Roma, il carcere di Regina Coeli “vicino al collasso”: rivolte, risse e agguati
redazione | Il 21, Lug 2024
Roma, il carcere di Regina Coeli “vicino al collasso”: rivolte, risse e agguati
di Alessia Marani
Venerdì notte l’ultimo episodio di una serie di atti vandalici e proteste. La prognosi per Marco Casamatta, presunto killer di Cristiano Molè, massacrato di botte nella sua cella a Regina Coeli martedì scorso, resta riservata. Chi ha avuto modo di vederlo lo racconta così, senza troppi fronzoli: “L’hanno sbriciolato”. La testa fracassata, le braccia spezzate, poche ossa si sarebbero salvate. Chi lo ha picchiato lo ha fatto con ferocia inaudita. La stessa che lui avrebbe adoperato non solo quando si trattò – secondo l’accusa – di sparare a Molè affiancato a bordo del suo Suv al Corviale la sera del 15 gennaio scorso o di tentare di ammazzare come un cane Massimiliano Pacchiarotti, alias “er Porpetta”, a Casetta Mattei, ma anche nelle varie spedizioni legate al “recupero crediti” nel mondo della droga o nelle tante liti di cui sarebbe reso protagonista nel passato. Del resto quando le teste di cuoio dei carabinieri nella serata del primo luglio irruppero nel b&b del Casaletto dove si era asserragliato, aveva detto: “Se entrano faccio finta di arrendermi e poi sparo a tutti”. Niente remore e, non a caso, nelle sue disponibilità aveva un autentico arsenale.
Insomma, non ci sarebbe da stupirsi se qualcuno avesse cercato, a suo modo, con le proprie mani o per mezzo di emissari, la vendetta dietro le sbarre. Possibile invece che qualcuno lo abbia voluto mettere a tacere per non farlo parlare? Nulla è escluso secondo gli inquirenti dell’Antimafia, anche se l’indole stessa del 41enne non lo lascerebbe presupporre.
Ma che cosa sta succedendo nella “polveriera” Regina Coeli, carcere record per sovraffollamento in Italia? Venerdì notte l’ultimo episodio di una serie di atti vandalici e proteste, alcune delle quali, nel giro di un mese, sono sfociate in veri e propri tentativi di rivolta. Venerdì sera un marocchino ha dato fuoco al materasso nella sua cella. Sono stati momenti concitati, l’agente intervenuto per primo ha rischiato di rimanere intossicato. Ma nulla rispetto alla maxi-rivolta esplosa il 27 giugno nella terza sezione con il coinvolgimento di 200 persone, seguita da altre faide interne addirittura riprese con i telefonini dai detenuti in cella e fatte girare su TikTok: “Vai che je stamo ad allaga’ una sezione…”, le voci accostate a musica neomelodica come colonna sonora delle immagini che documentano l’esplosione di una sorta di bomba carta e l’acqua che scorre.
Una situazione vicina al collasso più volte denunciata dai sindacati di polizia penitenziaria: “Gli incendi dei detenuti all’interno di Regina Coeli sono purtroppo all’ordine del giorno, la distruzione di suppellettili e quant’altro da soggetti sempre più ingestibili stanno mettendo in grave difficoltà operative gli agenti della polizia penitenziaria costretti ad intervenire respirando fumi e altro costringendo gli stessi a doversi recare al pronto soccorso”, dichiara Daniele Nicastrini, segretario regionale Uspp Lazio. Quando martedì Casamatta è finito a terra in un lago di sangue nell’intera sezione della Massima sicurezza dov’era ristretto era in servizio un solo agente. La carenza di personale è drammatica se rapportata poi alla presenza massiccia di detenuti. Il picco dei reclusi, secondo l’ultimo report del Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, sarebbe stato raggiunto a fine giugno con un indice di sovraffollamento, per Regina Coeli, addirittura del 184 per cento, rispetto alla media nazionale del 130%. In questi ultimi giorni, dopo le denunce, l’amministrazione penitenziaria si sarebbe data da fare per fare scendere l’indice. “Ma non basta – aggiungono dall’Uspp – occorre rafforzare l’organico e garantire la sicurezza degli operatori anche rispetto alla legge 626”.
Marco Casamatta non è l’unico ad avere patito sulla sua pelle la “legge” non scritta del carcere. L’argentino Raul Esteban Calderon fu picchiato nel cortile di Rebibbia dopo appena un mese dall’arresto per l’omicidio di Fabrizio Piscitelli, alias Diabolik. Mentre in ambienti vicini alla Procura si era parlato di un presunto pestaggio avvenuto in un carcere siciliano del potente boss albanese Elvis Demce, anche lui amico del Diablo. Circostanza che però non ha avuto conferme ufficiali. Da registrare a Regina Coeli altre pericolose scintille. Come quelle che hanno infiammato la disputa tra Giuseppe Moccia, noto criminale di Torbellamonaca, e alcuni marocchini. Insulti, qualche schiaffone e la promessa incrociata di “mandargli una fibbia” (da stringere al collo). Proprio su alcuni marocchini si concentrano i primi sospetti degli investigatori in relazione al pestaggio di Casamatta. Per ora solo voci di “radio carcere” al vaglio di chi indaga.