Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

TAURIANOVA (RC), MARTEDì 26 NOVEMBRE 2024

Torna su

Torna su

 
 

Pedà punta il dito su Lcv Tua Autoworks a Gioia Tauro "La vita dei cittadini non può dipendere dal capriccio dei privati"

Pedà punta il dito su Lcv Tua Autoworks a Gioia Tauro "La vita dei cittadini non può dipendere dal capriccio dei privati"
Testo-
Testo+
Commenta
Stampa

Dal tavolo romano riunito per discutere del futuro della Calabria, presuntivamente
luminoso in virtù del prossimo arrivo degli americani pronti a sfornare macchine,
è venuta fuori invece una doccia gelata che colpisce nello spirito una cittadinanza
già di per sé disillusa e ripiegata. Dopo avere per mesi strombazzato come imminente
e sicura l’apertura di una futuristica industria made in U.S.A., così sicura da
meritare il finanziamento preventivo e “sulla fiducia” di corsi di formazione
buoni per trasformare alchemicamente i portuali gioiesi in metalmeccanici degni
della tradizione di Detroit, scopriamo oggi di essere finiti su “Scherzi a Parte”.
Esprimiamo una fortissima indignazione e amarezza per il modo in vero cinico e irresponsabile
con il quale aziende private e pubbliche istituzioni stanno giocando con la vita
e il futuro di centinaia di lavoratori e rispettive famiglie. Siamo indignati ma
non possiamo dire di essere stupiti. Fin dall’inizio- e i fatti si sono puntualmente
presi la briga di darci ragione- avevamo espresso fondate riserve su un modo di procedere
che appariva ai nostri occhi improntato alla superficialità e alla sciatteria. Non
a caso il comune di Gioia Tauro, in splendida solitudine, non aveva firmato quel
famoso protocollo d’intesa che ripensato oggi assume i contorni della beffa. Avevamo
spiegato fin dall’inizio che l’idea di usare il presunto arrivo di una azienda
straniera per lenire e in parte mascherare la politica del “taglio indiscriminato”
attuata con pervicacia da MCT non era proponibile. Lo avevamo detto e lo avevamo
scritto, attirando su di noi le facili ironie dei soliti accademici buoni per tutte
le stagioni che non osano mai disturbare il manovratore. Sapere che avevamo ragione
non rappresenta per noi una consolazione, dal momento che si ripresenta adesso in
termini ancora più gravi una crisi occupazionale che può generare una spirale di
tensioni di cui nessuno sente la mancanza. Questi fallimenti, oltre che della conclamata
inadeguatezza e subalternità culturale della classe dirigente politica sono figli
di un modello economico di stampo neoliberista oramai superato e messo in discussione
dappertutto. La vita dei cittadini non può dipendere dal capriccio del “privato”,
che oggi viene e domani senza un motivo se ne va lasciando tutti in braghe di tela.
Lo Stato, e quindi la politica, torni a rivendicare il diritto di esercitare quale
“primato” che, nel secondo dopoguerra, ha concesso all’Italia di divenire in
pochi anni una delle principali potenze economiche del pianeta. Se i privati riescono
a conciliare il legittimo perseguimento del profitto con la realizzazione dell’interesse
generale ben vengano. Altrimenti si torni ad un sistema economico misto, in voga
fino agli anni ’90,recuperando cioè un concetto di Stato imprenditore alla prova
dei fatti archiviato troppo in fretta.