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TAURIANOVA (RC), VENERDì 22 NOVEMBRE 2024

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Salvini tra i neri e Aboubakar no Il “patto tra propagandisti” brucia la sinistra e San Ferdinando

Salvini tra i neri e Aboubakar no Il “patto tra propagandisti” brucia la sinistra e San Ferdinando
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di Agostino Pantano

Nel giorno del ministro Salvini alla tendopoli di San Ferdinando, Aboubakar Soumaoro non c’era. Il sindacalista italo-africano, nuovo capo della sinistra extraparlamentare in cerca di rappresentanza, non ha rubato la scena al suo antagonista. Sono rimasti delusi quanti si aspettavano sul terreno polveroso della bidonville la consacrazione, anche fisica dopo che politica, di uno scontro tra simboli delle due Italie opposte. Sotto il sole di un pezzo di Calabria nuovamente illuminato dai giornalisti di mezzo mondo, i due si sarebbero potuti parlare, finanche contestare, addirittura sfidare in mezzo agli alloggi disumani dei braccianti; ognuno dei due col proprio popolo appresso, uno di fronte all’altro come nei duelli di ogni “mezzogiorno di fuoco” che si rispetti, si sarebbero potuti conoscere di persona dopo le cose – epocali – che si sono detti in queste settimane: quale migliore suggello, se non questa tenzone televisiva tra camicie naturalmente sudate, alla copertina dell’Espresso che aveva messo la faccia di Aboubakar e di Matteo indicando, su carta patinata, il sindacalista come “uomo” e il ministro come “non uomo”?


E invece il leader dell’Unione sindacale di base, il seguitissimo ivoriano che guida i braccianti africani, rimasto lontano dal sito dove i compagni di lotta arrancano, ai suoi ha perfino ordinato di evitarlo proprio il ministro che ispezionava le baracche. C’erano, ai margini della selva di cronisti che seguiva il vicepremier blindato dagli scudi antisommossa, i sindacalisti dell’Usb ma, a differenza dei colleghi di Cgil, Cisl e Uil che qualcosa contro lo sfruttamento – del lavoro dei neri e della propaganda del capo leghista – l’hanno detta a Salvini, loro hanno preferito contestarlo col silenzio, ovvero col nulla politico. Ora, la sinistra-sinistra può dire che Salvini “fa propaganda e incita all’odio”, può sfidarlo indossando magliette e gioendo ogni volta che qualcuno, nel governo, biascica qualcosa contro il turbo sovranista; può fare queste azioni di resistenza, pensando finanche che bastino, ma non dovrebbe inseguire il ministro che parla direttamente al popolo sul suo terreno preferito, la propaganda.

Dovremmo cioè pensare che solo mediatico era il perimetro entro cui è risuonato l’urlo “schiavi mai” lanciato dopo l’omicidio di Soumaila Sacko; che solo tattica era la sfida che Aboubakar venne a lanciare a San Ferdinando, chiedendo risposte al ministro del Lavoro Luigi Di Maio (e non a quello dell’Agricoltura); che esclusivamente di faida politica sapeva l’incontro alla Camera che il presidente Roberto Fico, accordò al sindacalista nei giorni in cui il pentastellato si voleva smarcare dall’asse Salvini-Toninelli che aveva chiuso i porti: propaganda da fronti opposti, alle spalle di un popolo – calabresi e africani hanno le stesse necessità di concretezza rispetto alle emergenze ormai cicratizzate – che la sfilata del ministro avrebbe potuto tentare di impedirla. Premura per l’ordine pubblico, da parte del sindacalista con studi in sociologia? Desiderio di non esasperare gli animi mentre il ministro che più social non si può srotolava il suo monologo? Può essere, oppure no. Il sindacalismo italiano ha dato grande prova di maturità nella sua storia, preparando per tempo le interlocuzioni più complicate, dimostrando di poter imporre piattaforme anche quando la politica sembrava infettata dai germi dell’antidemocrazia. Questo strisciante “patto tra propagandisti”, che sembra tacito e consequenziale al non ancora chiaro scontro tra populisti e antipopulisti italiani; questo giocare ognuno nel proprio campo senza invadere quello altrui, sembra uno dei tarli tipici di questa fase che, pur offrendo polarizzazioni politiche a non finire, non si schioda dal rispetto dei ruoli consolidati: a destra come a sinistra.

I giornalisti della Piana al seguito di Salvini

Tutto ciò, questo grande limite di strategie e temi della sinistra, lascia sullo sfondo i problemi reali della mancata integrazione dei lavoratori africani di quella zona, che non possono essere affrontati solo sotto l’incalzare dei fatti di cronaca. Ha avuto gioco facile il ministro nell’intestarsi il futuro smantellamento della baraccopoli, deciso e pianificato prima di lui; ha perfino ringraziato per l’accoglienza i sofferenti di San Ferdinando, accettando i selfie proposti da alcuni africani, senza chiedersi in questo caso se fossero in regola e grazie a quale Ong fossero arrivati in Italia: la sinistra di Aboubakar magari “resta umana”, come hanno gridato i volontari che pure hanno scelto di esserci e farsi sentire, ma ancora non ha fatto i conti col solito limite della “fotocopia”.