Proverbi e saggezza popolare calabrese La rubrica propone anche una canzone che il marinaio dedica alla sua amata donna
Iniziamo la rubrica, oggi, con l’inserire alcuni proverbi, convinti come siamo che custodiscono e tramandano alle generazioni future la saggezza di un popolo:
– “All’amicu non fari cridenza / Ca si scorda e non ti penza; / Si ti vidi cangia vicu, / Perdi ‘u dinaru e puru l’amicu.” ( All’amico non devi fare credito, perché si dimentica e non ti pensa; se ti vede cambia strada, perdi il denaro ed anche l’amico )- Il nemico “accattatu” è quindi il debitore, che diviene tale – non potendo restituire la somma datagli in prestito – nei confronti del creditore, a cui cerca in ogni modo di sfuggire. Anzi la gratitudine si trasforma ben presto, in questo caso, in astiosità inconscia, e lo stesso creditore finisce anch’egli per apparire come un nemico.)
– “ ‘A barca, se n’a ungi, non camina”. ( la barca, se non l’ungi, non cammina.) – Perché una pratica non resti accantonata, perché si ottenga più facilmente un favore, è necessario che la persona interessata sia prodiga di regali, ungendo continuamente “la barca”, per farla scivolare più agevolmente.-
– “Scusati se vi gabbai: cu’ n’anca di lignu mi maritai! / E jeu gabbai a vui, ca l’haju di lignu tutti i dui!” (Scusate se v’ho gabbata: con una gamba di legno mi sono sposato! / Ed io ha gabbato voi, avendole di legno tutte e due!) – E’ da tenere presente che anticamente i fidanzati, nei loro incontri a casa della fidanzata, stavano seduti distanti ed erano controllati severamente dai genitori, non potevano scambiarsi qualche parola di amore, ne, tanto meno, potevano confidarsi – .
– “ Dopu i cunfetti si vidunu i’ difetti” ( Dopo i confetti si scoprono i difetti ) – Ma è poi vero che solo dopo le nozze, con i relativi confetti che simbolicamente rappresentano il matrimonio, gli sposi scoprono i rispettivi difetti? – Una volta era più facile che ciò si verificasse, perché di norma i fidanzati, quasi sempre sotto gli occhi attenti dei genitori della ragazza, non avevano modo e possibilità di conoscersi bene. –
– “Si vo’ perdiri l’amicu / o ‘u mariti o ‘u fai zzitu !” ( Se vuoi perdere l’amico o lo sposi o lo fidanzi !) – Il detto viene usato nei confronti di chi sempre in compagnia degli amici, scompare improvvisamente. Si scopre che la ragione è da ricercarsi in un interesse ben diverso: nell’avvenuto matrimonio o nel fidanzamento. –
Chiudiamo con una canzone che il marinaio la dedica alla sua amata donna: “Sia benedittu cu fici lu mundu! / Sia benedittu cu lu seppi fari! / Fici lu celo cu lu giru tundu / Fici li stilli pe’ ci accumpagnari,/ Fici lu mari, e poi ci fici l’unda, / Fici la varca pe’ ci navicari,/ E poi fici a ‘ttia, janca palumba,/ Chi porti li carti di lu navicari”.
Al marinaro in mezzo all’onde il Cielo pare tondo, e cosí è. Benedice Dio di aver creato le stelle, che lo accompagnano, e la barca su cui si trova. La fantasia gli presenta la sua Bella nella sembianza di bianca colomba; e Noè, il primo marinaro, ebbe pure la colomba; e conclude che la sua bella ha la carta della navigazione. Questo concetto è oltremodo vago. Egli dunque per evitare gli scogli, le secche, le calme morte, non governa il cammino secondo la carta: per lui la carta vera ed infallibile è la sua Donna, che gli corre d’innanzi sui flutti, che gli addita la rotta, e gli mostra nella spuma il petto, nell’alghe i capelli, nelle valve aperte del murice le labbra rubiconde.