Quarta tappa del viaggio nella Piana: Rosarno Domenica Caruso ci riporta all'antica Medma
di Domenico Caruso
Oh hjatu chi si vidi ‘i ‘st’affacciata! / Pari ca la pittau ‘nu gran pitturi. /
Quandu lu suli faci la curcata / lu celu sprendurìa milli culuri. // Luntanu ‘nc’è lu mari cilestrinu / e Strumbuli, lu vecchju, chi pippìa, / cchjù cca ‘na tila virdi e d’oru finu / chi nchjana pe’ lu Poru e Sant’Elia.
(Dal sonetto: ’A ‘ffacciata ‘i Rosarnu di Vincenzo Lacquaniti)
Un po’ di storia
Da Medma a Rosarno
Rosarno trae le sue origini dall’antica colonia di Medma, sorta intorno al VI sec. a.C. (ma forse già facente parte delle stazioni neolitiche della Calabria) per l’espansione egemonica dei Locresi Epizephiri. La creazione di un porto nel Tirreno avrebbe favorito i loro commerci e la fertile pianura (abitata da piccoli nuclei indigeni) costituiva un luogo ideale per l’agricoltura e l’allevamento del bestiame. Nella polis di Medma vigeva il matriarcato e la costituzione di Zaleuco garantiva un’amministrazione realistica e costruttiva.
Gli avvenimenti storici del V sec. videro prima la città nell’orbita di Crotone, poi sotto Dionigi di Siracusa, infine di nuovo dei Locresi.
L’occupazione dei Bruzi, la malaria e la guerra annibalica (fine III sec. a.C.) avrebbero contribuito al fatale declino di Medma ed alla fondazione di un’altra colonia da parte di Ottaviano (dopo la disfatta di Sesto Pompeo e di Antonio): Nicotiria (Nicotera), che significa miracolo di vittoria.
Bisogna attendere il 1037 per incontrare il nuovo nome Sarno (secondo l’Alessio di origine bizantina), prima di Losarno, Rosarno.
Giuseppe Pensabene (v. Dizionario Etimologico – DES) dichiara che “questo grosso centro ricalca il latino rurarium (campagna). […] Chi transita per l’autostrada può notare come il tracciato prosegue a nord per una aperta campagna disabitata”.
Rosarno, creata agli inizi nella vallata del Mésima come fortezza difensiva della Piana (castri Rosarni), fu trasformata in polo d’attrazione per la comunità dopo la Guerra del Vespro in cui Carlo I d’Angiò dovette rassegnarsi alla perdita della Sicilia. Tentata la conquista di Messina, nello specchio d’acqua prospiciente la marina di Rosarno – scontrandosi ancora con gli Spagnoli – il re subì un’amara sconfitta (14 ottobre 1282). Tornato a Napoli affidò il comando al figlio Carlo II (principe di Salerno) il quale, abbandonata Reggio dove non si sentiva al sicuro, si accampò con l’esercito nella pianura di S. Martino (in vallem Salinarum). Qui, il 30 marzo 1283, convocò un solenne Parlamento per approvare le nuove Costituzioni della Monarchia. Durante le vicende successive (Carlo II prigioniero, inutile tentativo del padre contro gli Aragonesi, pace di Caltabellotta), si suppone che Rosarno fosse considerata una terra libera oppure si trovasse incorporata nella Terra di Borrello.
Dopo l’intestazione ai Ruffo di Catanzaro dal 1305, Rosarno (oltre a detto Casato o al regio demanio) passò, di mano in mano, ai vari feudatari (Costanzo, Centelles, d’Alagno, Arcamone, Ludovico Sforza il Moro). Nel 1499, quattro anni dopo lo scontro tra francesi e spagnoli nella zona tra il Petrace e Seminara, venne assegnata assieme ad altri Stati ad Isabella d’Aragona. Dal 1505, essendo toccato a Ferdinando il Cattolico il Regno di Napoli, ebbe inizio per due secoli la dominazione spagnola in Italia e Rosarno spettò alla famiglia Pignatelli fino all’abolizione napoleonica della feudalità (1806).
L’umiliante vassallaggio, le incursioni saracene, il brigantaggio, la peste, il terremoto del 1783 causarono a partire dalla seconda metà del XVI sec. il suo decremento demografico. Con il riordino amministrativo del generale Championnet, la città fu riconosciuta autonoma e inclusa nel Cantone di Seminara. Nel 1811 divenne Comune della giurisdizione di Nicotera e successivamente fece parte della nuova provincia di Reggio Calabria.
(Bibliografia essenziale: Storia di Rosarno di Giuseppe Lacquaniti, Virgiglio Ed.,1993).
Aneddoti ed eventi eccezionali
La generosità del Borbone
Il giovane Carlo III di Borbone, Re delle Due Sicilie e poi di Spagna, che “aveva per natura cuor buono, senno maggiore dell’età e cortesia nei discorsi” (come riferisce il Colletta), prima della guerra in Sicilia, più di “due mesi e mezzo, aspettando che la cittadella di Messina si arrendesse, viaggiò nel regno, troppo dedito alla caccia”. Così nel 1735, trovandosi presso Rosarno, colto da un improvviso temporale riparò in un tugurio dove una donna aveva da poco partorito. Il re “volle che il bambino portasse il nome di Carlo; si fece suo padrino; donò cento doppie d’oro alla madre; assegnò al fanciullo venticinque ducati al mese finché in età di sette anni venisse alla reggia”.
(Da: Pietro Colletta, Storia del Reame di Napoli, Ed. S.A.R.A, 1992).
E per finire
Medma-Rosarno: due parole, un sito,
un unico forziere a due ripiani
dove il moderno poggia sull’antico
e cerca nuovi spazi e dimensioni
per essere più degna del passato.
(Da: Antonio Orso, Rosarno – Quadri poetici di storia –
Ed. Il Nuovo Provinciale, 1991).