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Record di morti nel Mediterraneo

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Da fonte di vita e culla di civiltà il Mediterraneo si sta trasformando, sempre
più in teatro di morte. Dal mese di gennaio, infatti, più di 3.000 migranti sono
deceduti nelle acque del Mare Nostrum, oltre il doppio che al culmine del 2011, anno
della primavera araba. Fin dall’inizio dell’anno, sono state registrate la morte
di 2.987 per l’esattezza delle cifre. Lo rende noto l’Oim, l’organizzazione internazionale
per le migrazioni, aggiornando i dati con le ultime 100 vittime registrate da domenica
sulle coste libiche. I 2.987 migranti e rifugiati che hanno perso la vita nel Mediterraneo
dall’inizio del 2015 sono pari “a quasi i tre quarti dei 4.093 migranti morti in
tutto il mondo nel 2015, afferma una nota dell’Oim citando gli ultimi dati del Missing
Migrant Project. Dal 2000, più di 25.000 migranti hanno perso la vita nel Mediterraneo.
Per il Mediterraneo, il «2015 è l’anno più letale», anche più del picco del
2011, quando erano stati registrati 1.500 decessi (prendendo i primi nove mesi dell’anno).
La maggior parte dei migranti che sono morti alle porte dell’Europa – di annegamento,
soffocamento, fame o freddo – sono nati in Africa e Medio Oriente, secondo le statistiche
pubblicate dall’OIM. In totale, almeno 40.000 migranti che hanno cercato di entrare
in Europa, Stati Uniti, Australia o in altri paesi, sono morti in tutto il mondo
dall’anno 2000.”Da un anno a questa parte l’aumento del numero di morti è dipeso
principalmente dalla progressione dei morti nel Mediterraneo”, ha detto l’OIM, che
riconosce di non capire molto bene questa tendenza. Il totale degli arrivi per tutto
il Mediterraneo è inoltre salito a 557.899, il doppio del totale di 219.000 registrato
durate tutto il 2014.Tra i popoli che maggiormente sono giunti in Italia quest’anno
si registrano i siriani, il cui paese è stato devastato da una guerra civile per
più di tre anni e mezzo, e gli eritrei, che fuggiono dal loro paese per scappare
dalla brutale repressione del potere, servizio militare e dai lavori forzati, non
retribuiti e di durata illimitata. Statistiche impietose che non si possono più
tollerare, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti [1]”,
che ribadisce la convinzione della necessità di un intervento internazionale più
deciso. Il Nostro Paese, suo malgrado, resta principale protagonista in uno sforzo
di accoglienza incredibile.