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TAURIANOVA (RC), VENERDì 27 DICEMBRE 2024

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Omicidio Lanzino, i Ris in aula: “Pessime le perizie fatte in questi anni sul corpo di Roberta” Secondo gli esperti il profilo genetico dell'assassino si sarebbe potuto recuperare già nel 1988, l'anno dell'omicidio e a nulla sarebbero valse le numerose analisi fatte negli anni. «Resta comunque un caso eccezionale, sia tecnico sia temporale»

Omicidio Lanzino, i Ris in aula: “Pessime le perizie fatte in questi anni sul corpo di Roberta” Secondo gli esperti il profilo genetico dell'assassino si sarebbe potuto recuperare già nel 1988, l'anno dell'omicidio e a nulla sarebbero valse le numerose analisi fatte negli anni. «Resta comunque un caso eccezionale, sia tecnico sia temporale»
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COSENZA – «Le perizie sul corpo di Roberta Lanzino sono state eseguite in modo pessimo». Così gli esperti del Ris di Messina, il maggiore Carlo Romano e il maresciallo Giovanni Marci che sono intervenuti in udienza, al tribunale di Cosenza, per illustrare il loro lavoro che ha portato all’individuazione del dna dell’assassino). Una testimonianza raccolta da Roberto Grandinetti sul Quotidiano. I due sono giunti alla conclusione che il sangue analizzato a seguito di nuovi esami sul terriccio ritrovato sul cadavere, è di Roberta Lanzino e che il liquido seminale è di un uomo, sicuramente di colui che la violentò. Risultato giunto dopo 27 anni ma che, hanno detto i Ris in aula, si poteva ottenere anche nel 1988, solo che le relative perizie furono effettuate in «modo pessimo».

«Sono stati fatti degli errori grossolani», ha per detto il maggiore Romano. Ha ricordato che effettivamente furono fatti dei tamponi sulla povera Roberta, sui quali molto probabilmente era rimasto impresso il Dna del suo violentatore e assassino. Ma quei tamponi sono spariti nel nulla. Nessuno di fatto li ha mai analizzati a dovere («una cosa sorprendente», ha aggiunto il maggiore Romano). Sono stati mandati a Bari, Roma, Genova e finanche in Inghilterra, da dove furono ripresi senza che gli esperti completassero la loro opera. Insomma, di fatto c’erano tutti gli elementi – già 27 anni fa – per risalire in pochi giorni a un Dna. Un altro aspetto incredibile di questa annosa vicenda.

I Ris poi hanno parlato della loro perizia: «Il caso ha voluto – hanno detto i due esperti – che la terra si mantenesse secca, preservando le tracce biologiche. E comunque trovare, dopo quasi 27 anni, tracce di liquido seminale è qualcosa di eccezionale, sia dal punto di vista temporale che tecnico. In letteratura non esiste un prelievo del genere. Pubblicheremo i risultati di questa perizia».

I difensori di Franco Sansone, imputato dell’omicidio, avevano comunque presentato una perizia di parte sostenendo che quel Dna non è compatibile con quello del loro assistito.