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Potestà genitoriale a mafiosi, Intrieri: “Solo la magistratura può decidere”

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Ho avuto modo di dire all’On Carbone che la decadenza della potestà genitoriale per
i mafiosi non può essere una pena accessoria perché contraria al best interest dei
figli. Essa deve aversi solo se la commissione di reati produce una lesione del diritto
ad una sana crescita psicofisica. Non si può automaticamente togliere la
responsabilità a tutti i mafiosi ma a quelli che educando alla mafia producono un
danno nei figli. In questo senso vanno gli importantissimi provvedimenti assunti dal
tribunale per i minorenni di Reggio Calabria.
Non tutte le madri sono anche donne di mafia. Ci sono situazioni disomogene che
vanno trattate in maniera non uniforme, sulla base di singoli accertamenti della
magistratura, con interventi mirati volti alla sana crescita del minore. In Calabria
assistiamo alla violazione del diritto del minore, figlio di boss di mafia, ad essere
educato dalla madre che trasmette anch’Ella valori che si pongono in contrasto con i
princìpi di legalità e giustizia, ma anche innanzi a madri che vorrebbero allontanare
se stesse ed i loro figli dai tentacoli della mafia e che non lo fanno per paura o
mancanza di denaro. E’ necessario tutelare i minori da tali situazioni altamente
lesive ma ogni caso deve essere valutato singolarmente sotto la guida del Tribunale
per i minorenni che ha in carico il minore che ha subito la violazione del proprio
diritto all’educazione, con l’intervento congiunto di tutte le parti.
Siamo nel difficile campo del bilanciamento degli interessi che vede frapporre il
diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia ed il suo diritto
ad una sana crescita psicofisica e lo Stato ha il compito di proteggerlo ricorrendo,
solo previo accertamento giudiziale, a strumenti di allontanamento del minore dalla
famiglia, quando questa risulta essere nociva.
E perché l’attuazione di provvedimenti giudiziali, volta al superiore interesse del
minore, non costituisca negazione del diritto del minore alla propria famiglia è
necessario che l’attività statale non si limiti all’allontanamento dal nucleo familiare
ma lo sostenga anche indirettamente attraverso un sostegno alla famiglia di origine
auspicando di poterlo far tornare quando questa, a seguito di adeguato percorso, sia
in grado di eliminare la propria disfunzione educazionale ed essere in grado di
riaccoglierlo. Sarà, dunque, necessario instaurare un coinvolgimento coordinato di
tutti tecnici, istituzioni e amministrazioni coinvolte (Tribunale per i minorenni, Forze
dell’Ordine, CTU, servizi – deputati ad offrire sia il sostegno educativo sia quello
psicologico, insegnanti etc.) ed un costante dialogo child friendly tra le parti
dell’affidamento etero familiare.