Per i partecipanti la lotta alla ‘ndrangheta è un seme di cambiamento che sta germogliando in Calabria
Riace, in pieno svolgimento il campo della legalità
Per i partecipanti la lotta alla ‘ndrangheta è un seme di cambiamento che sta germogliando in Calabria
Riace – Dalla teoria alla pratica. Visitando ieri la Bottega della Legalità a Reggio Calabria, i ragazzi e i volontari del Campo della Legalità (Riace, 28 luglio – 3 agosto) si sono confrontati con una realtà concreta, fatta di lavoro e e di buona imprenditorialità.
Hanno ascoltato la centralità e la funzionalità del posto, la dinamicità del percorso che ha condotto alla costruzione della struttura, la carica emotiva delle persone che ci lavorano e che credono nel progetto: le sue finalità, il suo obiettivo futuro e le sue prospettive.
Ma non solo. Hanno preso parte a una riunione nel corso della quale hanno ascoltato le parole di Mimmo Nasone, referente Regionale di Libera Calabria, che ha sottolineato l’importanza di un comportamento responsabile e legale. Di una vita diretta nel segno della coerenza; della quotidianità vissuta nel solco della trasparenza; dell’impegno nella lotta continua contro la ‘ndrangheta e i suoi tentacoli, ormai presenti in diversi settori economici e istituzionali della Provincia.
I partecipanti hanno poi ascoltato Stefania Gurnari che ha raccontato, con parole semplici e toccanti, il ferimento del proprio figlio durante una recita di fine anno scolastico nel plesso del circolo didattico Megali a Melito di Porto Salvo. “Il proiettile, destinato ad un pregiudicato – ha detto Stefania -, ha colpito mio figlio. Per ottenere giustizia per me e per la mia famiglia ho iniziato una battaglia legale, denunciando chi aveva delle responsabilità al momento del fatto: oltre agli autori dell’attentato, ritengo responsabile la preside della scuola poiché le norme minime di sicurezza non sono state rispettate”. “Con la mia battaglia– ha concluso – ho cercato di abbattere il muro della cultura omertosa e della paura che attanaglia la nostra terra”. Così, attraverso questo incontro, i partecipanti hanno visto un’ennesima sfaccettatura del mondo della ‘ndrangheta, del suo modus operandi e del suo rapporto con il territorio e con la popolazione.
Decifrarne la struttura e capirne la portata non è semplice. Adesso, questi volontari e questi ragazzi hanno acquisito degli strumenti per leggere ciò che, a volte, è scritto tra le righe.
Dalle verifiche finali del Campo della Legalità è emerso un pensiero comune da parte dei partecipanti, condiviso dai rappresentati dello SPI territoriale e dai coordinatori del campo componenti del Direttivo dell’Arci Reggio Calabria: la sette giorni di lavoro ha costituito un percorso articolato di emozioni, informazioni ed esperienze, che non si fermeranno alla Calabria ma che costituiranno di certo l’input per l’avvio di nuove esperienze politiche di respiro nazionale.
Profondi momenti di riflessione sono scaturiti dagli incontri avuti durante questo periodo vissuto come “campisti”: dall’ascolto delle testimonianze delle vittime di ‘ndrangheta al racconto di chi si impegna per un progetto concreto di integrazione con gli immigrati; dalle storie di chi fa buona amministrazione in Calabria a quella di chi ha fatto la storia (dal periodo della resistenza anti-fascista all’impegno delle lotte sindacali); passando per la spiegazione dei progetti di sana imprenditorialità a quella della gestione dei flussi migratori (dal momento dell’accoglienza a quello della sicurezza); dalle storie degli immigrati di Riace a quelle dei migranti di Rosarno.
Ma non solo. Anche l’aspetto della praticità è stato esperito durante il campo, attraverso i lavori ai laboratori di Riace e, soprattutto, i lavori di restaurazione dei murales di questo piccolo e caratteristico paese.
Infine, “dal campo – hanno affermato i partecipanti – è emerso un confronto intergenerazionale proficuo e speciale”: c’è chi ha stretto un vero e proprio rapporto di amicizia con i pensionati di Bologna; chi ne ha tratto insegnamenti e riflessioni; e, infine, chi ha sperimentato una cucina diversa, gustando i piatti tipici sia locali che emiliani!
Un bagaglio di esperienze e di vita che tutti, dai giovani ai meno giovani, porteranno con sé tornando alle proprie case, e “di cui racconteranno – hanno promesso – con rispetto e con grande entusiasmo”.
Le intenzioni espresse dalle realtà promotrici del campo (in testa lo Spi Cgil Rc-Locri, l’Arci Comitato Territoriale di Reggio Calabria e la CGIL territoriale), al momento dell’elaborazione del programma della 7 giorni, sono state confermate dai risultati emersi. Un simbolo conclusivo a dare atto del “potere dei segni” che uomini e donne in terra di Calabria sanno esprimere è stata la testimonianza toccante di Tiberio Bentivoglio: imprenditore reggino capace di dire tante volte No. Le sue parole hanno regalato ai partecipanti spunti di riflessione sui nuovi percorsi di resistenza. Perché la Calabria, ora più di prima, sappia esprimere tutta la propria dirompente forza e la propria natura di incubatrice reale di cambiamento.
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