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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 23 DICEMBRE 2024

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Premier chiama moderati. Conta fino all’ultimo voto

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| Il 14, Dic 2010

No a offerta finiani:’Basta diktat, non mi dimetto’. Ma i futuristi si compattano. Riunioni nella notte

Premier chiama moderati. Conta fino all’ultimo voto

No a offerta finiani:’Basta diktat, non mi dimetto’. Ma i futuristi si compattano. Riunioni nella notte


 

ROMA – E’ iniziata alle 9 la seduta del Senato. I senatori, dopo le dichiarazioni di voto dei capigruppo, voteranno le risoluzioni sulla fiducia. La prima, a firma Gasparri, Bricolo, Quagliariello, è di sostegno al governo. La risoluzione Pdl-Lega e’ secca: Il Senato, udite le comunicazioni del presidente del Consiglio dei ministri, le approva. La seconda risoluzione è stata presentata da Pd e Italia dei Valori, a firma Finocchiaro e Belisario. “Il Senato – recita la risoluzione – preso atto che il governo non ha più il compiuto sostegno dell’originaria maggioranza, considerato che la permanenza in carica dell’esecutivo non consente di affrontare e risolvere nessuno dei gravi problemi del Paese, udite le comunicazioni del presidente del Consiglio dei ministri, non le approva”. BERLUSCONI-FINI A CONTA; PREMIER, CASINI PERSO ROMA – Le speranze delle colombe che confidavano in una notte che portasse consiglio si è infranta contro l’insuperabile scoglio della volontà di Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi di andare alla conta. Il primo ha tenuto dritta la barra della nave di Fli, puntando sulle dimissioni del presidente del Consiglio come unico modo per evitare il voto di sfiducia di Futuro e Libertà. Il secondo ribadisce di non avere nessuna intenzione di dimettersi perché sarebbe contrario alla “costituzione materiale” introdotta con la sua discesa in campo che attribuisce solo ed esclusivamente al popolo il potere di sfiduciare il premier. Il tutto avviene in serata, durante due cene che entrambi hanno organizzato con i propri parlamentari in vista del voto di domani. Il presidente della Camera, con l’ultimo tentativo di mediazione (dimissioni del premier e reincarico in cambio dell’astensione sulla sfiducia), ricompatta i suoi, ‘colombe’ comprese, come dimostra la presenza di Silvano Moffa all’incontro dei ‘futuristi’ (unica assente, Maria Grazia Siliquini, data ormai per ‘persa’). Paradossalmente, a poche ore dal voto, i ruoli si invertono. Il presidente della Camera è convinto di avere i numeri per mandare sotto il governo e profetizza sorprese. Mentre il premier, rispetto ai giorni passati, è più cauto: ritiene sicura la vittoria in Senato, mentre nutre qualche dubbio sulla Camera: “Vedremo come andrà a finire”, si limita a dire ai deputati riuniti a cena. Il premier, inoltre, sembra confidare meno dei giorni passati nella possibilità di convincere Pier Ferdinando Casini cambiare idea sul governo. “Mi risulta esserci un patto fra Casini e D’Alema” per fare del leader Udc il “nuovo Prodi”, confida ai senatori. Nemmeno la pressione degli ambienti cattolici, aggiunge, ha smosso il leader centrista. tanto che il Vaticano, sottolinea, si è chiesto il perché del suo rifiuto a dare l’appoggio esterno. Promette di ricandidare tutti i deputati “fedeli”, ma soprattutto guarda al dopo fiducia. La sua linea è chiara: andare avanti, anche se lo scarto fosse di pochi voti. Cita gli esempi del Canada, e della Germania della Merkel per ribadire che andare avanti anche senza la maggioranza assoluta in un ramo del Parlamento è possibile. Lui stesso però, fa capire che è difficile. Anzi, quasi impossibile perché Fini e Casini hanno come unico obiettivo quello di “farlo fuori”. La speranza sembra essere più quella di spaccare i due partiti, di portare i moderati di Fini e i moderati di Casini a liberarsi dall’abbraccio ‘mortale’ con la sinistra. Se così non fosse, se governare diventasse impossibile, allora si dovrà tornare alle urne, dove il premier è convinto, attraverso una “fantastica campagna elettorale” di poter vincere sia alla Camera che al Senato. Contro Fini un solo affondo per dire che ha poco senso istituzionale: “Avrei potuto chiedere le dimissioni di Fini, ma non l’ho fatto per rispetto istituzionale, mentre lui ha chiesto le mie”, si sfoga. La chiusura è una delle storielle che ama tanto raccontare ma che rischia di creare nuove polemiche: “Io non so dire dei no, non l’ho mai saputo fare e la mia fortuna è stata che nessun gay è venuto mai a farmi una proposta perché alla terza volta ci sarei stato”. BERSANI, GOVERNO COMUNQUE FINISCE, NO PAURA VOTO – “Da domani in ogni caso questo governo finisce. Non garantisce e non può garantire più stabilità al paese. Non abbiamo paura delle elezioni perché dopo 16 anni questo paese non ne più”. Così stasera il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, si è espresso nel corso di una cena organizzata dal Pd del Lazio con gli imprenditori. “Prima o poi – ha affermato Bersani – dovremo prendere in mano il governo di questo paese e porre rimedio ai danni prodotti: evasione, poca crescita, aumento della spesa corrente, meno lavoro e meno attività per le nostre imprese”. Bersani ha ribadito che “é chiaro che se il governo avesse domani una maggioranza striminzita avremo un governo precario. Siamo al tramonto di Berlusconi”.(ANSA)