Petullà, apprezzabile l’impegno attivo dell’associazionismo Alla base di tale approccio è tra l’altro possibile intravedere la logica di un più ampio e consolidato sistema politico e culturale
A Taurianova è possibile apprezzare iniziative che registrano, ancora una volta, l’attivo impegno dell’associazionismo. Non pochi sono i punti di forza, che si riassumono in un profilo organizzativo consistente e orientato ad ampliare e arricchire – grazie anche a percorsi di condivisa programmazione con l’istituzione municipale – competenze di socializzazione e orizzonti della cultura. E’ tuttavia opportuno rifuggire dall’impatto dei facili entusiasmi, dal momento che quanto detto non può essere ritenuto come l’unica modalità per riflettere sul fenomeno associativo presente in questa città. Bisogna ammettere, infatti, che esso non abbia ancora innescato un processo di autentico mutamento – con una significativa mobilitazione dal basso e con lo sviluppo di contenuti dialetticamente conflittuali rispetto ai partiti – a motivo della persistenza di un debole radicamento nel territorio e di un ridotto esercizio critico di discussione intorno ai temi della convivenza civile. Alla base di tale approccio è tra l’altro possibile intravedere la logica di un più ampio e consolidato sistema politico e culturale, che nel corso del tempo ha spesso educato a una certa disattenzione partecipativa alla cosa pubblica e ai modelli delle pratiche democratiche. Molte esperienze aggregative si sono per tutto ciò esposte più facilmente alla tendenza a evadere il terreno delle questioni sociali, mentre a farsi spazio è stata la prevalente esigenza di costruire reticoli di appartenenze e di rafforzare legami di solidarietà. A ben vedere sembra di trovarsi di fronte a un orientamento benaccolto, visto che tutt’oggi l’associazionismo è piuttosto restio a rivendicare l’acquisizione di un ruolo alternativo, come ad esempio quello decisionale nella pianificazione delle politiche sociali, nell’ambito dello svolgimento di una funzione di mediazione tra il sistema politico e amministrativo e le opinioni e le istanze provenienti dalla cittadinanza. Scelte, queste, che presuppongono – come da tempo sosteniamo dalla testata di questo giornale – corresponsabilità di natura istituzionale sulle fondamentali linee d’interpretazione e indirizzo del territorio, per essere in questo modo introdotti nel contesto di meccanismi valutativi e deliberativi di più rilevante interesse pubblico. Le resistenze nello sciogliere questo nodo assolutamente centrale – che chiama in causa, per di più, l’organismo della Consulta – denotano la volontà di non andare oltre certe tradizionali funzioni, rimanendo nei confini di uno spazio civico ristretto e idealizzato, all’interno del quale seguitare a svolgere un ruolo sostanzialmente marginale nei confronti della collettività e secondario rispetto a una più chiara funzione di stimolo alla politica. In ultima analisi i dati descritti restituiscono aspetti di criticità, che s’inquadrano in quelli ancora più strutturati della città, configurando l’associazionismo taurianovese in un soggetto la cui identità organizzativa e di azione lungi da essere un argomento che – nel momento attuale – trova risposte del tutto esaustive. Sarebbe, pertanto, un segnale di rottura interessante se le associazioni – incluse quelle d’ispirazione cattolica – intendessero impegnare potenzialità e risorse per ripensare se stesse e la comunità alla luce di un più incisivo sistema di connessioni. Si tratta di generare la forma di un pensiero prospettico e pluralista, capace di andare oltre le singole e differenti prospettive, per individuare una visuale culturalmente condivisa e al contempo più aperta alla problematizzazione della realtà. Quanto più difficile risulta essere tale sforzo, tanto più è urgente la sua realizzazione, dato che la posta in gioco è la qualità democratica del senso di comune appartenenza. La sfida dovrebbe misurarsi non solo sulle grandi e occasionali iniziative – per quanto lodevoli e rafforzanti la coesione territoriale – ma anche proponendosi come punto di snodo della coscienza critica, con l’organizzazione di percorsi di coinvolgimento dei cittadini nella sfera pubblica, nel tentativo di contribuire a rallentare la disaffezione alla vita sociale e politica, le cui crescenti spinte si registrano ormai su tutto il territorio regionale. Si ha in ogni caso motivo di pensare che, qualunque intento di trasformazione dell’ambiente sociale non possa non prendere in maggiore considerazione la problematica della criminalità organizzata, le cui non sottovalutabili dinamiche di riemersione sollecitano ad aprire un dibattito, in modo particolare alla luce del grave atto intimidatorio recentemente perpetrato con l’impiego di un ordigno esplosivo. D’altra parte tale delittuoso e deplorevole episodio non deve destare solo preoccupazione, ma indurre anche una riflessione sull’incerto potenziale di partecipazione e di mobilitazione che la società civile ha inteso manifestare. Appare non di meno opportuno mettere in risalto che, nessuna credibile forma di costruzione del bene comune possa essere pensata, se non a partire da un retrospettivo esercizio della memoria che incoraggi la comunità a gettare uno sguardo – critico e liberante – su una delle pagine più buie e più tragiche della sua storia, vale a dire l’ultima faida. E’ tempo che i vissuti e i ricordi individuali siano situati e rappresentati in un più ampio e comune orizzonte, perché possano diventare conoscenza e coscienza comunitaria, soprattutto risorsa educativa per i più giovani. Assumere questa collettiva e identitaria ottica non significa ripiegarsi indissolubilmente sul passato, ma piuttosto cogliere nella sua dimensione temporale ciò che è esperienzialmente significativo – come ad esempio la cultura del perdono e della riconciliazione – concedendo al presente e al futuro della città un’autentica possibilità di riscatto sociale.