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“Una vil razza dannata?Riflessioni sulla Calabria e i Calabresi”

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E’ il titolo del libro di Aldo Varano e Filippo Veltri che verrà presentato a Bova il 31 Marzo

di CATERINA SORBARA

“Una vil razza dannata?Riflessioni sulla Calabria e i Calabresi”

E’ il titolo del libro di Aldo Varano e Filippo Veltri che verrà presentato a Bova il 31 Marzo

 

di Caterina Sorbara

 

Lunedì 31 marzo alle ore 17,00 presso la Sala del Consiglio Comunale di Bova verrà presentato il libro , dal titolo: Una vil razza dannata?Riflessioni sulla Calabria e i calabresi di Aldo Varano e Filippo Veltri, edito dallaCittà del Sole Edizionidi Franco Arcidiaco.
Saranno presenti insiemi agli autori: Santo Casile , Sindaco di Bova; Mimmo Gangemi scrittore; Gianfranco Marino, vicesindaco di Bova con delega alla cultura e l’editore Franco Arcidiaco.
Il libro nasce dalla discussione dei due giornalisti e dell’editore con un altro grande intellettuale calabrese, il prof. Pasquino Crupi, ormai scomparso. Instancabile e attento, Crupi credeva nell’utilità delle discussioni, nella potenza del racconto, nell’esigenza di analisi lucide e attente che provassero a raccontare ancora una volta questa terra e questa razza troppo spesso definita “maledetta”.
Il libro propone una selezione di saggi tratti dal numero speciale della rivista Il Ponte diretta da Piero Calamandrei, uscito nel settembre 1950 e interamente dedicato alla Calabria.Scrittori, intellettuali, storici del tempo, quali Alvaro, La Cava, Rèpaci, Zanotti-Bianco e molti altri raccontarono allora la regione come oggi nessuno sembra più in grado di fare. Cioè, al di là dei cliché in cui è caduta, al di là di quelle immagini che i calabresi si sono lasciati costruire addosso: briganti, mafiosi, emigranti, sempre testa dura, indolenti, passivi, abituati a chinare il capo o a compiere i peggiori crimini.
Questi saggi raccontano esattamente la Calabria del tempo, affrontando i mali della sua arretratezza, della sua miseria, insieme agli elementi storici, sociali e antropologici più pregnanti, senza nascondere nulla, ma allo stesso tempo sorretti da una speranzosa fiducia nell’avvenire e nelle sue possibilità di riscatto. Sono passati più di sessanta anni da quella pubblicazione, ela realtà non sembra essere troppo diversa. Ma,senza più quegli accenni di speranza, oggi più di allora si sente il bisogno di parlare, descrivere, riflettere sulla Calabria,in coscienza e verità.
I processi storici e mediatici che hanno contribuito negli ultimi decenni a disegnare la fisionomia del calabrese sono presentati nel saggio introduttivo di Varano e Veltri. I due giornalisti si interrogano su come si sia giunti a quello che può essere definito un corto circuito di opinioni e immagini, da cui il calabrese non riesce a uscire, riflesso com’è nel pericoloso gioco di specchi delle”identità”. Perché,mettono in guardia, attenzione alla parola “identità”, vischioso groviglio di caratteri troppo spesso utilizzati come comode giustificazioni, presi in prestito da chi in essi vuole nascondersi e nascondere le responsabilità collettive.
«La Calabria è da lunghissimo tempo oggetto di una narrazione che la rende incomprensibile – scrivono gli autori -. Non si capisce più quale sia l’origine dei suoi problemi e dei suoi drammi, perché continua ad essere sempre in fondo alle classifiche dell’economia, della crescita, del vivere civile e sempre prima nelle classifiche dei primati negativi.Alla fine, in un delirio di distruzioni sistematiche e prive di spiegazioni, sembra restare in piedi una sola ipotesi: c’è una ragione antropologica al nostro essere terra irredimibile; come ci piace ripetere, resta in piedi soltanto la tesi che i calabresi siano una vil razza dannata».