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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 12 DICEMBRE 2024

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Omicidio Lea Garofalo, il pg chiede 3 ergastoli e 2 assoluzioni

Omicidio Lea Garofalo, il pg chiede 3 ergastoli e 2 assoluzioni

| Il 16, Mag 2013

Sconto di pena per il pentito Venturino. La figlia Denise: “Non voglio le scuse da mio padre”

Omicidio Lea Garofalo, il pg chiede 3 ergastoli e 2 assoluzioni

Sconto di pena per il pentito Venturino. La figlia Denise: “Non voglio le scuse da mio padre”

 

MILANO – Un terribile caso di ‘lupara bianca’ a Milano, con modalità atroci, che nell’ultimo periodo, però, si è trasformato anche in un complicato ‘puzzle’ sulle responsabilità, soprattutto dopo le dichiarazioni di un pentito, a cui è seguita anche una clamorosa ma traballante confessione in aula. E’ per questo ‘quadro’ che oggi nel processo d’appello sull’omicidio di Lea Garofalo, la testimone di giustizia calabrese che venne uccisa il 24 novembre del 2009 e il cui corpo venne bruciato, il sostituto pg di Milano ha dovuto chiedere che venissero confermati solo tre dei sei ergastoli inflitti in primo grado. Per gli altri imputati, invece, ha chiesto due assoluzioni e una condanna a 27 anni di carcere. Nulla è mutato, però, secondo il pm Marcello Tatangelo (applicato anche in secondo grado) in ordine alla colpevolezza e alla pena da infliggere a Carlo Cosco, l’ex compagno della donna che dalla fine degli anni ’90 ha portato avanti un ”unico piano criminoso”, quello di eliminare Lea e far sparire il cadavere. Malgrado la donna avesse ricostruito davanti agli inquirenti calabresi fatti di sangue di una faida, e fosse finita anche sotto protezione, la sua morte non fu voluta, secondo il pg, dalla ‘ndrangheta, ma Carlo Cosco, ”appartenente” alla mafia calabrese, agì “per il disonore che nell’ambiente criminale lei gli aveva causato abbandonandolo e per l’odio profondo che nutriva” verso l’ex compagna. Merita, dunque, ha concluso il pg, l’ergastolo. Non è bastata a convincere l’accusa quella confessione resa a sorpresa dall’imputato nelle scorse udienze e a oltre tre anni di distanza dai fatti. Cosco, secondo il magistrato, infatti ha solo provato “a limitare il danno”, parlando di un “raptus d’impeto” e tentando così di escludere la premeditazione e anche le responsabilità del fratello Vito. Anche per quest’ultimo, invece, l’accusa ha chiesto la conferma dell’ergastolo, così come per un terzo imputato, Rosario Curcio, che si sarebbe occupato di “raccogliere” il corpo, bruciarlo dentro un fusto e gettare i resti in un tombino in un capannone a Monza. All’occultamento del cadavere avrebbe partecipato anche Carmine Venturino che, lo scorso luglio, dopo l’ergastolo in primo grado ha deciso di pentirsi aiutando gli investigatori a ritrovare i pochi resti della donna. Deve avere dunque, secondo il pg, uno sconto di pena: non più l’ergastolo, ma 27 anni di carcere con le “attenuanti generiche”. Tuttavia, non gli si può concedere “l’attenuante speciale che prevede un fortissimo sconto per i collaboratori di giustizia”. Il pg, nel corso della requisitoria, ha dovuto in più passaggi anche fare la ‘tara’ alle dichiarazioni del pentito che nei verbali scagiona due persone. E a un certo punto il magistrato ha anche paventato l’ipotesi di una “strategia condivisa” tra alcuni imputati. Alla fine ha concluso dicendo di non essere “affatto certo che Giuseppe Cosco (altro fratello di Carlo, ndr) e Massimo Sabatino (il sesto imputato, ndr) siano estranei all’omicidio, ma il dubbio ce l’ho e la mia coscienza di magistrato mi impone di chiedere che siano assolti”. La figlia di Lea, Denise, 21 anni – eroina di questa vicenda perché ha aiutato i magistrati nelle indagini ed è parte civile contro il padre – ha seguito come al solito l’udienza da dietro un paravento: è sotto protezione. “Cosco – ha fatto notare il suo legale, l’avvocato Vincenza Rando – ci viene a parlare di un fatto d’impeto e poi vuole anche chiedere scusa a una ragazza che oggi sta cercando di rialzarsi”. La sorella e la madre di Lea, invece, tramite l’avvocato Roberto D’Ippolito, hanno chiesto che vengano confermati i 6 ergastoli. Domani parola alle difese e il 21 maggio forse la sentenza.