“Al Sud ancora mancano i programmi di screening per la diagnosi precoce del cancro al colon”
redazione | Il 17, Apr 2013
A denunciarlo in un’intervista su Calabria on web, é stato il professore reggino Luigi Familiari, fra i più apprezzati studiosi italiani ad essersi occupato di endoscopia digestiva e di endoscopia bilio-pancreatica ed il primo ad impiantare, nel 1980, le protesi biliari-endoscopia digestiva
“Al Sud ancora mancano i programmi di screening per la diagnosi precoce del cancro al colon”
A denunciarlo in un’intervista su Calabria on web, é stato il professore reggino Luigi Familiari, fra i più apprezzati studiosi italiani ad essersi occupato di endoscopia digestiva e di endoscopia bilio-pancreatica ed il primo ad impiantare, nel 1980, le protesi biliari-endoscopia digestiva
REGGIO CALABRIA – “I programmi di screening per la diagnosi precoce del cancro al colon sono partiti ormai da 5-7 anni in tutto il Nord e al Centro Italia, ma non al Sud”. A denunciarlo in un’intervista già on line su Calabria on web, magazine del Consiglio regionale (www.calabriaonweb.it), é stato il professore Luigi Familiari, reggino, fra i più apprezzati studiosi italiani ad essersi occupato di endoscopia digestiva e di endoscopia bilio-pancreatica ed il primo ad impiantare, nel 1980, le protesi biliari-endoscopia digestiva. Testimone privilegiato dell’evoluzione di una disciplina sempre più interventistica e meno chirurgica, il gastroenterologo ribadisce che si fanno campagne importanti per la prevenzione e la cura di tante malattie non mortali o rarissime e pochissimo, invece, si parla di cancro al colon, patologia così frequente da rappresentare un problema sociale e i cui indici di mortalità potrebbero essere ridotti in maniera significativa. Dall’intervista emerge soprattutto che è profondamente cambiato l’approccio alle malattie digestive. “Da disciplina eminentemente clinica, al pari di tante altre, la gastroenterologia è diventata più tecnica – spiega lo studioso. Questo grazie allo sviluppo dell’imaging (ecografia, Tac, Rmn), ma anche e soprattutto grazie all’avvento ed allo sviluppo dell’endoscopia digestiva. Mentre le prime oggi permettono diagnosi precise, impensabili fino a 30-40 anni fa, l’endoscopia, in più, consente di effettuare tutta una serie di interventi che una volta erano appannaggio della chirurgia, mentre ora possono essere effettuati senza aprire il paziente e con blande anestesie”. Sono tanti gli interventi possibili grazie all’endoscopia digestiva. “Possono essere asportate le neoplasie, trattate le emorragie, dilatati i tratti ristretti, asportati i calcoli dalle vie biliari o pancreatiche, impiantate protesi per il trattamento delle stenosi neoplastiche del tubo digerente o delle vie biliari e tanto altro ancora. Si può ragionevolmente sostenere – aggiunge – che oggi non esiste patologia del tubo digerente, delle vie biliari e pancreatiche in cui l’endoscopia non abbia un suo ruolo, diagnostico ed operativo”. E tutto questo ha comportato “Una caduta verticale degli interventi chirurgici tradizionali ed una riduzione marcata dei tempi di ricovero. Da qui, si è resa necessaria una riorganizzazione degli ospedali ivi compresa una riduzione importante del numero di posti letto e quindi la necessità di una chiusura di molti di essi”. Alla domanda: Quale il futuro più o meno prossimo della gastroenterologia, il professore Familiari risponde: “Oltre che un incremento degli interventi possibili a ‘paziente chiuso’ senza cioé ricorrere alla chirurgia tradizionale, l’endoscopia attuale permette grazie agli strumenti ad alta definizione (HD), alle colorazioni elettroniche delle mucose osservate ed all’ecoendoscopia, di fare un’analisi microscopica delle superfici mucose del tubo digerente e quindi di diagnosticare neoplasie allo stadio molto iniziale. La diagnosi è molto anticipata rispetto al passato ed apre la strada alla prevenzione, alla possibilità, cioé, di rilevare ed asportare in pazienti ancora senza sintomi, la presenza di polipi o piccole anomalie della mucosa, che potrebbero evolvere in cancro. La mortalità potrebbe essere abbattuta dell’80-90 ricercando, per l’appunto, nei pazienti asintomatici, le piccole lesioni preneoplastiche”.