Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 21 NOVEMBRE 2024

Torna su

Torna su

 
 

Perché non possiamo definirci una democrazia compiuta

Perché non possiamo definirci una democrazia compiuta

| Il 11, Lug 2011

“Berlusconi non è più credibile e deve lasciare il campo per la formazione di un governo diverso”

di BRUNO MORGANTE

Perché non possiamo definirci una democrazia compiuta

“Berlusconi non è più credibile e deve lasciare il campo per la formazione di un governo diverso”

 

Questa mattina, mentre giocavo con il telecomando in attesa della colazione, mi sono soffermato su due trasmissioni con giornalisti e politici.

In entrambe le trasmissioni il tema era l’attacco speculativo all’Italia e se il governo era in grado di farvi fronte, dato che si sta vivendo la fase finale del fenomeno Berlusconi.

Come al solito tesi contrapposte tra i politici e i giornalisti presenti, dato che ormai anche ogni testata è identificata con un partito o con lo schieramento di maggioranza o di opposizione.

Non mi hanno colpito le tesi esposte dai rappresentanti, fossero deputati o giornalisti, della maggioranza o dell’opposizione in quanto sono diventate ormai delle giaculatorie: da una parte si ripete che siamo stati i più bravi in Europa ad affrontare la crisi senza eccessivi sacrifici per i cittadini e tenendo i conti in ordine e che ora può partire la fase dello sviluppo e che anche l’opposizione deve sentire la responsabilità di fare muro contro l’attacco speculativo in atto; dall’altra si ripete che dopo venti anni di promesse non mantenute (l’abbassamento delle tasse, la riforma della giustizia, la riforma della pubblica amministrazione, la liberalizzazione delle professioni e dell’economia) Berlusconi non è più credibile e deve lasciare il campo per la formazione di un governo diverso, che affronti il problema della difesa della nostra economia e di una nuova legge elettorale, o per andare al voto anticipato.

Quello che mi ha colpito è la tesi opposta portata avanti dai rappresentanti della maggioranza nelle due diverse trasmissioni su un tema di vasto impatto sociale e il fatto che i rappresentanti dell’opposizione controbattessero in maniera diversa.

Il tema era quello dell’intervento sulle pensioni operato a fine luglio dell’anno scorso, con un articolo inserito in una legge sulla contabilità dello stato.

Con questo articolo si è stabilito, tra le altre cose, che i cittadini, escluso i dipendenti della scuola, che hanno maturato la pensione, sia essa di vecchiaia, che di anzianità, riceveranno l’assegno di pensione dall’INPS dopo dodici mesi dall’averne maturato il diritto se lavoratori dipendenti, dopo diciotto mesi se lavoratori autonomi (artigiani, commercianti, agricoltori, etc..).

Lo stato, praticamente, quale contributo di questa categoria di cittadini (pensionandi) al risanamento dei conti dello stato ha preteso un anno di reddito se lavoratori dipendenti, un anno e mezzo se lavoratori autonomi.

Teniamo presente che se uno è dipendente pubblico ha la garanzia di continuare a lavorare per un altro anno, quindi ha avuto innalzata a 66 anni l’età per andare in pensione di vecchiaia e a 41 anni per la pensione di anzianità, mantenendo comunque un reddito, anche se continua a pagare i contributi all’INPS, che non gli serviranno a niente perché è già in pensione.

Se dipendente privato o disoccupato, se non ha risparmi o una congrua buonuscita perché ha cambiato spesso datore di lavoro, deve arrangiarsi per come sopravvivere un anno.

In uno dei dibattiti il rappresentante della maggioranza rivendicava il coraggio di avere fatto una riforma impopolare delle pensioni, senza che vi fosse stata un’ora di sciopero e quello della maggioranza ribatteva che non c’era stato coraggio, essendo stati obbligati dalla UE ad affrontare il problema, compreso l’innalzamento graduale a 65 anni dell’età per andare in pensione per le donne dipendenti pubbliche.

Nell’altro, all’accusa che questo governo attacca sistematicamente le pensioni, il rappresentante della maggioranza controbatteva che l’anno scorso non c’era stato nessun attacco, in quanto ci si era limitati a razionalizzare “le finestre, che venivano ridotte ad una e personalizzata”, mentre per l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne si era stati obbligati dalla UE. Il rappresentante dell’opposizione ha attaccato solamente sul fatto che si vogliono bloccare le rivalutazioni delle pensioni superiori a 1400 euro e sul fatto che si vuole anticipare al 2014 il calcolo dell’adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita, per cui si passerà da 65 anni a 65 anni e tre mesi. Nessuno aveva detto a questi politici e giornalisti che oggi in Italia, escluso i lavoratori della scuola, si va in pensione, intendendo che tale evento debba coincidere con la riscossione dell’assegno di pensione, a 66 anni o con 41 anni di servizio, se lavoratori dipendenti, a 66 anni e sei mesi o con 41 anni e sei mesi di servizio se lavoratori autonomi.

La considerazione immediata è stata che assistevo a un teatrino dei pupi con le parti in commedia già assegnate, commedia che non necessariamente doveva corrispondere alla realtà, ma alla rappresentazione che gli stessi commedianti ne davano. Teatrino dei pupi perché i commedianti non dovevano rispondere del loro agire, compreso l’obbligo di informare con verità, a un elettorato o a lettori, ma recitare una parte a beneficio del  proprio padrone che li aveva nominati, se deputati, del proprio editore impegnato nella lotta politica se giornalisti.

Mi è stato chiaro che siamo una democrazia zoppa perché non eleggiamo i nostri rappresentanti, ma siamo chiamati a votare per un partito, con potere del suo segretario di nominare a suo piacimento gli eletti, che non hanno niente a che vedere con l’elettorato, ma che debbono sapere ingraziarsi il proprio capo se vogliono essere rinominati.

Meno male che alcuni professori hanno iniziato a raccogliere le firme per un referendum sulla legge elettorale. Sarà l’occasione per riflettere su questi quasi venti anni di demagogia e di populismo, che ci stanno portando su una traiettoria che rischia di portarci lontani dalla concezione della democrazia in Europa, a partire dal premio di maggioranza, che non esiste in nessun altro paese europeo, dove si esprimono egualmente governi forti e fattivi.

Bruno Morgante

redazione@approdonews.it