Processo autobomba che uccise Vinci, nessun ente parte civile La solitudine della famiglia dell'uomo: "Ci hanno lasciati soli"
Nessuna associazione, ente o istituzione presente in aula e nessuno si è costituito parte civile per l’omicidio del biologo di 42 anni, Matteo Vinci. La solitudine della famiglia dell’uomo ucciso con un’autobomba: “Ci hanno lasciati soli”. Gli imputati per l’omicidio sono Rosaria Mancuso, 64 anni, il marito Domenico Di Grillo, 72 anni, le figlie Rosina, 38 anni, e Lucia Di Grillo, 29 anni ed il marito di quest’ultima Vito Barbara, 28 anni. Le accuse nei loro confronti sono omicidio, tentato omicidio, detenzione e porto illegale di esplosivo, lesioni personali, armi e tentata estorsione, reati tutti aggravati dalle modalità mafiose. Lucia Di Grillo invece, 29 anni, risponde dell’imputazione relativa alle armi.
Ma nell’aula della Corte d’Assise, nel tribunale di Catanzaro, dove si è svolta la prima udienza del processo i genitori di Matteo sono soli, seduti in ultima fila. Francesco Vinci – che era rimasto gravemente ferito nell’esplosione dell’autobomba – e Rosaria Scarpulla rappresentano il silenzio delle istituzioni e della solitudine di chi denuncia, di chi chiede giustizia in questa terra contro l’arroganza e la criminalità. Rosaria Scarpulla, una madre segnata profondamente dal barbaro assassinio di suo figlio, ancora una volta si lascia andare sottolineando come l’aula vuota rappresenti il calvario che hanno dovuto combattere, e l’omertà delle istituzioni. Nel corso della prima udienza i giudici hanno disposto accertamenti sanitari su Domenico Di Grillo che, secondo la difesa, sarebbe impossibilitato a seguire il processo in videoconferenza dal carcere campano nel quale è detenuto. Prossima udienza il 15 ottobre.