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“Calabria on web” si occupa dell’istituto Sant’Anna di Crotone

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E’ il tema di approfondimento del magazine del Consiglio regionale della Calabria

“Calabria on web” si occupa dell’istituto Sant’Anna di Crotone

E’ il tema di approfondimento del magazine del Consiglio regionale della Calabria

 

 

“Risvegli”: l’Istituto S. Anna di Crotone, “eccellenza” della sanità calabrese, tema d’approfondimento su “Calabria on web”, il magazine del Consiglio regionale (www.calabriaonweb.it). Unico riferimento per le unità di rianimazione e per le tre neurochirurgie di Catanzaro, Cosenza e Reggio. Riconoscimenti internazionali dal 1996. Ecco come funziona la filiera dal risveglio dal coma nell’inchiesta firmata dal giornalista Raffaele Nisticò. L’Istituto S. Anna di Crotone, casa di cura privata convenzionata con il sistema sanitario nazionale: due sedi operative nel territorio crotonese, ambedue molto confortevoli anche dal punto di vista del posizionamento panoramico, sul mare e in media collina. Ma ciò che più è importante: il S. Anna di Crotone è riconosciuto come struttura sanitaria ad alta specialità riabilitativa. E’ dal 1996 che l’Istituto è all’avanguardia nella presa in carico dei pazienti in stato vegetativo. L’Unità di risveglio è nata per il fervente lavorio del professor Giuliano Dolce, direttore scientifico dell’Istituto e della sua branca di ricerca, neurologo di fama internazionale, autore di testi sullo stato vegetativo presso le più rinomate case editrici scientifiche italiane e non, a capo di una vera e propria scuola, e anche impegnato a difendere con convinzione principi etici con cui spesso l’attività del neurologo di frontiera deve fare i conti.

Nello stesso numero del magazine erogato nella Rete, prende il via una sezione specifica che approfondirà i punti di forza e le criticità del Mediterraneo. Terra imprescindibile per l’agenda europea e ricco di occasioni per il Sud e la Calabria, il Mediterraneo, nonostante l’esplodere di fondamentalismi religiosi che infiammano molti paesi della regione araba, può rappresentare un mare d’opportunità per l’Italia del Sud. L’approfondimento di questo numero del magazine spiega che il Mediterraneo è stato l’Alfa della civiltà, ma stenta a tornare al centro della storia, anche se su queste terre di mezzo e sulla loro auspicata rifioritura, sembra ricadere il compito importante di far fronte alle minacce di disintegrazione delle culture del passato e di custodire le testimonianze di un’antichità, senza la quale, sarà difficile tracciare una nuova rotta per il viaggio futuro dell’umanità, sia nell’Occidente che nell’Oriente. A lungo trascurato dall’Europa, è, in ogni caso, un tema fondamentale dell’agenda europea e occidentale dei prossimi anni. Per due ragioni principali. Per l’inarrestabile fenomeno migratorio verso l’Occidente, di migliaia di uomini e donne che corrono “verso dove c’è il pane”, come dice il priore della Comunità di Bose padre Enzo Bianchi, e per tutte quelle ribellioni, dagli esiti imprevedibili, a cui i media occidentali. hanno dato il nome di “primavere”. Il Mediterraneo, oggi, sia pure con tutte le pericolose questioni aperte, rappresenta dunque una sfida. Per i futuri assetti geopolitici, per l’economia, per gli scambi commerciali, per la difesa dell’ambiente, per lo sviluppo dell’Italia meridionale.

Restando in tema d’immigrazione, si segnala un reportage (Migranti dal Nord Africa: vite in emergenza) che svela come si vive, come si pensa, cosa si spera al Centro accoglienza “Residence degli Ulivi” di Falerna Marina aperto tra marzo e aprile del 2011 per far fronte alla cosiddetta “Emergenza Libia” (ha ospitato oltre 180 migranti a fronte dei 97 attualmente presenti nel campo) da cui i profughi scrivono lettere come questa : “Siamo in Italia dal mese di aprile del 2011, viviamo in questo centro di accoglienza da quasi un anno ormai. Tutti noi abbiamo lasciato i nostri paesi d’origine da molto tempo e vivevamo in Libia da molti anni, avevamo una casa, un lavoro: una vita normale senza problemi. Poi è scoppiata la guerra e le bombe cadevano sulle nostre teste. Una guerra che non abbiamo causato noi ma a causa della quale stiamo pagando un prezzo altissimo. In quei giorni siamo stati rastrellati nelle nostre case e nelle strade, messi in dei barconi senza sapere dove eravamo diretti, prima di imbarcarci ci è stato requisito ogni nostro avere, cellulari, memory card, soldi. I soldati di Gheddafi ci chiedevano di prendere le armi per loro, i ribelli ci accusavano di essere dei mercenari, e invece non eravamo né l’uno né l’altro: solo delle persone, esseri umani, padri di famiglia che lavoravano onestamente in Libia. Noi non volevamo andare via dalla Libia, siamo stati deportati, se qualcuno ce lo avesse chiesto, avremmo certamente risposto no”.