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TAURIANOVA (RC), MERCOLEDì 22 GENNAIO 2025

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Panorama visto dall’alto sul terremoto del 25 maggio

Panorama visto dall’alto sul terremoto del 25 maggio

| Il 03, Giu 2014

Editoriale di Bartolo Ciccardini

Panorama visto dall’alto sul terremoto del 25 maggio

Editoriale di Bartolo Ciccardini

 

 

Sarò lungo. Approfitto del diritto di essere lungo perché, avendo sempre
giudicato come praticabile l’offerta politica Renzi, essendomi stupito delle
fantasiose avversioni che Renzi suscitava, essendomi indignato per l’assurda
difesa del Senato da parte di quanti obliteravano l’orrendo mercato di
senatori che ha caratterizzato l’ultima storia di questo istituto, avendo
gridato l’allarme sui pericoli della proposta di Grillo, ho in qualche modo
meritato il diritto di passare al capitolo successivo: “Che senso ha la
vittoria di Matteo Renzi?”

1. Il primo giudizio da prendere in considerazione è stato lo scatto
irato di Travaglio. Quando gli exit pool hanno, alle ore 23:00 precise,
indicato un 33% che sembrava improbabile, Travaglio era infastidito ed
incredulo. Quando, subito dopo, con una qualche indecisione
dell’annunciatore, si arrivò ad un esagerato 43%, Travaglio ebbe uno scatto
di ira: “Ecco quà, che questo è riuscito a rifare la DC!”. Era il giudizio
più offensivo che Travaglio riuscisse a trovare nel suo repertorio, anche se
a noi suonava come una promessa più che una minaccia. Prima domanda: “Questo
risultato ha qualcosa a vedere con la storia della DC?”.

2. L’unico commento che cerchi di esaminare il problema con occhio
lungimirante mi sembra essere quello di Ernesto Galli della Loggia sul
Corriere della Sera di mercoledì, 28 Maggio 2014. Secondo l’autorevole
editorialista la causa prima di questa svolta era il movimento a tenaglia
che era scaturito dal combinato disposto Renzi-Grillo. Il M5S sarebbe un
inconfondibile “movimento di sinistra” che ha convogliato la rabbia per la
difficile situazione italiana. Contemporaneamente Renzi avrebbe imboccato un
percorso fortunato: lancia una sfida nel suo partito; viene schiacciato da
Bersani; Bersani ed il suo apparato perdono le elezioni perché non riescono,
per colpa di Grillo, ad intercettare il voto di sinistra; Renzi conquista il
partito, e diviene l’unica speranza della maggioranza del popolo
progressista, che lo farà prima vincere contro l’apparato e poi vincere alle
elezioni. La manovra a tenaglia condotta separatamente da Renzi e da Grillo,
dice Galli della Loggia ha fatto saltare “l’ambigua e pietrificata
compattezza ideologica del PD, amplificandone in tal modo le possibilità
espansive”.Lo schieramento di sinistra è stato così, in un momento di crisi,
più pronto dello schieramento di destra a ricomporre l’elettorato. E diventa
per la prima volta una formazione con vocazione maggioritaria (come
avrebbero desiderato Prodi e Veltroni). Questa analisi va presa in attenta
considerazione perché, senza indugiare troppo sulle qualifiche di sinistra o
di destra di Grillo o di Renzi, cerca di dare una spiegazione ad un fatto
sicuramente nuovo. Un partito riformista, che Renzi chiama di
centro-sinistra, ha sfondato al centro.

3. Gad Lerner si mette in evidenza con un giudizio diverso. Difendendo
il provvedimento molto discusso, il bonus Irpef di 80 euro, disprezzato
dalla sinistra estrema e dalla destra come mancia elettorale o voto di
scambio, Lerner fa notare che questo è il primo provvedimento di sinistra
che cerca di compiere una redistribuzione del reddito, dai ceti benestanti
ai salari, sottoposti da almeno due decenni, ad una continua emorragia di
valore. Per cui lo saluta come fatto significativo e, se non altro
inusitato, che sa “di sinistra”. Della “sinistra” pragmatica, non
ideologica, ma efficace. È un’attenta osservazione su di una mutazione
genetica importante.

4. Ed arriviamo al punto della questione che ci sta più a cuore:
l’atteggiamento dei cattolici dopo la loro ingiustificata assenza dalla
scena politica degli ultimi anni. Prendiamo in esame il giudizio di Marco
Tarquinio, il direttore dell’Avvenire d’Italia, quotidiano dei Vescovi
italiani (che ancora non hanno trovato un accordo sul loro sistema
elettorale con il loro Vescovo di Roma che, almeno a Gerusalemme, parla
italiano). Tarquinio dice: “Tutti, ma proprio tutti, hanno dovuto prendere
atto della vittoria del premier Renzi. Perché Renzi ha vinto con un numero
di voti che in Italia nessuno aveva più avuto dopo la fine della DC; perché
ha ricevuto dal basso ed al cospetto dell’Europa i numeri su cui in
Parlamento non può contare; perché ha rinunciato a piazzare sulla scheda
elettorale il proprio nome sopra quello del partito di cui è leader”.
Tuttavia Tarquinio annuncia un senso di sospensione: “La vittoria di Renzi è
anche la vittoria del Pd. Ma le due vittorie coincidono?”. “Renzi ha
realizzato un vero e proprio sfondamento al centro. La mia domanda è: il
partito continuerà compatto a seguirlo?”. La domanda che Tarquinio si fa è
molto interessante. Potrebbe anche essere rivoltata. Poiché Renzi ha
sfondato in quel centro che tradizionalmente era occupato dai cattolici,
riuscirà l’Avvenire d’Italia a seguire e a valorizzare quei voti? Il
Direttore dell’Avvenire vede un dato positivo e teme un dato negativo. Il
dato positivo è l’attenzione per i poveri. Considera gli 80 euro come due
settimane di spesa per molte famiglie. Ed apprezza “la svolta a favore del
terzo settore”, mentre aspetta di vedere come sosterrà “le famiglie con i
figli” Come lato negativo il Direttore teme che il PD lo frenerà e cercherà
di spingerlo su percorsi “divisivi”.

5. Con questo timore ben evidenziato si viene al punto della questione
cattolica. Finora la strategia di una rinnovata presenza politica dei
cattolici auspicata da Benedetto XVI a Cagliari e dal Presidente della CEI a
Todi, era stata frenata da una posizione politica ispirata ai valori “non
negoziabili” che nella realtà nascondeva l’adesione massiccia di C.L., il
movimento cattolico più organizzato, al progetto di Berlusconi ed,
attraverso di lui, alla Lega razzista ed al fascismo negatore dell’Europa.
Siamo quindi nel cuore della “questione cattolica”.

E’ venuto il momento di parlare della questione cattolica in termini chiari
e pacifici. Il paragone con la DC manca proprio di questo particolare: non
si può parlare di un paragone con la DC perché nella competizione non c’era
alcuna rappresentanza politica dei cattolici. Non c’è stato un patto fra
sinistra e centro, ma è avvenuto uno sfondamento: il ceto di centro,
rappresentato nel passato dai cattolici, è franato sul PD. È colpa o merito
dei cattolici?

(Per la verità, una presenza allusiva ai cattolici in qualche maniera
simbolica c’è stata ed aveva nel suo simbolo elettorale in maniera non
interamente legittima e non da tutto riconosciuta, l’emblema dello scudo
crociato. Parlo del Nuovo Centro Destra di Alfano collegato con la CDU di
Casini. Ma aveva tutt’altro significato)

Invece proprio l’Avvenire d’Italia aveva dato spazio (e noi ne abbiamo
ampiamente riferito:
http://www.camaldoli.org/2014/05/restare-desolatamente-una-minoranza-solitar
ia-di-bartolo-ciccardini/) di un’iniziativa del Forum delle Famiglie che
aveva raccolto l’adesione scritta di diversi candidati provenienti da tutte
le liste politiche ad eccezione de lo Tsipras. Questa iniziativa trasversale
di candidati che sottoscrivevano i cosiddetti valori non negoziabili, ha
avuto persino un certo successo. Sono stati eletti ben 11 candidati
firmatari su 73 eletti, una percentuale del 15% che sarebbe stato un
successo sconvolgente se fosse stato riportato da una lista. Ma questo
successo non serve a nulla. Perché questi candidati isolati non riusciranno
a trascinare le loro opinioni nelle formazioni politiche a cui appartengono
e la loro firma non andrà al di là di una testimonianza.

6. Dobbiamo dirci con crudo realismo che questa presenza simbolica del
Forum delle Famiglie è servita solo a nascondere l’accordo con la destra e
con il partito di Berlusconi. E’ servita soltanto a trasformare l’egemonia
che la DC aveva esercitato sui voti di destra, riuscendo ad utilizzarli per
una politica di centro-sinistra, in una egemonia di Berlusconi sul centro
presidiato dai cattolici. Operazione in pura perdita che non è riuscita
neppure ad ottenere il più piccolo aiuto per le famiglie,

È giunto il momento difficile di parlarci con serenità e discernimento della
politica dei valori non negoziabili. Prendiamone uno a caso. Noi crediamo
nella idea del matrimonio indissolubile, per la crescita della umana natura
ed a garanzia del bene migliore per i figli e per la stabilità della
famiglia. Se il mondo si converte al divorzio ossia al matrimonio, non
progetto di vita ma progetto di utilità, questo cedimento della civiltà è un
problema pastorale. Non si risolve con una legge imposta dall’alto. Ma con
la conversione, nel vero senso delle parola, di “inversione del cammino”.

Pensiamo forse che questo sia realizzabile attraverso una organizzazione
politica che, con un voto di maggioranza possa stabilire, per legge, la
indissolubilità del matrimonio e proibire il divorzio? Possiamo invece
dirci, senza venir meno ai nostri principi, che questo è un problema
pastorale, di conversione delle persone al principio della vita, attraverso
la forza e la comunione dello Spirito? Il messaggio pastorale si rivolge ad
un mondo le cui idee, abitudini e comportamenti non corrispondono al modello
cristiano, il quale non è più il principio organizzatore della società, ma è
tornato ad essere (per sua vocazione o per sua natura) il “lievito” ed il
“granello di senape”.

Se questo è vero, la conversione non è un problema politico. Se lo assumiamo
come problema politico forse non faremmo cosa ingiusta, ma dovremmo,
conseguentemente, ritirarci in una posizione di non-expedit. Dovremmo
conseguentemente rinunciare a votare in una comunità politica alla cui base
c’è una società che non condivide i nostri “valori non negoziabili”. Come ,
di fatto è avvenuto in questi anni.

Ma questo non è nell’insegnamento dei Papi, e nella dottrina sociale
cristiana, che ci indica una presenza attiva a favore dei più deboli, dei
più poveri, dei più sfruttati, per servire la giustizia. È l’idea di un Dio
misericordioso, di un atteggiamento “samaritano”, che cura le piaghe senza
domandarsi quale sia stata l’opinione, né quale sia stato il del
comportamento, dell’uomo assalito dai briganti.

7. La straordinarietà dell’esondazione renziana e del suo sfondamento
al centro, paragonata erroneamente alla funzione esercitata dalla DC, mi ha
portato fuori strada a discettare sul giusta atteggiamento dei cattolici,
con imprudenza e temerarietà. (Ho già commesso un’altra volta, nel 1953
questo errore, come racconto in un mio libro: “(…) il mio articolo venne
condannato perche la definizione o l’aggettivazione del nome dei cattolici
spettava per competenza e pertinenza solo ai vescovi e pertanto venivo
solennemente ammonito come impertinente ed incompetente”.)

8. Sutor, ne ultra crepidam. E bene che io torni al mio mestiere di
ciabattino: chi sono io per giudicare i cattolici? come direbbe Papa
Francesco. Torniamo agli avvenimenti della politica. In fondo è successa una
cosa molto semplice e comprensibile, anche se inattesa. I cattolici
avrebbero dovuto partecipare attivamente al cambiamento italiano, che
peraltro avevano contribuito a mettere in moto con la loro determinate
presenza nella stagione dei referendum. Per la divisione delle direttiva
date dai vescovi , indecisi fra l’appoggio alla destra e la formazione di un
nuovo soggetto politico, hanno perduto tempo, stimando non decisiva la
tornata elettorale europea e rinviando quindi a dopo ogni ulteriore
iniziativa. Questo ha permesso a Renzi di sfondare al centro.

9. Del resto anche Renzi, che per sua scelta non vuole chiamarsi
cattolico in politica, aveva fatto il medesimo percorso, partendo dal
Partito Popolare ed arrivando al Partito Democratico come molti altri
prodiani. Senza questo particolare forse non avrebbe mai potuto sfondare al
Centro. Ora, in questa situazione, come bene dice il direttore Tarquinio,
l’importante è che Renzi riesca a fare le riforme necessarie per l’Italia (e
per l’Europa), con la dovuta attenzione per i poveri, la gradita cura per il
terzo settore e l’aiuto alle famiglie, come si augura il direttore
dell’Avvenire.

10. Va annotato un altro giudizio molto interessante di un professore
della Cattolica, il bel noto Mauro Magatti. Egli scrive: “I recenti
risultati elettorali confermano il punto: in Europa la Cancelliera tedesca
ed il primo ministro italiano si sono riconosciuti come i soli leader capaci
di parlare al loro popolo, sulla base di un discorso, la prima da destra –
il secondo da sinistra – di ispirazione neo-popolarista, l’unico oggi in
grado di battere le pulsioni populistiche sprigionate dalla crisi”. E dopo
avere teorizzato la formula del neo popolarismo Magatti, come Tarquinio,
avanza questo dubbio: “Che poi la sinistra italiana sia disposta a
metabolizzare questa metamorfosi è tutto da dimostrare, (…) e che poi Renzi
sia davvero all’altezza di una leadership coerente con la sua proposta
popolare deve essere anche questo verificato. Di sicuro egli ne porta
addosso – nella sua provenienza e storia personale – alcuni distintivi. Non
a caso, quando era ancora sindaco, amava citare La Pira”. Alla fine di
questa acuta osservazione Magatti annuncia che la vera partita sarà tra le
diverse interpretazioni della spinta neopopolare che si fa strada un po’
dappertutto. (Magatti era tra i principali ispiratori del tentativo di Todi
che purtroppo non si è fatto strada, né a Todi, né dappertutto!).

11. E per non farci mancare nulla e per adempiere alla promessa di essere
lunghi, non possiamo trascurare il giudizio di un trafiletto di Michele
Serra, che è spaventato da “il PD come la nuova DC, nuovo partito padrone e
per osmosi nuovo partito dei padroni”. Ma perfino Michele Serra sembra
trovare un antidoto consolatorio: “Se Renzi ed i suoi giovanotti e
giovanotte (…) mantenessero la promessa “più equità” come hanno fatto e
rastrellassero quattrini nelle rendite finanziarie senza più spremere le
buste paga come limoni, toglierebbero qualche argomento a chi annuncia la
nuova DC. Che peraltro, e per dirla tutta, qualche riforma filo popolare la
fece”.

12. In nota a questo esame dello sfondamento al centro mi sembra giusto
ricordare, che molte iniziative cattoliche si sono mosse in favore del
progetto di cambiamento di Renzi e che resta irrisolto il problema se sia
utile, oppure addirittura necessaria, una aggregazione politica di queste
forze sparse per dare forza e contenuti ad una coalizione riformista ed
europeista. Per metterci la faccia come direbbe Renzi. Non è mai troppo
tardi.

13. Matteo Renzi ha preso nota della sua vittoria con intelligente
moderazione ed ha usato una espressione strana e nuova per esprimere questa
sua nuova condizione. Ha detto, rivolto alla sua squadra: “Siamo diventati
il partito della Nazione!”. Ha detto questa cosa d’istinto, oppure ha
ricordato qualcosa, che fa comunque parte della sua cultura? Infatti un
precedente c’è. Alcide De Gasperi dopo la vittoria del 18 Aprile, che fece
franare sulla DC molti voti che non le appartenevano, prese coscienza della
cosa, dicendo: “Siamo un partito nazionale!”. E prendeva atto di due fatti
storici importanti: il primo che la DC non era più soltanto il partito dei
cattolici; il secondo che si assumeva delle responsabilità anche nei
confronti di chi aveva votato contro di lui. Da qui trasse due comandamenti:
il primo, quello di governare “mai da soli”; il secondo, quello di non
tentare di mettere i comunisti “fuori legge”, come avevano fatto in
Germania. Allora non era semplice chiamarsi “partito nazionale” quando era
ancora scottante l’abuso che di quella parola il fascismo aveva fatto con il
suo nome di Partito Nazionale Fascista (e persino Hitler con il suo Partito
Nazionalsocialista che era l’esatta dizione trasformata in “nazismo”). Ma
non ebbe paura di dire “partito nazionale”. Sarebbe bene che Renzi
ricordasse anche il “mai da soli” ed il successivo “mai demonizzare
l’opposizione”.

14. Infine non posso rinunciare ad un’ipotesi, anche se la politica, come
la storia, non si fa con le ipotesi. Avrebbe Renzi raggiunto questo
risultato se fosse scesa in campo una formazione di forte carattere
europeista a rappresentare il pensiero e la cultura cattolica fortemente
legata al concetto di Europa, figlia del cristianesimo? (Noi avevamo sperato
in una scelta di candidati europei attraverso elezioni primarie promossi da
tutti i movimenti cattolici, a partire dalle parrocchie).

Questo avrebbe favorito o danneggiato Renzi? Sarebbe stato un chiarimento
sulle alleanze necessarie per la stabilità italiana o sarebbe stato un
intralcio alla già confusa situazione politica? Secondo me sarebbe stato un
segnale forte per l’Europa ed un responso senza appello per il pericolo
rappresentato da Grillo. Ma la politica, come la storia non si fa con i se.

15. Tuttavia il tema dell’alleanza necessaria contenuto nel profetico “mai
da soli”, si pone per il 2018. Allora Renzi potrà anche avere aggregato una
parte della sinistra che si è distinta nell’averlo definito “autoritario” e
“figlio di Berlusconi”. Avrà con sé persino, ci auguriamo il cuore
dell’apparato di partito che lo ha malamente sopportato. Ma avrà bisogno
sempre di una salda alleanza con un centro che condivida la sua “attenzione
ai poveri” (come la chiama il direttore Tarquinio). Ma questo non dipende da
lui, dipende dai cattolici, che dovrebbero smettere di franare, come se
fossero lì per caso, prima a destra e poi a sinistra. Non è più tempo di
franare, ma di metterci la faccia, come ama dire Renzi.