Debbo subito precisare di essere personalmente portato più al presente ed al futuro che non al passato.
Ritengo che tutte le nostre esperienze passate siano assai importanti, e che, complessivamente, fanno di noi quello che siamo, tuttavia non debbono essere tenute presenti singolarmente e non va data ad esse più importanza di quanta realmente meritino.
Fatta questa premessa, cerco di spiegare a me stesso il perché, in questa ultima settimana, mi sono tornate alla mente, con insistenza, frasi e concetti della mia fanciullezza.
“Non si dice voglio, si dice desidero“.
“Non si dice ho fame, si dice ho appetito“.
“Quando si entra o si esce da un ambiente, si dà doverosamente la precedenza alle signore.”
Eccetera, eccetera.
Il perché di queste reminiscenze infantili, si ricollega alle ecumeniche campagne elettorali.
Al di là delle pelose (nel senso di interessate e dettate da tornaconti politici) dichiarazioni dei politici e dei commentatori, va detto che raramente assistiamo a campagne elettorali caratterizzate da un tranquillo ed adamantino fair play.
Campagne elettorali caratterizzate da una viscerale violenza nella forma, nei modi, nelle espressioni, negli appellativi.
Le fazioni in lotta (evidentemente anche io ho subito la influenza della atmosfera); mi correggo, le fazioni in competizione, non hanno sostenuto la bontà dei rispettivi programmi, ma hanno sbandierato i difetti e le colpe degli appartenenti alla fazione avversaria.
Le parole possono essere anche pesanti, laddove ci siano i presupposti per l’uso di parole pesanti.
Quello che contesto è il metodo.
Non si fa campagna elettorale basandosi sull’attacco, senza esclusione di colpi, all’avversario politico.
Si fa campagna elettorale, mettendo a punto, e quindi illustrando, un programma adatto alla situazione del Paese che si chiede di andare a governare.
I nemici, o avversari politici, si perdonano.
“Nulla li fa arrabbiare di più“, ha detto Oscar Wilde.
E perdonare i nemici non è soltanto un atto di intelligente competizione, ma è soprattutto un atto di rispetto verso gli ascoltatori, verso i destinatari della campagna elettorale.
La formula è dire tutto con sufficiente educazione e con sufficiente rispetto.
Allora si, che tutti capiranno di avere a che fare con dei candidati affidabili, e per ciò stesso, meritevoli del loro voto.
C’è anche un altro aspetto da non sottovalutare.
Quello che gli esperti chiamano il fenomeno della “identificazione”.
Molti sono portati ad identificarsi, e quindi ad imitare, coloro che, per qualche verso, emergono e si distinguono.
Gli attori, i protagonisti di vicende di cronaca, in ogni caso coloro che appaiono sui media.
Vogliono, forse, i politici trasformare i cittadini in un popolo di rissosi e di cafoni?
Per me personalmente, l’effetto è stato contrario.
Mi sono tornate in mente le espressioni che dicevo sopra, è esplosa in me una grande voglia di educazione, di stile, di buone maniere, ma non giurerei che tale effetto possa considerarsi generalmente.
Sarebbe, evidentemente, un’altra responsabilità da addebitare ai politici.
E l’elenco delle responsabilità già lungo, si allungherebbe ancora!