale elisione della libertà imprenditoriale in questa provincia, delle cointeressenze con la criminalità organizzata.

E che il settore della grande distribuzione alimentare costituisca centro di interessi della ‘ndrangheta è un dato che può definirsi notorio: si pensi, infatti, a recenti procedimenti che hanno rivelato intestazioni fittizie di società che supermercati gestivano o a quanto emerso in questo stesso procedimento.

Le indagini condotte, infatti, hanno già portato all’emersione di simili cointeressenze nell’ordinanza denominata Sistema, in cui, secondo caratteristiche che paiono speculari a quelle che si apprezzeranno nel presente provvedimento, se, sotto un primo punto di vista, si era colto come gli indagati avessero accompagnato alla decozione la PLANET FOOD S. r. l., società che gestiva supermercati, sotto altro profilo, si erano segnalate le cointeressenze di costoro con soggetti ritenuti inseriti nella ‘ndrangheta e le condotte con cui questi ultimi, fornitori dei supermercati e finanziatori della società (al limite della cointeressenza di fatto nella stessa), sono stati preferiti agli altri creditori, così ravvisandosi le condotte di bancarotta preferenziale aggravata ai sensi dell’art. 7 Legge 203/1991.

Non a caso, nel rassegnare le preliminari considerazioni sulla vicenda al suo esame, questo stesso emittente aveva indicato, in quel provvedimento, che:

“…

Ciò che, però, più caratterizza le indagini è l’emersione di dati di assoluto rilievo in ordine all’infiltrazione nel settore della grande distribuzione, per il tramite dei soggetti indagati, non solo dei componenti della cosca CRUCITTI (l’intensità del legame della quale con costoro emerge a piene mani) ma anche di appartenenti ad altro, potentissimo, sodalizio criminale operante in città (e storicamente legato a quello del CRUCITTI), la cosca TEGANO.

Quanto appena osservato rappresenta, a ben vedere, l’espressione di come le possibilità di arricchimento offerte dal settore economico in esame (in sé capace di generare notevole lucro atteso come esso faccia riferimento alle primarie esigenze della popolazione) ne facciano terreno di conquista della ‘ndrangheta, che, nel caso di specie, vede interagire con i soci di fatto della Planet Food esponenti di due sue articolazioni territoriali. …”

aggiungendo:

“…

Il P. M. dedica, dunque, la prima parte dell’esposizione al controllo ed agli interessi di CRUCITTI Santo sulla Planet Food S. r. l., evidenziando come proprio le indagini sull’infiltrazione nel settore della distribuzione alimentare abbiano fatto emergere, come si anticipava, pure i convergenti interessi della cosca DE STEFANO – TEGANO nella complessiva vicenda legata alla società suddetta, cui erano riconducibili due punti vendita in città e che è risultata essere gestita di fatto da Domenico SURACI cl. 73, unitamente a Sandro AURORA e ad Antonino MINNITI.

…”

Rassegnando le valutazioni conclusive sugli addebiti di bancarotta, questo decidente aveva sottolineato, in quel provvedimento, come:

“…

Ciò premesso, si è detto che dietro la Planet Food gravitano soggetti che partecipano appieno alle dinamiche della criminalità organizzata, primo tra tutti CRUCITTI Santo, riconosciuto – da ultimo con l’ordinanza di questo Ufficio in data 13/4/2011 – a capo della articolazione della ‘ndrangheta che è la cosca omonima, dominante nei territori cittadini di Condera e Pietrastorta.

Emerge, da quanto si è esposto, come risulti anzitutto dimostrato che SURACI Domenico cl. ’73 si sia rivolto costantemente al CRUCITTI Santo per i bisogni connessi alle sue attività economiche. Il capo della cosca omonima, dunque, è intervenuto diverse volte, sia direttamente, come si è visto anche con propri assegni, sia indirettamente (mediante i buoni uffici che interponeva nei confronti del GULLÌ per i bisogni del SURACI e dei suoi soci rispetto all’agenzia dell’istituto di credito dal predetto diretta, oltre che con la dazione di circa 10.000 euro da parte dello SCIRTÒ, certamente da lui “mediata”), nelle attività economiche del SURACI Domenico cl. ’73.

A conferma dell’interesse alla Planet Food S.r.l. del capo cosca Santo CRUCITTI, concorre la registrazione di frequenti contatti telefonici tra il predetto ed il SURACI, il cui contenuto evidenzia la gestione dei rapporti con le banche, tant’è che, spesso, i due si recavano insieme nelle agenzie degli istituti di credito e, quando ciò non avveniva, era il SURACI a comunicare al CRUCITTI l’esito dei contatti avuti. Ovviamente ciò nell’interesse del CRUCITTI, che doveva salvaguardare il proprio interesse a “rientrare” del denaro offerto a credito al SURACI (peraltro con la prospettiva di poter far “girare” capitali: in altri termini, come osserva il P. M. a ff. 106 – 107 della richiesta, un esercizio abusivo del credito in grado di consentire il reinvestimento di capitali di provenienza illecita in un’ulteriore, redditizia, attività criminale, riuscendo a conseguire profitti illeciti da illeciti capitali).

Sotto altro punto di vista, poi, sono emersi alcuni soggetti che rivestivano ruolo di fornitori della Planet Food e, come si vedrà, anche di finanziatori della stessa (nel senso che si è precisato al capoverso che precede).

Si vuole, cioè, fare riferimento, a quel “Carmine” (richiamato, ad esempio, nella conversazione del 16/12/2007, progr. 104, in cui, discutendo dei debiti con i fornitori, SURACI Domenico dice al MINNITI che gli ultimi due che devono togliersi, evidentemente nel senso di estinguere i relativi debiti, sono Carmine e la signora Siclari), che altri non è che Carmine POLIMENI, nato a Reggio Calabria l’11.03.1980, ivi residente in via G. D’annunzio n. 32, coniugato con Eleonora TEGANO, figlia del boss Giovanni TEGANO cl. ’39, ritenuto elemento verticistico dell’omonimo cartello criminale (e tratto in arresto, in data 26.4.2010, unitamente al predetto boss suo suocero, perché accusato di averne favorito la latitanza).

Questi è titolare dell’omonima ditta individuale avente ad oggetto la vendita di bevande.

Le indagini tecniche espletate (si richiamano le diverse conversazioni menzionate nella richiesta) hanno, come indicato dal requirente, rivelato che il predetto si occupava anche dell’attività del fratello Domenico POLIMENI, nato a Reggio Calabria il 25.12.1976, ivi residente in via Tenente Panella n. 29, titolare dell’omonima ditta avente ad oggetto sociale la vendita all’ingrosso e al dettaglio di prodotti ortofrutticoli freschi e congelati, nonché di quella del cognato Michele CRUDO, nato a Reggio Calabria il 02.04.1977, ivi residente Fraz. Archi in c.da Corvo n. 3., coniugato con l’altra figlia del boss Giovanni TEGANO, Maria TEGANO, titolare, insieme alla moglie, della ditta denominata “SAN MICHELE”, avente ad oggetto il commercio al dettaglio e all’ingrosso di generi alimentari (tra le quali uova), nonché la rappresentanza di generi alimentari come carni macellate, ortofrutta ecc..

Trattasi di ditte tutte rientranti tra i fornitori della Planet Food S.r.l..

Costoro sono soggetti legati da forti vincoli di parentela con elementi apicali della famiglia DE STEFANO/TEGANO ed attualmente sottoposti a misura cautelare personale (nonché condannati, all’esito del giudizio di primo grado, proprio per tale appartenenza, con ruolo essi stessi apicale) nell’ambito della c.d. “Operazione Agathos”. …”

Proposizioni, queste, che costituiscono lo sfondo delle emergenze indiziarie conseguite nel presente procedimento e condensate nella richiesta del P. M. in esame.

2). IL MATERIALE INDIZIARIO ED I CRITERI DI VALUTAZIONE.

Ciò premesso, prima di affrontare il materiale indiziario consegnato alle valutazioni del G.I.P., appaiono opportune alcune considerazioni in ordine ai criteri di valutazione dello stesso.

Nel rinviare, peraltro, a tutte le considerazioni operate nella già citata ordinanza Sistema, il cui collegamento con la presente appare evidente, anche alla luce della omogeneità del materiale di prova oggetto di valutazione, evidenziata, altresì, la sostanziale coincidenza delle fonti indiziarie poste a fondamento delle due richieste cautelari portate alla cognizione del G. I. P., si evidenzia che gli elementi di prova risultano rappresentati da

1) esiti di intercettazioni telefoniche ed ambientali,

2) acquisizione di documentazione inerente le società oggetto di indagine [e, in particolare, le verifiche compiute in relazione alla Vally Calabria S. r. l. ed alle altre società riconducibili al SURACI Domenico Giovanni, inteso Dominique];

3) l’apporto delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia [in particolare IANNÒ Paolo, MOIO Roberto e LOGIUDICE Antonino];

4) provvedimenti emessi in questo stesso od in altri procedimenti penali ancora pendenti in fase di indagini o giunti alla definizione del giudizio abbreviato.

2. A. I criteri di valutazione delle intercettazioni.

Prima problematica da affrontare in proposito è quella relativa all’identificazione dei soggetti conversanti.

Per quanto concerne il contenuto delle conversazioni fra presenti non appaiono sussistere profili di dubbio, atteso che trattasi, prevalentemente, di captazioni operate in occasione di colloqui all’interno di ambienti pacificamente in uso agli indagati (si pensi, ad esempio, all’ufficio della S. G. S. Group), con conseguente facilità di individuazione dei principali protagonisti delle indagini, ma anche dei loro interlocutori, lì presenti per discutere di problematiche lato sensu commerciali e, pertanto, facilmente individuati grazie anche alle indicazioni dei rispettivi nomi o delle aziende/ditte ad essi riconducibili od ai riferimenti operati a vicende della loro vita.

Circa, invece, gli individui che sono stati colti in conversazioni telefoniche, appaiono affidabili le indicazioni, di cui alla richiesta, sull’identità dei predetti, assicurate dall’accertata titolarità e/o disponibilità del mezzo intercettato da parte dei conversanti e dalle notizie fornite dai medesimi circa l’identità degli interlocutori (e/o dei soggetti cui essi fanno riferimento) durante le conversazioni. La puntuale combinazione degli elementi sopra descritti, poi, consente di conferire adeguato valore di affidabilità anche al riconoscimento vocale effettuato dagli operanti che, adusi alla voce dei conversanti, sono stati evidentemente in grado di procedere alla certa identificazione degli interlocutori indicati nelle diverse intercettazioni.

Altro, fondamentale, profilo è rappresentato dalla disamina del contenuto delle conversazioni oggetto di captazione: nel caso di specie, può certamente affermarsi che i dialoghi che si andrà ad esporre sono caratterizzati – per la gran parte – da contenuto chiaro, intelligibile, tale da essere compreso nel suo effettivo significato, senza necessità di dovere ricorrere ad operazioni ermeneutiche dal tratto incerto o, peggio, oscuro. Trattasi, difatti, di conversazioni tra presenti, captate all’interno degli ambienti in uso agli indagati e prima indicati, laddove costoro, assai verosimilmente, non temevano di essere intercettati e, pertanto, si esprimevano (come dimostrano alcune conversazioni veramente non suscettibili di una possibile lettura alternativa per la chiarezza del contenuto, inerenti le vicende della società S. G. S., le dinamiche fra i due soci, SURACI e CROCÈ, i rapporti della stessa con i fornitori, ovvero le questioni inerenti il meccanismo dei leasing) in maniera più libera. Nei casi in cui, invece, specie nelle conversazioni telefoniche, i conversanti hanno utilizzato termini criptici o altri accorgimenti diretti a celare il reale contenuto dei dialoghi (si pensi ai dialoghi che intratteneva il SURACI con i suoi vari interlocutori, in particolare con lo IANNÌ Natale), il contenuto delle frasi che si sono potute carpire e quanto, conseguentemente e successivamente, accertato dagli inquirenti a riscontro non lascia adito a dubbi sul fatto che anche tali dialoghi, per quanto ammantati da tenore criptico, si riferissero ad attività illecite, la cui essenza si disvela alla luce della complessiva attività di indagine e del contenuto stesso di altre conversazioni captate (ci si riferisce, ad esempio, a quelle tra gli indagati inerenti il sostegno elettorale al SURACI da parte del RECHICHI mediante le assunzioni alla MULTISERVIZI ovvero ai privilegi riconosciuti ad alcuni dei fornitori per la peculiare loro posizione di esponenti della criminalità organizzata, che, al di là di ogni tentativo di celare il contenuto dei dialoghi, nelle parti decifrate, se lette alla luce dell’intero compendio indiziario e degli imponenti dati di conferma al costrutto d’accusa, ben palesano quali siano state le condotte criminose poste in essere).

Ultimo profilo da approfondire è quello della “credibilità” delle affermazioni intercettate e, quindi, della loro valenza probatoria, riguardo al quale occorre evidenziare come la giurisprudenza di legittimità distingua quelle totalmente auto-accusatorie, quelle parzialmente auto-accusatorie e quelle totalmente etero-accusatorie.

Le intercettazioni auto-accusatorie sono tali in quanto è lo stesso conversante che, esplicitamente od implicitamente, accusa se stesso di aver commesso un dato reato, sicché le affermazioni pronunciate dall’imputato o dall’indagato “contra se” equivalgono ad una sorta di confessione extragiudiziale e, pertanto, “hanno integrale valenza probatoria” (Sez. 6, n. 27656 del 09.07.2001, CORSO G. ed altri). La Suprema Corte, a proposito della valenza probatoria di tali intercettazioni auto-accusatorie, ha, altresì, sottolineato che “in materia di intercettazioni telefoniche non trovano applicazione gli artt. 62 e 63 C. p. p., in quanto le ammissioni di circostanze indizianti, fatte spontaneamente dall’indagato nel corso di una conversazione telefonica, la cui intercettazione sia stata ritualmente autorizzata, non sono assimilabili alle dichiarazioni da lui rese del corso dell’interrogatorio dinanzi all’Autorità giudiziaria od a quello di polizia giudiziaria, né le registrazioni ed i verbali delle conversazioni telefoniche sono riconducibili alle testimonianze de relato sulle dichiarazioni dell’indagato, in quanto integrano la riproduzione fonica o scritta delle dichiarazioni stesse di cui rendono in modo immediato e senza fraintendimenti il contenuto” (Sez. 6, n. 31739 del 28.07.2003, Corteggiano ed altri).

Le intercettazioni parzialmente auto-accusatorie sono, invece, quelle nel corso delle quali uno dei conversanti accusa sé di avere commesso un dato reato, in concorso con un terzo del tutto estraneo alla conversazione. Tali conversazioni possono, in linea di principio, costituire prova diretta della responsabilità senza bisogno di ulteriori elementi di conferma, ma, essendo coinvolto un terzo estraneo alla conversazione, la loro valutazione deve avvenire con particolare rigore.

Infine, le intercettazioni totalmente etero-accusatorie sono quelle nel cui ambito uno od entrambi i conversanti accusano un terzo di avere commesso un determinato reato. In relazione a tali intercettazioni la Corte di Cassazione ha, in più occasioni, sottolineato che “… nel caso di generiche affermazioni fatte da terze persone nel corso di conversazioni alle quali non è partecipe l’indagato, è necessario che esse trovino riscontro in altri elementi di supporto che integrino con riferimenti specifici la genericità dell’accusa …” (Sez. 1, n. 6234 del 02.11.2000, Zavettieri; n. 6232 del 02.11.2000, Primerano).

Per completezza, si reputa opportuno evidenziare, ancora, quanto segue:

– le c. d. dichiarazioni autoaccusatorie intercettate – rivelatesi, nella specie, intrinsecamente attendibili e logicamente credibili – non necessiterebbero di alcun elemento di riscontro o di conferma, che pure spesso in concreto è stato acquisito

[rimandando al prosieguo le valutazioni nel merito, basti qui osservare come, per gli indagati che sono stati direttamente intercettati, le rispettive dichiarazioni costituiscano, nella quasi totalità dei casi, elementi di sostanziale ammissione di responsabilità circa le fraudolente attività poste in essere in relazione al sistema dei leasing utilizzato da SURACI Domenico ed associati per le finalità di truffa, ovvero della sussistenza di patti diretti a “disciplinare” il sistema delle forniture, specie di generi alimentari, in favore di imprenditori e ditte riconducibili chiaramente alla ‘ndrangheta, o ad essa contigui, alle emergenze in ordine all’asservimento della S. G. S. alle finalità elettorali del SURACI, ovvero alle fattispecie di reati elettorali che vedono concorrere quest’ultimo ed il RECHICHI e la RIGGIO, ovvero all’intestazione fittizia delle società nell’interesse di SURACI Dominique (si pensi ai dialoghi in cui si comprende perfettamente che il vero dominus delle diverse società in cui operano quali responsabili o rappresentanti legali i suoi più stretti congiunti, quali la compagna SENIA Saloua ed il cognato FERRIGNO Vincenzo, è il SURACI stesso), o, ancora, a quelle che palesano la preferenza accordata ad alcuni fornitori rispetto ad altri]; non é emersa, poi, ragione alcuna per ritenere che le dichiarazioni auto-accusatorie registrate fossero oggetto di invenzione o fantasia, tenuto anche conto dell’assoluta delicatezza ed importanza delle questioni oggetto dei dialoghi;

– quanto alle dichiarazioni etero-accusatorie, poi, é evidente che queste abbiano una maggiore e più pregnante valenza probatoria soprattutto quando la fonte conoscitiva del soggetto conversante sia diretta e, nel procedimento in esame, le dichiarazioni etero-accusatorie provengono da individui che non avrebbero avuto alcun motivo per accusare persone vicine di fatti penalmente rilevanti ove questi non fossero stati veri [trattandosi, per un verso, di altri componenti del sodalizio che le attività truffaldine connesse alla S. G. S. aveva predisposto (si pensi ai dialoghi tra CROCÈ e BRUNOZZI e/o DIANI), di chi del SURACI era socio – anche in affari illeciti – come il CROCÈ (si pensi alle conversazioni con UTANO Pasquale in merito ai patti pregressi stipulati dal SURACI per le forniture), per altro verso, di soggetti che, come SURACI Domenico Cl. ’73 e AURORA Amedeo Sandrino, usavano analoghe modalità operative nella gestione – occulta – della PLANET Food (si pensi alle conversazioni che impegnano il SURACI Domenico nell’estrinsecare ai soci le dinamiche dell’intimidazione di IANNÌ Natale e la conseguente necessità di ottenere l’intervento degli arcoti, che costituiscono, in qualche modo, i soggetti che, col CRUCITTI, proteggevano lui ed i complici), dello stesso CRUCITTI e del CHILÀ, che interagivano con il SURACI per la vicenda della convenzione con la MULTISERVIZI].

In ogni caso è opportuno evidenziare che gli elementi di responsabilità a carico dei chiamati in causa si fondano anche su dichiarazioni auto-accusatorie captate e/o, comunque, su ulteriori attività di riscontro.

Andranno distinti, ovviamente, i casi in cui la dichiarazione etero-accusatoria si sia risolta in una scarna ed isolata affermazione da quelli in cui sia stato possibile valutare compiutamente un complesso di dichiarazioni – o di elementi di conferma – che si integrano, si raccordano e si riscontrano tra loro, disvelando un compiuto quadro probatorio.

Il giudizio, pertanto, è di massima affidabilità e valenza indiziaria, non emergendo, ripetesi, ragioni di calunnia o millanteria, di cui non vi è traccia in atti.

Si tratta, perciò, di acquisizioni probatorie particolarmente credibili, indicative e concludenti, generalmente suscettive di fornire una ricostruzione degli eventi in maniera aderente ai reali accadimenti.

La necessità di valutare con la dovuta attenzione le dichiarazioni etero-accusatorie, poi, non deve far ritenere indispensabile l’acquisizione di riscontri estrinseci ed intrinseci richiesti dal legislatore nell’ipotesi di chiamata in correità, prevista dall’art. 192, terzo comma, C. p. p., come, del resto, ha pacificamente chiarito e ribadito anche la più recente giurisprudenza di legittimità: “il contenuto di una intercettazione, anche quando si risolva in una precisa accusa in danno di terza persona, indicata come concorrente in un reato alla cui consumazione anche uno degli interlocutori dichiara di aver partecipato, non è in alcun modo equiparabile alla chiamata in correità e pertanto, se va anch’esso attentamente interpretato sul piano logico e valutato su quello probatorio, non è però soggetto, nella predetta valutazione, ai canoni di cui all’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen.” (Sez. 4, sent. n. 35860 del 28.09.06, DELLA VENTURA; negli stessi termini Cass. Pen. Sez. V°, n. 13614 del 19.01.2001, PRIMERANO; Cass. Pen. Sez. V°, n. 38413 del 9.10.2003, ALVARO ed altri; Cass. Pen. Sez. V°, n. 603 del 13.01.2004, GRANDE ARACRI; Cass. Pen. Sez. I°, n. 1683 del 21.01.2004, BARILLA’ ed altri).

Particolarmente interessante risulta la parte della motivazione della sentenza nr. 603 del 14.10.03, sopra citata, in cui la Corte spiega in maniera chiarissima le ragioni per le quali una dichiarazione etero-accusatoria intercettata non è in alcun modo equiparabile alla chiamata in correità: “Non è fondata la tesi – secondo motivo di impugnazione – secondo la quale le parole dei conversanti debbano essere suffragate da altri elementi ai sensi dell’articolo 192 comma 3^ c.p.p.. La parificazione tra conversanti e chiamanti in correità è, infatti, improponibile. Il chiamante in correità è persona che interrogata da un giudice o da un ufficiale di polizia giudiziaria accusa altre persone di avere commesso reati. Si tratta di una situazione di indubbia delicatezza, perché molte possono essere le motivazioni che spingano una persona ad indicare altri come autori di un reato e non si può, quindi, escludere che ciò venga fatto a scopo di calunnia. La situazione si è resa ancora più delicata da quando le norme tese a favorire il c.d. fenomeno del pentitismo hanno previsto misure premiali anche consistenti per chi, pur autore di gravi delitti, decida di collaborare con gli organi di giustizia. Queste sono senz’altro indicazioni assai preziose che più volte hanno consentito di individuare gli autori di gravissimi delitti rimasti impuniti per molti anni. È evidente, però, specialmente quando i collaboranti provengano da ambienti di criminalità organizzata, la necessità di una valutazione attenta e prudente di tali prove. Ed è per tale ragione che il legislatore, pur non mettendo in dubbio il principio del libero convincimento del giudice e pur non volendo introdurre nel processo penale forme di prova legale, ha ritenuto di dettare precisi criteri di valutazione di prove siffatte che sono quelli indicati dall’articolo 192 comma 3^ c.p.p.. La giurisprudenza di legittimità, sensibile alla complessa problematica, ha poi, in applicazione della norma citata, ulteriormente precisato detti criteri, che impongono ai giudici una prudente valutazione di tali prove.

Il discorso fatto non vale ovviamente per i c.d. conversanti. In questo caso, infatti, si tratta di persone che non scelgono deliberatamente di accusare qualcuno all’Autorità Giudiziaria, ma di persone, che, non sapendo che le loro conversazioni sono intercettate, parlano liberamente di vari argomenti, spesso anche irrilevanti ai fini del processo per il quale è stata disposta la intercettazione. Tra le tante questioni discusse capita, quando vengano intercettate conversazioni di persone appartenenti ad organizzazioni criminali, che i soggetti intercettati discutano di problemi di lavoro, come del resto capita di fare a molte donne c.d. uomini, ovvero di imprese criminali già realizzate o da porre in essere e dei soggetti che hanno compiuto reati e con i quali loro siano in contatto. La differenza tra le due categorie di persone – collaboratori di giustizia e conversanti – appare del tutto evidente, perché nel caso dei conversanti non vi è alcuna consapevolezza di accusare qualcuno e l’intento di chi parla non è quello di accusare, ma essenzialmente quello di scambiare libere opinioni con un sodale. È allora evidente che tutte le riserve e tutte le prudenze necessarie per valutare la genuinità delle dichiarazioni del collaboranti non sussistono quando si tratta di conversazioni intercettate, perché in siffatte situazioni la spontaneità e la genuinità sono più semplici da accertare.

Una volta accertato che i conversanti non sanno di essere intercettati, infatti, i criteri da utilizzare per la valutazione della prova sono quelli ordinari e non può farsi riferimento ai criteri indicati dall’articolo 192 comma 3^ c.p.p…

Del resto la Suprema Corte ha già chiarito che il contenuto di una intercettazione, anche quando si risolva in una precisa accusa in danno di una terza persona, indicata come concorrente in un reato alla cui consumazione anche uno degli interlocutori dichiara di avere partecipato, non è in alcun modo equiparabile alla chiamata in correità e pertanto, se va anche esso attentamente interpretato sul piano logico e valutato su quello probatorio, non va però soggetto, nella predetta valutazione, ai canoni di cui all’articolo 192 comma 3^ c.p.p. (così Cass. Pen. 19 gennaio 1991, Primerano, CED 218392; Cass. Pen. 2 aprile 1992, Filice, in Cass. Pen. 93, 2590; Cass. Pen. 3 maggio 2001, Corso, in CED 220227, che ha sostenuto che le dichiarazioni, captate nel corso di attività di intercettazione regolarmente autorizzata, con le quali un soggetto si accusa della commissione di reati, hanno integrale valenza probatoria)”.

2.B La documentazione inerente le società

Nel caso di specie, dato indiziario parimenti rilevante è rappresentato dalle emergenze delle acquisizioni documentali inerenti le vicende delle diverse compagini sociali che hanno visto interessato il SURACI, che offrono, nel corso del tempo, la dinamica dei suoi affari, sempre diretti a creare uno schermo che permettesse di evitare che l’attenzione degli inquirenti fosse in qualche modo portata sulla sua persona, da cui l’esigenza di munirsi di prestanome, sempre in ambito familiare.

O si pensi, ancora, all’analisi delle emergenze delle acquisizioni documentali inerenti i leasing e le altre forme di finanziamento delle citate società.

2.C Le dichiarazioni dei collaboratori

Nulla è da aggiungere, a tal riguardo, a quanto si è già evidenziato, da parte di questo Ufficio, in seno a molti procedimenti i cui provvedimenti in sede de libertate ovvero di giudizio di primo grado hanno motivato circa l’attendibilità elevata dei collaboratori le cui dichiarazioni sono state raccolte e poste, unitamente agli altri elementi indiziari, a fondamento delle imputazioni provvisoriamente elevate agli indagati.

Sicchè a quelle valutazioni si fa rimando, peculiarmente a quelle riversate in seno alle due ordinanze definite Raccordo e Sistema emesse per i fini di questo stesso procedimento.

2.D Le emergenze di altri provvedimenti emessi in relazione a questo stesso procedimento o ad altri connessi

Nel caso di specie, dato indiziario parimenti rilevante è stato rappresentato dalle emergenze di altri procedimenti.

Occorre evidenziare come la giurisprudenza di legittimità [cfr. Cassazione, Sez. 6, Sentenza n. 88 del 6/11/2008 Cc. (dep. 7/1/2009) Rv. 242376] abbia correttamente evidenziato che i gravi indizi di colpevolezza richiesti per l’applicazione di una misura cautelare personale possono essere validamente costituiti dalle risultanze di altri procedimenti non ancora conclusi con sentenza divenuta irrevocabile, atteso che la previsione di cui all’art. 238 bis cod. proc. pen. si riferisce esclusivamente alle fonti di prova utilizzabili nel giudizio. Più recentemente, Cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 37024 del 29/9/2011 Cc. (dep.14/10/2011) Rv. 251142, ha indicato come ai fini dell’adozione di misure cautelari, anche reali, siano utilizzabili gli atti provenienti da altri procedimenti e non ancora acquisiti in dibattimento, sempre se indicati già in sede di richiesta della misura. In merito, poi, alle sentenze non ancora munite dell’autorità di giudicato, si richiama Cassazione, Sez. 1, Sentenza n. 17269 del 2/3/2001, Cc. (dep. 28/4/2001), Rv. 218819, che evidenzia come i gravi indizi di colpevolezza richiesti dall’art.273, comma 1, C. p. p. per l’applicazione e il mantenimento di misure cautelari personali possono essere validamente desunti anche da sentenze non ancora irrevocabili, senza che ciò comporti violazione nè dell’art.238 bis C. p. p. (il quale, nel prevedere che possano essere acquisite e valutate come prova le sentenze divenute irrevocabili, si riferisce al giudizio di colpevolezza e non alle condizioni di applicabilità delle misure cautelari), nè dell’art.238, comma 2 bis, C. p. p. (il quale, nel subordinare l’acquisizione di dichiarazioni rese in altri procedimenti alla condizione che il difensore abbia partecipato alla loro assunzione, si riferisce anch’esso al solo giudizio sulla responsabilità).

Di tal che non v’è dubbio che elementi tratti da procedimenti ancora in corso possano essere utilizzati, unitamente a quelli desumibili da altri definiti con pronunzie munite dell’autorità del giudicato, ai fini dell’apprezzamento del quadro di gravità indiziaria.

3). ALCUNE RIFLESSIONI SUI REATI CONTESTATI AI CAPI A) E A BIS).

Si impongono, ora, alcune riflessioni sulle fattispecie oggetto di contestazione nel presente procedimento cautelare.

Quanto alla fattispecie di cui al capo A), quella di partecipazione ad associazione di tipo mafioso, occorre evidenziare quanto segue.

L’art. 416 bis C. p. reca la rubrica “Associazioni di tipo mafioso anche straniere” e dispone:

<

Coloro che promuovono, dirigono od organizzano l’associazione sono puniti per ciò solo con la reclusione da nove a quattordici anni.

L’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza d’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva

– per commettere delitti,

– per acquisire in modo diretto od indiretto la gestione o, comunque, il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici

– o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri

– ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali…>>.

Una prima questione da affrontare consiste nell’individuazione della condotta tipica di tale delitto. In proposito alcune valutazioni contenute in giurisprudenza sembrano creare un certo dubbio circa la natura, monosoggettiva o plurisoggettiva, del delitto di cui all’art. 416 bis c. p., laddove

– il delitto avrebbe natura monosoggettiva se la sua condotta viene intesa come condotta individuale di entrare a far parte di un’associazione

– avrebbe natura plurisoggettiva se la sua condotta viene, invece, intesa come azione collettiva di associarsi.

Si legge nella sentenza DIMITRY, emessa dalle Sezioni Unite nel 1994: <<…Non v’è dubbio che l’elemento materiale del reato in esame sia costituito dalla condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso e che per partecipazione debba intendersi la stabile permanenza del vincolo associativo tra gli autori. Non vi è dubbio in altri termini che la condotta tipica del reato, di cui si discute, consista nel far parte dell’associazione…>>.

Si legge nella sentenza CARNEVALE, emessa dalle Sezioni Unite nel 2002: <<…La tipologia della condotta di partecipazione è delineata dal legislatore sotto l’espressione “chiunque fa parte di un’associazione di tipo mafioso” (art. 416-bis comma 1°). Tenuti presenti i connotati assegnati all’associazione mafiosa dal comma 3° dell’art. 416-bis, deve intendersi che “fa parte” di questa chi s’impegna a prestare un contributo alla vita del sodalizio, avvalendosi (o sapendo di potersi avvalere) della forza d’intimidazione del vincolo associativo e delle condizioni di assoggettamento e di omertà che ne derivano per realizzare i fini previsti. Al contempo, l’individuazione di un’espressione come “fa parte” non può che alludere ad una condotta che può assumere forme e contenuti diversi e variabili così da delineare una tipica figura di reato “a forma libera”, consistendo in un contributo apprezzabile e concreto, sul piano causale, all’esistenza od al rafforzamento dell’associazione e, quindi, alla realizzazione dell’offesa tipica agli interessi tutelati dalla norma incriminatrice. Sicché a quel “far parte” dell’associazione, che qualifica la condotta del partecipe, non può attribuirsi il solo significato di condivisione meramente psicologica del programma criminoso e delle relative metodiche, bensì a quello più pregnante di una concreta assunzione di un ruolo materiale all’interno della struttura criminosa…>>.

In realtà, a parere di questo giudice, per individuare correttamente gli elementi costitutivi di tale reato, non si può prescindere da una lettura combinata dell’articolo 416 bis c. p. e dell’art. 416 c. p., che disciplina l’associazione per delinquere c.d. semplice. L’art. 416 c. p. dispone, infatti: << Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti, coloro che promuovono o costituiscono od organizzano l’associazione sono puniti per ciò solo con la reclusione da tre a sette anni. Per il solo fatto di partecipare all’associazione, la pena è della reclusione da uno a cinque anni…>>. Il legislatore, per raggiungere il medesimo scopo, avrebbe potuto seguire una diversa tecnica normativa, descrivendo il reato, di cui all’art. 416 bis c. p., sulla falsariga di quello, di cui all’art. 416 c. p., relativo alla associazione per delinquere “semplice”.

A ben vedere, l’equivoco consiste nel configurare il reato di cui all’art. 416 bis c. p. come un reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso e non come reato di associazione di tipo mafioso, come recita testualmente il titolo. Si vuol dire, cioè, che la condotta tipica di tale delitto non è la condotta individuale del “far parte”, quanto, piuttosto, la condotta collettiva dell’associarsi di tre o più persone, che decidono di mettere insieme in modo stabile le proprie energie fisiche e mentali ed un complesso di beni e risorse (soldi, armi, beni mobili ed immobili), così da creare una struttura organizzativa permanente ed adeguata rispetto al perseguimento del programma criminoso descritto nel 3° comma e costituito dalla commissione di delitti o di specifiche attività, ivi dettagliatamente e tassativamente elencate, attraverso l’impiego del c.d. metodo mafioso, che consiste appunto nell’avvalersi della forza d’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, laddove

– per “forza d’intimidazione” deve intendersi la capacità di incutere paura nei terzi che l’associazione ha, in virtù della sua stabile e non occasionale predisposizione ad esercitare la coazione;

– per “assoggettamento” deve intendersi lo stato di sottomissione e succubanza psicologica nelle potenziali vittime dell’intimidazione, derivante dalla loro convinzione di essere esposte ad un grave ed ineludibile pericolo di fronte alla forza dell’associazione;

– per “omertà” deve intendersi la presenza di un rifiuto generalizzato e non occasionale di collaborare con la giustizia, che si manifesta comunemente nella forma di testimonianze false e reticenti o di favoreggiamenti.

Ovviamente, basta la sola esistenza di tale associazione mafiosa a turbare l’ordine pubblico, suscitando allarme nella popolazione, a prescindere dal fatto che venga attuato il programma criminoso attraverso la commissione dei reati-fine.

Va, peraltro, rilevato che le stesse Sezioni Unite, nella sentenza CARNEVALE, pur parlando di condotta di partecipazione all’associazione mafiosa, escludono che la condotta tipica del delitto abbia natura monosoggettiva e che, conseguentemente, il concorso esterno in tale delitto sia una sorta di concorso eventuale nella condotta individuale “di far parte” dell’associazione. Le Sezioni Unite del 2002 affermano, infatti: <<…La tesi della natura monosoggettiva del delitto di partecipazione è inaccettabile, perché l’inclusione di taluno in un’associazione non può dipendere solo dalla volontà di colui che all’associazione intende aderire, ma richiede anche quella di tutti gli altri associati o di coloro che li rappresentano. Si è giustamente osservato che è davvero difficile vedere nella partecipazione una fattispecie monosoggettiva, come se la condotta sia costituita da un atto unilaterale di adesione all’associazione, da un’iscrizione, e non sia invece, tanto nel momento iniziale quanto in tutto il suo svolgimento, destinata a combinarsi con le condotte degli altri associati, in un’unione di forze per imprese che generalmente trascendono le capacità individuali. In effetti, tanto la costituzione dell’associazione quanto l’inserimento di un soggetto in un’organizzazione già formata postulano sempre e necessariamente la volontà e l’agire di una pluralità di persone. Si deve, perciò, ritenere che tutti i reati associativi sono sempre reati a concorso necessario, vale a dire, fattispecie plurisoggettive proprie…>>.

Appare evidente che le Sezioni Unite, nell’affermare, in buona sostanza, che la partecipazione non è un atto unilaterale di adesione all’associazione, ma il risultato di un’azione collettiva di reciproca adesione, non fanno che confermare indirettamente quanto prima si è detto e, cioè, che la condotta tipica è costituita più propriamente dall’associarsi di più persone che si verifica sia al momento della costituzione dell’associazione sia in occasione del successivo inserimento di altro associato in un’organizzazione già esistente. Ed, infatti, anche in questo secondo caso vi è la necessità di un incontro di volontà tra il nuovo associato ed i soggetti già associati.

Appare in linea con la presente ricostruzione la sentenza della Corte di Cassazione n. 9064 del 12.12.2003/2.03.2004, PG in proc. MARINARO ed altri, nella quale si sottolinea

– che <>

– e che <>.

Si riportano, di seguito, alcuni brani della motivazione della sentenza citata, che chiariscono il significato concreto della necessaria attitudine dell’associazione mafiosa ad operare con il metodo mafioso, precisando anche i criteri da utilizzare per la prova di tale requisito. Osserva la Suprema Corte:

<

Il ricorso specifico da parte di ciascun membro del gruppo all’intimidazione, all’assoggettamento ed all’omertà non costituisce una modalità della condotta tipica (la quale – come si è detto – si esaurisce nel fatto in sé di associarsi ovvero di promuovere, dirigere, organizzare un’associazione di questo tipo, apportando un certo contributo all’esistenza dell’ente), ma costituisce l’elemento strumentale tipico, di cui gli associati si avvalgono in vista della realizzazione degli scopi propri dell’associazione. In altri termini, quindi, ai fini della consumazione del reato associativo in questione, non è necessario che i suddetti strumenti siano stati utilizzati in concreto dai singoli associati, sempre che costoro, però, siano effettivamente nelle condizioni e nella consapevolezza di poterne disporre … E’, pertanto, necessario che l’associazione abbia conseguito, in concreto, nell’ambiente circostante nel quale essa opera, un’effettiva capacità d’intimidazione, sino ad estendere intorno a sé un alone permanente d’intimidazione diffusa, tale che si mantenga vivo anche a prescindere da singoli atti d’intimidazione concreti posti in essere da questo o quell’associato. E’ ovvio che, qualora emergano prove di concreti atti d’intimidazione e di violenza, esse possono utilmente riflettersi anche sulla prova della forza intimidatrice del vincolo associativo, ma vi si riflettono solo in via ausiliaria, poiché ciò che conta è che, anche mancando la prova di tali atti, l’elemento della forza intimidatrice sia desunto da circostanze atte a dimostrare la capacità d’incutere timore propria dell’associazione e ricollegabile ad una generale percezione della sua terribile efficienza nell’esercizio della coercizione fisica. Tale capacità deve essere, peraltro, attuale e non solo potenziale e l’alone d’intimidazione diffusa deve essere effettivo ed obiettivamente riscontrabile, essendo insufficiente la prova della sola intenzione di produrlo e di avvalersene… In mancanza di un quadro indiziario emergente dal compimento di atti diretti ad intimidire, deve, comunque, emergere aliunde e deve essere obiettivamente dimostrabile un clima di intimidazione diffusa scaturente dall’associazione medesima, quale risultante di un’antica e, in ogni caso, consolidata consuetudine di violenza, che venga chiaramente percepito come tale all’esterno e del quale gli associati si avvantaggino per perseguire i loro fini. L’omertà, intesa come rifiuto assoluto ed incondizionato di collaborare con gli organi dello Stato, che si correla in rapporto di causa ad effetto alla forza d’intimidazione dell’associazione di stampo mafioso, deve essere sufficientemente diffusa, anche se non generale, e può derivare non solo dalla paura di danni alla propria persona, ma anche dall’attuazione di minacce che comunque possono realizzare danni rilevanti, sicché sia diffusa la convinzione che la collaborazione con l’Autorità giudiziaria non impedirà ritorsioni dannose per la persona del denunciante, in considerazione della ramificazione dell’organizzazione, della sua efficienza, della sussistenza di altri soggetti non identificabili, forniti del potere di danneggiare chi ha osato contrapporsi… La prova degli elementi caratterizzanti l’ipotesi criminosa di cui all’art. 416-bis cp può essere desunta, con metodo logico-induttivo, in base al rilievo che il sodalizio presenti tutti gli indici rivelatori del fenomeno mafioso, quali la segretezza del vincolo, i vincoli di comparaggio tra gli adepti, il rispetto assoluto del vincolo gerarchico, l’accollo delle spese di giustizia da parte della cosca, il diffuso clima di omertà come conseguenza ed indice rivelatore dell’assoggettamento alla consorteria. Gli indizi del reato associativo possono essere legittimamente tratti, altresì, dalla commissione dei reati-fine, interpretati alla luce dei moventi che li hanno ispirati, quando questi valgano ad inquadrarli nella finalità dell’associazione (Sez. 6, 10.2.2000 n. 1612, ric. FERONE ed altri; Sez. V, 20.4.2000 n. 4893, ric. PG in proc. FRASCA) … >>.

La successiva sentenza n. 31461 del 7.6.2004/16.7.2004, FORIGLIO ed altro ha ribadito alcuni di questi concetti, precisando, in particolare, che << in tema di associazione di tipo mafioso, la forza d’intimidazione che caratterizza il vincolo associativo non necessariamente deve desumersi da specifiche minacce avanzate da uno o più componenti della “famiglia”, ma può essere argomentato con valutazioni di merito che, se congrue, non sono censurabili in sede di legittimità, sulla base di elementi atti a dimostrare il diffuso clima di sopraffazione e conseguente assoggettamento delle vittime (Nel caso di specie la Corte ha ritenuto congrua la motivazione di giudici di merito che avevano valorizzato il “modo selvaggio con il quale gli imputati avevano esercitato la pastorizia”, ponendo in essere condotte di pascolo abusivo e di danneggiamento, e l’atteggiamento remissivo dei proprietari per timore di ritorsioni) >>.

Il delitto di associazione mafiosa è, dunque, un reato plurisoggettivo e, come tutti i reati aventi questa natura, esige

1) sul piano oggettivo

– un numero minimo di soggetti agenti, che, nel caso di specie, è quello di tre;

– la commissione, da parte di ciascun soggetto agente, della condotta tipica prevista dalla norma di parte speciale ed alla quale consegue il prodursi dell’evento (cioè, nel caso di specie, la condotta di associarsi e l’evento dell’esistenza di una struttura associativa)

2) sul piano soggettivo, in capo a ciascun soggetto agente:

– la coscienza e volontà della condotta (c.d. suitas della condotta);

– la volontà dell’evento;

– il dolo specifico, se previsto, dalla norma di parte speciale, che nel caso di specie è costituito dalla volontà di perseguire la finalità di realizzare il programma criminoso.

Ovviamente, qualunque soggetto, che concorra nella commissione del reato, di cui all’art. 416 bis c. p., ponendo in essere la condotta tipica ed avendo il dolo sopra descritto, deve considerarsi a tutti gli effetti un soggetto attivo del reato, cioè un partecipe dell’associazione di tipo mafioso.

Ciò premesso, la prova del fatto che un certo soggetto sia partecipe dell’associazione può essere tratta:

1. sia da elementi che dimostrino direttamente l’avvenuta affiliazione del soggetto alla consorteria mafiosa;

2. sia da elementi che dimostrino indirettamente tale intraneità nella consorteria (ad esempio le Sezioni Unite, nella sentenza CINALLI del 2001, hanno ritenuto che tale prova possa trarsi dall’accertata commissione da parte del soggetto di più reati-fine).

Utile, ancora, ricordare che il contributo rilevante ed effettivo del partecipe, per essere tale, può essere costituito anche dalla dichiarata adesione all’associazione e dalla disponibilità ad agire come «uomo d’onore», ai fini anzidetti (v. Cass., sez. 21 dicembre 2004, Papalia), disponibilità che deve essere accertata in concreto alla stregua di quegli indicatori fattuali, che, in via alternativa, connotano dal punto di vista probatorio il contenuto del “far parte” (v. Cass. 11 dicembre 2007 Cass. 2007, Addante).

Più in particolare, nel caso della ‘ndrangheta, può ritenersi che l’avere avuto conferita una dote (o grado) è elemento particolarmente degno di rilievo indiziante (sotto un triplice punto di vista: per chi dà la dote, per chi la riceve e per chi è presente al rituale).

Quanto, ancora, al principio secondo cui la mera affiliazione é sufficiente per ritenere un soggetto partecipe all’associazione mafiosa, esso è stato più volte ribadito dalla giurisprudenza, tanto che la stessa può ritenersi consolidata sul punto:

– “È partecipe ad associazione mafiosa chi, indipendentemente dal ricorso o meno a forme rituali di affiliazione, si sia limitato a prestare la propria adesione, con impegno di messa a disposizione, per quanto necessario, della propria opera, all’associazione anzidetta, giacchè anche in tal modo il soggetto viene consapevolmente ad accrescere la potenziale capacità operativa e la temibilità dell’organizzazione delinquenziale” (Cass. 16.6.92, Altadonna);

– “L’assunzione della qualifica di uomo d’onore è significativa non già di una semplice adesione morale, ma addirittura di una formale affiliazione alla cosca mercè apposito rito (la c.d. legalizzazione)” (Cass. 27.8.96, Brusca);

– “Nell’assunzione della qualifica di uomo d’onore va ravvisata non soltanto l’appartenenza -tendenzialmente permanente e difficilmente revocabile – alla mafia, nel senso letterale del personale inserimento in organismo collettivo con soggezione alle sue regole me comandi, ma altresì la prova del contributo causale, che è immanente nell’obbligo di prestare ogni propria disponibilità al servizio della cosca, accrescendone così la potenzialità operativa e la capacità di inserimento nel tessuto sociale anche mercè l’aumento numerico dei suoi membri. E invero, se la condotta di partecipazione ad una associazione per delinquere, per essere punibile, non può esaurirsi una manifestazione positiva di volontà del singolo di aderire al sodalizio che si sia già formato, occorrendo invece la prestazione da parte dello stesso, di un effettivo contributo che può essere anche minimo e di qualsiasi forma e contenuto, purché destinato a fornire efficacia al mantenimento in vita della struttura o al perseguimento degli scopi di essa, nel caso dell’associazione di tipo mafioso – che si differenzia dalla comune associazione per delinquere per la sua peculiare forza di intimidazione scaturente dal legame che unisce gli associati ai quali si chiede di prestare, quando necessario, concreta attività diretta a piegare la volontà dei terzi – il detto contributo può essere costituito anche dalla dichiarata adesione all’associazione da parte del singolo, il quale presti la propria disponibilità ad agire, quale uomo d’onore, ai fini anzidetti” (Cass. 28.1.2000, Oliveri);

– “Sul piano probatorio, la partecipazione ad una associazione di tipo mafioso può essere desunta da indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili regole di esperienza attinenti propriamente al fenomeno della criminalità di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi la appartenenza del soggetto al sodalizio, purché si tratti di indizi gravi e precisi, come, ad esempio, i comportamenti tenuti nelle pregresse fasi di “osservazione” e “prova”, l’affiliazione rituale, l’investitura della qualifica di “uomo d’onore”, la commissione di delitti-scopo, oltre a molteplici e significativi “facta concludentia”, idonei senza alcun automatismo probatorio a dare la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo, con puntuale riferimento, peraltro, allo specifico periodo temporale considerato dall’imputazione.” (Cass. 1470/07; Cass. Sez. Un. 33748/05).

– Negli stessi termini, proprio in tema di ndrangheta, con la già citata sentenza nr. 2350/04 si è affermato che “la condotta di partecipazione ad un’associazione per delinquere, per essere punibile, non può esaurirsi in una manifestazione positiva di volontà del singolo di aderire alla associazione che si sia già formata, occorrendo invece la prestazione, da parte dello stesso, di un effettivo contributo, che può essere anche minimo e di qualsiasi forma e contenuto, purché destinato a fornire efficacia al mantenimento in vita della struttura o al perseguimento degli scopi di essa. Nel caso dell’associazione di tipo mafioso, differenziandosi questa dalla comune associazione per delinquere per la sua peculiare forza di intimidazione, derivante dai metodi usati e dalla capacità di sopraffazione, a sua volta scaturente dal legame che unisce gli associati (ai quali si richiede di prestare, quando necessario, concreta attività diretta a piegare la volontà dei terzi che vengano a trovarsi in contatto con l’associazione e che ad essa eventualmente resistano), il detto contributo può essere costituito anche dalla dichiarata adesione all’associazione da parte del singolo, il quale presti la sua disponibilità ad agire come “uomo d’onore”, ai fini anzidetti.” (Cass. n. 2350/2004, imputato Papalia + altri).

– In termini sintetici: “La disponibilità a fare, insita nella scelta di aderire al sodalizio, genera negli altri membri la certezza di poter contare, all’occorrenza, sul suo apporto, e costituisce per ciò solo un valore per l’associazione stessa” (Cass. 2340/04)

In tema di associazione per delinquere di tipo mafioso, da ultimo, le relazioni di parentela e di affinità dell’imputato assumono valore indiziante aggiuntivo circa la partecipazione al sodalizio, nulla impedendo che una volta accertata, da un lato, l’esistenza di un’organizzazione delinquenziale a base familiare (come nella specie può sicuramente affermarsi) e, d’altro canto, una non occasionale attività criminosa di singoli esponenti della famiglia nel medesimo campo in cui questa opera, venga considerato non privo di valore indiziante, in ordine alla partecipazione dei suindicati soggetti al sodalizio criminoso, anche il fatto che vi siano legami di parentela o di affinità tra essi e coloro che, nel sodalizio familiare criminale, occupano posizioni di vertice o, comunque, di rilievo (cfr. Cassazione Penale, Sez. VI, 21 maggio 1998, n. 3089).

* * *

Venendo, ora, all’imputazione di cui al capo A) bis, essa richiama la necessità di alcune riflessioni in ordine al concorso eventuale di persone in un reato a struttura plurisoggettiva, quale è quello di cui all’art. 416bis C. p.. La tematica, sorta con l’introduzione stessa della fattispecie di cui all’art. 416bis c. p., oltre ad avere stimolato ampio dibattito dottrinale, ha determinato il susseguirsi di pronunce di legittimità che hanno via via dipanato i dubbi interpretativi sorti negli interpreti. Un primo punto fermo è stato fissato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la già citata sentenza n. 16 del 5/10/1994, dep. 28/12/1994, DEMITRY, che ha iniziato a delineare i requisiti ed i presupposti in virtù dei quali è stato ritenuto giuridicamente ipotizzabile il concorso esterno.

Se, nella massima della decisione, si afferma che è configurabile il concorso eventuale nel reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, in motivazione, la S. C. sottolinea – come anticipato prima – la diversità di ruoli tra il partecipe all’associazione ed il concorrente eventuale materiale, nel senso che il primo è colui senza il cui apporto quotidiano, o comunque assiduo, l’associazione non raggiunge i suoi scopi o non li raggiunge con la dovuta speditezza; è, insomma, colui che agisce nella “fisiologia”, nella vita corrente quotidiana dell’associazione; il secondo è, per definizione, colui che non vuol far parte dell’associazione e che l’associazione non chiama a “far parte”, ma al quale si rivolge sia per colmare vuoti temporanei in un determinato ruolo, sia, soprattutto, nel momento in cui la “fisiologia” dell’associazione entra in fibrillazione, attraversando una fase “patologica” che, per essere superata, richiede il contributo temporaneo, limitato anche ad un unico intervento, di un esterno: insomma è il soggetto che occupa uno spazio proprio nei momenti di emergenza della vita associativa.

Dopo pronunce di legittimità che hanno deciso le controversie conformemente all’insegnamento di Sezioni Unite Demitry, con la sentenza Villecco del 2001, si è nuovamente messa in discussione la problematica, sicché si è giunti a nuovo pronunciamento di legittimità, la nota sentenza CARNEVALE.

Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza n. 22327 del 30/10/2002, dep. 21/05/2003, CARNEVALE, infatti, evidenzia che: in tema di reati associativi (nella specie, associazione di tipo mafioso) è configurabile il concorso cd. “esterno” nel reato in capo alla persona che, priva della “affectio societatis” e non inserita nella struttura organizzativa del sodalizio, fornisce un contributo concreto, specifico, consapevole e volontario, a carattere indifferentemente occasionale o continuativo, purché detto contributo abbia un’effettiva rilevanza causale ai fini della conservazione o del rafforzamento dell’associazione e l’agente se ne rappresenti, nella forma del dolo diretto, l’utilità per la realizzazione, anche parziale, del programma criminoso (Nell’occasione la Corte ha precisato che la prova del concorso esterno nel reato associativo deve avere ad oggetto gli elementi costitutivi della fattispecie delittuosa e che i riscontri relativi alle chiamate in reità o correità debbono avere carattere individualizzante).

La sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione Carnevale, dunque, definisce con precisione gli ambiti di operatività della fattispecie criminosa del concorso esterno di persone nel delitto di associazione per delinquere di stampo mafioso. Il ragionamento posto a fondamento della decisione della Suprema Corte origina dall’individuato discrimine esistente tra il concetto di partecipazione organica ad una struttura associativa e comportamenti diversi che abbiano, comunque, incidenza sulla sussistenza della struttura, assumendo rilievo penale in forza del principio generale di cui all’art. 110 c.p., la cui applicazione alle singole ipotesi di reato non risulta preclusa da alcuna previsione normativa.

Ma, sul tema del concorso esterno, ulteriore approdo giurisprudenziale è rappresentato dalla Sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 33748 del 12/7/2005, dep. 20/9/2005, MANNINO.

La massima ufficiale indica che: in tema di associazione di tipo mafioso, assume il ruolo di “concorrente esterno” il soggetto che, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell’associazione e privo dell'”affectio societatis”, fornisce un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, sempre che questo esplichi un’effettiva rilevanza causale e quindi si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacità operative dell’associazione (o, per quelle operanti su larga scala come “Cosa nostra”, di un suo particolare settore e ramo di attività o articolazione territoriale) e sia diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso della medesima. (In motivazione la Corte, rilevando come la efficienza causale in merito alla concreta realizzazione del fatto criminoso collettivo costituisca elemento essenziale e tipizzante della condotta concorsuale, di natura materiale o morale, ha specificato che non è sufficiente una valutazione “ex ante” del contributo, risolta in termini di mera probabilità di lesione del bene giuridico protetto, ma è necessario un apprezzamento “ex post”, in esito al quale sia dimostrata, alla stregua dei comuni canoni di “certezza processuale”, l’elevata credibilità razionale dell’ipotesi formulata in ordine alla reale efficacia condizionante della condotta atipica del concorrente).

Si è anche precisato, quanto all’elemento soggettivo, che: in tema di associazione di tipo mafioso, ai fini della configurabilità del concorso esterno, occorre che il dolo investa sia il fatto tipico oggetto della previsione incriminatrice, sia il contributo causale recato dalla condotta dell’agente alla conservazione o al rafforzamento dell’associazione, agendo l’interessato nella consapevolezza e volontà di recare un contributo alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso del sodalizio. (In motivazione la Corte ha precisato che deve escludersi la sufficienza del dolo eventuale, inteso come mera accettazione da parte del concorrente esterno del rischio di verificazione dell’evento, ritenuto solamente probabile o possibile insieme ad altri risultati intenzionalmente perseguiti).

Orbene, la motivazione della sentenza esordisce evidenziando come il Supremo Collegio reputi innanzi tutto di confermare il principio giurisprudenziale (Sez. Un., 5/10/1994, Demitry, Foro it. 1995, 2^, 422; Sez. Un., 27/9/1995, Mannino, Cass. pen. 1996, 1087; Sez. Un., 30/10/2002, Carnevale, Foro it. 2003, 2^, 453), secondo cui anche per il delitto di associazione di tipo mafioso di cui all’art. 416 bis cod. pen. è configurabile il concorso esterno.

Osserva, in particolare, la Corte – come sopra si è anticipato, trattando del reato di cui all’art. 416 bis C. p. – che, nel tracciare il criterio discretivo tra le rispettive categorie concettuali della partecipazione interna e del concorso esterno, si definisce “partecipe” colui che, risultando inserito stabilmente e organicamente nella struttura organizzativa dell’associazione mafiosa, non solo “è” ma “fa parte” della (meglio ancora: “prende parte” alla) stessa: locuzione questa da intendersi non in senso statico, come mera acquisizione di uno status, bensì in senso dinamico e funzionalistico, con riferimento all’effettivo ruolo in cui si è immessi e ai compiti che si è vincolati a svolgere perché l’associazione raggiunga i suoi scopi, restando a disposizione per le attività organizzate della medesima. Di talché, sul piano della dimensione probatoria della partecipazione rilevano tutti gli indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili regole di esperienza attinenti propriamente al fenomeno della criminalità di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi il nucleo essenziale della condotta partecipativa, e cioè la stabile compenetrazione del soggetto nel tessuto organizzativo del sodalizio. Deve dunque trattarsi di indizi gravi e precisi (tra i quali le prassi giurisprudenziali hanno individuato, ad esempio, i comportamenti tenuti nelle pregresse fasi di “osservazione” e “prova”, l’affiliazione rituale, l’investitura della qualifica di “uomo d’onore”, la commissione di delitti-scopo, oltre a molteplici, variegati e però significativi “facta concludentia”) dai quali sia lecito dedurre, senza alcun automatismo probatorio, la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo nonché della duratura, e sempre utilizzabile, “messa a disposizione” della persona per ogni attività del sodalizio criminoso, con puntuale riferimento, peraltro, allo specifico periodo temporale considerato dall’imputazione.

Assume, invece, la veste di concorrente “esterno” il soggetto che, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell’associazione mafiosa e privo dell’affectio societatis (che quindi non ne “fa parte”), fornisce tuttavia un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, sempre che questo abbia un’effettiva rilevanza causale ai fini della conservazione o del rafforzamento

 

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