Ricostruito il cranio del più antico antenato dell’uomo Un calabrese tra i protagonisti della scoperta che rivoluziona le conoscenze sui progenitori dell’essere umano
E’ stato ottenuto il ritratto in 3D dell’antenato della nostra bisnonna Lucy. Realizzato grazie a un grande contributo italiano, costringe a rivedere le conoscenze sui progenitori dell’uomo. Messo a punto sulla base del cranio appartenuto a un ominide di 3,8 milioni di anni fa, indica che la sua specie e quella di Lucy hanno convissuto per 100.000 anni. Pubblicato su Nature, il risultato si deve a due studi internazionali guidati da Yohannes Haile-Selassie del Cleveland Museum of Natural History, con la ricostruzione in 3D realizzata in Italia, nel laboratorio di Osteoarcheologia e Paleoantropologia dell’Università di Bologna, da Stefano Benazzi, originario di Faenza (Ravenna) e Antonino Vazzana, che da Reggio Calabria si è trasferito in Emilia Romagna per laurea e dottorato.
“Il fossile è stato scansionato con la microtomografia negli Usa, presso la Pennsylvania State University, e sulla base di questi dati abbiamo ottenuto la ricostruzione virtuale del cranio completo” ha spiegato all’Ansa Benazzi, che dirige il laboratorio bolognese. Questo, aggiunge, “ha permesso di osservare alcuni dettagli che non si potevano evincere dal fossile originale ed è stato sorprendente constatare di essere di fronte al primo cranio completo di Australopithecus anamensis, ovvero la specie più antica del genere Australopithecus”. Destinato a diventare un’altra icona dell’evoluzione umana, il fossile è stato scoperto nel 2016 in Etiopia, nella località di Miro Dora, a 55 chilometri da dove nel 1974 furono rinvenuti i resti di Lucy, che appartiene alla specie Australopithecus afarensis.
Il cranio è appartenuto a un maschio adulto e la sua specie, parente di quella di Lucy, è stata identificata studiandone le caratteristiche della mascella superiore e del dente canino. Inoltre, sono state osservate caratteristiche mai viste prima nella specie. “Il cranio ha un mix di caratteristiche facciali e craniche primitive e meno primitive che non mi aspettavo di vedere su un singolo individuo”, spiega Haile-Selassie. Alcuni elementi sono condivisi con le specie successive, mentre altri somigliano a quelli di gruppi più antichi come Ardipithecus e Sahelanthropus. “Finora, abbiamo avuto un grande vuoto tra i primi antenati dell’uomo conosciuti, di circa 6 milioni di anni fa, e specie come Lucy, di circa 3 milioni di anni fa. Questa scoperta fa da ponte tra questi due gruppi”, rileva la coautrice Stephanie Melillo dell’Istituto tedesco Max Planck di antropologia evolutiva.
Il cranio, insieme ad altri fossili della specie A. afarensis, rinvenuti in precedenza nell’area, mostra che le due specie hanno convissuto per circa 100.000 anni, sfidando l’idea che ci sia stata una transizione lineare tra questi due antenati dell’uomo. “Pensavamo – osserva Melillo – che A. anamensis si fosse trasformato gradualmente in A. afarensis nel tempo, ma questa nuova scoperta suggerisce che le due specie vivessero insieme. Questo cambia la nostra comprensione del processo evolutivo dell’uomo”. Il fossile è stato trovato nei depositi di un’area in cui un antico fiume entrava in un lago oggi scomparso e i resti fossili di vegetali rinvenuti nella zona hanno permesso di ricostruire meglio l’ambiente in cui viveva l’ominide: le rive di un lago circondato da aree boschive, che era per lo più asciutto e in alcuni periodi salato.