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TAURIANOVA (RC), MARTEDì 02 LUGLIO 2024

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Potere e Stato (terza parte) Prosegue la riflessione del giurista blogger Giovanni Cardona, sul rapporto sul rapporto tra identità collettive, il potere, la libertà e lo Stato

Potere e Stato  (terza parte) Prosegue la riflessione del giurista blogger Giovanni Cardona, sul rapporto sul rapporto tra identità collettive, il potere, la libertà e lo Stato
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L’unico uomo politico che si è rivelato grande è stato Alcide De Gasperi, che aveva pienezza di determinazione, ed era disincantato osservatore ed abile manovratore; aveva una raffinata abilità parlamentare ed una ricca esperienza di Governo, sempre consapevole del reale e del possibile; dotato di equilibrio e di abile strategia, capace, come tutti i grandi capitani, di aggirare e dominare le posizioni del nemico, dotato di estro, ricco di fantasia e spesso di audacia: egli era veramente l’uomo che si oggettivava nella universalità della vita che lo circondava.
Ma la sua azione ha trovato un terreno assai impervio, perché i Governi di coalizione sono Governi impossibili, sempre incoerenti, agitati, pieni di profondi contrasti, paralizzanti; a ciò si aggiunga che egli non ha trovato fra i suoi immediati collaboratori menti illuminate, coscienze vigorose e spiriti vigili: quasi tutti i suoi collaboratori si sono rivelati incapaci di concepire, perché erano incapaci di pensare.
Ma pur essendo circondato da mediocrità, De Gasperi non fece mai una politica di abdicazione.
D’altro canto in regime parlamentare è impossibile avere una effettiva leadership, cosa che si può avere soltanto nei regimi presidenziali, come negli Stati Uniti d’America, dove il Capo del Governo sceglie con libertà i suoi collaboratori, promuove il lavoro legislativo e amministrativo del Parlamento.
Se dal Governo passiamo al Parlamento le cose peggiorano, perché si tratta di una istituzione che dovrebbe essere la più nobile, ma che da anni ha perduto il suo prestigio e il suo ascendente; i dibattiti parlamentari sono dibattiti fra sordi: nessuna preparazione, nessuna competenza, l’unica cosa che prevale e il ribollimento di tante aspirazioni, profonde divisioni lo affiggono, l’arrivismo lo domina, esso non è che un equivoco che ha perduto il contatto con la realtà.
L’assurdo, poi è che pur essendo il Parlamento uno dei poteri più dissociati e deformati che abbia il nostro paese, produce tonnellate di leggi e di leggine, spesso per fini clientelari; i parlamentari sono una «massa» e come tutte le masse non accomunano l’intelligenza ma la mediocrità, essi non si rendono conto che la molteplicità delle leggi non è mai segno di buona politica, perché genera confusione, disorientamento e incertezza.
La legge è per l’uomo non per il cliente, il suo fine e la società, il bene comune non è il bene del singolo; essa è giusta quando è ordinata secondo ragione, e per essere tale deve essere conforme alla legge naturale.
Ora la legge è legge in quanto è giusta, in quanto è obiettiva, in quanto è volontà razionale e imperativa, che cerca di attuare e realizzare se stessa.
Senza leggi giuste non si può avere giustizia, la quale, secondo una definizione antica, altro non è che la volontà costante e perpetua di attribuire a ciascuno il «suo»: solo cosi l’uomo potrà essere indotto a vivere una vita conforme alle leggi della vita.
I nostri parlamentari (non tutti chiaramente) difettano di grande intelletto di diritta coscienza; sono uomini, per lo più di limitata capacità politica e quindi non possono essere portatori di ideali umani, essi hanno il cervello imbottito dalle segreterie del partito e difficilmente ragionano col proprio cervello, quindi non agiscono mai secondo un principio interiore: sono uomini senza mordente sulla realtà politica, dominati più dalla passione che dalla ragione e quindi incapaci di un ideale superiore di virtù.
Il loro male è l’inerzia dello spirito, e, anche quando desiderano il bene, si rivelano complessi e contraddittori, problematici e irrazionali.
Di questa angosciosa situazione approfittano i qualunquisti, che sono diventati gli arbitri della situazione politica italiana, le loro principali armi sono l’inganno ideologico e l’intimidazione terroristica.
Essi sono riusciti a cronicizzare un conflitto attraverso la loro fumosa ideologia demagogica.
Ora tutto ciò non significa fare politica, perché la politica deve partire dall’uomo e ritornare all’uomo sotto forma di bene: la politica fa parte della filosofia morale, appartiene alla categoria dello spirito, e vuole essere scienza dell’azione, una scienza volta quindi ad attuare il bene essenziale della nostra natura.
I qualunquisti cercano di attuare la politica del fatto compiuto, la morale della situazione, attraverso la violenza e il compromesso.
Ciò si verifica per vari motivi, anzitutto per il vuoto ideologico degli altri partiti, sempre discordi e divisi, in continua lotta fra loro, poi per la carenza di comando, la debolezza di ideali nazionali, per la critica distruttiva, per la sfiducia e l’indisciplina che sono diventate le peculiari caratteristiche degli abitanti del bel paese.
E poi si aggiunga una classe politica che nell’insieme trasuda mediocrità e la classe borghese che non ha il coraggio di agire.
La borghesia dispone la specie umana alla vita dello spirito, perché essa è il vero stato dell’uomo completo in tutta l’espressione delle sue capacita spirituali e materiali.
La borghesia è l’intelligenza, la sua caratteristica è la creatività: cioè la capacità di produrre per mezzo dell’intelligenza e della volontà qualcosa sempre di nuovo.
Le masse non accomunano tutte queste cose: l’uomo massa è l’uomo senza destino, perché è mosso da motivazioni inconsce, la sua vita manca di programma e di metodo, quindi corre alla deriva.
Sono le masse, che con il loro cervello negativo, manovrate per di più dalla demagogia, anziché lavorare e produrre si avviliscono nelle inutili diatribe tra fascismo e antifascismo, dimenticando che il fine supremo dello Stato è la libertà e il bene comune.
Certo, l’Italia di oggi si differenzia enormemente dall’Italia del Risorgimento e da quella del Fascismo, che, nonostante tanti errori, aveva l’ideale della Patria che oggi manca del tutto.
L’Italia di oggi non è certo il nostro passato e speriamo che non sia nemmeno il nostro avvenire, perché noi vogliamo un’Italia completamente diversa, ricca di valori morali, di ideali, di intelligenza, di sentimento e di fede, un’Italia che abbia il culto della Patria e della Vittoria, che renda grandi gli uomini e forte la Nazione, una Italia che educhi i giovani al rispetto di Dio, della famiglia e della Patria.
(continua)