Omicidio Lanzino, il Dna estrapolato non è di Franco Sansone Nuovo colpo di scena nel corso dell'udienza per la morte di Roberta. Dopo avere scoperto il Dna dell'assassino, la difesa sostiene che non ci sia compatibilità con il principale imputato
COSENZA – «Il Dna estrapolato non è di Franco Sansone». Colpo di scena nel corso dell’udienza del processo per la morte di Roberta Lanzino. A sostenere la tesi della non compatibilità è l’avvocato Enzo Belvedere, difensore del pastore di Cerisano ritenuto principale imputato nell’omicidio. Il legale ha basato la sua affermazione su una perizia tecnica redatta da un consulente di parte. Toccherà ovviamente ai consulenti del tribunale e della Procura verificare quanto sostenuto dalla difesa.
La notizia arriva dopo quella dell’isolamento del Dna dell’assassino della figlia. Un risultato al quale sono arrivati i Ris di Messina che alla Corte di Assise di Cosenza hanno depositato una perizia di 63 pagine nella quale spiegano di essere riusciti a isolare il liquido seminale ritrovato nel terriccio del luogo dell’omicidio.
Per l’omicidio della ragazza rendese, avvenuto nell’estate del 1988, sono sotto processo tre pastori di Cerisano, Alfredo Sansone e i figli Franco e Remo. Franco è accusato di aver violentato e ucciso insieme allo scomparso Luigi Carbone la povera Roberta. I tre Sansone di aver poi fatto scomparire per sempre Carbone, scomodo testimone.
Nell’udienza di oggi sono chiamati a comparire i carabinieri del Ris, che relazioneranno su degli esami effettuati sul alcuni oggetti e indumenti, compreso il braccialetto indossato dalla vittima e ritrovato diversi anni dopo il delitto.