Patatine in busta, carni processate e coca-cola: aumenta il rischio di tumori
Feb 26, 2018 - Giovanni D'agata
I cibi ultra-processati come le merendine e le pietanze pronte da riscaldare, ma
anche bibite gassate, sempre più nel mirino della scienza per i loro potenziali
e molteplici effetti negativi. Sono anni ormai che studi scientifici evidenziano
legami tra il consumo di carni processate (come gli affettati, le carni in scatola,
ecc.) e zucchero bianco raffinato ed il rischio di sviluppare tumori. Una nuova ricerca
dalla Sorbona di Parigi e la Università di San Paolo, in Brasile, e pubblicata sull’autorevole
rivista scientifica British Medical Journal, chiarifica con rigore statistico il
pericolo di incappare nella terribile malattia del cancro e sue varianti attraverso
il consumo dei cibi classificati come «ultra-processati». Nella categoria rientrano
un grandissimo numero di prodotti che tanti di noi consumano quotidianamente: bevande
gassate e iper-zuccherate come la Coca-Cola, cibi pronti come quelli surgelati da
cuocere nel forno a microonde. Ma non solo: anche le patatine in busta, il pane preconfezionato,
i dolci, le salsicce e il bacon, le crocchette di pollo e le zuppe preconfezionate
rientrano nella malsana categoria. Questi cibi hanno in comune un elevatissimo contenuto
di sale, grassi saturi e zuccheri aggiunti, mentre sono scarsissimi nel loro apporto
nutrizionale, per esempio di fibre e vitamine. Si calcola che, per ogni 10% di consumo
in più di questi cibi, il rischio di cancro aumenti del 12%. «La nostra è la prima
ricerca ad esplorare e sottolineare l’aumento del rischio nello sviluppo dei tumori
– in particolare al seno – in associazione con l’apporto di cibi ultra-processati»,
spiegano i ricercatori. «Se verranno confermati da setting di ricerca e gruppi di
popolazione diversi, questi risultati indicano che il rapido aumento del consumo
di cibi ultra-processati causerà l’aumento del numero dei pazienti di cancro nei
prossimi decenni». Durante lo studio, i ricercatori hanno osservato 105mila adulti
in salute di un’età media di 43 anni. I partecipanti sono stati divisi in gruppi
a seconda del loro consumo di cibi ultra-processati nell’arco di 24 ore. In generale,
il team ha notato che le persone che più consumavano questi cibi – fino al 32%
della loro alimentazione complessiva – correvano il 23% del rischio in più di
sviluppare una forma di cancro nel corso dei 5 anni successivi, rispetto a chi ne
consumava di meno (circa l’8% dell’alimentazione). I ricercatori tengono a precisare
di non aver trovato nessun legame tra lo sviluppo di tumori e il consumo di cibi
in scatola come fagioli e altri legumi, formaggi e pane fresco. Professor Tam Fry,
del National Obesity Forum, ha commentato così la ricerca: «Non c’è fumo senza
fuoco: dovremmo far caso alle paure degli scienziati e leggere con più attenzione
le etichette dei cibi che consumiamo. Tantissimo cibo processato che consumiamo ogni
giorno contiene eccessivi livelli di zuccheri, grassi e sale, ed è tutto elencato
nelle confezioni. Non rischiamo un tumore mangiando più di ciò che contiene 15g
di zuccheri, 5g di grassi saturi e 1.5g di sale per 100g. Non ci vuole poi tanto!».
Non si tratta della scoperta dell’acqua calda, rileva Giovanni D’Agata, presidente
dello “Sportello dei Diritti”, associazione che tra le sue molteplici attività
ha da sempre ritenuto primario informare circa la validità e gli effetti positivi
di una vita sana e di una dieta equilibrata e quindi, al contrario, di tutto ciò
che può peggiorare la nostra esistenza e salute. Questa ricerca, per noi, è un
ulteriore monito rivolto a tutta la platea dei consumatori, di modificare i nostri
regimi dietetici riducendo considerevolmente il consumo di carni di questo tipo e
l’assunzione di bevande gassate, al cui eccesso sono notoriamente associati una
serie di effetti assolutamente negativi.