Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

TAURIANOVA (RC), MERCOLEDì 08 GENNAIO 2025

Torna su

Torna su

 
 

Quando una donna ama (Michele e Matilde – Napoli A.D.1958)

Quando una donna ama (Michele e Matilde – Napoli  A.D.1958)

| Il 28, Gen 2014

Ecco un breve racconto della scrittrice Caterina Sorbara

Quando una donna ama (Michele e Matilde – Napoli  A.D.1958)

Ecco un breve racconto della scrittrice Caterina Sorbara

 

 

Nel corso della nostra vita ci sono passaggi, accadimenti, fatti  a cui non sappiamo dare una spiegazione, un perché, una giustificazione anche non veritiera.

Non so se magari è il destino che, come un burattinaio, muove i fili della nostra esistenza.

Ricordo, quando ero bambina , subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, le  dolci vecchiette, pozzo di saggezza, dicevano:” Peccerella ognunu nasce signatu”.

Ciascuno di noi , nasce con un destino già scritto, predefinito, a cui non ci si può sottrarre.

A loro dire, persino Gesù Cristo, era arrivato sulla terra con il destino già scritto e, nonostante fosse il figlio di Dio, nemmeno a lui era concessa la possibilità di poterlo cambiare.

Confesso che ancora oggi, non ho capito se le care vecchiette, di cui ho tanta nostalgia, avessero ragione.

So comunque con certezza che durante la nostra vita ci accadono cose che non dovrebbero accadere e, noi pur consapevoli che dovremmo quantomeno cercare di evitarle, lasciamo che accadano, anzi preghiamo affinchè tutto avvenga al più presto.

E quando finalmente il sogno diventa realtà, siamo immensamente felici e non vorremmo svegliarci mai.

L’amore vero, l’amore grande, immenso, puro, per intenderci  quello che avvicina alle sfere celesti, al divino, si raggiunge solo attraverso un cammino disseminato di spine.

Per arrivare a lui. Per arrivare a “Questo amore” (per dirla alla Prevert), dobbiamo pungerci e sanguinare, dobbiamo sentire il dolore, dobbiamo vedere il sangue sgorgare dalle ferite della nostra anima.

Ma poi quando l’amore arriva e ci cattura con la sua alchimia celeste, dimentichiamo tutto il dolore, il sangue, le ferite e ci abbandoniamo ad esso come la creta nelle mani del vasaio ed entriamo in comunione con le sfere celesti, con il divino.

In questo secolo dominato dalla violenza, dal dolore, , dai falsi ideali, dai modelli sbagliati,solo l’amore ci può donare  la vera luce e può dare un senso alle nostre misere esistenze.

Esso, spesso, anche se fatto di luce, non viene capito, il suo significato viene distorto, infangato dai cosiddetti “sepolcri imbiancati” che imperversano dappertutto e sporcano tutto.

Un diamante però resta sempre un diamante, niente può scalfire la sua luce.

Quando una donna ama con tutta se stessa, con tutta la sua anima, con tutto il suo essere,  accade quello che uno scrittore  brasiliano, ha scritto in un suo libro e cioè: “L’universo cospira affinchè i tuoi sogni si realizzano”.

Da quel momento ogni minuto trascorso con il suo uomo, è prezioso, è sacro, è vitale.

Quando una donna ama, come io  amo Michele, si accontenta “del tempo di una sigaretta”.

Che cos’è il ” tempo di una sigaretta?”

Il tempo di una sigaretta, è il tempo che a volte lui mi concedi.

Ma in quel lasso di tempo , come spiegare al mondo ,che la mia felicità è completa, che la mia anima raggiunge le sfere celesti e si unisce al coro degli angeli.

Non dimenticherò mai, quando per la prima volta, la mia anima ha sfiorato la sua.

Eravamo al tuo ufficio e mi  aveva fatto vedere, due poesie che lui avevi scritto.

Quando lessi quella dedicata a suo fratello, che emozione!

Ricordo,ci davamo ancora del voi.

– << Vi piace signora?>>

 Come poteva non piacermi.

Dopo quell’attimo divino mi congedò.

Uscendo, mi sentii morire,  sentii  il mio cuore battere all’impazzata.

 Fu in quell’attimo che per la prima volta,capii che solo lui potevi donarmi la vita,l’amore, la felicità, quella felicità che avevo sempre sognato.

Quando una donna ama, il mondo si ferma, tutto tace, gli angeli accordano i loro violini e lei umile ancella s’inginocchia ai piedi del suo amato e lo adora, lo adora perché lui è il suo amato principe, il suo signore, il suo sole, il suo respiro, la sua vita.

Senza di lui la vita non sarebbe vita.

Quando una donna ama come io  amo, la storia si ripete, perché ,come  un tempo qualcuno, scrisse:”niente è nuovo sotto il sole”.

Allora io divento Claretta Petacci.

Lunghe ore di attesa a Palazzo Venezia per soli 5 minuti di felicità.

Un giorno il duce s’inquietò  e le gridò:<<Vattene, trovati un ciabattino, io non posso stare con te, ho una nazione sulle spalle.>>

Un giorno anche Michele si arrabbiò e, mi gridò: << Vattene!Trovati un politico e lasciami in pace, io devo concentrarmi, devo scrivere e tu   Matilde mi deconcentri>>.

Io non gli risposi, piangevo e non riuscivo a parlare.

 Ricordo, pensai, tornando a dargli del voi , come un tempo.

<<Signor Michele voi mi lusingate, avete detto un politico, non un ciabattino.

 Francamente , signor Michele, non mi ci vedo a fare l’anticamera a Palazzo Alemanni.

 E poi signor Michele, mi creda, in nessun Palazzo del potere e in nessun castello del mondo  troverei un uomo degno di sostituirvi nel mio cuore.

Solo voi mio adorato principe, siete l’amore e l’amore, voi m’insegnate è uno solo, non conosce uguali.

L’amore non è potere, né sesso,né soldi, né intrigo, non è prostituzione legalizzata, non è politica.

L’amore è purezza. L’amore siete voi!>>

Dopo si calmò, sorrise e, come sempre fumò, la tua inseparabile sigaretta.

<<Matilde adesso vai a casa, ci sentiamo più tardi .>>

<<Si  amore a più tardi>>

Il duce, quando  era insieme a Claretta al Terminillo, la prendeva in giro.

Anche lui a volte mi prendi in giro.

Quando sono tra le sue braccia e gli dico:<< Michele tu sei il sole>> Lui subito ride e mi risponde:<< Matilde ti sbagli su a luna>>.

Gli dico :<<Michele mio adorato bellissimo principe>>

E lui << Ti sbagli, Matilde, guardami bene su bruttu!>>

Claretta nei suoi diari scriveva “Benito mio adorato”.

Anch’io, come lei, scrivo nel mio diario: “Michele mio adorato”.

A volte quando siamo insieme non riesco a trovare le parole giuste per dirti cosa  davvero rappresenta, lui per me.

Claretta un giorno scrisse al duce così :<<Ben che sogno uscire in macchina con te!>> 

Anch’io come lei gli dico:<<Michele che sogno è stato uscire in macchina con te!>>

Ricordo quando andammo ad un Convegno sull’Unità d’Italia, la mia macchina era lontana e lui mi accompagnò

. Salutammo il presidente e uscimmo insieme.

Le strade della nostra città improvvisamente divennero le strade del Paradiso e, la sua macchina sospinta dagli angeli, volava.

“Michele è un sogno essere seduta accanto a te, amato principe è solo un sogno”.

Mi disse , mentre guidava:<<Ma secondo te Matilde io ti amo?>>

Io ,sebbene  non avevo dubbi riguardo io suoi sentimenti, non gli risposi  , mi sembrò da faccia tosta e, rimasi in silenzio.

Convenimmo che “ti amo” è una frase ormai detta e ridetta e che dovevamo trovare un modo più originale per dircelo, magari in cinese.

A Palazzo Venezia , Claretta trascorreva in solitudine interi pomeriggi, in attesa di vedere il suo Ben. A volte nell’attesa leggeva o chiacchierava con Navarra.

Io trascorro interi pomeriggi nel mio studio leggendo e scrivendo nell’attesa dell’agognato giorno, in cui possiamo vederci.

A volte aspetto una settimana, lunghissima quanto un’eternità e poi succede che ha per noi solo “il tempo di una sigaretta”.

 So, naturalmente che appena la sigaretta si consuma, devo andare via.

 Io guardo la sigaretta e quando sta per finire mi auguro che te ne fumi un’altra. Non succede e devo andare.

Riprende l’attesa e penso: <<Ti amo e per questo sono diventata il tempo di una sigaretta!>>

Ma sono grande e so che se non accettassi questo tempo, se mi ribellassi (a volte vorrei gridargli che voglio di più, che voglio  più tempo per noi), lo perderei del tutto,lo perderei per sempre.

Devo stare zitta e accettare.

Nel mio studio, sulla scrivania ho la foto di una poetessa  che come lui, ha una sigaretta in mano e mi guarda, mi scruta, con un’espressione seria, la stessa espressione che lui ha, quando gli parlo.

 Mentre scrivo poesie per lui, ogni tanto mi fermo e le dico: <<Signora io lo amo e sono felice>>.

Lei dall’alto della sua sigaretta, mi guarda e non dice niente, ed io continuo a parlarle di lui.

In fondo a chi posso dire che lo amo?

Quante donne vengono ancora  lapidate per la sola colpa di amare?

Da noi non esiste la lapidazione, ma quante donne vengono straziate ogni giorno, in fondo le parole cattive uccidono più delle pietre. E le nostre comunità  pullulano di sepolcri imbiancati.

 Quando Michele  mi tieni stretta tra le sue braccia e parliamo,  mi sembra di sognare; in quei momenti il mondo si ferma , tutto tace e si spande sulla nostra città  il canto dell’usignolo che è in noi.

L’altro giorno c’era il sole eravamo al suo ufficio e gli dissi:”Michele perché non andiamo a vedere il mare? Portami al mare”.

Lui mi rispose :”Matilde il mare proprio stamattina che devo vedere il sindaco e poi ci sono gli operai in sciopero”.

“Michele voglio guardare il mare attraverso i tuoi occhi”.

“Matilde il mare attraverso i miei occhi, lo guarderemo un altro giorno, adesso fumo un’altra sigaretta e poi andrai a casa”.

“Si mio signore dopo andrò a casa, obbedisco”.

Benito e Claretta prima di essere fucilati furono portati in una cascina dove lì trascorsero la loro prima e unica notte insieme.

 Chissà cosa si dissero, quella notte stretti stretti nel loro eterno abbraccio.

“La puttana del duce” -dissero i sepolcri imbiancati-

Ma una puttana   non sceglie di seguire l’amato fino alla morte.

La puttana sollazza nella gloria e scappa quando la festa è finita.

E’ difficile che gli altri capiscano il vero amore. Solo chi ama è coscio della fortezza del suo sentimento, chi ama combatte con le lacrime, con la solitudine, con il buio, con il pregiudizio.

Chi ama è costretto a nascondersi: chiude la finestra, accosta le tende, controlla se la porta è ben chiusa.

A volte si rifugia in uno sgabuzzino, la sua vita è appesa ad un telefono.

Un giorno  mi dicesti :”Matilde tu sei l’amata”.

Ma la mia condizione di “amata” non è ben vista alla luce del sole, è aborrita dalla legge dei padri.

Eppure io li amo al di sopra di tutto e tutti e spaccherei il mondo per poter guardare una volta sola insieme a lui,il mare attraverso i suoi occhi.

Vorrei seguire insieme a lui il volo infinito dei gabbiani sull’azzurro mare della nostra città.

Il poeta Ibico scrisse :”Dolce alba luminosa gli usignoli risveglia”.

 Chissà se ci sarà mai ci sarà mai un’alba, una sola alba per noi?

La sera ,in chiesa, inginocchiata davanti al Santissimo io prego:”Signore fa che tra me e Michele non finisca mai”.

 A volte  lontano da me scorgo lei, la santa sorella, anche lei in ginocchio, prega.

 Io mi chiedo:” starà dicendo la stessa cosa”?

Vorrei fermare le sue preghiere e gridare :”Signore ti prego non ascoltarla, io lo amo di più e solo io sono la sua donna”.

 Ricordo, la vicina di casa di mia nonna diceva:”U Signuri non senti l’angeli cantari e pensa se senti e ciucci ragghiari!”

Allora io dico, mentre le lacrime solcano il mio viso:”Signore misericordia comprendimi”.

Quando una donna ama ,riesce  persino,a leggere i segni donati dagli angeli.

A volte passano settimane senza poterlo vedere, giorni di profonda disperazione, albe che non dovrebbero sorgere mai.

Tempo fa , mentre camminavo, con i suoi occhi stampati nei miei occhi, vidi davanti alla scuola una coppia di giovani innamorati baciarsi.

 Si baciavano con trasporto, sembrava non volessero staccarsi mai.

Un po’ più avanti un’altra coppia, stessa scena : baci, baci e ancora baci.

Non avevo mai visto nella nostra città coppie baciarsi all’aperto con tale disinvoltura.

Un tuffo al cuore. Michele -pensai- forse l’attesa è finita, questo è un segno, un dolce segno, un segno per me, per te, per noi. Un segno degli angeli.

E’ stato così! Era un segno e più tardi ,stretta tra le sue braccia, ho ritrovato la felicità che solo lui, mi sai donare.

Baci, baci e ancora baci, non ci saziamo mai.

Non mi sazierò mai di lui.

Un giorno lo mangerò, lo consumerò con i miei baci e la città dovrà fare a meno di lui.

Invano lo cercheranno il sindaco, l’assessore, le associazioni, i sepolcri imbiancati, i leccapiedi.

Lo cercheranno, ma non lo troveranno perché lo nasconderò dentro di me. Per sempre.

Solo tra le sue braccia io sento di esistere,  sento di avere un nome ,un’identità.

“Michele io sono io solo se ci sei tu. Solo se tu abiti nella mia vita.”

Il suo respiro è il mio respiro, la sua pelle è la mia pelle, il suo cuore batte all’unisono con il mio. Insieme accarezziamo l’eternità.

Quando una donna ama, sia essa principessa o popolana, non desidera altro che dare un figlio al suo amato. Un figlio che abbia gli occhi del suo stesso colore o magari le sue mani o anche solo il suo sorriso.

Quando una donna ama, sente nascere in lei il desiderio della maternità, vuole sentire il sangue del proprio uomo scorrere dentro di lei.

Non avevo mai desiderato un figlio, sarebbe stato un ostacolo per la mia carriera, mi veniva da ridere quando sentivo che qualcuna si disperava perché non restava incinta. 

Forse Dio ha voluto punirmi perché  adesso sono io che desidero un figlio, un figlio che sia di Michele, un figlio che abbia il suo sangue.

Ho pregato, pregato e supplicato. Ho pianto quando ho capito di non essere incinta. Ho pregato  i Santi  affinchè  mi facessero questo miracolo, che non richiedeva alcun sforzo da parte loro. Ma il miracolo non è mai arrivato.

Avrei tanto voluto dargli un figlio, un figlio, frutto del nostro amore.

Ebbi l’ardire di raccontargli tutto, volevo condividere con lui il mio dolore, perché quando una donna ama vuole condividere tutto con il proprio uomo. Non ci devono essere segreti.

Apriti cielo!

Ti arrabbiasti:-“ Matilde un figlio sei pazza nella nostra situazione”!

Era luglio , ma solo sul calendario perché un serpente gelido mi attraversò l’anima e per me fu la fine.

Piansi, gridai, mi disperai, stracciai le foto dei Santi, maledissi Dio,  mi confidai con Selene, invocai Era, madre e sorella.

Ricordo che  Don Ruggero festeggiava i suoi 50 anni di matrimonio con la Santa Chiesa, arrivai in chiesa nella speranza di vederlo e quando lo vidi insieme al sindaco come se non fosse successo niente, mi sentii morire e disperata ritornai a casa.

Nel deserto della mia disperazione scrissi così:

Nel silenzio della notte

parlo alle ombre

che la  luce

della dolce dea Selene

proietta nella mia finestra.

Non è la morte

il peggiore dei mali

ma l’infelicità.

Lui è andato via

portandosi dietro

la luce che alimentava

il mio respiro.

Adesso di nuovo sola

sento il dolore

che mi lacera l’anima

e come un pugnale

mi squarcia il cuore.

Adesso anche

se c’è il sole

sento il sangue

gelare nelle mie vene.

Non ho più lacrime

non ho parole

la piccola poetessa

ha finito l’inchiostro.

In fondo

a cosa mi è servito

depositare ai suoi piedi

la Musa?

L’ha ignorata.

L’ha calpestata

come fosse polvere

al suo umile canto

è rimasto sordo.

Nel silenzio della notte

il mio dolore divampa

mi avvolge

come le spire

di un gelido serpente.

Adesso che la mia dolce città

ha cambiato il suo nome

in Corinto

ed io straniera e ormai

abbandonata

rubo le parole a Medea

e grido affinchè

gli dei maledetti

mi possano sentire

affinchè almeno Selene

scenda a consolarmi.

Io grido:

Lui che era tutto per me

si è rivelato

il peggiore degli uomini!

Per non suicidarmi  continuai a scrivere, scrivere e scrivere solo per te , affinchè  qualcosa o qualcuno lo riportasse a me.

E così fu. Mentre scrivevo il tempo passava e il dolore si tramutava in speranza, la speranza che anche lui mi stesse pensando, che fosse pronto a ritornare, che nel profondo del suo cuore, in fondo,  mi aveva capita.

Era Autunno ,la magica stagione ricca di sensualità, c’incontrammo per strada, per un attimo e nel suo sguardo io vidi l’amore.

Capii che anche lui stava soffrendo.

Gli mandai una poesia, gli scrissi mille volte che lo amavo, rubai le parole ai  poeti famosi per arrivare di nuovo al suo cuore. Non mi arresi….

E poi, finalmente, mi chiamò:_” Vieni a casa di mia madre”-

Io volai come quando mi diede il primo appuntamento. Volai da lui, non vidi né la strada ,né le macchine, niente.

Volai da lui. A casa di sua madre.

Gli dissi e gli promisi che non gli avrei chiesto più di quanto  avrebbe potuto darmi, che non avrei pianto se non  avesse potuto portarmi al mare, che  avrei rispettato tutti  i suoi orari, senza batter ciglio.

Da allora, da quel  giorno gli angeli sono tornati sulla terra e io sono felice.

A volte dopo l’amore,  lui dice:”questa pazza, questa pazza”. Io so che vuole  dire “questa pazza che mi ha rubato il cuore”. Quando chiacchieriamo sul divano abbracciati  la mia felicità è completa. Quando siamo al suo ufficio e dolcemente mi accarezza le mani, come solo lui sai fare, io sento di esistere.

A volte è solo il tempo di una sigaretta ma ormai non protesto più. Io ho accettato e non protesto più , perché quando una donna ama accetta tutto, può tutto, si piega a tutto e, può accadere così come è accaduto a me che essa diventi il tempo di una sigaretta, un tempo brevissimo ma intenso , un tempo carico di magia e felicità.

Un tempo che io vorrei  fosse infinito e invece puntualmente lui  dice :”Matilde è finita, adesso vai a casa ci sentiremo più tardi”.

Ed io rispondo: ”Obbedisco mio unico amore”.

E vado via.