Alchemia, quando stampa e politica entrano a gamba tesa L'errore di un quotidiano importante spinge una parte politica a chiedere le dimissioni di D'Agostino (solo indagato e non imputato)
di LL
Suol dirsi che la Calabria sia terra bellissima e che il peggior problema restino i calabresi. L’inciso appare quanto mai attuale sotto la focale politica davanti ai tanti, troppi, interventi a gamba tesa, con l’intento di colpire politici ed imprenditori in un gioco al massacro. A rimetterci alla fine sarà l’economia locale, in taluni così basterebbe conoscere
un pochino di procedura penale.
Pertanto con riferimento al processo Alchemia è assolutamente errato affermare che Il vicepresidente del Consiglio Regionale Francesco D’Agostino sia stato rinviato a giudizio o altrimenti abbia acquisito la qualifica di imputato. Allo stato è un indagato che ha chiesto la definizione della sua posizione attraverso un rito alternativo, segnatamente un abbreviato. Decisione che verrà presa dal Giudice dell’udienza preliminare sulla base dello stato degli atti. Pertanto a tale soluzione ricorre chi è sicuro di essere condannato e vuole fruire di una riduzione di pene oppure coloro che – e, riteniamo sia il caso di D’Agostino (dopo la decisione del Gip Barbara
Bennato) – e, sicuro della propria innocenza e confida nell’assoluzione. Pertanto tecnicamente D’Agostino è ancora oggi un cittadino sottoposto ad indagine e che ha optato per un rito alternativo. E’ imputato colui che viene rinviato a giudizio. D’Agostino non lo è.
Pertanto attacchi politici volti a screditare D’Agostino nel suo ruolo istituzionale bollandolo con un marchio di mafiosità appare operazione politicamente poco corretta. Meglio sarebbe riflettere sull’Importanza della sentenza che ha escluso l’Associazionismo mafioso nelle vicende di Buzzi e Carminati e capire come a forza di vedere mafia dappertutto l’Imprenditoria calabrese è spesso stata ingiustamente colpita contribuendo a creare un carcere con le pareti d’aria. La mafia si combatte con la crescita civile e culturale e con il lavoro. Non demonizzando l’antagonista politico di turno. Mafia sono le strategie che hanno portato al licenziamento di 380 padri di famiglia che lavorano al porto. Strano il silenzio di una parte della opinione pubblica!
L’azienda “Stocco&Stocco” fino a sentenza definitiva, resta fiore all’occhiello dell’imprenditoria calabrese, l’azienda del vice presidente del consiglio regionale oggi da lavoro ad oltre 150 famiglie, tra dipendenti e indotto. Contribuisce in una Regione, in maniera significativa, dove la crisi economica è travolgente.
Dunque, quando un giudicato definitivo (che sia D’Agostino o chiunque altro) dirà che qualcuno è colpevole la stampa ne prenderà atto. Prima non è moralmente corretto, per il rispetto che dobbiamo a chi investe ogni giorno, nel suo piccolo, per tenere in piedi la fragile economia calabrese.