Rifiuti tossici dell’Ilva di Taranto scaricati in Calabria Inquietante retroscena emerso dalle intercettazioni dell'inchiesta
Dieci, dodici viaggi al giorno di rifiuti speciali provenienti dall’Ilva di Taranto e diretti in Calabria. E’ l’inquietante retroscena emerso dall’operazione “Stige”, portata a termine dai carabinieri con 169 arresti tra gli esponenti della cosca Farao-Marincola. Del traffico di rifiuti si parla in intercettazioni agli atti dell’inchiesta. Protagonisti della conversazione sono Francesco Tallarico, esponente di spicco del clan e referente per la città di Casabona, Giovanni Trapasso, boss di San Leonardo di Cutro già detenuto per un’altra indagine, e l’imprenditore Giuseppe Clarà, titolare di una società che si occupa dello smaltimento di rifiuti e arrestato.
Tallarico rivela a Trapasso che, attraverso una delle imprese di Clarà, si era accaparrato alcuni lavori di smaltimento di scarti industriali e rifiuti tossici provenienti dall’Ilva di Taranto, avendo la possibilità di effettuare circa dieci o dodici viaggi giornalieri, con il materiale che sarebbe stato poi scaricato in territorio calabrese. Non è chiaro dove gli scarti industriali siano stati portati. Tallarico, però, si sarebbe adoperato per far incontrare Clarà direttamente con Giuseppe Sestito, responsabile della cosca per la zona di Cirò Superiore.
L’incontro si sarebbe reso necessario per ottenere il placet di Sestito all’affare dei rifiuti. Nelle intercettazioni sono chiare, Tallarico afferma: “… noi abbiamo preso, stanno facendo lo smaltimento dell’Ilva (omissis) … a Taranto e abbiamo preso tutto il trasporto del limo, del materiale… con i camion e deve venire qua questo materiale, ci sono dieci, dodici viaggi al giorno e ho chiamato a lui l’ho fatto parlare pure con il compare Pino”.