Riforma della scuola, le riflessioni di Maurizio Cannata "Il punto di non ritorno politico è stato quello di credere nella bontà del d.d.l. sulla scuola senza ascoltare tutto ciò che ruotava intorno"
La direzione nazionale del partito democratico di lunedì scorso ha analizzato il voto sulle regionali, risultati elettorali che hanno visto una perdita di consensi del PD, il quale ha conquistato molte regioni significative e una sconfitta altrettanto pesante in Liguria e Veneto, dati negativi che sono peggiorati nelle amministrative di ieri. Il dibattito politico nella direzione è stato molto accesso, con accentuazioni diverse nella valutazione politica e un denominatore comune inequivocabile rappresentato dall’astensione dal voto di milioni di cittadini italiani che non si sentono rappresentati dalla politica e dal PD in particolare.
Certo è il forte astensionismo che si è attestato quasi al 50% degli aventi diritto al voto, un dato preoccupante che non deve essere sottovalutato, anzi, dovrebbe farci riflettere per ripartire e correggere gli errori di profilo ideale del PD. Errori che non siano da attribuire come sostiene Renzi a una cupa campagna elettorale, oppure a una stucchevole analisi comparsa in queste ore (il PD perde per responsabilità della sinistra- quando vince per merito di Renzi), personalmente ritengo che la flessione dei consensi al PD abbia una matrice più profonda che riguarda il campo del centro sinistra, la sua rappresentanza sociale e la tenuta del partito a livello territoriale.
I dati elettorali negativi del PD sono inequivocabili, e l’affievolirsi della luna di miele (40% di consensi ottenuti alle precedenti elezioni Europee) rappresentano veri problemi politici e organizzativi di tenuta delle politiche fin qui mal digerite dai cittadini, della crisi e radicamento del PD in forte calo. Sono questioni che vanno discussi non solo negli organismi nazionali, ma in tutti i livelli del partito prima che sia troppo tardi e i buoi escono dal recinto. A mio modesto parere, senza la presunzione di avere la verità in tasca ma con lo spirito di una riflessione libera, penso che i motivi di un rallentamento così vistoso e strutturale siano diversi e investono le politiche del Governo in tema di riforme Costituzionali e della Scuola, la debolezza politica in Europa sui temi economici e l’immigrazione, l’organizzazione e la direzione del partito, l’inconsistenza politica della segreteria nazionale che francamente nell’immaginario collettivo risulta non pervenuta. Non c’è dubbio che si percepisce una sorta di delega in bianco a Renzi, sia nelle politiche del governo, sia nel destino ideale del partito, con il rischio di trovarci nel prossimo futuro senza governo e partito.
Non possiamo far finta che nulla è successo, lo dico per il bene del partito e della sua prospettiva politica. La mia riflessione non vuole essere/o apparire strumentale rispetto a un’idea di partito Nazione che non condivido. Lo sforzo di tutti dovrebbe essere quello di aprire nelle strutture di partito e nella società una vera riflessione politica che oggi è assente, che colpevolmente abbiamo delegato con il silenzio/assenso al partito nazionale sui temi cruciali, con la conseguenza che tutto ciò ha determinato un distacco tra il vertice che decide velocemente e la crisi dei circoli zoppi, che camminano a velocità ridotta perché sono stati estromessi dalla discussione sul merito delle riforme attuate. Sono riforme che stanno cambiando il DNA del Paese, della Democrazia sostanziale e del partito, il quale rischia di cambiare pelle rispetto all’idea originaria. La natura del PD non può essere circoscritta solo all’effetto mediatico svincolato dal merito, non chiedersi chi sei e chi rappresenti, il rischio vero è quello di trovarci nel campo della destra in un domani forse prossimo, qualche politico populista mediaticamente più bravo di Renzi – e la partita è finita, senza governo e partito, non è così che si costruisce il futuro del paese e del PD. Per fare un esempio calzante sulla scuola, il problema non è stato quello di non aver saputo comunicare le ragioni della riforma, Il punto di non ritorno politico è stato quello di credere nella bontà del d.d.l. sulla scuola senza ascoltare tutto ciò che ruotava intorno al corpo sociale degli insegnanti, studenti, ma mi permetto di dire del PD territoriale, un mondo vasto critico sulla riforma che continua a essere osteggiata perchè vista come una non riforma. Una non buona riforma perché non si vede il cambiamento strutturale, priva d’idee e progetti per farla diventare una priorità politica del paese, manca di una strategia per combattere le diseguaglianze nell’istruzione in particolare nel mezzogiorno, farcita di effetti devastanti e diseguaglianze nel mondo del precariato. Non si può continuare a far finta di niente, o non avere alcun dubbio quando strutture periferiche, luoghi di partecipazione, una parte consistente del tuo radicamento sociale si sente tradito dal sogno PD per il merito della riforma. Merito e metodi sbagliati, il cosiddetto metodo Faraone non ha funzionato per il solo fatto di non aver consentito una partecipazione e discussione larga del partito e del mondo della scuola, preferendo autoreferenzialità e scelta politica decisionista sbagliata. E’ stato un errore politico aver dato per scontato che tutto il partito la pensa allo stesso modo del premier, è stato un errore non sentire la voce dei circoli, è stato un errore non aver riportato le criticità quando si è tenuta qualche iniziativa, è un errore continuare a non porsi il minimo dubbio sulle scelte compiute. Non è un modus operandi che ci porta lontano, pensare che le scelte del livello nazionale siano giuste a prescindere del pensiero dei circoli è una forma di sottovalutazione democratica. Spero, anche se nutro qualche dubbio, che il segretario regionale del mio partito senta il peso e la responsabilità politica di mettere in cantiere un momento di discussione nei circoli, lo spero perché voglio continuare a credere nel PD, fino a prova contraria.
Maurizio Cannata, Iscritto PD